Fin dall'antichità At (e Lc) furono attribuiti a Luca, compagno di Paolo che l'Apostolo chiama il "caro medico" (Col 4.14; cf. Fim 24). Le sezioni in "noi" (At 16.10 17, 20.5-21.18, 27.1-28.16 - il testo occidentale aggiunge 11.28) potrebbero corroborare quest'attribuzione perché sembrano indicare che l'autore abbia accompagnato Paolo a partire da Troade (o da Filippi).
Quest'attribuzione pone tuttavia molti problemi: se davvero Luca è compagno di Paolo, perché non si ritrovano nel Paolo lucano temi centrali della sua teologia, come la giustificazione per fede o la morte di Cristo "per noi" (eccezione in 20.28)? O perché non lo chiama mai "apostolo", titolo che Paolo ha rivendicato con forza? Anche la cronologia fa difficoltà: è molto difficile far coincidere i dati delle lettere paoline con quelli di At, ecc.
Si possono evidentemente sempre trovare delle spiega-zioni, ma credo che dobbiamo riconoscere con la maggior parte degli studiosi che ignoriamo chi sia l'autore di Lc-At, che proveniva probabilmente dall'Asia minore o da Filippi, come suggerisce l'artificio letterario delle sezioni in "noi".

Quanto alla data di composizione, gli esegeti sono abbastanza concordi per fissarla attorno agli anni 80. Una tale datazione pone nuovamente due problemi non piccoli:

1) Perché, a un'epoca in cui le lettere paoline circolano già in tutte le Chiese, gli At non dicono nulla dell'attività epistolaria di Paolo? Si può forse rispondere che, raccontando l'attività missionaria di Paolo, Luca non aveva da menzionare le lettere di Paolo che rientrano piuttosto nel quadro della sua attività pastorale e teologica.

2) La seconda domanda è più seria: perché At non dicono nulla del martirio subito, circa vent'anni prima, da Pietro e da Paolo? Tornerò su questa domanda, per cui dirò solo che questa "lacuna" sottolinea che l'intento di Luca non è di scrivere una "vita degli Apostoli". Il suo progetto, infatti, si compie non quando Pietro e Paolo (i suoi "eroi", insieme a Stefano) muoiono, bensì quando l'Evangelo è predicato a Roma "con franchezza e senza impedimento" (28.31).