laboratori del "fare"
lA SCRITTURA NARRATIVA
ACCADDE UN GIORNO ... 
IN UNA CITTà MEDIEVALE
... I mercanti procedevano lentamente sui terreni paludosi dove abbondavano le sterpaglie e le pozze d'acqua che intralciavano il cammino.
   
Al sorgere del sole videro finalmente le mura della città da dove spuntavano le più alte costruzioni e tra queste le case torri e i campanili dei monasteri e della cattedrale. Nel cielo volavano uccelli che cinguettavano allegramente tra le fronde brunastre degli alti alberi secolari.
I mercanti trasportavano tessuti pregiati provenienti dall'oriente, dai colori sgargianti e focosi o freddi come i verdi, i blu, gli azzurri pregiati ... Non mancavano spezie profumate, olii ed incensi che erano corredi indispensabili di una "toilette" signorile come quelle delle più nobili dame (contesse, principesse, marchesane e mogli di piccoli feudatari che abitavano in città). Monili d'avorio completavano il "set " di bellezza delle donne più ricche: collane e bracciali ben lavorati. Non mancavano le fragranze floreali (mughetto, magnolia, campanula, camomilla, violetta ...).
   
I mercanti, oltre alle stoffe e alle spezie, trasportavano oggetti artigianali in legno e in metallo: ciotole e mestoli, giochi infantili, utensili da cucina: qualche fresora e qualche paiolo insieme a qualche attrezzo agricolo: vanghe e "zappette". Sotto i sedili del carro portavano anche qualche tappeto proveniente dai paesi esotici: i tappeti orientali erano molto desiderati dalle nobili famiglie. Per finire commerciavano decotti, unguenti, pozioni e tisane per curare distorsioni e malattie varie. Le signore le usavano anche come creme idratanti per la pelle.
I mercanti si avvicinavano alle mura cintate.
Uscendo dalla boscaglia, arrivavano finalmente alla loro meta. Chiesero alle sentinelle il permesso di entrare nella città. 
Cigolando, il ponte levatoio si alzò e i nostri mercanti entrarono nel mondo di voci e schiamazzi, scalpitii e nitriti di cavalli: erano arrivati in città.
Procedevano con il loro carretto trainato dal mulo per le strette strade. La polvere si alzava ad ogni loro passo; qualcuno scese dal carro e proseguì a piedi, cercando riparo sotto i portici dove si passava tra le bancarelle dei piccoli mercanti che vendevano frutta e verdura fresca.
Tutti i muri delle case che si affacciavano sulla strada erano affrescati. Molte avevano dipinto il sole, simbolo di Bernardino, il predicatore di Siena.
Il carro si fermò davanti ad un'impalcatura che ostruiva la strada. Sopra due scale con un'asse orizzontale, un frescante stava dipingendo con i pigmenti colorati sull'intonaco. I mercanti si fermarono a guardare incuriositi. Intanto il pittore continuava la sua composizione di tralci di foglie rampicanti.
I mercanti si dirigevano verso il Palazzo della Ragione, dove avrebbero firmato un contratto che permetteva loro di aprire un banco di merce al mercato cittadino. Stavano passando faticosamente con il carretto pieno lungo la strada che diventava sempre più stretta. Le case si affacciavano con i portici ... Finalmente la strada sbucò davanti alla piazza principale.
La piazza era affollatissima: gruppi di mercanti discutevano dei loro affari; donne e bambini giravano per i banchetti, guardando le merci; qualche soldato controllava la situazione; ogni tanto si fermava qualche carro e nuove persone scendevano in piazza; in un angolo, un giocoliere si esibiva nel lancio delle tre palle, cercando di attrarre l'attenzione dei passanti.
Il palazzo dominava la piazza con la sua grande loggia che ospitava bancarelle e gruppi di persone che attendevano di salire agli uffici.
Il salone, al primo piano sopra la loggia, era enorme. La luce entrava dalle grandi trifore ed illuminava gli affreschi che decoravano le pareti; il salone era diviso in tanti 'uffici' da pareti di legno. In ogni stanzetta era seduto, davanti ad un tavolo, un notaro; alle sue spalle era affrescato un simbolo che rappresentava animali esotici: dromedari, leoni ...I mercanti si fecero avanti per firmare il famoso contratto. Prima di firmarlo se lo fecero leggere ed ascoltarono attentamente. Protestarono anche con il notaro per le strade troppo strette della città.
Proprio a fianco del carubio sorgeva la loggia riservata ai nobili. Era un edificio aperto verso le strade con archi a semicerchio molto stretti. Sosteneva il tetto di tegole una grossa ed antica colonna, al centro.
Erano gli affreschi della loggia che lasciavano a bocca aperta. Rappresentavano cavalieri che procedevano a due a due al galoppo con l'armatura per le battaglie. I cavalieri indossavano armature e scudi con gli stemmi delle loro casate per proteggersi dai colpi del nemico.
I colori degli affreschi brillavano vivi al sole: prevaleva il blu, il colore più raro perché ottenuto dal lapislazzuli, una pietra preziosa proveniente dall'Oriente.
Al riparo dal sole e dalla polvere della strada i nobili cavalieri, senza l' armatura, riposavano giocando a dadi sotto la loggia. Era sempre uno spettacolo vedere questi cavalieri che si divertivano, e i mercanti, incuriositi si fermarono a guardare.
Il più anziano dei mercanti aveva promesso a sua moglie che sarebbe andato in cattedrale, per pregare nella cripta, davanti alle reliquie dei Santi protettori.
Si avviarono così verso piazza del Duomo. La piazza dove sorgeva la cattedrale era molto ampia: uno degli spazi più aperti della città. Prima di entrare si fermarono a guardare ammirati i due leoni di marmo rosso veronese accovacciati ai lati del portale; sul dorso del leone poggiavano due colonne che sostenevano il tettuccio. Il resto della chiesa era molto semplice.
I mercanti salirono la scalinata per entrare in cattedrale. L'interno era buio: una pallida luce entrava dal rosone centrale. La chiesa era quasi vuota, c'erano solo pochi visitatori; qualcuno accendeva grossi ceri. I mercanti cercavano le scalinate per scendere alla cripta: lì volevano pregare sulle reliquie dei Santi.
Quando uscirono all'aperto, restarono abbagliati dalla luce intensa del sole. Girarono velocemente dietro le canoniche dove si ergevano alcune delle torri più alte della città. Tra queste la più imponente apparteneva alla famiglia dei nobili più potenti della città. Un solo portone permetteva di entrare; le finestre, nella parte più alta della torre, erano piccole a forma di arco, ed erano tre, una sopra l'altra. La torre era molto alta e cupa.
Il proprietario della casa era uno dei tanti Boni Homines, i piccoli feudatari, che avevano lasciato i loro castelli....
   
 ... ed erano tornati a vivere in città quando le strade erano diventate più sicure ed erano ripresi i commerci. La città che aveva la sua fiera e i mercati aveva richiamato anche tanti artigiani che avevano aperto le loro botteghe e poi i mercanti che avevano costruito le loro case fondaco e gli ordini religiosi che avevano edificato i loro conventi ed innalzato le grandi chiese conventuali.
Si aprì il portone ed uscì il nobile con dietro la sua scorta. I mercanti incuriositi lo seguirono e notarono che aveva un portamento fiero: teneva le spalle dritte e il busto eretto, la testa era coperta da una cuffia imbottita che rendeva l'elmo più sopportabile, portava anche lo scudo con il blasone (cioè lo stemma dei cavalieri), inoltre indossava bracciali, spallacci, cubitiere e placche che erano tenute da stringhe di cuoio. Le scarpe erano di una maglia metallica. Sopra indossava un lungo mantello che arrivava alle caviglie. Dalla cintura in vita pendeva una lunga spada che teneva in caso di emergenza.
Verso sera cercarono nelle vie strette della città, una locanda dove potessero fermarsi per la notte e per un bel piatto caldo di minestra.
Trovarono la locanda "All'oca" appena in tempo prima che le luci della città si spegnessero. Entrarono in quell'antro fumoso e piacevolmente caldo: nel focolare girava lentamente lo spiedo ... Ora si pensava solo al riposo e alla cena.
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