Rolling
Stones
Four Flicks, The Ultimate Rolling
Stones Live (4 DVD)
(Warner Vision 2003)
La
"terza età" dei Rolling Stones (tanto per fissare
qualche paletto, dal 1989, anno della pubblicazione
si Steel Wheels, in poi) è stata caratterizzata dalla
cadenza regolare sul piano discografico, con album,
se non memorabili, che comunque ben si inserivano nel
loro storico e sterminato catalogo.
Senz'altro più degni di nota i mega tour (lo Steel
Wheels, lo Urban Jungle, il Voodoo Lounge
e chi più ne ha più ne metta), giganteschi e puntuali
come il giovedì; roba inarrestabile, in grado di passare
sopra anche alle defezioni più illustri (il vecchio
Bill Wyman, sortito nel 1993) e che sul piano dei numeri,
ancora oggi anno di grazia 2004, polverizza sempre qualche
record precedente. Una gigantesca macchina da rock'n'roll,
con un immane coinvolgimento dell'immagine, per la quale
Jagger e soci si sono sempre rivelati dei maestri. Il
tour 2002/2003 (in giugno ha toccato, per una data,
anche la nostra penisola), sulla scia dell'antologia
(con inediti) Forty Licks, si è rivelato
ancor più trionfale, ancor più inarrestabile, con una
sorprendente presenza di pubblico giovane. Eppure gli
Stones sono vecchi e non fanno nulla per mascherare
il caso; sono per loro stessa ammissione "una maschera",
indossata però come meglio non si potrebbe, con tutti
i lustrini e i luccichini al loro posto. Soprattutto,
sotto la maschera, i luccichini, l'immagine, i dollari
e le innumerevoli rughe, batte un cuore che, piaccia
o no, non ha mai tradito gli intenti originali; quella
miscela di blues, r&b, rock'n'roll e berciate varie
che ne hanno fatto uno l'act più incandescente e vitale
della storia.
Lo testimoniano "senza trucco e senza inganno" i quattro
dvd che compongono la collezione Four Flicks.
Quattro volumi, un documentario e tre video che chiariscono
le diverse tipologie lungo le quali si è sviluppato
il tour, vale a dire gli stadi (il Twickenham Stadium
di Londra), le arene (Madison Sqare Garden di
New York) e i più contenuti teatri (l'Olympia
di Parigi).
Una overdose di rock'n'roll, con tutti i classici al
posto giusto, Satisfaction, Honky Tonk Woman, Jumpin'
Jack Flash, Tumblin' Dice, Shympathy For The Devil,
Gimme Shelter, Brown Sugar, Angie, Miss You, Start Me
Up; opportunamente saccheggiato il quarantennale "songbook".
Quello che assicura una continuità essenziale con i
tempi in cui i quattro erano solo dei ragazzi della
periferia londinese, di scena sul palco del Crawdaddy,
sono pezzi come I Just Wanna Make Love To You (Londra),
che faceva mostra di sé sul primo album, una trascinante
Love Train (che fu degli O'Jays) o ancora il soul di
That's How Strong My Love Is o l'eterna Everybody Needs
Somebody To Love (Olympia); oppure gli extras, i commenti
della band, il sodalizio temporaneo con gli AC/DC sulle
note del bluesaccio Rock Me Baby, il veloce excursus
lungo i luoghi dove si sono tenuti i concerti, da Bangalore
a Praga; sempre una festa, un momento significativo.
Non crediamo che sia solo una questione di "money".
Da non mancare.
(Roberto Giuli)
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