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Psicoanalisi applicata alla Medicina, Pedagogia, Sociologia, Letteratura ed Arte

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Autobiografie dell'inconscio.

Numero 11, anno VI, gennaio 2009

 

 

     "LA MIA ANALISI VISTA DAL 1976"

 

 di Abram Kardiner

 


Questo testo è la traduzione italiana (curata da F. Campanozzi e M.G. Sparti), pubblicata nel 1977 da Sesamo Editrice (Roma) dell'edizione originale americana "My analysis with Freud. Reminiscences" (W.W. Norton Company Inc., New York, 1976).

            

 

 

  Foto: Abram Kardiner è ritratto insieme a (da sinistra a destra): Nolan D.C. Lewis, George Daniels, Kardiner e Sandor Rado.

 
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"Vite soffiate. I vinti della psicoanalisi" di Giuseppe Leo

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

ISBN: 978-88-903710-0-4

Anno/Year: 2008

Prezzo/Price: € 18,00

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"La Psicoanalisi. Intrecci Paesaggi Confini"

Edited by S. Fizzarotti Selvaggi, G.Leo.

Writings by: Salomon Resnik, Mauro Mancia, Andreas Giannakoulas, Mario Rossi Monti, Santa Fizzarotti Selvaggi, Giuseppe Leo.

Publisher: Schena Editore

ISBN 88-8229-567-2

Price: € 15,00

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Dal mio attuale distaccato punto di vista, l'analisi di Freud fu una brillante prestazione, veloce e precisa. Ciò che faceva di Freud un così grande analista era il fatto che, almeno a quel tempo, non usava mai una terminologia teorica, bensì formulava le sue interpretazioni con espressioni semplici. Se si eccettua l'uso del concetto di complesso di Edipo e di omosessualità inconscia, trattava il materiale analitico così come si presentava nella vita di tutti i giorni. Nell'interpretare i sogni aveva brillanti doti di intuito e la capacità di vedere il fondo delle cose.

Freud si accorse immediatamente che il mio sogno condensato dei tre italiani aveva rivelato una situazione che apparteneva al mio passato. La mia natura e le modificazioni apportate dalla mia matrigna al mio ambiente avevano contribuito a strutturare una forte difesa sotto forma di una salutare amnesia. Quest'ultima fu come un rivestimento protettivo sull'Io destrutturato e carente del mio passato. Adottando una forma di resistenza al processo analitico, esprimevo la mia paura del passato, del passato e del suo riemergere e proiettavo quelle paure di ciò che era già accaduto nella paura di ciò che avrebbe potuto accadere in futuro. Ciò che temevo di ricordare e di sperimentare nuovamente erano i sentimenti di umiliazione e di abbandono della mia prima infanzia. Freud mi chiarì che questi sogni riflettevano la mia scarsa auto-stima e i disperati tentativi di auto-conservazione che io proiettavo opportunamente sui simboli del pericolo come mio padre, gli italiani e simili. Comunque, utilizzando il sogno del rapporto sessuale con la mia matrigna, egli mise in evidenza il fatto che nonostante queste circostanze, avevo ancora in me una grande capacità di lotta e, anche se in quel momento ero a terra, non mi sarei fatto distruggere.

Freud, portando alla luce quei fattori attorno ai quali ruotavano le mie paure e rendendomene consapevole, mi liberò dal loro potere inibitorio e mi permise di venire a patti con essi. Infine, l'interpretazione di questi sogni mi liberò anche dalla resistenza all'analisi in sé, che avevo acquisito dal dott. Frink.

La ricostruzione fatta da Freud della mia fobia infantile per le maschere e l'averne fatto risalire la causa fino al mio primo incontro con la morte, fu un capolavoro. Fu una misteriosa associazione intuitiva al fatto, di cui non avevo alcun ricordo cosciente, che dovevo almeno aver visto mia madre morta, se proprio non mi ero trovato concretamente con lei quando morì. Anche questo illustra il meccanismo del ricordo di copertura. Io non avevo alcun ricordo di essermi trovato con mia madre quando morì, né di aver passato la giornata nella stanza con lei dopo la sua morte e neppure di avere probabilmente tentato di attrarre la sua attenzione o di avere una risposta, inutilmente. Si trattava di una esperienza troppo dolorosa e terrificante e così io la riversai sulle maschere paurose. Questo tipo di paura, sebbene spiacevole, era certamente meno dolorosa del ricordo del viso della mamma immobile e senza risposta.

Ma l'uso di questa straordinaria capacità intuitiva fu erroneo.  Egli mi mise sulle tracce di un problema che non esisteva. Vale a dire, l'uso della mia identificazione con la mia madre naturale come parte di una omosessualità inconscia, al fine di risolvere il complesso di Edipo. Freud era convinto che la costellazione della omosessualità passiva riguardava praticamente tutti gli uomini e che essa fosse rimasta fissata nel  carattere dell'individuo che non poteva far altro che riconciliarsi con essa. Se si determina l'adattamento in termini di spinta verso l'oggetto sessuale, allora il sogno relativo alla mia matrigna dimostrava che la mia spinta auto-affermativa  verso la donna era completamente priva di inibizioni, ma tutte le altre cose da noi scoperte dimostravano che la mia spinta auto-affermativa esisteva e stava là dove c'era il problema. L'accento avrebbe dovuto cadere sulla mia assurda mancanza di fiducia in me stesso, sulla mia rappresentazione precoce del mondo come luogo in cui è difficile sopravvivere, che aumentò il mio senso di abbandono e accrebbe la mia dipendenza da mio padre. Per conservare il suo appoggio, io rinunciai alla mia aggressività e mimetizzai le mie rivendicazioni sotto un manto di remissività.

Questo concetto dell'omosessualità inconscia è fuorviante come strumento terapeutico perché indirizza il paziente verso uno stato di cose inesistente e rafforza il suo senso abbandonico mentre gli conferma il sentimento di non poter dirigere la propria vita.

La visione che Freud aveva del problema complessivo dello sviluppo era limitata dalla sua accentuazione dell'omosessualità inconscia e del complesso di Edipo.  Avrebbe potuto aiutarmi a sviluppare le mie capacità volitive e, con qualche incoraggiamento, ciò non sarebbe stato difficile perché avevo una notevole carica positiva.  Nel farne un problema di omosessualità inconscia, stornò la mia attenzione su un problema inesistente e lontano da quelli più veri. Nell'uso che egli fece delle interpretazioni relative al sogno dello straccio (ed anche di quello dei tre italiani) trascurò il fatto che nelle mie relazioni con lui stavo ripetendo ciò che avevo fatto con mio padre. Mi aveva gettato nel panico quando mi aveva rivelato la mia paura di scoprire un'ostilità repressa nei confronti di mio padre, ma mancò di rilevare che si trattava di un modulo operante in quel momento con Freud e con le altre figure autoritarie maschili. Come già era accaduto con mio padre, avevo represso la mia auto-affermazione al fine di non perdere il suo aiuto e il suo favore. Il punto focale della situazione di transfert era stato scotomizzato dall'uomo che aveva scoperto proprio il meccanismo stesso del transfert.

Alcuni anni più tardi, mi trovai con i miei colleghi in una situazione in cui non operava questo particolare comportamento adattivo. Allora mi trovai veramente nei pasticci. Durante le vacanze estive del 1931 andai a Berlino per una analisi di controllo da Hanns Sachs  che semplicemente confermò ciò che Freud aveva affermato dieci anni prima. Dovevo cercare da solo la mia strada; ma da questa mia auto-analisi imparai anche a smantellare l'ipotesi che mi aveva messo  su quella falsa pista ed a fondare un nuovo modello di riferimento al di fuori del vicolo cieco in cui Freud e i suoi seguaci avevano posto il procedimento analitico.

Un'altra differenza fra la maggior parte dei metodi analitici attuali e la mia analisi con Freud è che quel processo da lui chiamato Durcharbeitung oggi è parte integrale dell'analisi, poiché la <<elaborazione terapeutica>> è un lavoro comune dell'analista e del paziente. Insieme costruiscono le interpretazioni fondate sui sogni e sul passato per modificare l'attuale comportamento e l'attività del paziente.

A questo punto vorrei aggiungere una osservazione strettamente personale. Avevo pensato spesso che il mio celibato fosse connesso ai colpi infertimi dalla morte di mia madre e, più tardi, dalla ripulsa da parte di K. Tuttavia, Freud non dette molto peso al mio stato celibe. Liquidò la cosa augurandomi di avere un giorno la fortuna di fare un buon matrimonio. Restai sorpreso dalle parole che scelse. Domandai, <<Occorre la fortuna anche se uno conosce a fondo le persone?>>. Rispose che certamente era necessaria perché non si può conoscere molto di una persona finché non ci si vive insieme e, inoltre, occorrono anni di vita in comune prima che si possa dire di conoscere una persona. Non fu che dopo molti anni, in un momento in cui sembrava che avessi perso prematuramente il gusto della vita, che ebbi la buona sorte di incontrare e sposare mia moglie  e di avere una figlia adorabile. In contrasto con la mia disastrosa partenza nella vita, alla fine gli avvenimenti dimostrarono che ero molto fortunato proprio là dove molti falliscono, nelle mie più strette relazioni personali.

E' anche interessante osservare che le mie esperienze di un ambiente che mi si era dimostrato ostile e della mia analisi, che rivelò quanto ne fossi rimasto influenzato, mi servirono da stimolo e mi condussero verso una linea particolare di ricerca - dapprima le ricerche sullo stress ambientale nelle nevrosi traumatiche di guerra e successivamente lo studio di culture diverse che dimostrò l'incidenza della cultura sulla formazione del carattere dei suoi membri.

La pratica clinica, lo studio delle nevrosi di guerra e gli effetti caratterologici derivanti dalle varie culture mi assorbirono per un tempo sufficientemente lungo da permettermi di rendermi conto che ciò che Freud aveva scoperto ne La interpretazione dei sogni era l'anatomia di quel processo di cui gli psicologi avevano parlato per un secolo - il meccanismo integrativo dell'esperienza ai fini dell'adattamento. Gli strumenti concettuali adoperati erano la condensazione, la proiezione, l'introiezione, l'identificazione, la repressione e la variabilità dell'accesso alla coscienza (il cosiddetto inconscio); il ruolo dominante del piacere, dispiacere e dolore nella formazione di queste modalità adattative ed i mille modi in cui l'adattamento alle realtà ambientali esistenti obbliga l'organismo a modificare tali modelli adattativi sulla base delle condizioni create dall'ambiente naturale e umano.

Per queste ragioni soltanto, forse per nessun'altra, Freud ha raggiunto l'immortalità. Egli non verrà superato perché queste sono le scoperte fondamentali attraverso la cui comprensione l'uomo può conoscere e orientare se stesso.

 

 

   

 

 
 
 
 
   

 

 

 

 

   

 

 
 

 

 

 

   

 

 

 

 

 

   
   
   
 

 

   
   
 

 

   
   
   
 

 

   
   
   
   
   
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
   
 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

   

 

 

 

 

 

Responsabile Editoriale : Giuseppe Leo

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