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 Nel suo libro dedicato a questi edifici, Leonhard Christoph Sturm si pronunzia naturalmente anche sull'uso degli ordini: "Conviene decorare con gli ordini edifici pubblici importanti come i municipi, sia all'esterno, sia nella sala principale, mentre sarebbe buona regola che non fosse consentito ad alcun privato di usare gli ordini all'esterno della propria casa, fatta eccezione tutt'al piu per un portale d'ingresso... ". In un altro passo si afferma che la scelta dell'ordine dipende dallo status della comunità civica, di cui il Rathaus rappresenta il simbolo: "Sono adatti a quest'uso tutti gli ordini fuorché il toscano; e nemmeno conviene che sia usato il corinzio, salvo i casi in cui il Consiglio cittadino detenga la piena sovranità, come nelle libere repubbliche..."5'. 

 

51 L. Ch. Sturm, Vollstandige Anweisung Regierungs-, Lnnd- und Xnthauser, 1Llie nuch Knuff-hausev und Borsen stavck, bequem Iind zierlich anztrgeben, Augsburg 1718, p. 10.

 

 

 

 

 La convinzione che la snellezza delle colonne esprima una sensibilità estetica piu affinata ricorre continuamente nella teoria architettonica del vitruvianismo e la ritroviamo ancora in Goethe: "È insito nella natura umana il procedere senza sosta, al di là delle sue stesse mete; è dunque naturale che anche nel rapporto tra diametro e altezza della colonna I'occhio abbia cercato una proporzione sempre piu slanciata e lo spirito ne abbia tratto una sensazione di maggior libertà e nobiltà"53

 Sull'uso del corinzio Vitruvio così si esprime: " Ma a Venere, a Flora, a Proserpina, e alla Nynfe delle fonti son I'opere corinthie mirabilmente convenevoli, perché a questi dèi per la loro tenerezza I'opere sottili e floride, ornate di foglie e di volute, pare che accreschino il dovuto ornamento... "54 

Nel Rinascimento il primo a riformulare in modo esauriente le regole per I'uso del corinzio è il Serlio, che ne dà, come al solito, una trasposizione in senso cristiano e profano:

 

52 Lib. IV, cap. 1·

53 CitatO da E. Grumach, Goethe und die Antike, vol. I, Berlin 1949,

p. 422.

" Lib. I, cap. 1.

Havendosi da far un tempio sacro di questo ordine, ei si debbia dedicar a la vergine Maria madre di Giesu Christo redentor nostro; ... e così a tutti quei santi e a quelle sante che hanno tenuto vita verginale;... I monasteri e i chiostri, che rinchiudon le vergini date al culto divino, si farà di questa maniera; ma se case publiche o pri vate, o sepulchri, si faranno a persone di vita honesta e casta, si potrà usare questo modo...5j

 

 

 Lo Scamozzi esprime efficacemente questo significato estensivo del corinzio:

 

Fra rutti cinque gli ordini in vero non è alcuno che sia piu riguardevole, e bello del corinto... Gli antichi usarono quest'ordine per ornare le facciate e le parti di dentro de' tempi: volendo mostrare, che propriamente a Dio si convengono le cose piu nobili, et eccellenti... Noi parimente diremo che quest'ordine rappresenta la sincerità dell'animo, il quale doveranno havere verso la Maestà del sommo Iddio j6

 

Lo Scamozzi vede dunque nel corinzio il coronamento di tutta I'architettura e lo tratta perciò per ultimo, dopo il composito: quest'ordine è in effetti ancora piu ricco, ma il corinzio esprime nel modo migliore la "sincerità dell'animo" al cospetto della "Maestà del sommo Iddio ". Dal punto di vista formale, il composito si distingue facilmente dal corinzio per il capitello (costituito da un'associazione di elementi corinzi e ionici, o trattato in forma figurativa) e per il fusto talvolta ancora piu snello; ma è difficile stabilire delle differenze nello spirito e nell'uso dei due ordini. Lo afferma anche lo Scamozzi Ià dove tratta dell'uso del composito, che egli definisce "venusto ":

 

Essendo I'ordine romano tanto riguardevole, così per quei grandi heroi che lo misero in uso, come anco per le tante belle et esquisite parti che egli ha in sé, però a noi ha parso bene di nominarlo venusto... Questo ordine si convenirà molto a quegli edifici sacri o seco-

 

 

55 S. Serlio, lib. IV cit., fol. xLvIIv.

~ V. Scamozzi, op. cit., parte II, p. 121.

lari, i quali saranno di maggior consideratione et importanza, come i plu celebri e famosi tempi, che si faranno in honore di Dio, gli altari e depositi, e tanti altri ch'appartengono al genere sacro. Poi de' secolari il palazzo del Prencipe, o della Republica, e quegli edi~ici che si sogliono ereggere per memoria delle cose fatte in beneficio et honor di essa; come gl'archi trionfali e simili: con tutto che, e questi e quelli in gran parte si potranno anco fare d'ordine corinto...57

 

 

 sua identificazione con I'ordine usato nel tempio di Salomone. Si tratta di un'ipotesi avanzata già da tempo, ad esempio dallo stesso Blum: "Quest'arte non è stata ideata di recente, bensì molti secoli fa, al tempo del re Salomone, che fece costruire alla maniera corinzia - come riferisce Giuseppe il tempio di Gerusalemme e il palazzo reale"59 

1 motivo ricevette nuovo impulso dall'opera monumentale del Villalpando, che con la sua esauriente ricostruzione del tempio di Gerusalemme gettò le basi di ogni successiva speculazione e di tutti i tentativi di restituzione dell'architettura salomonica60 

Alla stessa fonte erudita si ricollega il Fréart, che attribuisce a quest'ordine "divino" un capitello con foglie di palma, anziché d'acanto, e unfregio a triglifi. Questa variante può essere usata in sostituzione del vero e proprio corinzio: ad esempio, "allorché si tratta di erigere chiese o altari a quelle vergini eroiche che da giovani subirono in difesa del cristianesimo la crudeltà dei tiranni e superarono con la loro fermezza ogni sorta di tormenti, che cosa si può immaginare di piu espressivo e di piu rispondente al loro eroismo di quest'ordine divino? "61

 

 

57 IVi, P. 104.

'8 H. Blum, Von den funff Seulen Grundlicher Bericht..., Zurich 1579,

nel commento all'ordine corinzio.

59 Ibid.

" Hieronymi Prndi et IoaMnis Bapristae Villalpandi e Societate lesu

in Ezerhielem Explanationes et Appavdtus Urbis, nc Templi Hievosolymitani, I-III, Romae 1596-1604.

 

: un teorico tardobarocco come il Daviler si vale ancora, parallelamente, della leg genda di Callimaco e dell'opera del Villalpando per illustrare I'origine dello stile corinzio e conclude: "Comunque stiano le cose, non c'è dubbio che I'ordine corinzio sia il capolavoro delI'architettura " 62

 nel Laugier, che verso la metà del secolo rappresenta fra i teorici francesi la tendenza razionalista:

 

Eccoci giunti in~ne a ciò che di piu grande, nobile e sublime abbia mai prodotto I'architettura. L'ordine corinzio forma uno di quegli spettacoli stupendi, la cui semplice visione avvince e innalza lo spirito oltre se stesso. È proprio di quest'ordine, se ben realizzato, di suscitare forti impressioni per la nobiltà del suo carattere e per la grandiosità dei suoi ornamenti63

 

Una variazione quasi parodistica sul contenuto originario del corinzio la troviamo infine nel Lecamus de Mézières allorché consiglia I'uso di quest'ordine verginale nei botrdoirs e nelle stanze da bagno:

 

I1 boudoiv è considerato come la dimora della voluttà... è essenziale che tutto vi sia trattato in uno stile dove regnino il lusso, la delicatezza e il buon gusto. Le proporzioni eleganti del corinzio gli si addicono... Diana scende a bagnarsi: si cerchi di allietarla con la forma del luogo, con la sua disposizione, con tutto il suo aspetto. La proporzione dev'essere quella corinzia; I'ambiente richiede eleganza e levità...64

 

C' R. Fréart de Chambray, op. cit., p. 61.

62 A. C. Daviler, op. ci~., p. 56. 63 M. A. Laugier, op. cit., p. 37.

W N T.Pramns de ;2·Iézii~rrs on rit. nn. 11(1~ 137.

 L'esempio piu insigne d'interno corinzio è costituito naturalmente da San Pietro in Vaticano, a proposito del quale il Daviler scrive:

 

Poiché la magnificenza dell'architettura risalta nell'ordine corinzio plu che in ogni altro, esso è stato impiegato in quasi tutti i templi e i palazzi... e pertanto non ce da stupirsi se Michelangelo ha ritenuto non solo di farne il principale ornamento dello splendido tempio di San Pietro, ma di replicarlo nel medesimo luogo: gli ordini all'esterno e all'interno di questa chiesa, la maggior parte di quelli degli altari e quelli della cupola sono infatti corinzi, e anche le altre chiese di Roma e di Parigi edi~cate nell'ultimo secolo ne sono state abbellite nel modo piu degno6j

 

 

6j A. C. Daviler, op. cit., p. 59.

 

 

 

~ J. Barozzi da Vignola, Regoln delli cinque ovdini d'avchitettuva, Venezia 1536, tav. xxxI.

67 H. Sedlmayr, Fischeu von Evlach, Wien-IMunchen 1356, p. 110.

 

 

68 Cfr. F. Wolff Metternich, Unité et vaviations de I'art dtr XVllls siècle dans le sud de I'Allemagne et de la Rhénnnie, in "Actes du XIX' Congrès international d'histoire de I'art", Paris 1959, pp. 579 sgg.

 

 

 

 

69 M. Gosebruch, Florentinische Kapitelle yon Brunelleschi bis zum

 

 

 

Ternpio Malatestiano und der Eigeilstil der Fruhvenaitsance, in "Romisches lahrbuch fur Kunstgeschichte", 1958, pp. 63 sgg.

 

 

70 R~ Sedlmaier e R. P~ster, Die fiivstbischoPiche Residenz ztr Wtrrz burg, Munchen 192~.

 

Cfr. H. Koch, Von? Nachleben des Vitruv, Baden-Baden 1951, p. 29.

2 G. Fiocco, Alvise Cornaro e i szroi trattati sull'architettzlva, Accademia Nazionale dei Lincei, Roma 1952, ed E. Forssman, Falconetto e Palladio, in "Bollettino del Cenrro internazionale di studi di architettura "Andrea Palladio"", VIII, 1966, pp. 52 sgg.

 

Anche Fischer von Erlach favorì il pluralismo degli stili riproducendo tra I>altro nella sua Histovische Architectur (1721) alcuni monumenti dell'architettura esotica. I1 suo intento era di

 

... confrontare tra loro i gusti dei vari paesi (differenti, come nei cibi, cosi pure nell'abbigliamento e nell'arte del costruire) e discernervi il meglio... Nell'arte del costruire c'è senza dubbio qualcosa che nasce da una consuetudine indipendente dalle regole... e ciò vieta di contestare il gusto e la mentalità di un qualsiasi popolo; nonostante questa variabilità, vi sono tuttavia nell'architettura certi principi

 

 

3 G. Guarini, Avchitetttlva civile, Torino 17~7, p. 134.

generali che non possono essere trascurati senza inconvenienti manifesti 4

 

 il Félibien paragona a una foresta la ricca varietà di colonne, colonnine e nervature delle chiese gotiche e afferma che anche I'architettura medievale "è fondata su esempi offerti dalla natura stessa, dalla quale ha avuto origine ogni maniera di costruire"5. 

Già nel 1706 il Cordemoy, sente la particolare suggestione che emana dalle cattedrali gotiche: "Benché siano gotiche, non si può entrare in esse senza essere presi da ammirazione e senza provare nell'intimo una segreta gioia, mista di venerazione e di rispetto, che ci obbliga ad accordare loro il nostro pieno consenso"b. 

Anche un'autorità come I'abate Laugier avverte nell'architettura gotica "una cert'aria di grandezza e di maestà che affascina. Si ritrovano in essa abilità ed eleganza; le mancano soltanto semplicità e naturalezza" 7 

La lettura del Laugier indusse Goethe alla sua famosa rivalutazione della cattedrale di Strasburgo e ad osteggiare per qualche tempo ogni architettura fondata sull'uso delle colonne: "La colonna non è affatto un componente essenziale delle nostre abitazioni, e anzi è in contrasto con lo spirito di tutti i nostri edifici. Le nostre case non sorgono su colonne disposte ai quattro angoli, bensì su muri disposti lungo i quattro lati, che sostituiscono ed escludono ogni colonna; dovunque vengano aggiunte, e colonne sono un pesante sovrappiu" 8. 

Goethe vide dunque una contrapposizione inconciliabile tra colonna e parete; questo suo atteggiamento apertamente antivitruviano e razionalistico, che intorno al 1770 era un atteggiamento d'avanguardia, fu spesso imitato in seguito, soprattutto da quei critici che consideravano la colonna solo come un elemento funzionale o come un'inutile decorazione. Da parte sua Goethe ritornò ben presto, attraverso gli studi su Vitruvio e su Palladio, a una visione storicamente piu giusta del problema.

 

 

4 J. B. Fischer von Erlach, Entwurf einer Historischer? Architecrtlr,

\Yiien 1721, proemio.

5 A. Félibien des Avaux, op. cit., p. 172.

6 L. G. de Cordemoy, hTouveaM Trailé de route I'archirecture, Paris 1706, pp. 175 sg.

7 M. A. Laugier, op. cit., p. 200.

 

Nel proemio alla sua traduzione dell'ldea scamozziana (1685), il Daviler scrive che gli ordini dello Scamozzi sono cosi degni di lode perché fondati "sulle piu plausibili ragioni naturali, sulla dottrina di Vitruvio e sugli esempi dei piu eccellenti edifici antichi"g. 

 Le nuove esigenze sono espresse con decisione in un saggio poco noto, le Mémoiues critiqtles d'architectuve di un certo Frémin, pubblicate a Parigi nel 1702. Si tratta del carteggio fittizio tra un committente e un esperto d'architettura al quale un giorno viene sottoposto, da un tale desideroso di costruirsi un palazzo, il progetto eseguito da un cattivo architetto:

 

 

R J. W. von Goethe, Von deutschev Baukunsl, a cura di E. Beutler, hlunchen 1943, p. 11.

gLes cinq ordres d'Architecture de Vincer?t Scamorzi... tivez du sixi~me livre de son Idée generale d'dvchitecruve... pav Augustin Chaules Daviler, Paris 1685.

Alla vista di quel disegno, gli chiesi se nel costruirsi una casa pensava di dovervi anche mangiare e dormire. La domanda lo meravigliò: "Certamente, rispose - bisogna pure che io mangi e dorma" e aggiunse: "Quando ci si costruisce una casa, si smette forse di dormire e di mangiare? ". " Sì, signore, - replicai - se si tratta di case come quella di cui mi sta mostrando i disegni: la sua abitazione non sarà fatta di tutti questi abbellimenti, ma di camere da letto per dormirci e di cucine per preparare i cibi... "'0

 

"Sarebbe una imperdonabile mancanza verso I'ordine razionale e i principi del buon senso se non si cominciasse col rendere comoda un'opera, prima di pensare a renderla attraente"" A rigore, I'arte non ha neppure bisogno di regole, perché le norme dettate dalla ragione conducono assai piu sicuramente alla mèta: "Se vi mancano le regole dell'arte, non dovete far altro che ricorrere a quelle delle scienze naturali; esse vi guideranno meglio, e nel proporvele vi garantisco che se saprete interrogarle riuscirete a ottenere una disposizione perfetta"'2. Ne consegue ovviamente che "I'architettura è tutt'altra cosa che la semplice conoscenza dei cinque ordini".

 

 

lo Frémin, Ménzoives critiques d'Aucbitectzlre contenans I'ldée de la

vraye et de la falrsse Architecluve, Paris 1702, pp. 15 sg.

" Ivi, p. 25. '2 Ivi, p. 40.

 

 

 

 

Verso la fine del Settecento il compilatore di un arido dizionario di archi-

tettura civile può permettersi di trattare dall'alto in basso Vitruvio, sempre a proposito del dorico di Paestum:

 

Per quanto attraente possa essere il racconto vitruviano sull'origine dei tre tipi di colonna greca, non è il caso di prestarvi fede: ciò che Vitruvio dice della colonna dorica manca di ogni attendibilità perché egli ne colloca le origini in un'età in cui I'arte era ancora in fasce e i greci adoravano i loro dèi entro grotte o capanne. Anche I'altezza che Vitruvio assegna all'antichissima colonna dorica non corrisponde a quella delle colonne dei primi tempi dorici a noi noti'3

 

 Ancora nel 1797 C. M. Delagardette pubblicava un commento al Vignola, le Règles des cinq ordves d'avchitectzrre de Vignole, che era pur sempre un libro sugli ordini di tipo vitruviano; tuttavia, non potendo limitarsi a ignoraie I'insegnamento di Paestum, egli aggiunse come variante al dorico vitruviano un "ordine di Paestum" "notevole per la sua austera e maestosa semplicità... un vero e proprio ordine dorico in cui la colonna, di proporzioni molto tozze, non ha base, e il capitello è privo di astragalo sporgente". Lo stesso Delagardette afferma di aver ricavato le proporzioni di quest'ordine direttamente dal tempio di Poseidone '4

Significativo è il titolo di un'opera che abbiamo già piu volte citata come un prodotto del tardo vitruvianismo: Le génie de I'avchitecture, otl I'analogie de cet art auec nos sensations, di Lecamus de Mézières (Parigi

 

13 Ch~ L~ Stieglitz, Encyklopadie der burgerlichen Bauktlnst, Leipzig

1797, s.v. Sa~le.

14 C~ M~ Delagardette, Règles des cinq ordres d'avchilecture de Vignole.

Nouvelle Edition, Paris 1797, p. 18. A proposito della scoperta del vero ordine dorico greco verso la metà del Settecento, cfr. N. Pevsner, Studies in Art, Auchitecture and Design, I, London 1967.

1780). L'autore, che sostanzialmente è ancora un vitruviano, pensa di adoperare gli ordini in modo che essi abbiano il potere di "suscitare certe sensazioni". Ma questo è appunto il risultato che gli ordini avevano sempre conseguito; e la differenza tra I'architettura che abbiamo chiamata "realistica" e la nuova architettura "sentimentale" consiste solo nel fatto che questa non cerca piu di suscitare sensazioni speci~che, bensì sensazioni piu vaghe e sfumate, che naturalmente non sono piu esprimibili col linguaggio architettonico dell'antichità, del rinascimento e del barocco. 

 A partire dall'Alberti si era creduto che la bellezza di un edificio e delle sue parti dipendesse da semplici proporzioni commensurabili, fondate cioè sugli stessi rapporti fra numeri interi che definiscono le armonie musicali: quando Palladio assegnava a una stanza la proporzione di 2:~, dava con ciò forma visibile a un intervallo di quinta musicale. Questa dottrina, di origine pitagorica, stava alla base dell'intero sistema di regole del vitruvianismo: anche gli ordini, infatti, avevano proporzioni ben definite, fondate su numeri commensurabili che non era lecito alterare in modo arbitrario senza con ciò distruggere le armonie visive e sostituirvi delle dissonanze. Ma dal momento in cui si prende a dubitare dell'esistenza di una bellezza legata a regole assolute, anche il sistema degli ordini, delle loro dimensioni e dei loro significati prestabiliti comincia a vacillare. Questo processo di revisione ha inizio con Claude Perrault, che nelle sue Ordonnances de cinq espèces de colonnes (1683) spiega come le armonie musicali siano qualcosa di totalmente diverso da ciò che chiamiamo armonia nell'architettura: I'architetto, ad esempio, è libero di modificare le proporzioni delle colonne in relazione alle necessità e al proprio gusto. Nel Settecento la bellezza diviene dunque un fatto soggettivo, legato al gusto del tempo e del singolo artista: si può ancora educare il proprio gusto attraverso lo studio dei classici, ma non si è piu disposti ad accettare regole

 

 

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assolute. In tal modo anche il linguaggio architettonico vitruviano perde la sua obbligatorietà e si è costretti a ricercare altri

effetti e altri mezzi espressivi.

 

'j Sul Boullée cfr. J.-M. Perouse de Montclos, Elienne-Louis Boullée,

Paris 1963.

16 J~ Langner, Clatlde-Nicolas Ledotlx. Die evste Schaffenszeir, Freiburg

1353.

17 E.-L. Boullée, Architecture. Essai sur I'art, a cura di J.-M. Perouse

de ~Iontclos, Paris 1968 (trad. it., Avchitettura. Saggio szrll'arte, Padova 1367).

 

 

tetto, come il pittore o il poeta, deve piuttosto trarre dalla natura i propri mezzi d'azione e di suggestione:

 

L'architetto dev'essere colui che mette in opera la natura. Le immagini architettoniche non possono esser create senza una profonda conoscenza della natura: dagli effetti che essa produce nasce la poesia dell'architettura. Questo è propriamente ciò che rende I'architettuta un'arte, e al tempo stesso ciò che I'innalza a un livello sublime. L'immagine architettonica si realizza quando si dà al soggetto da trattare il carattere che gli è proprio e che suscita I'effetto corrispondente.

 

Ciò che il Boullée intende per "carattere" in architettura differisce sostanzialmente dai caratteri definiti nel quadro del vitruvianismo, come si può vedere chiaramente dalle descrizioni che egli fa dei suoi progetti. 

Un palazzo di giustizia, ad esempio, deve differenziarsi a prima vista dagli altri edifici monumentali:

 

M'è parso necessario cercare di caratterizzarlo con mezzi idonei e peculiari, e ho creduto opportuno, per conferire a quest'opera la poesia dell'architettura, disporre sotto di essa I'ingresso alle prigioni. Innalzando quest'augusto palazzo sopra I'antro tenebroso del Crimine, m'è sembrato non solo di mettere in risalto la nobiltà dell'architettura coi contrasti che ne sarebbero conseguiti, ma anche di presentare sotto forma di metafora I'immagine grandiosa del Vizio schiacciato dal peso della Giustizia.

 

I1 carattere poetico e metaforico di quest'architettura, che trascende il linguaggio strettamente architettonico, appare ancor piu evidente nei progetti di monumenti sepolcrali: "Templi della morte! il vostro aspetto dovrà raggelare i nostri cuori. Artista, fuggi la luce dei cieli, discendi nelle tombe per dar forma alle tue idee al barlume livido e fioco delle lampade sepolcrali!". Per colmare di pensieri funebri I'osservatore, il Boullée concepisce un'idea "tanto nuova quanto ardita: quella di offrire I'immagine di un'architettura sepolta". Questo genere d'architettura viene espresso con edifici di proporzioni tozze e interrati quasi per metà, e inoltre con effetti schiettamente naturalistici:

 

Non mi sembra che si possa concepire niente di piu triste di un monumento composto da una superficie piana e spoglia, di un mate-

riale che assorba la luce, senza il minimo particolare e avente per sola decorazione un motivo di ombre segnato da ombre piu cupe. No, non possono esservi immagini altrettanto tristi; e a parte ogni bellezza artistica, non si potrà non riconoscere in quest'opera la rappresentazione architettonica del lugubre.

 

Per ottenere simili effetti, per rappresentare in modo sensibile temi che non si possono esprimere per mezzo di forme architettoniche (ad esempio un "monumento della pubblica riconoscenza ") era necessario ricorrere a tutti i mezzi immaginabili: "Da molto tempo avevo concepito il proposito di associare alle bellezze dell'architettura greca, non dirò quelle dell'architettura gotica, ma certi mezzi artistici conosciuti e adoperati solo dai Goti". 

'8 A proposito dell'architettura "eloquente", cfr. E. Kaufmann, Avckitertuve in the Age of Reason cit., p. 251.

 

 

 

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