Musica classica a cura di Nico

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Concerti

Bologna, Piazza Maggiore

Lunedì 29 Luglio 2002 , ore 21.30

 

Ludwig van Beethoven

SINFONIA N. 9 IN RE MINORE OP. 125 “CORALE”

Allegro ma non troppo, un poco maestoso

Molto vivace; Presto; Molto vivace

Adagio e molto cantabile; Andante moderato

Presto; Allegro assai

(Coro finale sul testo dell’ode “An die Freude” di F. Schiller)

 

dal programma ufficiale :

Viva Bologna                                                                  Comune di Bologna

 

LITHUANIAN PHILARMONIC ORCHESTRA

CORO DELL’EMILIA ROMAGNA FESTIVAL

 

Michela Sburlati soprano

Claudia Marchi mezzosoprano

Audrius Rubezius tenore

Andrea Silvestrelli basso

Roberto Renili  Maestro del coro

Krzysztof Penderecki Direttore

 

Emilia Romagna Festival                                               MusicaInsieme

 

BEETHOVEN : LA NONA SINFONIA

 

La Nona Sinfonia è uno dei monumenti della storia della musica. Non è “solo” l’ultima sinfonia di Beethoven: il suo significato è di gran lunga più ampio e in un progetto estetico perfettamente romantico abbraccia la sfera morale, la dimensione collettiva, un’idea del mondo e della fratellanza, espressa nella decisione beethoveniana di utilizzare le parole di An die Freude, l’Inno alla Gioia di Schiller. Per la prima volta nella storia una sinfonia (forma squisitamente strumentale) sconfinava fino ad accogliere in seno la voce: quella dei quattro solisti e quella del coro. Appartiene al mondo, la Nona Sinfonia, e in quel coro, fuori da ogni retorica, cantiamo – o dovremmo cantare – tutti noi.

 

KRZYSZTOF PENDERECKI

 

Krzysztof Penderecki è uno tra i primissimi compositori europei della seconda metà del Novecento. E’ anche un grande direttore d’orchestra e da trent’anni guida le maggiori compagini del mondo. Penderecki – qui a confronto con la Nona beethoveniana – è un compositore altamente “etico”: polacco, profondamente cattolico e molto vicino a Giovanni Paolo II, Penderecki coniuga la passione civile e l’ispirazione spirituale con una ricerca linguistica di prim’ordine, che fa della sua musica una delle più imponenti testimonianze della contemporaneità, fin dagli anni dell’assidua frequentazione delle tecniche dell’avanguardia negli anni Sessanta.

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Non sono un esperto né un conoscitore di musica, ma voglio raccontarvi la mia serata, le emozioni, cercare parole per descrivere la musica.

Un’ora prima dell’inizio ho molta fortuna a trovare ancora un posto libero, proprio al centro della piazza, quando già il crescentone è gremito e la gente, in piedi, si accalca in più file davanti alla facciata di palazzo del Podestà.

Le luci dietro al palco illuminano di luce bianchissima S. Petronio, cancellando quella colorazione giallastra che normalmente impasta il rosa ed il bianco dei marmi. La facciata assume un aspetto impersonale, gelido, dove i bassorilievi, le statue, gli ornamenti scolpiti, esasperati dalla luce che proviene dl basso, drammatizzano l’effetto.

Poco innanzi le luci gialle, calde, che rischiarano il palco ci indicano il nuovo punto focale. 

S. Petronio non è più incombente, dominante sulla piazza, è ridotto a fondale, disegno drammatico come la musica che andremo ad ascoltare. 

Entra l’Orchestra, di seguito il Coro, I Solisti ed il Maestro.

Pochi istanti e la piazza è in completo silenzio. Le prime note ci raggiungono. Una musica per me conosciuta, amata, ma sempre sentita solo in riproduzioni su vinile o CD. Grandi Direttori, grandi Orchestre, ma mai un’esecuzione dal vivo.

Avrei fatto follie pur di non mancare anche questa volta un appuntamento con quella che sento come l’espressione più alta di bellezza, completezza, forza e amore universale che la musica mi abbia saputo dare.

Troppo romantico, io, si certamente. Ma questa sera, finalmente, coròno un mio piccolo sogno.

 

L’inizio del primo tempo ha un tono un po’ tenebroso, di sfondo, dove il tema viene a poco a poco a formarsi , nell’armonia, nel timbro strumentale, fino all’irruzione in tutta l’orchestra della grande frase con le note discendenti dell’accordo in re minore. Questa proposizione tragica domina tutto il tempo, in mezzo ad opposizioni di anelito e dolcezza che sorgono  nelle forme tematiche di un secondo tema , accennato, o nelle sviluppo di alcuni frammenti che acquistano talora vita espressiva autonoma.

 

Annunciato dal ritmo che rimbalza dagli archi ai timpani all’orchestra intera, il tema del secondo movimento si sviluppa negli archi in forma di fuga, per giungere all’intensità maggiore nella piena orchestra, per ridiscendere con toni quasi sentimentali. Una improvvisa interruzione tronca però , con pochi violenti accordi, ogni ulteriore abbandono.

 

Il terzo tempo inizia con una melodia appassionata e raccolta degli archi, in cui i legni ripetono, come eco, le frasi terminali. In tonalità diversa risponde un’altra melodia dolce ed avvincente; torna la prima in una variazione dei violini, poi la seconda con gli strumenti a fiato ed in altra tonalità. Il resto dell’Adagio sviluppa in una elevazione mistica la prima melodia, che torna variata liberamente nei legni, espandendosi ampia, due volte interrotta da un rude richiamo dei fiati, che echeggia come la voce di una realtà ostile. La melodia  prosegue con raccoglimento fino alla pacata conclusione.

 

Il quarto movimento: Un recitativo strumentale, affidato ai violoncelli e contrabbassi fa da raccordo con i tempi precedenti, gli stessi hanno il compito di annunciare il successivo “tema della gioia” e solo dopo un ampio ma non conclusivo sviluppo sinfonico di quest’ultima, irrompe per la prima volta nella storia della musica sinfonica la voce umana con le parole dello stesso Beethoven : ”Amici, non più questi suoni, ma lasciateci intonare altri più piacevoli e graditi”.

Seguono le prime strofe dell’Ode “Alla Gioia” di Schiller, cantate sullo stesso tema fondamentale del basso e poi riprese e continuate dal coro  dai solisti.

 Una traduzione (non mia) delle parole vi farà comprendere meglio delle mie descrizioni le emozioni di questa Musica.

“Gioia, bella scintilla di Dio. Figlia dell’Eliso, noi entriamo ebbri d’ardore, o Celeste, nel tuo santuario. I tuoi incanti ricongiungono quello che la vanità aveva rigidamente separato, tutti gli uomini divengono fratelli dove la tua dolce ala si posa. Colui al quale è toccata la grande ventura di essere amico di un amico, colui che ha ottenuto una dolce donna, mescoli alla nostra la sua gioia! Sì, anche chi chiama sua soltanto un’anima sul globo terrestre! E chi non lo ha potuto si involi piangendo da questa riunione.”

“Tutti gli esseri suggono gioia dal petto della natura, tutti i buoni, tutti i cattivi seguono la sua traccia rosea. Essa ci ha dato baci e vino, un amico provato fino alla morte: anche al verme è stata data la voluttà e il cherubino sta innanzi a Dio.”

Un preludio di strumenti a fiato, lievemente accompagnato da grancassa, presenta lo stesso tema in forma variata, con il carattere imitativo di una marcia militare. Su di essa il tenore canta :

“Lieti come gli astri che volano per il magnifico piano del cielo, percorrete, o fratelli, il vostro cammino gioiosamente come un eroe verso la vittoria”

Risponde e si intreccia ad esso il coro, con le stesse parole; un animato episodio orchestrale, poi il coro iniziale trasfigurato. Seguono, cantate dal coro, le parole della celebrazione religiosa : “Siate avvinte, o turbe ! Questo bacio al mondo intero! Fratelli, sopra la volta stellata deve abitare un caro padre! Vi prosternate, o turbe? Senti tu il Creatore, o mondo ? Cercalo sopra la volta celeste. Egli deve abitare sopra le stelle”

Nelle successive entrate dei solisti e del coro i primi versi dell’ode tornano a ripetersi con alternanze popolaresche e di solennità, fino a che il gruppo dei quattro solisti si arresta per qualche istante sopra una cadenza, come rapito. Subito dopo la forma del tripudio popolare riprende il sopravvento, traboccando col le voci del coro e dell’orchestra; la conclusione si svolge in una solenne apoteosi.

 

Il silenzio che segue lo sento come uno strappo, il lungo applauso scrosciante mi scuote, liberandomi da un improvviso senso di vuoto.

 

Nico