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La parrocchia di San Leonardo
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 LA CHIESA 

     La chiesa, in stile gotico-catalano, è intitolata a San Leonardo Abate ed è il monumento più importante di Serramanna. Sorge su un terrapieno, probabilmente formato dai detriti di una chiesa romanica, e rivolge alla strada principale (via Roma) la parte posteriore, mentre la facciata dà sulla sottostante piazza del Popolo; ricevendo grande imponenza dalla collocazione tra  due piazze altimetricamente sfalsate, e dalla presenza della imponente scalinata di accesso centrale e delle due laterali.  
Ha la facciata semplice, rettangolare, in conci di tufo lisci, con sulla sommità una cornice merlata; sul  fianco sinistro c'è il campanile a pianta ottagonale. Notevole sulla facciata il portale di forme romano-gotiche, fatto ad imitazione di quello del transetto destro del duomo di Cagliari, con due colonne tozze sormontate da capitelli che ne formano i piedritti che sostengono un architrave con disegno a greca, sulla quale poggia il timpano triangolare che racchiude un trilobo incorniciante una nicchia con la statua marmorea del santo. Durante i lavori di restauro del 2002 la statua, già  priva delle catene dei prigionieri sostenute dalla mano destra sollevata, e abbisognevole di restauri, è stata rimossa per procedere al suo restauro ed è stata poi sostituita con una copia. La chiesa è sormontata da una grande ed elegante cupola la cui copertura in ceramica colorata è stata rifatta qualche anno fa.
    Nel libro "Annale Sardiniae" di Salvatore Vidal (1639) è detto che alla distanza di circa un miglio da S.Maria sorgeva un altro villaggio dove fu poi edificata l'attuale chiesa di S. Leonardo, allora chiamata basilica in quanto costruita sopra una  precedente chiesa sotterranea dove si custodivano reliquie di santi.
    Risulta in modo evidente che la chiesa, a croce latina, sia stata costruita in due diversi periodi: la parte più vecchia, e cioè la navata centrale (coperta da tegole su legno, a due spioventi ) ed il campanile, viene fatta risalire al ai secoli XV-XVI; la parte nuova, cioè la cupola, il transetto (cappelloni laterali), l'abside (coperti da volta a botte) e la cupola su tamburo poligonale, ai secoli XVII-XVIII.
Il cortile che circondava la chiesa (su gimitoriu), anticamente veniva usato come cimitero, ed anche all'interno della chiesa si seppellivano i defunti, dietro pagamento,  pare ancora nel 1922. Nelle cappelle di S.Maria (ora del Santissimo) ed in quella della Madonna di Pompei sono rimasti gli antichi pavimenti in lastroni di pietra, sotto i quali è presumibile ci siano ancora delle tombe.
    Si entra nella chiesa attraversando una bussola in legno del 1709, restaurata nel 1995, e passando sotto il soppalco della cantoria (ove si trova un organo a canne), sorretto da un magnifico grande arco ribassato.
Nella navata centrale, il tetto è retto da quattro archi a sesto acuto, trasversali alla navata, formanti cinque campate, dove si aprono le cappelle. A sinistra la prima, ora adibita a ripostiglio di arredi, ricavata sotto il campanile e di piccole dimensioni. Una volta ospitava il fonte battesimale in noce,del 1732, con intarsio raffigurante il Battesimo di Gesù, e qui si somministravano i battesimi. Ora il fonte battesimale si trova nella prima cappella sulla destra e non viene più usato.  
    Sempre a sinistra, dopo la porticina che porta alla scala per la cantoria ed al  campanile, la cappella di stile rinascimentale dedicata prima a S.Maria ed ora al Santissimo, unico esempio in Sardegna di cappella introdotta da arco trionfale scolpito sulla pietra e sorretto da due leoni (di fattura non certo eccelsa; quello a destra è anche privo della testa); la  ricchezza dell'intaglio ornamentale  ne riveste anche la volta stellare poggiante su quattro colonnine angolari nei cui capitelli sono scolpiti i simboli dei quattro evangelisti, ed il retablo architettonico a edicole sovrapposte. Il retablo, in legno intagliato e dorato, è stato restaurato negli anni '80. Risale al XVII secolo e faceva sicuramente parte del vecchio altare maggiore: ai lati si osservano due scudi sanniti, sormontati da una corona  nobiliare, nel cui campo compaiono una sorta di manette con catena, emblema di S.Leonardo; mancano delle parti laterali, asportate sicuramente per poterlo contenere nella cappella, e questo ci conferma che l'attuale ubicazione non è stata la sua originaria destinazione.
Ancora a sinistra la cappella del Sacro Cuore con arco a sesto acuto su pilastri polistili e volta a botte. Sul capitello sinistro è riportata la data del 1721.
   L'ultima cappella a sinistra, con arco a sesto acuto, era dedicata alle Anime del Purgatorio e conteneva sull'altare una tela del 1794 del pittore napoletano Domenico Tonelli, raffigurante al centro la Madonna del Carmine, ai lati S.Leonardo e S. Efisio  e sotto anime purganti in preghiera (ora, restaurata nel 1993, si trova sopra l'ingresso della sagrestia).  In questa cappella si celebrava una volta al mese una messa in suffragio dei defunti; l'obolo raccolto durante le messe (il sacrista passava tra le sedie il piattino di latta ondulata, con al centro una statuina di persona nuda avvolta dalle fiamme) veniva chiamato "po is animas" e destinato come offerta per la celebrazione della messa. La cappella è ora dedicata  alla Madonna di Pompei. 

   Sul lato destro, dopo la cappella ove si trova ora il fonte battesimale, c'è la cappella della  Madonna della Vittoria, rimodernata durante i restauri del '34-'37 e dedicata al ricordo dei Caduti di tutte le guerre.
   La terza è dedicata a S. Giuseppe. La quarta, con l'arco a sesto acuto poggiante su pilastri polistili, all' Immacolata Concezione.
La quinta cappella a destra, anch'essa con l'arco a sesto acuto su pilastri polistili, è dedicata a S.Antonio da Padova ed ha la volta a crociera con gemma al centro. Sopra l 'altare c'è un retablo del XVIII sec., in legno intagliato e policromato, con colonne tortili ornate da tralci di vite e sormontate da capitelli corinzi che sostengono una ricca trabeazione sopra la quale si eleva una nicchia tra pilastrini e colonne tortili.
L'altare maggiore è del primo ottocento, elaborato con marmi policromi e lastre di taglio geometrico; il presbiterio è più elevato rispetto al resto della chiesa e  si raggiunge superando quattro gradini. La semplice ma bella balaustra marmorea che chiude il presbiterio venne donata nel 1861 dal canonico Ant. Manunta di Osilo. Nella balaustra si trova attualmente un bel Crocifisso attribuibile a Giuseppe Antonio Lonis, od alla sua scuola (sec. XVIII),  e privato qualche anno fa della croce originale. Dietro l'altare maggiore c'è un bel coro ligneo, del '700, con gli stalli e le pareti in legno, che sarebbe necessario salvare recuperandolo dalle  pessime condizioni in cui si trova. Sta andando a pezzi ed è abbisognevole di molti ed improcrastinabili lavori di restauro.
 Agli estremi dei transetti ci sono due altari in marmo con tarsie policrome che con gli ornati alleggeriscono il peso del disegno architettonico. L'autore è il marmista di Serramanna
Domenico Andrea Spazzi , come risulta da una lettera di incarico redatta in lingua spagnola e datata 1734, e dalla ricevuta del Maestro artigiano, scritta in sardo italianizzato, per 140 scudi, pari a 350 lire sarde. Sull'altare a sinistra è incastonata una tela raffigurante la Crocifissione con l'Addolorata, San Giovanni e la Maddalena, in quello a  destra una tela raffigurante la SS.Trinità, attribuite anche queste due al pittore napoletano Domenico Tonelli e restaurate nel 1993 con un finanziamento del Banco di Sardegna.
Sul lato sinistro della navata, c'è un pulpito sorretto da una bella colonna in pietra giallo scuro. Nessuna pubblicazione da me consultata parla di questo bel pulpito, che ormai non viene più usato.  Forse l'attuale liturgia non prevede che i predicatori svolgano il loro compito dall'alto di questa tribuna. Ricordo che, durante la mia fanciullezza, i panegirici ed i quaresimali venivano fatti da lassù spesso in tono declamatorio  e con tanta prosopopea, con il predicatore che ricordava i pericoli del diavolo e dei fuochi dell'inferno. I fedeli gremivano  la chiesa attoniti dalla sapienza dei predicatori "venuti da fuori", che amavano spesso soffermarsi su fatti e fatterelli legati alla vita del santo del giorno. Le donne (tutte avvolte nel loro fazzoletto, visto che allora c'era il divieto assoluto per le donne di entrare in chiesa a capo scoperto)  gremivano la navata centrale, il transetto sinistro e le cappelle sulla destra sedute sulle sedie che alla fine delle funzioni venivano ammucchiate nelle prime cappelle a destra (c'erano anche le sedie private, con l'inginocchiatoio imbottito e il sedile in paglia di Vienna, solitamente queste accoppiate e legate da catena e lucchetto quando erano assenti le proprietarie). Gli uomini anziani prendevano posto nel transetto destro o nel coro, i giovani nelle cappelle a sinistra da dove non vedevano certo il predicatore ma solo le ragazze nella navata; e noi ragazzi  ammucchiati nei gradini dell'altare e della balaustra o sulle panchette, che venivano solitamente usate per il catechismo. 


Nel 1932 si verificarono delle gravi lesioni alla cupola e la chiesa, per decreto prefettizio, restò chiusa per restauri. Intorno al 1935 vennero rasi al suolo il vecchio cimitero con tutti gli alti muri aragonesi, i pini, e la chiesa delle Anime del Purgatorio. I lavori si protrassero sino al 1937 quando restaurata, ma non completata ad esempio nel campanile e nel rifacimento dei vecchi affreschi esistenti prima sulla volta della cupola, la chiesa fu solennemente riconsacrata il 5 febbraio. Il pittore Filippo Figari, il maggiore degli

artisti sardi di allora, aveva preparato i bozzetti per le immagini dei quattro evangelisti da sistemare ai lati della cupola, ma anche per questa realizzazione, come per il campanile, non si riuscì a reperire i fondi.
I pavimenti, che prima del restauro erano in pianelle di cotto (arregiola sarda) in pessime condizioni, vennero completamente rifatti  in marmo. Venne rifatto anche l'impianto elettrico, eliminando gli antiestetici e pericolosi fili volanti ora purtroppo in parte ricomparsi.

In seguito, per iniziativa del parroco dott. Pasquale Sollai, la chiesa, esclusa la navata centrale conservata nella sua spoglia semplicità, venne decorata negli anni 1953-1954, con pitture eseguite  dall'artigiano serramannese Giuseppe Carcangiu, riproducenti opere di famosi pittori.

Dopo la demolizione degli alti muri che delimitavano il vecchio cimitero, la Curia Arcivescovile di Cagliari ed il Comune di Serramanna si sono per tanto tempo contesi la proprietà delle aree risultanti che formano il piazzale esterno, mentre le aree della chiesina e dell'oratorio vennero utilizzate per l'allargamento della via Cagliari (ora via Roma) allora molto stretta, davanti al vecchio Monte Granatico (ora sede del Banco di Sardegna e della biblioteca comunale).

 

 

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