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:: "Songs From a Room..."

Songs From A Room (1969) è forse uno degli album migliori mai incisi da Leonard Cohen, un manifesto per il movimento musicale fine anni Sessanta. Le atmosfere che questo disco tutt'ora è capace di riportare sono uniche: spaccati di un cantautorato idilliaco fanno da tracciato per un sentiero acustico partigiano, anche mediterraneo, ma soprattutto consacrato in eterno da una Nashville accompagnata da archi, capaci di aprire viali di poesia. Suzanne, Bird On A Wire e The Partisan sono subito tradizione. In fondo Cohen nasce poeta, e la sua musica non può che essere sostanzialmente minimale, ma universale. Folk, country ed una nouvelle vague rumorista trovano riflesso nell'intenzione di Cohen: questi sono stili apparentemente diversi dal suo, ma resi prossimi da artisti che, come lui, sono abili a partorire "canzoni da una stanza".
(di Carlo Lancini)


Doug Hoekstra - Waiting Fundamental 2004
 

I Bucket No. 6 furono una delle prime bands a cimentarsi con l'alt-country e a prendere spunto dagli insegnamenti di Gram Parsons, lavorando su un suono country contaminato da punk e da fiumi di elettricità. Bazzicarono per un paio d'anni sulla scena di Chicago fino ad incidere, nel 1991, anche un lp dal titolo High On The Hog. Da quella formazione, trasferitasi perfino ad Austin in cerca di fortuna (ma senza successo), l'unico ad uscirne a testa alta e a continuare la bramata carriera musicale fu Doug Hoekstra. Sono dieci anni, dal disco d'esordio intitolato When The Tubes Begin To Glow, che Doug non si ferma e incide con regolarità, spostandosi così da Nashville all'Europa. Ultima meta di questo suo lungo girovagare "like a rolling stone": New York. Nella metropoli, scenario dei noti e drammatici eventi socio-politici, Doug dà alla luce la sua quinta fatica, Waiting, un album sofferto, intenso ed entusiasmante. Cantato con un appeal in bilico fra il malinconico ed il post-folk, il disco si presenta a tratti contratto in sonorità folk o soffocate melodie rock minimaliste, per colpire poi con due ballate: Dark Side Of A Pearl, una locomotiva a vapore che traina dietro di sé la dolce voce di Amelia White e un gioco di armonica e percussioni oppresse; e Scewball Comedy, rock ballad dall'introduzione "europea" e sviluppata sulle fattezze musicali del più recente Elliott Murphy. Prendendo spunto dal cantautorato tradizionale statunitense, Doug fa della quotidianità e del crudo scenario dell'underground metropolitano l'ispirazione per questo lavoro: Theresa è la struggente storia di una bimba di cinque anni venduta al mercato nero; In The Middle Of The Night parla di un amore profumato e di una notte insonne, spezzata solo dalla sirena di un'ambulanza; Sunday Blues descrive una domenica qualunque di un qualunque quartiere newyorkese. Waiting ha un sapore confidenziale: cantato sottovoce, è registrato con una strumentazione in prevalenza acustica che trasmette emozioni ad ogni nota. Sembra inciso dentro le quattro mura di un appartamento di città, fra una tazza di caffè, il letto da rifare e nessuno che bussa alla porta. E' alimentato dalle situazioni che si vivono nel traffico metropolitano: chi sta col braccio fuori da finestrino, chi fuma, chi litiga, chi parla al telefono e chi, come me, è assorto in pensieri più o meno profondi, con Waiting a fargli compagnia. Doug Hoekstra è un ottimo cantautore che descrive al meglio la vita di tutti i giorni (tributa pure un verso a Dylan in Dark Side Of A Pearl: "Just Like Tom Thumb's Blues") e si lascia infine apprezzare con un disco eccellente perchè magnificamente sofferto.

www.doughoekstra.com



CocoRosie
La Maison de Mon Rève
(Touch & Go 2004)
1/2


Quella delle CocoRosie è una storia curiosa: due sorelle ritrovatesi a Parigi dopo anni di distacco, forse per volere della musica. Separatesi in età adolescenziale, le due hanno seguito percorsi differenti, ma sempre e comunque accomunate dall'emozione che la musica era capace di trasmettere loro. Due bagagli d'esperienze differenti confluiscono dunque nell'album che le vede finalmente una a fianco all'altra, sotto il nome di CocoRosie: La Maison De Mon Rève. La prima ad approdare a Parigi è stata Sierra Casady, autentica chanteuse innamorata dapprima degli spirituals e poi dell'operetta. La seconda, mossasi verso la sorella fino a raggiungerla, è Bianca, cantautrice raffinata e percussionista rumorista. Rinchiuse in un appartamento parigino di periferia, le sorelle si fanno carico di trasmettere la dolcezza e la malinconia di una città romantica, riportando in ugual misura la sensazione di isolamento che spesso attanaglia le anime di una metropoli. La solitudine rinchiusa fra le quattro mura di casa si fa notte sui Campi Elisi, una notte al chiaro di luna. La colonna sonora che le CocoRosie orchestrano (termine forse da rivedere, visti i valori sonori molto minimali) concilia l'influenza della chitarra classica di Carla Bruni e la stravaganza urbana di rumori metallici e sincopati. In un crocevia trafficato di elaborati disturbi Lo-Fi (ronzanti frequenze radiofoniche, galli che cantano al tramonto e suoni ferrosi), ecco un disco particolarmente ricercato e ben riuscito, con alcuni brani sopra le righe (le acustiche Good Friday e Terribile Angel, e la straordinaria, pianistica dodicesima traccia Lyla) ed altri che fluiscono nella vena spiritual (vena dalla memoria storica) di "sister" Sierra: By Your Side, Not For Sale e la monsonica Tahiti Rain Song (voodoo dell'isola caraibica bagnato da una pioggia torrenziale). Chitarre e canti, tradizione, malinconia, due stanze e i riflessi della città, tutti da cantare: "la casa dei miei sogni", per dirla à là CocoRosie.

www.tgrec.com

 

Tanya Dennis
Apartment #9
(Paloma 2004)


Trovare una country woman a Nashville è assai probabile. Immaginarsela, mentre attraversa la strada che divide casa sua dal saloon in cui canta tutti i fine settimana, non è cosa difficile. Di certo non lo è per chi, come noi, ha dimestichezza con la musica, i paesaggi e gli scenari dell'American Life provinciale. Tanya Dennis potrebbe essere quella cantante: il saloon lo lascio scegliere a voi; l'Apartment # 9 del residence nel quale vive (ecco il titolo del suo nuovo album, che prende spunto da una canzone di Johnny Payback incisa, oltre che da Tanya, anche da Melissa Etheridge) ve lo descrivo io. Innanzitutto pensate ad una periferia delimitata da una strada statale che scorre dritta per chilometri; i cartelloni pubblicitari colorano il beige della sabbia. Il residence è a ferro di cavallo, con la solita piscina sporca nel mezzo. Nell'appartamento numero nove c'è Tanya, vestito a fiori, da massaia, e violino sotto il mento, che si diletta nell'accennare alcune melodie country poi incise full-band nel suo ultimo album. La scelta comprende un brano originale, I Can't Feel A Thing, scritto dalla Dennis nel 1994 e undici covers, fra le quali Right In The Wrong Direction di Hank Cochran (incisa anche dagli Highwaymen), Another Chance At Love di Shelby Lynne e la furiosa Luxury Liner di Gram Parsons, apparsa di recente nella versione Legacy di Sweetheart Of The Rodeo dei Byrds. La forma di ogni brano è piuttosto standard, fatta di chitarre elettriche infuocate e tocchi di violino. La voce della Dennis è qualcosa di speciale: corposa, da soul singer. La chiusura di Apartment # 9 è affidata a Love Don't Even Know My Name, ballata pianistica ricca di pathos.

www.tanyadennis.com

 

info@rootshighway.it