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:: Rees Shad - you can stay up

E' rimasto in piedi Rees Shad, nonostante quel lungo silenzio che ci aveva privato di uno dei songwriters più raffinati e letterari dell'ultima generazione. Sono stati anni difficili, ma anche stimolanti quelli che hanno separato il cantautore di Argyle dai palchi italiani. Era il 1998 e da Little Brown Book non avevamo più notizie sul suo conto: nel frattempo si è dedicato agli studi, ha coltivato le sue numerose passioni artistiche e si è dovuto sobbarcare il peso del fallimento della sue personale etichetta, quella Sweetfish con cui era riuscito persino a concorrere ai Grammy Awards, con il tributo All The King's Men ai musicisti di Elvis. La primavera del 2003 è stata dunque l'occasione giusta per ritrovarlo rigenerato e pronto a nuove sfide: Carving Away the Clay, rimasto chiuso nei cassetti per più di tre anni ha finalmente trovato uno sbocco promozionale grazie all'interessamento di alcuni amici italiani. Ne siamo grati, perchè ci riconsegnano un songwriter intelligente e pieno di idee, con uno stile versatile che mischia canzone d'autore, folk, pop e soul senza preoccuparsi degli steccati di genere.
(di Fabio Cerbone)

>> Recensione di Carving Away the Clay

http://a.parsons.edu/˜rees


L'intervista


Innanzi tutto volevo che spiegassi le ragioni di questo lungo silenzio: so che l'etichetta da te fondata, la Sweetfish records, ha chiuso i battenti. Come hai affrontato questa situazione e di cosa ti sei occupato in questi anni?

Quando la Sweetfish ha chiuso i battenti credo di essere passato attraverso un periodo di rivalutazione personale. Ho cercato di capire perché la perdita di una compagnia potesse ferire così nel profondo e cosa questa situazione significasse per il mio stato d'animo. Ero molto rammaricato, e adesso che ci penso questa cosa è abbastanza stupida. Così ho incominciato a pensare a quello che veramente amavo e ho deciso di stilare una lista delle cose che volevo fare nelle mia vita, affrontandole una alla volta. Prima di tutto ritornare dalla mia famiglia: ho avuto subito molto tempo da spendere con i miei figli. Con i miei bambini abbiamo iniziato a costruire trenini, instaurando un nuovo contatto fra di noi. E mentre lo facevamo mio figlio ha incominciato a mettere su le demos che avevo registrato nell'ultimo anno. Il suo entusiasmo per le canzoni mi ha spinto in qualche modo al successivo punto della mia lista, la scrittura. Ho iniziato a scrivere un altro libro (che deve essere ancora completato) e molto materiale nuovo. La scorsa estate sono andato in tour e attraversando il Sud del paese mi sono voluto fermare e registrare qualcosa con degli amici a Nashville. Semplicemente dei demo, niente che pensassi di produrre e pubblicare. È risultato un momento molto forte musicalmente, forse perché fatto con molto abbandono

Poi cosa è successo? Il disco mi ha impressionato favorevolmente per i suoni e gli arrangiamenti: parlami del lavoro di produzione. So che il disco è stato registrato in gran parte a Nashville

Sono tornato a casa in autunno e Doug Ford ha sentito i nastri ed è rimasto entusiasta. Da quel momento ha deciso di prendere in mano la situazione. Ha lavorato su tutti i miei dischi ma mai in veste di produttore. Apprezzava il lavoro di Gary Burke, ma ha sempre pensato ad uno stile differente di produzione per la mia musica. Stavo considerando di lasciare definitivamente il mondo della musica, così ho abbandonato il solito controllo che mantenevo sul mio progetto e mi sono buttato con Doug, girando per lo studio. È stato messo insieme con le sessions fatte a Nashville. Doug ed io abbiamo aggiunto parecchi overdubs su queste tracce nella mia fattoria sopra New York, ed abbiamo aggiunto alcune tracce in più, ma tutto si fonda su queste prime registrazioni. Ancora una volta una situazione molto rilassata. Penso che ci siamo fatti trasportare a vicenda e la fluidità del disco è dovuta principalmente a questo fatto. Comunque il disco è stato completato la primavera dopo il mio ultimo tour italiano.

Hai cercato un'etichetta per la sua pubblicazione?

Abbiamo provato a trovare un contratto per la pubblicazione del disco, ma senza fortuna. Nel frattempo mi trovavo in una situazione personale decisamente migliore, avendo creato qualcosa di cui ero fiero ed essendo quasi sicuro che se una cosa che amavo così tanto non veniva capita ero sulla strada sbagliata. Così ho continuato con il terzo punto della mia lista e sono tornato agli studi. Ho completato il mio corso di laurea in Technical Communication la scorsa primavera e attualemente sto lavorando al mio master in Fine Art, così da poter insegnare all'università.

E' a questo punto che sono arrivate le richieste dall'Italia...

All'improvviso Mauro e Paride (Mauro Eufrosini e Paride Guidetti del Roots Music club di Ferrara, ndr) mi hanno chiamato chiedendomi di tornare in Italia e di lasciargli pubblicare Carving Away the Clay. Ero riluttante in un primo momento. Sono uno studente adesso, non un musicista, ma riflettendonci aveva un senso perfetto. Tornare insieme a qualche vecchio amico e cantare alcune canzoni è una tale gioia. Così sono tornato per la mia pausa di primavera!

Le canzoni raccolte in Carving Away the Clay fanno parte di un certo periodo della tua vita o sono state concepite in tempi diversi?

Queste canzoni arrivano quasi tutte dall'ultimo anno di esistenza della Sweetfish, quando correvo in giro per il mondo cercando di essere il leader della band, il manager dell'etichetta, un marito e padre, un songwriter, un programmatore di computer, un designer ed un figlio della mia nuova famiglia. Non credo di essermi accorto quanto tutto questo mi stesse facendo impazzire fino a quando non è passato un bel po' di tempo. Così in questo periodo un po' pazzo della mia vita ho cercato rifugio nel mio songwriting. Queste canzoni sono il risultato.

Ho notato una lunga lista di musicisti ed ospiti, oltre alla tua band. Come sei riuscito a coinvolgerli nelle registrazioni? Li hai conosciuti nel corso degli anni?

Tutta questa gente l'ho incontrata ed è diventata mia amica durante la mia attività. La band è stata qualcosa di molto provvisorio negli ultimi cinque anni, con i vecchi amici sempre alla base. Ho suonato veramente con alcuni dei migliori musicisti del mondo e quando non eravamo in grado di trattenere qualsiasi cavolata ci venisse in mente, non parlavamo neppure di musica. È tutto basato sul dialogo

Hai già pronto o registrato del nuovo materiale, visto il lungo silenzio dal tuo ultimo disco?

Con Todd Haviland (al basso in questo tour) eravamo ad una festa di capodanno nel 2002 e dopo una bella quantità di birre sparite, abbiamo cominciato a parlare di fare musica insieme. Come ho detto non prendevo seriamente in mano una chitarra da almeno un anno. Avevo deciso di allontanarmi e di esplorare altre forme d'espressione, video, hypermedia, grafica digitale. Ma c'era un certo senso di colpa che mi perseguitava. Quella notte capii che Dio mi aveva dato un dono che avevo gettato via. Mi sentivo male e ho deciso che non mi sarei più allontanato da tutto ciò. Quella settimana ho iniziato a suonare vecchio materiale e scriverne di nuovo. In marzo stavo registrando di nuovo e adesso ho già completato gran parte del prossimo disco. Nulla di tutto questo è stato fatto con l'intento di tornare a suonare e vendere la mia musica. È venuto fuori jammando con gli amici, senza pressioni, è stata una gioia per me

Chiudi il disco con una cover molto bella di Hold On di Tom Waits: mi chiedevo perché hai scelto questo pezzo in particolare. Cosa ti affascina della musica di Waits?

Tom è uno di quegli autori di cui ho sempre voluto incidere delle canzoni, ma non ho mai avuto il fegato. Sono un suo fan da quando è uscito Swordfish Trombone. Quando ho sentito quella canzone è stato come se conoscesse i miei desideri, sembrava fosse una mia canzone…non che abbia mia scritto qualcosa di così perfetto, ma si adattava al mio materiale. Così ho finalmente abbassato il cappello di fronte al maestro. Scrive canzoni con un tema costante dentro. Ci fa vedere una parte della nostra società che pensiamo sia nascosta fuori ma non abbiamo il coraggio di guardare. Me lo immagino saltare sui treni merci a Memphis, o gironzolare per taverne marinare. Ma non emette mai un giudizio su questi mondi che ci mostra, ed è il suo dono più grande. Hold On ha una tale passione dentro ed una relazione perfetta tra le influenze di una città e le sue ramificazioni nell'anima di un uomo. È stato come rivisitare Anderson Ohio (il primo lavoro di Rees, ndr), per cantarla di nuovo.

Apparentemente Waits sembra molto lontano dal tuo stile...

Nella mia testa non siamo così differenti nello stile, ma questo perché quando lo ascolto, immagino l'uomo e la sua chitarra, lascio da parte la produzione e la voce e ascolto solo le melodie e le storie. Faccio questo con tutta la musica che ascolto, e sento così tanti stili differenti di musica che spesso diventa un miscuglio di stili che il mio subconscio condensa e riunisce nella mia penna. Sono sempre divertito dai paragoni che la gente compie tra la mia musica e quella di altri. Non sono mai riuscito a capire le connessioni

Brani come Big Storm Coming o You Can Stay Up potrebbero funzionare molto bene nelle radio: dal tuo punto di vista come ti spieghi questa situazione per cui il rock classico e la canzone d'autore non vengono più considerati dal mercato?

Il rock classico sta andando ancora relativamente bene, solo in una veste differente rispetto al passato. Ho visto Avril Lavigne ai Grammy e mi sembravano i Cheap Trick con una ragazzina come cantante. Non mi piace molto, ma penso che lo stile sia fresco, buono. E i songwriters continuano a fare degli ottimi lavori. Penso al Grammy di Jesse Harris per Don't Know Why di Norah Jones per esempio, che dimostra come l'accademia abbia ancora dei buoni gusti…almeno nella mia modesta opinione

Hai curato personalemente la grafica del cd?

Sono saltato fuori con la bozza per la copertina e sono andato da Ebet Roberts per un'opinione. Abbiamo ricoperto tutto il mio corpo con la creta (le immagini si possono vedere sul sito di Rees, ndr), la fase di essicamento è stata una specie di droga per Ebet. Il design iniziale della copertina è mio, poi sono andato da una amica designer che ci ha lavorato su. La sua tipografia e il colore sono stati una ventata d'aria fresca per il lavoro ed è uscita con il risultato come lo vedi ora

Sei dunque un artista impegnato non solo nel campo musicale, ma anche nella grafica e nel multimediale: cosa ti attrae di queste discipline?

Sono un grande fan dei lavori interattivi. I new media sono soprattutto effetti più che contenuto, ma quando sono fatti bene mi entusiasmano. Attualmente sono coinvolto dagli studi sul calcolo fisico alla Parsons School of Design in New York, dove insegno anche. Sono interessato ad installazioni e lavori di hypermedia in cui un utente può esplorare un'opera da diversi punti di vista ed angolazioni. Il mio lavoro più recente riguarda una thaumotropic harp (a.parsons.edu/˜rees) che potrà essere controllata da sensori. È un vero divertimento

Il tuo stile riesce ad unire le caratteristiche del classico cantautore con diverse influenze musicali, dal pop al soul al rock. Anche in questo disco ci sono molti riferimenti: quali sono gli artisti che hanno influenzato di più la tua musica ed il modo di scrivere?

Sono stato profondamente influenzato da gente molto diversa: ti potrei citare Benny Goodman, Aerosmith, John Hiatt, Elvis Costello, The Grateful Dead, Brian Eno, Steve Earle, Crowded House, Little Feat, The Rolling Stones, Elton John, Jackson Browne, Dire Straits, The Band, Genesis, The Sex Pistols, Joe Cocker, Emmy Lou Harris, Hot Tuna, Johnny Cash, Jonathan Edwards, Joni Mitchell, Hendrix, Pat Metheny, Louis Jordan, Hendrix, Marvin Gaye, Marc Cohn, Richard Thompson, Monty Python, James Joyce, Graham Parker, Guy Clark, Lyle Lovett, Randy Newman, Radiohead, Los Lobos, Leiber & Stoller, Greene & Greene, e naturalmente mia moglie. La lista va avanti all'infinito. Tra le cose più recenti, giusto per nominarne alcuni, ti direi Coldplay, One Giant Leap, Ryan Adams, Jurassic 5, Mercury Rev, Norah Jones, Built to Spill.

Guardando ai tuoi lavori passati, specie The Riggley Road Stories, è innegabile che anche la lettartura sia una grossa fonte di ispirazione per i tuoi testi: quali autori hanno segnato la tua formazione?

Winesburg, Ohio di Sherwood Anderson dovrebbe essere la risposta più semplice. Ha veramente cambiato la mia vita ispirandomi la nascita di Anderson, Ohio. Ma l'autobiografia di Chaplin ha influito sul modo in cui mi vedevo come artista all'inizio. Prima di ciò non avevo mai pensato che fosse possibile essere tante cose al tempo stesso. Era scrittore, attore, compositore, regista, tu chiedevi e lui faceva. Poi ti posso citare Gente di Dublino di Joyce e A Child's Christmas in Wales di Dylan Thomas. Quel genere di short story che penso sia molto più vicino allo scrivere canzoni rispetto alla poesia…per lo meno al mio stile. I concetti si spezzano là dove la tua mente comincia ad analizzare e questo mi ha sempre colpito, come la meta più alta. Non voglio che l'ascoltatore pensi ai giochi di parole che faccio, piuttosto alle possibili strade dove ti possono portare i messaggi tra le righe. Infine, The Essays di E. B. White è uno dei lavori di scrittura più beli mai prodotti da una penna americana. Adoro rileggerlo, ma non riesco mai a trovarlo in casa perché lo regalo sempre, così esco e ne compro un'altra copia. Penso di averne acquistate almeno 20 copie nella mia vita

 

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