L'intervista
Innanzi tutto volevo che spiegassi le ragioni
di questo lungo silenzio: so che l'etichetta da te fondata, la
Sweetfish records, ha chiuso i battenti. Come hai affrontato questa
situazione e di cosa ti sei occupato in questi anni?
Quando la Sweetfish ha chiuso i battenti credo di essere
passato attraverso un periodo di rivalutazione personale. Ho cercato
di capire perché la perdita di una compagnia potesse ferire così
nel profondo e cosa questa situazione significasse per il mio
stato d'animo. Ero molto rammaricato, e adesso che ci penso questa
cosa è abbastanza stupida. Così ho incominciato a pensare a quello
che veramente amavo e ho deciso di stilare una lista delle cose
che volevo fare nelle mia vita, affrontandole una alla volta.
Prima di tutto ritornare dalla mia famiglia: ho avuto subito molto
tempo da spendere con i miei figli. Con i miei bambini abbiamo
iniziato a costruire trenini, instaurando un nuovo contatto fra
di noi. E mentre lo facevamo mio figlio ha incominciato a mettere
su le demos che avevo registrato nell'ultimo anno. Il suo entusiasmo
per le canzoni mi ha spinto in qualche modo al successivo punto
della mia lista, la scrittura. Ho iniziato a scrivere un altro
libro (che deve essere ancora completato) e molto materiale nuovo.
La scorsa estate sono andato in tour e attraversando il Sud del
paese mi sono voluto fermare e registrare qualcosa con degli amici
a Nashville. Semplicemente dei demo, niente che pensassi
di produrre e pubblicare. È risultato un momento molto forte musicalmente,
forse perché fatto con molto abbandono
Poi cosa è successo? Il disco mi ha impressionato favorevolmente
per i suoni e gli arrangiamenti: parlami del lavoro di produzione.
So che il disco è stato registrato in gran parte a Nashville
Sono tornato a casa in autunno e Doug Ford ha sentito i
nastri ed è rimasto entusiasta. Da quel momento ha deciso di prendere
in mano la situazione. Ha lavorato su tutti i miei dischi ma mai
in veste di produttore. Apprezzava il lavoro di Gary Burke,
ma ha sempre pensato ad uno stile differente di produzione per
la mia musica. Stavo considerando di lasciare definitivamente
il mondo della musica, così ho abbandonato il solito controllo
che mantenevo sul mio progetto e mi sono buttato con Doug, girando
per lo studio. È stato messo insieme con le sessions fatte a Nashville.
Doug ed io abbiamo aggiunto parecchi overdubs su queste tracce
nella mia fattoria sopra New York, ed abbiamo aggiunto alcune
tracce in più, ma tutto si fonda su queste prime registrazioni.
Ancora una volta una situazione molto rilassata. Penso che ci
siamo fatti trasportare a vicenda e la fluidità del disco è dovuta
principalmente a questo fatto. Comunque il disco è stato completato
la primavera dopo il mio ultimo tour italiano.
Hai cercato un'etichetta per la sua pubblicazione?
Abbiamo provato a trovare un contratto per la pubblicazione del
disco, ma senza fortuna. Nel frattempo mi trovavo in una situazione
personale decisamente migliore, avendo creato qualcosa di cui
ero fiero ed essendo quasi sicuro che se una cosa che amavo così
tanto non veniva capita ero sulla strada sbagliata. Così ho continuato
con il terzo punto della mia lista e sono tornato agli studi.
Ho completato il mio corso di laurea in Technical Communication
la scorsa primavera e attualemente sto lavorando al mio master
in Fine Art, così da poter insegnare all'università.
E' a questo punto che sono arrivate le richieste dall'Italia...
All'improvviso Mauro e Paride (Mauro Eufrosini e Paride
Guidetti del Roots Music club di Ferrara, ndr) mi hanno chiamato
chiedendomi di tornare in Italia e di lasciargli pubblicare Carving
Away the Clay. Ero riluttante in un primo momento. Sono
uno studente adesso, non un musicista, ma riflettendonci aveva
un senso perfetto. Tornare insieme a qualche vecchio amico e cantare
alcune canzoni è una tale gioia. Così sono tornato per la mia
pausa di primavera!
Le canzoni raccolte in Carving Away the Clay fanno parte di
un certo periodo della tua vita o sono state concepite in tempi
diversi?
Queste canzoni arrivano quasi tutte dall'ultimo anno di esistenza
della Sweetfish, quando correvo in giro per il mondo cercando
di essere il leader della band, il manager dell'etichetta, un
marito e padre, un songwriter, un programmatore di computer, un
designer ed un figlio della mia nuova famiglia. Non credo di essermi
accorto quanto tutto questo mi stesse facendo impazzire fino a
quando non è passato un bel po' di tempo. Così in questo periodo
un po' pazzo della mia vita ho cercato rifugio nel mio songwriting.
Queste canzoni sono il risultato.
Ho notato una lunga lista di musicisti ed ospiti, oltre alla
tua band. Come sei riuscito a coinvolgerli nelle registrazioni?
Li hai conosciuti nel corso degli anni?
Tutta questa gente l'ho incontrata ed è diventata mia amica durante
la mia attività. La band è stata qualcosa di molto provvisorio
negli ultimi cinque anni, con i vecchi amici sempre alla base.
Ho suonato veramente con alcuni dei migliori musicisti del mondo
e quando non eravamo in grado di trattenere qualsiasi cavolata
ci venisse in mente, non parlavamo neppure di musica. È tutto
basato sul dialogo
Hai già pronto o registrato del nuovo materiale, visto il lungo
silenzio dal tuo ultimo disco?
Con Todd Haviland (al basso in questo tour) eravamo ad
una festa di capodanno nel 2002 e dopo una bella quantità di birre
sparite, abbiamo cominciato a parlare di fare musica insieme.
Come ho detto non prendevo seriamente in mano una chitarra da
almeno un anno. Avevo deciso di allontanarmi e di esplorare altre
forme d'espressione, video, hypermedia, grafica digitale. Ma c'era
un certo senso di colpa che mi perseguitava. Quella notte capii
che Dio mi aveva dato un dono che avevo gettato via. Mi sentivo
male e ho deciso che non mi sarei più allontanato da tutto ciò.
Quella settimana ho iniziato a suonare vecchio materiale e scriverne
di nuovo. In marzo stavo registrando di nuovo e adesso ho già
completato gran parte del prossimo disco. Nulla di tutto questo
è stato fatto con l'intento di tornare a suonare e vendere la
mia musica. È venuto fuori jammando con gli amici, senza pressioni,
è stata una gioia per me
Chiudi il disco con una cover molto bella di Hold On di Tom
Waits: mi chiedevo perché hai scelto questo pezzo in particolare.
Cosa ti affascina della musica di Waits?
Tom è uno di quegli autori di cui ho sempre voluto incidere delle
canzoni, ma non ho mai avuto il fegato. Sono un suo fan da quando
è uscito Swordfish Trombone. Quando ho sentito quella canzone
è stato come se conoscesse i miei desideri, sembrava fosse una
mia canzone…non che abbia mia scritto qualcosa di così perfetto,
ma si adattava al mio materiale. Così ho finalmente abbassato
il cappello di fronte al maestro. Scrive canzoni con un tema costante
dentro. Ci fa vedere una parte della nostra società che pensiamo
sia nascosta fuori ma non abbiamo il coraggio di guardare. Me
lo immagino saltare sui treni merci a Memphis, o gironzolare per
taverne marinare. Ma non emette mai un giudizio su questi mondi
che ci mostra, ed è il suo dono più grande. Hold On ha
una tale passione dentro ed una relazione perfetta tra le influenze
di una città e le sue ramificazioni nell'anima di un uomo. È stato
come rivisitare Anderson Ohio (il primo lavoro
di Rees, ndr), per cantarla di nuovo.
Apparentemente Waits sembra molto lontano dal tuo stile...
Nella mia testa non siamo così differenti nello stile, ma questo
perché quando lo ascolto, immagino l'uomo e la sua chitarra, lascio
da parte la produzione e la voce e ascolto solo le melodie e le
storie. Faccio questo con tutta la musica che ascolto, e sento
così tanti stili differenti di musica che spesso diventa un miscuglio
di stili che il mio subconscio condensa e riunisce nella mia penna.
Sono sempre divertito dai paragoni che la gente compie tra la
mia musica e quella di altri. Non sono mai riuscito a capire le
connessioni
Brani come Big Storm Coming o You Can Stay Up potrebbero funzionare
molto bene nelle radio: dal tuo punto di vista come ti spieghi
questa situazione per cui il rock classico e la canzone d'autore
non vengono più considerati dal mercato?
Il rock classico sta andando ancora relativamente bene, solo in
una veste differente rispetto al passato. Ho visto Avril Lavigne
ai Grammy e mi sembravano i Cheap Trick con una ragazzina come
cantante. Non mi piace molto, ma penso che lo stile sia fresco,
buono. E i songwriters continuano a fare degli ottimi lavori.
Penso al Grammy di Jesse Harris per Don't Know Why
di Norah Jones per esempio, che dimostra come l'accademia
abbia ancora dei buoni gusti…almeno nella mia modesta opinione
Hai curato personalemente la grafica del cd?
Sono saltato fuori con la bozza per la copertina e sono andato
da Ebet Roberts per un'opinione. Abbiamo ricoperto tutto
il mio corpo con la creta (le immagini si possono vedere sul
sito di Rees, ndr), la fase di essicamento è stata una specie
di droga per Ebet. Il design iniziale della copertina è mio, poi
sono andato da una amica designer che ci ha lavorato su. La sua
tipografia e il colore sono stati una ventata d'aria fresca per
il lavoro ed è uscita con il risultato come lo vedi ora
Sei dunque un artista impegnato non solo nel campo musicale,
ma anche nella grafica e nel multimediale: cosa ti attrae di queste
discipline?
Sono un grande fan dei lavori interattivi. I new media sono soprattutto
effetti più che contenuto, ma quando sono fatti bene mi entusiasmano.
Attualmente sono coinvolto dagli studi sul calcolo fisico alla
Parsons School of Design in New York, dove insegno anche.
Sono interessato ad installazioni e lavori di hypermedia in cui
un utente può esplorare un'opera da diversi punti di vista ed
angolazioni. Il mio lavoro più recente riguarda una thaumotropic
harp (a.parsons.edu/rees)
che potrà essere controllata da sensori. È un vero divertimento
Il tuo stile riesce ad unire le caratteristiche del classico
cantautore con diverse influenze musicali, dal pop al soul al
rock. Anche in questo disco ci sono molti riferimenti: quali sono
gli artisti che hanno influenzato di più la tua musica ed il modo
di scrivere?
Sono stato profondamente influenzato da gente molto diversa: ti
potrei citare Benny Goodman, Aerosmith, John Hiatt, Elvis Costello,
The Grateful Dead, Brian Eno, Steve Earle, Crowded House, Little
Feat, The Rolling Stones, Elton John, Jackson Browne, Dire Straits,
The Band, Genesis, The Sex Pistols, Joe Cocker, Emmy Lou Harris,
Hot Tuna, Johnny Cash, Jonathan Edwards, Joni Mitchell, Hendrix,
Pat Metheny, Louis Jordan, Hendrix, Marvin Gaye, Marc Cohn, Richard
Thompson, Monty Python, James Joyce, Graham Parker, Guy Clark,
Lyle Lovett, Randy Newman, Radiohead, Los Lobos, Leiber & Stoller,
Greene & Greene, e naturalmente mia moglie. La lista va avanti
all'infinito. Tra le cose più recenti, giusto per nominarne
alcuni, ti direi Coldplay, One Giant Leap, Ryan Adams, Jurassic
5, Mercury Rev, Norah Jones, Built to Spill.
Guardando ai tuoi lavori passati, specie The Riggley Road Stories,
è innegabile che anche la lettartura sia una grossa fonte
di ispirazione per i tuoi testi: quali autori hanno segnato la
tua formazione?
Winesburg, Ohio di Sherwood Anderson dovrebbe essere
la risposta più semplice. Ha veramente cambiato la mia vita ispirandomi
la nascita di Anderson, Ohio. Ma l'autobiografia di Chaplin
ha influito sul modo in cui mi vedevo come artista all'inizio.
Prima di ciò non avevo mai pensato che fosse possibile essere
tante cose al tempo stesso. Era scrittore, attore, compositore,
regista, tu chiedevi e lui faceva. Poi ti posso citare Gente
di Dublino di Joyce e A Child's Christmas in Wales
di Dylan Thomas. Quel genere di short story che penso sia
molto più vicino allo scrivere canzoni rispetto alla poesia…per
lo meno al mio stile. I concetti si spezzano là dove la
tua mente comincia ad analizzare e questo mi ha sempre colpito,
come la meta più alta. Non voglio che l'ascoltatore pensi ai giochi
di parole che faccio, piuttosto alle possibili strade dove ti
possono portare i messaggi tra le righe. Infine, The Essays
di E. B. White è uno dei lavori di scrittura più beli mai
prodotti da una penna americana. Adoro rileggerlo, ma non riesco
mai a trovarlo in casa perché lo regalo sempre, così esco e ne
compro un'altra copia. Penso di averne acquistate almeno 20 copie
nella mia vita
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