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LA SINDROME DI PRADER WILLI, ALICE 

E IL METODO FEUERSTEIN    di Licia Filingeri

RELAZIONE DI UN CASO CLINICO

 

Introduzione  

La Sindrome di Prader Willi è un disordine genetico multisistemico*, con incidenza di 1/15.000 persone. Tratti specifici: caratteristiche dismorfiche facciali; severa ipotonia neonatale con difficoltà di suzione e poi di alimentazione e deficit nello sviluppo; a partire dai 2 anni, iperfagia compulsiva e irrefrenabile da difetto della percezione di sazietà con grave obesità e disturbi conseguenti ingravescenti a carico dei vari apparati, compreso quello dentale e quello visivo; problemi ortopedici; anomalie riguardo alla temperatura corporea; scarsa produzione salivare; tendenza al vomito; ipogonadismo, ipoplasia genitale, ritardo o assenza di menarca e generalmente pubertà ritardata e parziale; bassa statura, con mani e piedi piccoli; difetti di vista; marcato ritardo motorio; disturbi nel ritmo del sonno e sonnolenza; ritardo mentale e comunque deficit cognitivi e problemi di apprendimento.

Nel sito ufficiale della PWS Association USA, riguardo a preadolescenti PW da 6 a 11 anni, la situazione intellettiva viene descritta come generalmente borderline (QI: 70), e comunque i profili cognitivi e la capacità funzionale sono simili a quella di ragazzi con disabilità di apprendimento. Viene riscontrato che spesso il rendimento verbale è più alto di quello pratico. Comunque, anche se il QI è nei limiti della norma, e si è notata in alcuni una certa abilità nel leggere e decodificare, nel vocabolario, nell'organizzazione spaziale e percettiva e nei processi visivi, tuttavia la maggior parte delle persone PW è ritenuta incapace di generalizzare da un'esperienza all'altra, in molti individui si rileva debolezza in aritmetica, nella capacità di astrazione verbale e in compiti che presuppongono memoria uditiva e motoria a breve termine. Occasionalmente viene riscontrato deficit di attenzione, con o senza iperattività, da trattare con medicamenti. Vengono generalmente raccomandate strategie sulla base di test individualizzati e di profili sui punti di forza e di debolezza. In base a test psicologici o a piani educativi personalizzati, alcuni di questi preadolescenti vengono ritenuti idonei a frequentare, finché è possibile, classi "normali", se non mostrano aggressività fisica o verbale; altrimenti, devono essere indirizzati verso apposite strutture. Dal punto di vista della personalità, vengono segnalati disturbi nelle relazioni interpersonali e comportamentali e riguardanti l'emotività in genere, con presenza di note ossessive, rigidità, impulsività, stereotipie, scoppi d'ira improvvisi e irrefrenabili e atti compulsivi su di sé.

 

Per quanto il momento diagnostico sia importante, soprattutto quale fase iniziale, per far luce su una situazione altrimenti non ben conosciuta, ritengo che non sia infrequente che la diagnosi venga poi usata, sia da chi la formula, sia da chi ne è oggetto, come una sorta di gabbia costrittiva, in cui non si entra con elementi nuovi , e da cui non si esce. Così ad esempio accade per l'etichetta di "portatore di handicap intellettivo" che spesso viene attribuita alle persone PW. Recentemente, sulla rivista italiana "Impegno per una vita migliore", dedicata interamente alle problematiche legate alla Sindrome , è apparsa una definizione di "handicap intellettivo" di Giuseppe Oberto, esperto di programmazione sanitaria: "condizione deficitaria caratterizzata da un funzionamento intellettuale notevolmente inferiore alla media con evidente riduzione della capacità di adattamento alle richieste culturali della società (...) spesso connotata da danneggiamento organico e strutturale dell'encefalo, sovente di rilievo anatomo-patologico, per lo più stabilizzato ancorché migliorabile attraverso interventi educativi e riabilitativi" (Oberto, G., Handicap intellettivo e handicap psichico, Impegno per una vita migliore , VI, 4, Ott.- nov.,-dic. 2003, p.7)

 

E' mia opinione che, di fronte a qualsivoglia diagnosi, non si debba mai dimenticare che ogni caso è un caso a sé, sia per caratteristiche individuali che ambientali (cfr. L.Filingeri, Osservazioni psicologiche in margine ad uno studio statunitense della relazione tra attività fisica ed adiposità in età pediatrica). Voglio ricordare a questo proposito che Reuven Feuerstein preferisce parlare, piuttosto che di intelligenza, di modificabilità dell'essere umano, equivalente al potenziale di apprendimento, in sé cambiamento. Si tratta di un'inclinazione dell'individuo a modificarsi per adattarsi a nuove situazioni di vita, al di là della gravità della situazione attuale dell'organismo e delle barriere poste dall'eziologia, anche se è innegabile che fattori organici (fattori distali) possono costituire una grossa barriera allo sviluppo cognitivo. Tuttavia, un potente aiuto in questo senso viene dalla stimolazione ambientale, in particolare aumentando la quantità e l'intensità degli stimoli culturali (fattore prossimale). Ciò avviene, seguendo il modello adottato da R.Feuerstein, attraverso la mediazione, cioè tramite l'interposizione facilitante e arricchente del mediatore tra lo stimolo e la persona che vi si trova esposta: questo è il punto su cui punta l'attenzione Feuerstein, sulla base delle teorie di Vygotskij e a completamento e parziale modificazione della teoria piagetiana, che tuttavia, ai fini della modificazione dello sviluppo dell'intelligenza, non sembra considerare significative le attività pedagogiche . Si tratta dunque di valersi di tutta la forza propulsiva della relazione tra chi insegna e chi apprende.

 

Scrive Kevin Jackson, Ph.D.CBA ARC dell ' Association for Retarded Citizens of Alachua County, U.S.A.: "Anche il comportamento degli individui con PWS può essere integrato da un apporto emotivo positivo con gli altri. L'approvazione, la lode, lo stimolo, la dimostrazione di affetto pare che siano potenti rinforzi" (Jackson, K., Il contributo della Scienza, Impegno per una vita migliore , Iv, 5, Sett.-Ott. 2001, p.7).                     

 

Senza dubbio, anche in base alla mia esperienza clinica con persone di differente età e con diverse problematiche, ritengo che il rinforzo positivo (evidentemente su basi concrete ed effettive) sia un potente catalizzatore del cambiamento e dell'apprendimento. Anche su questo rinforzo attira l'attenzione Reuven Feuerstein.

 

 

 

 

Alice ed io

 

Come psicologa e psicoterapeuta, conosco Alice da quando frequentava le prime classi elementari. Oggi è una sorridente a sensibile adolescente di 13 anni, 1 metro e 26, 50 kg portati con buonumore e consapevolezza, una sbarazzina frangetta di capelli biondi, un incarnato di rosea porcellana e vivacissimi, attenti occhi un po' a mandorla che, dietro le lenti rotonde cerchiate di azzurro, ammiccano e diventano fessure nei momenti di intensa riflessione, e piccole mani sensibili con cui suona da qualche anno con grande piacere il pianoforte e il flauto. Frequenta con profitto la III media: è seguita da un'insegnante di sostegno, ma svolge molte delle attività pienamente inserita nella classe. 

 

Alice è quartogenita di due fratelli e una sorella: dalla sorella, che prepara la maturità, la separano 5 anni di età, poco più dai fratelli, studenti universitari. I genitori sono persone intelligenti e aperte. Si tratta di una famiglia particolarmente unita, con una attitudine generalizzata speciale di grande solidarietà. 

 

Ho cominciato con Alice la mediazione col metodo Feuerstein alla fine della seconda media, circa dieci mesi fa, con un incontro settimanale, che da ottobre dello scorso anno è diventato bisettimanale, avendo deciso insieme di lavorare per superare sempre meglio le difficoltà scolastiche e proseguire gli studi dopo la scuola dell'obbligo con la maggior libertà e le migliori prospettive possibili. Fino a dieci mesi fa, avevo seguito Alice in terapia di gioco. 

 

Di tutti questi anni, nel corso dei quali abbiamo imparato a conoscerci, condividendo tante esperienze, ricordo una quantità infinita di puzzles, soprattutto nel primo anno, intorno al tavolo della stanza dei giochi, in tre, la piccola Alice, seduta in ginocchio sui cuscini della sedia per arrivare al bordo del tavolo, la sua mamma accanto a me, entrambe un po' complici nel cercare di evitarle frustrazioni: ma non era quasi mai necessario, noi molto spesso in ritardo rispetto a lei, attentissima e fulminea con le sue piccole mani nel trovare e disporre i pezzi di Biancaneve coi nani o di Paperino sull'automobile, con una sensibilità assai spiccata per le forme, in qualsiasi orientamento si presentassero, e una memoria soprattutto posizionale (ma non solo) straordinaria. E ancora sequele di Super Memory, Master Mind, Tombole, Domino, Monopoli, Omino nero, Scopa, Rubamazzetto, in cui vinceva quasi sempre, mostrando naturale propensione all'osservazione attenta delle sequenze; e poi giochi affettivi con le bambole, col biberon magico, giocando "a far finta di" essere Mamme, o Signore in ufficio e alle prese coi figli piccoli all'asilo e a scuola, in seguito con colleghi un po' Principe Azzurro, attente ai conti della spesa al Supermercato, intente a pesare, cucinare e preparare succulenti pranzi virtuali coi tegamini e a degustarli in piccoli piatti decorati con fiori e frutta, bevendo caffè e the in minuscole tazze di porcellana candida come il Bianconiglio alla Festa di Compleanno...e come lui, scappando via rapidamente quando scoccava l'ora della fine della seduta, per poi tornare e infilarci assieme di nuovo nel buco della serratura per una nuova avventura, in cui l'essere piccoli o grandi, al contrario della "vera" Alice, non aveva poi importanza alcuna. Ma intanto cresceva e si elaborava il rapporto cogli altri, nel gioco dei ruoli, e delle situazioni sociali ripetute e ripetute, ma ogni volta con una sfumatura più consapevole e matura in più...E la dama cinese, di cui ci inventavamo le regole, perché non le conoscevamo, fonte di tante frustrazioni, raramente evitate ... tollerabili perché vissute assieme, spiegate, in parte con testardaggine costruttiva colmate, in parte accettate... 

Costante il suo buonumore, naturale antidoto nel superare momenti di testardaggine, o le compulsioni "ossessive" a seguire un ordine preciso, e portare a termine secondo le sue "regole". 

 

Ricordo momenti più gratuiti, il piacere nel disegnare e soprattutto nel colorare, con colori brillanti e armoniosamente accostati, i "pensierini"scolastici e poi i primi temi così fantasiosi, così lontani dalle stereotipie dell'età. I racconti di una vacanza coi genitori in Africa, col disegno dei cammelli e delle palme. La foto vicino a un Dolmen in Francia. La delicata collana di perline azzurre scelta da lei, regalo da un viaggio a Venezia. I bigliettini affettuosi illustrati con disegni a colori, con cui accompagnava l'immancabile dolce di Natale, e che cominciavano tutti così: "Cara Filingeri...", con un piglio sempre un po' da adulta, e poi tante espressioni belle e affettuose, con i teneri errori di ortografia di una bimba qualunque della sua età. Alice cresceva, piano piano cominciava a grattarsi di meno le crosticine, ad essere un po' meno compulsiva, meno testarda. 

La rivedo curiosa, mentre mi racconta la vita delle api, ponendosi domande da piccola entomologa, facendomi sognare per lei un futuro di studi specialistici, magari nel campo delle scienze...eravamo in III elementare. Ricordo il suo entusiasmo all'arrivo del VII membro della famiglia, il "suo" cane Wally, in parte un pretesto per farle fare movimento, comunque molto amato e curato. Rammento la serietà con cui frequentava la piscina, la fisioterapia, con cui andava alle visite della neuropsichiatra, della logopedista, dell'ortopedico, con cosciente buonumore, come ad appuntamenti con amici che si curavano in modo particolare di lei. 

La consapevolezza con cui accompagnava la mamma ai Congressi sui Prader Willi, il suo riferirmene come una piccola adulta. E ancora: le prime crisi in prima media, il suo improvviso, adolescenziale dirmi: "Ti voglio parlare...", l'elaborazione seria del distacco dal nido noto e caldo delle elementari, e del non facile inserimento tra bambini nuovi, più alti, amici tra loro, più veloci nel capire le cose, più esclusivi nel loro scegliersi, più "adulti". 

 

Malgrado ciò, mi rendevo sempre più conto che qualcosa mancava agli strumenti di aiuto che avevo offerto fino a quel momento ad Alice, e non solo a lei; perciò mi misi in cerca di un nuovo strumento che la rendesse più autonoma e padrona di sé, più capace di ragionamento logico, di previsionalità e di consapevolezza e possibilità di influire e padroneggiare (almeno per quanto attiene a ciascuno di noi) gli avvenimenti della propria vita. 

 

Scoprii che esisteva uno strumento per lo sviluppo delle abilità cognitive, creato da Reuven Feuerstein, uno psicologo rumeno, allievo di Piaget e Vygotskij: il PAS. Oltre tutto, lo sentivo in linea con il mio lavoro di psicoanalista, non mi creava fratture interne come, ai tempi della Specialità in Psicologia dell'Età Evolutiva, la preoccupazione per il QI, col suo lugubre suono di limite non superabile da parte del bambino, irreversibile. Già allora questo mi aveva spinta su un'altra strada, quella della psicoanalisi, che permetteva di investire l'intera personalità umana, dinamicamente. 

Questo metodo inoltre riprendeva in maniera per me assai significativa gli studi di Vygotskij, che già mi avevano attirato negli anni della formazione, a cominciare dalla messa in luce dei due livelli di sviluppo dei bambini, quello effettivo, cioè raggiunto per uno sviluppo già compiuto, e l'area di sviluppo potenziale, cioè il livello di performance conseguibile con l'aiuto dell'adulto, in via di maturazione, indicante ciò che il bambino in futuro sarà in grado di fare da solo. Ricordavo che lo psicologo russo sosteneva che l'unico insegnamento valido è quello che precorre lo sviluppo, senza fermarsi al livello attuale delle acquisizioni e che, di conseguenza, per capire lo stato di sviluppo mentale di un bambino bisogna far riferimento a due dati: lo sviluppo effettivo, e l'area di sviluppo potenziale, il che pone grossi dubbi sul concetto di mentalmente ritardato, e, di conseguenza, sui metodi di insegnamento applicati e sui limiti artificialmente posti. 

 

Forse col metodo Feuerstein avrei potuto coniugare l'attività interiore sull'oggetto di apprendimento con l'apprendimento stesso; Feuerstein diceva che l'aspetto cognitivo e quello affettivo sono i due lati di una stessa medaglia trasparente: che intendesse proprio quello che io cercavo? 

 

Nel febbraio dell'anno scorso (II media), la situazione scolastica di Alice si presentava, nelle parole dell'insegnante di sostegno, con poche chances, per quanto considerasse la bambina docile, instancabile, non puntigliosa, come le era stato invece preannunciato, brava in disegno e musica. Ma aveva un vocabolario di poche parole e pochi significati, e li dimenticava immediatamente dopo averli appresi; aveva grosse difficoltà con la matematica, con le astrazioni, non sapeva orientarsi nello spazio, e, sul piano della socializzazione, aveva bisogno con i compagni di essere perennemente al centro dell'attenzione, preferibilmente in un rapporto one-to-one, altrimenti si isolava. 

Così, verso aprile dello scorso anno, dopo aver messo a punto la nuova metodologia sotto la guida di un maestro eccezionale, il Professor David Sasson, ho introdotto il PAS nella mia relazione terapeutica con Alice. Sulla base di un rapporto consolidato e fiducioso, ci siamo accostate al l'"Organizzazione di punti". 

Prima abbiamo parlato di stelle. Alice sapeva tante cose sulle stelle, ma si è incantata sentendo la leggenda dell'Orsa. Dopo, il lavoro sulle tavole ha assunto una nuova attrattiva. 

Senza strappi, siamo scivolate da un mondo ovattato di affetti, in cui si stemperavano le spine del crescere, ad un altro in cui l'impatto con lo stimolo era attivamente cercato, in una sfida continua, per progredire con più forza e consapevolezza, con responsabilità, senza evitare le difficoltà, senza prendere scorciatoie rispetto alle compagne. 

Più volte, di fronte ai crescenti successi e progressi di Alice, mi sono chiesta: "Chissà se le sue compagne non PW sarebbero altrettanto abili, precise, impegnate, avrebbero lo stesso successo, la stessa perseveranza?" 

 

I miei primi due mesi di lavoro con l'"Organizzazione di punti", primo degli strumenti PAS, non sono stati facili. Intanto, si è posto subito il problema dell' orientamento spaziale. L'invito a non girare la pagina era sentito da Alice come incomprensibile, costrittivo, fonte di difficoltà insormontabili sulla via dell'esecuzione corretta del compito. Parallelamente, e in maniera interconnessa, si poneva in maniera imponente il problema del mantenimento delle costanti: la dimensione pareva un optional; inizialmente, poi, anche la forma non veniva rispettata, anzi, in caso di difficoltà, era frutto di fantasia, tracciata a casaccio. Ovviamente, poi, le difficoltà non favorivano il mantenimento della concentrazione, venendo presto a cadere la motivazione, per cui appariva necessario anche un lavoro importante per l'accrescimento del sentimento di competenza e di conseguenza dell'autostima. 

Si è rivelato assai utile quindi introdurre il concetto di strategia, e di etichettatura. Il quadrato, figura che esiste già nell'universo dei nostri concetti, è stato da noi osservato in tutti i modi, nelle sue caratteristiche essenziali, per poi passare a quelle rilevanti, non permanenti, ma da tenere egualmente in considerazione quando si ha a che fare con la riproduzione esatta di un modello. 

In seguito, è entrato in gioco il pensiero ipotetico-deduttivo, e abbiamo lavorato a lungo sul concetto di ipotesi, di ricerca degli indizi, di confronto, di somiglianze e differenze, di raccolta dei dati, del doverli tenere a mente contemporaneamente, del confronto continuo dei dati trovati con quelli del modello, di proiezione virtuale, della ricerca della concordanza dei dati fino all'ultimo, per poter confermare l'ipotesi... insomma, ogni volta è stato come essere davanti a un piatto di succulente ciliegie porporine: una tira l'altra, ad ogni passo si schiudono nuovi orizzonti inaspettati da esplorare, per arrivare infine alla meta. 

 

Dopo circa quattro mesi di lavoro (intanto era iniziata la III media), Alice aveva fatto progressi, anche sul piano affettivo, in particolare riguardo all'egocentrismo (inteso in senso piagetiano) , prendendo coscienza dell'esistenza di punti di vista diversi dai suoi, cominciando a rispettarli e a tenerne conto: ciò ha comportato una certa crisi, che tuttavia è stata superata in un tempo relativamente breve, col raggiungimento di un nuovo equilibrio. E' diventata molto meno impulsiva. Non è stato un risultato da poco, considerata la caparbietà precedente nel seguire i suoi personali punti di vista (portato della sindrome, secondo la letteratura generalmente condivisa). Sul piano cognitivo, il lavoro parallelo a scuola, attuato con perseveranza e intelligenza dall'insegnante di sostegno, ha continuato a coadiuvare significativamente, specie per l'incremento del linguaggio, anche se è evidente che occorrerà proseguire a lungo e con perseveranza, in quanto l'arricchimento e la precisione del linguaggio è essenziale per lo sviluppo di tutte le funzioni cognitive. Inoltre, Alice deve continuare ad imparare con maggior correttezza l'uso dei verbi. Dimenticavo di dire che, da ottobre, ci vediamo due volte la settimana. 

 

Ben presto, è stato possibile e si è rivelato utile lavorare, per un allargamento dei concetti, anche con le "Classificazioni": pertanto Alice, che ha gradito molto questo strumento, che evidentemente si innesta con buone acquisizioni specifiche avvenute durante il ciclo elementare, ha cominciato ad essere più sicura sui criteri di classificazione, anche su quelli più complessi che implicano suddivisioni in sottoclassi. Ha imparato a valersi delle classificazioni a scopo mnemonico. E' divenuta più precisa nella raccolta dei dati, anche se deve incrementare tale abilità: spesso si lascia ancora prendere dall'impulsività, oppure dalla pigrizia, ma questo sembrerebbe legato ad un tentativo di superare le difficoltà per la via più breve. Occorre allora fermarsi e tornare indietro. Per lei rimane ancora problematico il mantenimento delle costanti: bisognerà indagare sulla sua capacità di fare confronti, e anche, entro certi margini, capire quanto possa incidere un eventuale difetto di vista (Alice ha problemi di vista). 

 

Abbiamo quindi potuto lavorare parallelamente sul sistema di orientamento relativo con l'"Orientamento spaziale I": sono state presto superate incertezze sulla lateralizzazione, e Alice ha iniziato ad essere capace di astrazione, e di raffigurare nella mente, senza ricorrere al supporto concreto, il che è palesemente in contrasto a quanto previsto per le persone che rientrano nella sua stessa sindrome. Sono evidenti un notevole aumento della capacità di riflessione e ulteriori progressi nel superamento dell'impulsività e dell'egocentrismo, già in via di elaborazione alla fine dello scorso anno scolastico.

Attualmente, è perfettamente in grado di tener presenti contemporaneamente due o più fonti di informazione, ed è sufficientemente accurata nella raccolta dei dati significativi. Le è sempre più agevole passare dal ragionamento concreto a quello astratto. 

Sul piano comportamentale, oltre che intellettivo, è meno rigida, anche se bisognerà ancora lavorare molto per portarla ad una certa flessibilità; è inoltre molto più curiosa. 

 

Ho ritenuto poi opportuno potenziare con lei alcune abilità di base, valendomi, oltre che degli strumenti Feuerstein, anche di quelli messi a punto da David Tzuriel, psicologo clinico ed esperto in valutazione dinamica, il cui lavoro scientifico è correlato a validazioni empiriche delle teorie di Feuerstein, oltre che di Vygotskij. 

Abbiamo pertanto approfondito il ragionamento ipotetico-deduttivo, acquisendo una buona padronanza delle leggi sottese allo stesso. 

Abbiamo lavorato sulle analogie, in cui ora non dimostra più difficoltà. 

Sul piano del ragionamento aritmetico, abbiamo approfondito il concetto di seriazione, dai livelli concreti fino a quelli più astratti, che coinvolgono concetti spazio-temporali e abbiamo lavorato sul concetto di addizione e sottrazione, sviluppando i concetti di altezza e profondità. 

E' aumentata significativamente la capacità di fare confronti, anche se non c'è stato ancora il tempo di lavorare su tutti i criteri specifici dei confronti con l'apposito strumento di Feuerstein. 

Capacità e propensione al ragionamento logico, con maggior capacità di concentrazione, sono in crescita, e ciò ha permesso ad Alice di riappropriarsi di esperienze già vissute per protendersi con una base affettivamente sicura e nota verso concetti nuovi. 

In tempi recenti, le Matrici di Raven a colori, presentate e usate secondo il criterio dinamico dell'LPAD (il metodo di valutazione dinamica ideato da Reuven Feuerstein), sono state affrontate e risolte con facilità e dando prova di notevole capacità di ragionamento logico. Così, passo dopo passo, senza fretta, anche per Alice "prende forma ...il senso del mondo / dell'essere intero".

Ogni vita desidera un linguaggio.

Con parole e numeri colori linee suoni

scongiura la nostra ottusa morte

e costruisce del senso un trono sempre più alto. 

Hermann Hesse, Linguaggi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Esperienze

 

     

 

 

 

 

* delezione cromosoma 15q11-q13 circa nel 70% dei casi; disomia 15 materna nel 25% dei casi circa; altro difetto nel 5% circa dei casi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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