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I See Hawks in L.A. - Grapevine Western Seeds 2004 1/2
 

Inconfondibili profumi di California, country-rock e psichedelia in questa seconda uscita dei I See Hawks in L.A., interessante progetto che unisce diversi strumentisti di valore della scena locale. Si sono già fatti notare nelle charts indipendenti Americana, portandosi a casa due nomination come Best Country Band dal quotidiano L.A. Weekly. Il nome è senz'altro curioso, non nasconde un rimando sottile alle ben più famose "aquile" californiane, anche se rispetto ai plurimiliardari Eagles la musica di questo sestetto (allargato da moltissimi ospiti in studio) sembra conservare un'impronta più fedele alla tradizione, lontana da quel suono West Coast molto leccato che ha reso famosi Don Henley & soci. E poi qui stiamo parlando di falchi, dunque tutt'altra specie. Grapevine, va detto subito, è un signor disco di country-rock nostalgico e orientato ai settanta, che non potrà non solleticare le fantasie di chi è cresciuto con la stagione d'oro dei Flying Burrito Bros, del Gram Parsons solista e dei primi Poco. Questi a grandi linee i parenti prossimi degli I See Hawks in L.A., gruppo formato da vecchie volpi del mondo Americana tra cui si distinguono Brantley Kearns al fiddle (già con Dave Alvin) e Shawn Nourse alla batteria, entrambi collaboratori in passato di Dwight Yoakam, Paul Marshall (con Hank Thompson, Rose Maddox) al basso e l'eclettico Paul Laques alle chitarre, dobro e steel. Proprio quest'ultimo firma insieme a Robert Waller, voce solista, tutto il materiale del disco, eccezion fatta per la cover di I Stayed Away di Clarence Carter. Bisogna ammettere che la grande versatilità come autori della coppia Laques-Waller è l'arma vincente, con le ottime armonie vocali e i testi ecologisti quali tratti distintivi delle loro origini. Scelta coraggiosa quella di aprire con un lento d'atmosfera (Hope Against Hope), prima di entrare nel vivo con il country-rock elettrico e palpitante di Humboldt. C'è una regolare alternanza tra episodi intimi e acustici (Libre Road), persino molto traditional (il bluegrass The Salesman) e sterzate rock più sostenute (Texarkanada, con una rocciosa slide guitar dai toni sudisti), quasi a inseguire la lezione di cosmic music impartita da Parsons tanto tempo fa. Non ci sono particolari colpi di genio in Grapevine, ma il suono, la produzione, gli arrangiamenti mostrano qualità: Hitchhiker e Grapevine sono puro country anni settanta, sogni e cieli californiani sopra la testa, così come Still want You è un classico honky-tonk, mentre Wonder Valley Fight Song è più dura e ritmata, con la solita slide guitar che fa capolino. Canzone dopo canzone ci si accorge del mestiere messo in campo e della capacità di spaziare negli stili.
(Fabio Cerbone)

www.iseehawks.com