Inconfondibili
profumi di California, country-rock e psichedelia in questa seconda
uscita dei I See Hawks in L.A., interessante progetto che
unisce diversi strumentisti di valore della scena locale. Si sono
già fatti notare nelle charts indipendenti Americana, portandosi
a casa due nomination come Best Country Band dal quotidiano L.A.
Weekly. Il nome è senz'altro curioso, non nasconde un rimando
sottile alle ben più famose "aquile" californiane, anche
se rispetto ai plurimiliardari Eagles la musica di questo sestetto
(allargato da moltissimi ospiti in studio) sembra conservare un'impronta
più fedele alla tradizione, lontana da quel suono West Coast molto
leccato che ha reso famosi Don Henley & soci. E poi qui stiamo
parlando di falchi, dunque tutt'altra specie. Grapevine,
va detto subito, è un signor disco di country-rock nostalgico
e orientato ai settanta, che non potrà non solleticare le fantasie
di chi è cresciuto con la stagione d'oro dei Flying Burrito Bros,
del Gram Parsons solista e dei primi Poco. Questi a grandi linee
i parenti prossimi degli I See Hawks in L.A., gruppo formato da
vecchie volpi del mondo Americana tra cui si distinguono Brantley
Kearns al fiddle (già con Dave Alvin) e Shawn Nourse
alla batteria, entrambi collaboratori in passato di Dwight Yoakam,
Paul Marshall (con Hank Thompson, Rose Maddox) al basso
e l'eclettico Paul Laques alle chitarre, dobro e steel.
Proprio quest'ultimo firma insieme a Robert Waller, voce
solista, tutto il materiale del disco, eccezion fatta per la cover
di I Stayed Away di Clarence Carter. Bisogna ammettere
che la grande versatilità come autori della coppia Laques-Waller
è l'arma vincente, con le ottime armonie vocali e i testi ecologisti
quali tratti distintivi delle loro origini. Scelta coraggiosa
quella di aprire con un lento d'atmosfera (Hope Against Hope),
prima di entrare nel vivo con il country-rock elettrico e palpitante
di Humboldt. C'è una regolare alternanza tra episodi intimi
e acustici (Libre Road), persino molto traditional (il
bluegrass The Salesman) e sterzate rock più sostenute (Texarkanada,
con una rocciosa slide guitar dai toni sudisti), quasi a inseguire
la lezione di cosmic music impartita da Parsons tanto tempo
fa. Non ci sono particolari colpi di genio in Grapevine, ma il
suono, la produzione, gli arrangiamenti mostrano qualità: Hitchhiker
e Grapevine sono puro country anni settanta, sogni e cieli
californiani sopra la testa, così come Still want You è
un classico honky-tonk, mentre Wonder Valley Fight Song è
più dura e ritmata, con la solita slide guitar che fa capolino.
Canzone dopo canzone ci si accorge del mestiere messo in campo
e della capacità di spaziare negli stili.
(Fabio Cerbone)
www.iseehawks.com
|