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"Vite soffiate. I vinti della
psicoanalisi" di Giuseppe Leo
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-903710-0-4
Anno/Year: 2008
Prezzo/Price: € 18,00
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"La Psicoanalisi. Intrecci Paesaggi
Confini"
Edited by S. Fizzarotti Selvaggi, G.Leo.
Writings by: Salomon Resnik, Mauro Mancia, Andreas Giannakoulas,
Mario Rossi Monti, Santa Fizzarotti Selvaggi, Giuseppe Leo.
Publisher: Schena Editore
ISBN 88-8229-567-2
Price: € 15,00
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Dal mio attuale
distaccato punto di vista, l'analisi di Freud fu una brillante
prestazione, veloce e precisa. Ciò che faceva di Freud un così grande
analista era il fatto che, almeno a quel tempo, non usava mai una
terminologia teorica, bensì formulava le sue interpretazioni con
espressioni semplici. Se si eccettua l'uso del concetto di complesso
di Edipo e di omosessualità inconscia, trattava il materiale analitico
così come si presentava nella vita di tutti i giorni.
Nell'interpretare i sogni aveva brillanti doti di intuito e la
capacità di vedere il fondo delle cose.
Freud si accorse
immediatamente che il mio sogno condensato dei tre italiani aveva
rivelato una situazione che apparteneva al mio passato. La mia natura
e le modificazioni apportate dalla mia matrigna al mio ambiente
avevano contribuito a strutturare una forte difesa sotto forma di una
salutare amnesia. Quest'ultima fu come un rivestimento protettivo
sull'Io destrutturato e carente del mio passato. Adottando una forma
di resistenza al processo analitico, esprimevo la mia paura del
passato, del passato e del suo riemergere e proiettavo quelle paure di
ciò che era già accaduto nella paura di ciò che avrebbe potuto
accadere in futuro. Ciò che temevo di ricordare e di sperimentare
nuovamente erano i sentimenti di umiliazione e di abbandono della mia
prima infanzia. Freud mi chiarì che questi sogni riflettevano la mia
scarsa auto-stima e i disperati tentativi di auto-conservazione che io
proiettavo opportunamente sui simboli del pericolo come mio padre, gli
italiani e simili. Comunque, utilizzando il sogno del rapporto
sessuale con la mia matrigna, egli mise in evidenza il fatto che
nonostante queste circostanze, avevo ancora in me una grande capacità
di lotta e, anche se in quel momento ero a terra, non mi sarei fatto
distruggere.
Freud, portando
alla luce quei fattori attorno ai quali ruotavano le mie paure e
rendendomene consapevole, mi liberò dal loro potere inibitorio e mi
permise di venire a patti con essi. Infine, l'interpretazione di
questi sogni mi liberò anche dalla resistenza all'analisi in sé, che
avevo acquisito dal dott. Frink.
La ricostruzione
fatta da Freud della mia fobia infantile per le maschere e l'averne
fatto risalire la causa fino al mio primo incontro con la morte, fu un
capolavoro. Fu una misteriosa associazione intuitiva al fatto, di cui
non avevo alcun ricordo cosciente, che dovevo almeno aver visto mia
madre morta, se proprio non mi ero trovato concretamente con lei
quando morì. Anche questo illustra il meccanismo del ricordo di
copertura. Io non avevo alcun ricordo di essermi trovato con mia madre
quando morì, né di aver passato la giornata nella stanza con lei dopo
la sua morte e neppure di avere probabilmente tentato di attrarre la
sua attenzione o di avere una risposta, inutilmente. Si trattava di
una esperienza troppo dolorosa e terrificante e così io la riversai
sulle maschere paurose. Questo tipo di paura, sebbene spiacevole, era
certamente meno dolorosa del ricordo del viso della mamma immobile e
senza risposta.
Ma l'uso di
questa straordinaria capacità intuitiva fu erroneo. Egli mi mise
sulle tracce di un problema che non esisteva. Vale a dire, l'uso della
mia identificazione con la mia madre naturale come parte di una
omosessualità inconscia, al fine di risolvere il complesso di Edipo.
Freud era convinto che la costellazione della omosessualità passiva
riguardava praticamente tutti gli uomini e che essa fosse rimasta
fissata nel carattere dell'individuo che non poteva far altro
che riconciliarsi con essa. Se si determina l'adattamento in termini
di spinta verso l'oggetto sessuale, allora il sogno relativo alla mia
matrigna dimostrava che la mia spinta auto-affermativa verso la
donna era completamente priva di inibizioni, ma tutte le altre cose da
noi scoperte dimostravano che la mia spinta auto-affermativa esisteva
e stava là dove c'era il problema. L'accento avrebbe dovuto cadere
sulla mia assurda mancanza di fiducia in me stesso, sulla mia
rappresentazione precoce del mondo come luogo in cui è difficile
sopravvivere, che aumentò il mio senso di abbandono e accrebbe la mia
dipendenza da mio padre. Per conservare il suo appoggio, io rinunciai
alla mia aggressività e mimetizzai le mie rivendicazioni sotto un
manto di remissività.
Questo concetto
dell'omosessualità inconscia è fuorviante come strumento terapeutico
perché indirizza il paziente verso uno stato di cose inesistente e
rafforza il suo senso abbandonico mentre gli conferma il sentimento di
non poter dirigere la propria vita.
La visione che
Freud aveva del problema complessivo dello sviluppo era limitata dalla
sua accentuazione dell'omosessualità inconscia e del complesso di
Edipo. Avrebbe potuto aiutarmi a sviluppare le mie capacità
volitive e, con qualche incoraggiamento, ciò non sarebbe stato
difficile perché avevo una notevole carica positiva. Nel farne
un problema di omosessualità inconscia, stornò la mia attenzione su un
problema inesistente e lontano da quelli più veri. Nell'uso che egli
fece delle interpretazioni relative al sogno dello straccio (ed anche
di quello dei tre italiani) trascurò il fatto che nelle mie relazioni
con lui stavo ripetendo ciò che avevo fatto con mio padre. Mi aveva
gettato nel panico quando mi aveva rivelato la mia paura di scoprire
un'ostilità repressa nei confronti di mio padre, ma mancò di rilevare
che si trattava di un modulo operante in quel momento con Freud e con
le altre figure autoritarie maschili. Come già era accaduto con mio
padre, avevo represso la mia auto-affermazione al fine di non perdere
il suo aiuto e il suo favore. Il punto focale della situazione di
transfert era stato scotomizzato dall'uomo che aveva scoperto proprio
il meccanismo stesso del transfert.
Alcuni anni più
tardi, mi trovai con i miei colleghi in una situazione in cui non
operava questo particolare comportamento adattivo. Allora mi trovai
veramente nei pasticci. Durante le vacanze estive del 1931 andai a
Berlino per una analisi di controllo da Hanns Sachs che
semplicemente confermò ciò che Freud aveva affermato dieci anni prima.
Dovevo cercare da solo la mia strada; ma da questa mia auto-analisi
imparai anche a smantellare l'ipotesi che mi aveva messo su
quella falsa pista ed a fondare un nuovo modello di riferimento al di
fuori del vicolo cieco in cui Freud e i suoi seguaci avevano posto il
procedimento analitico.
Un'altra
differenza fra la maggior parte dei metodi analitici attuali e la mia
analisi con Freud è che quel processo da lui chiamato
Durcharbeitung oggi è parte integrale dell'analisi, poiché la
<<elaborazione terapeutica>> è un lavoro comune dell'analista e del
paziente. Insieme costruiscono le interpretazioni fondate sui sogni e
sul passato per modificare l'attuale comportamento e l'attività del
paziente.
A questo punto
vorrei aggiungere una osservazione strettamente personale. Avevo
pensato spesso che il mio celibato fosse connesso ai colpi infertimi
dalla morte di mia madre e, più tardi, dalla ripulsa da parte di K.
Tuttavia, Freud non dette molto peso al mio stato celibe. Liquidò la
cosa augurandomi di avere un giorno la fortuna di fare un buon
matrimonio. Restai sorpreso dalle parole che scelse. Domandai,
<<Occorre la fortuna anche se uno conosce a fondo le persone?>>.
Rispose che certamente era necessaria perché non si può conoscere
molto di una persona finché non ci si vive insieme e, inoltre,
occorrono anni di vita in comune prima che si possa dire di conoscere
una persona. Non fu che dopo molti anni, in un momento in cui sembrava
che avessi perso prematuramente il gusto della vita, che ebbi la buona
sorte di incontrare e sposare mia moglie e di avere una figlia
adorabile. In contrasto con la mia disastrosa partenza nella vita,
alla fine gli avvenimenti dimostrarono che ero molto fortunato proprio
là dove molti falliscono, nelle mie più strette relazioni personali.
E' anche
interessante osservare che le mie esperienze di un ambiente che mi si
era dimostrato ostile e della mia analisi, che rivelò quanto ne fossi
rimasto influenzato, mi servirono da stimolo e mi condussero verso una
linea particolare di ricerca - dapprima le ricerche sullo stress
ambientale nelle nevrosi traumatiche di guerra e successivamente lo
studio di culture diverse che dimostrò l'incidenza della cultura sulla
formazione del carattere dei suoi membri.
La pratica
clinica, lo studio delle nevrosi di guerra e gli effetti
caratterologici derivanti dalle varie culture mi assorbirono per un
tempo sufficientemente lungo da permettermi di rendermi conto che ciò
che Freud aveva scoperto ne La interpretazione dei sogni era
l'anatomia di quel processo di cui gli psicologi avevano parlato per
un secolo - il meccanismo integrativo dell'esperienza ai fini
dell'adattamento. Gli strumenti concettuali adoperati erano la
condensazione, la proiezione, l'introiezione, l'identificazione, la
repressione e la variabilità dell'accesso alla coscienza (il
cosiddetto inconscio); il ruolo dominante del piacere, dispiacere e
dolore nella formazione di queste modalità adattative ed i mille modi
in cui l'adattamento alle realtà ambientali esistenti obbliga
l'organismo a modificare tali modelli adattativi sulla base delle
condizioni create dall'ambiente naturale e umano.
Per queste
ragioni soltanto, forse per nessun'altra, Freud ha raggiunto
l'immortalità. Egli non verrà superato perché queste sono le scoperte
fondamentali attraverso la cui comprensione l'uomo può conoscere e
orientare se stesso.
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