Songwriter e produttore australiano con la
testa rivolta al pop d'autore e lo stomaco votato al rock'n'roll,
Michael Carpenter si rifà vivo ad un anno dall'ottimo
Kingsrdworks,
disco con il quale anche noi di RootsHighway avevamo fatto conoscenza
delle sue naturali inclinazioni melodiche. Sciolti i Kings Rd,
band che aveva enormemente influenzato il suono "americano"
e country oriented del disco precedente, Carpenter si è
preso la libertà di lavorare con diversi musicisti di formazioni
locali, tra cui Matt Fell e Suzy Connolly dai Butterfly 9's, Mark
Moldre dai Hitchcock's Regret's e Rob Smith (The Innocents). Rolling
Ball è dunque il frutto di una scrittura più
ambiziosa, che riassume le diverse anime della sua musica, sempre
pronta ad intensificare l'uso delle chitarre elettriche, ma ancorata
alle armonie di Beach Boys e Beatles, alla spavalderia dei Kinks,
alla memoria dei sixties e persino a certo rock sbarazzino dal
taglio radiofonico. Autore di cinque album in altrettanti anni
a partire dal 1999, Carpenter non è tipo da risparmiare
le energie, mantiene spontaneità nell'approccio, ma non
dimentica al tempo stesso di registrare e produrre con dovizia
di particolari. Ecco perchè Rolling ball si beve in un
solo sorso, senza tuttavia portare novità di rilievo alla
sua proposta. In verità qualche azzardo si affaccia in
No One e The Day Before, brani che sfiorano l'hard-rock
e si sporcano le mani con certo immaginario da radio anni settanta.
Non sono i Boston per fortuna, ma il rischio è di snaturare
lo stile più elegante e british di Carpenter. Meglio
insomma la leggerezza power-pop della title-track, con la spinta
di un gioioso coro alle spalle: una scelta stilistica che si ripete
con successo in Emily Says e si adatta bene anche al formato
ballata di Nothing at All e You and Me (che ricorda
maledettamente da vicino i Gin Blossoms). I sapori country fanno
ancora gola a Carpenter, che aggiunge infatti pedal steel e mandolino
in Everyday. Resta però un episodio un po' isolato,
perchè è evidente questa volta il tentativo di appoggiarsi
ad una ballata dalla confezione più zuccherosa (On my
Mind). Così facendo scade un poco nella "bella
maniera", ma la fortuna di Michael Carpenter è quella
di mantenere un tocco pop classico nella costruzione dei brani
(Fabio Cerbone)
www.mcarp.com
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