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Bartolomé Yun Casalilla, Trasformazioni e continuità in Castiglia nel secolo d'oro. Riflessioni per una storia sociale dell'economia


2. Proposta per l'analisi delle tensioni tra mutamento e continuità. Il ruolo dell'impero asburgico nell'economia castigliana.
Buona parte di questi interrogativi sono frutto di un tipo di storia economica e di una concezione dei suoi rapporti con la storia sociale estranei all'avanzata della storia istituzionale. Non è che si sia caduti in un economicismo derivato dall'applicazione esclusiva dell'analisi economica alla storia. Si direbbe, al contrario, che le idee piú comunemente accreditate siano caratterizzate dalla loro relativa povertà in rapporto alle varie possibilità che offre oggi la teoria economica. Nemmeno si può affermare che in quanto storici dell'economia siamo stati estranei a dibattiti come la discussione sullo Stato moderno, sul carattere dell'assolutismo ecc. È, semplicemente, che non ci siamo preoccupati di integrare gli avanzamenti in questi campi in una forma efficace al momento di costruire le nostre teorie esplicative dello sviluppo economico e del cambiamento sociale. In contrasto con una visione del periodo che si riduceva a postulare una fase di accumulazione di potere nelle mani del re, la cui unica derivazione di fronte alla storia economica era la concentrazione di mezzi fiscali (ciò che spiegherebbe questioni tanto importanti come il protagonismo della Castiglia nell'Impero e la crisi del secolo XVII), oggi si ritiene che, malgrado tutto, tale processo erose appena i privilegi dei poteri locali28. Le Cortes di Castiglia, viste finora come organismi morti e carenti di forza politica, specie dopo Villalar (1521), sono apparse come istituzioni forti. Le regole del gioco tra la monarchia, le città e la nobiltà si complicano ora molto di piú e sono soggette a contrasti permanenti e ad accordi occasionali che hanno come sfondo teorie politiche piú ricche della semplice superiorità del potere del re e che si plasmano e si rinnovano durante il tempo in funzione di cambiamenti interni, di situazioni concrete non programmate e di vicissitudini che riguardano questa relazione29.

Con questo sfondo, mi si permetta di introdurre un'altra linea argomentativa che non cerca di offrire una spiegazione definita, ma che — credo — possa dare un'idea piú completa del periodo e delle tensioni di cambiamento e continuità di quella società. Parto perciò dal fatto che la nostra analisi debba dirigersi verso lo studio di tensioni nelle quali, naturalmente, la produzione e la distribuzione di beni materiali sono parte fondamentale. Ma prendo le mosse in primo luogo dal fatto che la crescita e la recessione non sono solo fattori, bensí anche sottoprodotti di un'evoluzione sociale nella quale il mantenimento dell'ordine gerarchico stabilito costituisce uno degli obiettivi prioritari. È questa la prospettiva — piú che la verifica di quale misura una società si approssima ad una situazione che si determinerà solo tre secoli dopo (con lo sviluppo della borghesia e del capitalismo) — che deve guidare l'analisi. È inoltre logico che in alcune riflessioni che non si occupano solo della riproduzione del quadro istituzionale, ma anche delle sue connessioni con lo sviluppo economico, insieme alle interpretazioni prima considerate si enfatizzi il modo in cui questa riproduzione o queste tensioni nell'ordine stabilito — con l'insieme di privilegi e la frammentazione giurisdizionale che lo compongono — riguardino le forme di produzione e di distribuzione della ricchezza in quella società30.

2. a. Nelle radici della crescita.Riflessioni per una lettura istituzionale della ripresa economica del XV secolo. Che la penisola sperimenti una crescita economica dal XV secolo è qualcosa di indiscutibile. In Castiglia tutti i dati dimostrano che non solo la popolazione ma anche la produzione agraria aumentarono chiaramente durante questo secolo31. Il caso è meno chiaro nella Corona d'Aragona, dove solo il regno di Valencia mostra un'evoluzione altrettanto positiva. Tuttavia il risultato generale non dà luogo a dubbi. D'altra parte — e contro ciò che si è convertito in una semplificazione frequente tra alcuni storici — le ragioni non si devono cercare esclusivamente nell'abbondanza di terre disponibili dopo la crisi del XIV secolo. Neppure conviene far riferimento solo all'impatto del commercio internazionale, senza dubbio molto positivo, a partire dal quale in questo secolo la penisola si converte in piattaforma delle rotte internazionali e della proiezione atlantica d'Europa. Al contrario, come in altre aree continentali, si percepisce anche qui uno sviluppo degli scambi interni molto meno vistoso dell'espansione del commercio estero ma che, per toccare una miriade di economie familiari sempre piú strettamente legate al mercato, avrà effetti decisivi sull'economia. L'apogeo delle fiere e dei mercati locali e la formazione di una densa maglia di questi in Castiglia è un buon esempio32. Questo stesso fenomeno è il frutto di un modello di sviluppo feudale che ha fatto delle città e dei centri abitati piú importanti la testa di signorie collettive che facilitavano la gerarchizzazione urbana33. Tale fenomeno sembra meno consistente nel regno di Aragona, ma, almeno in Castiglia, dovette avere effetti notevoli, potenziando nuclei che stimolavano la commercializzazione di prodotti agricoli dei contadini e la concentrazione in quelli di rendite del patriziato urbano provenienti dalla terra; ciò propiziava altresí la domanda e il consumo mano a mano che tra i patrizi e la nobiltà si diffondevano i costumi dell'Europa rinascimentale. Per di piú tutto indica che questa accumulazione di rendite, nelle città e in concreto nelle mani dell'oligarchia urbana, favoriva la creazione di circuiti creditizi che, diretti all'industria o alle attività agrarie, furono positivi per entrambi i settori34.

Non erano le città le uniche formazioni istituzionali che propiziavano lo sviluppo economico. La stessa nobiltà continuava a mostrare interesse nell'incoraggiare le attività produttive. Favoriva questa situazione la configurazione di alcune forme di dominio e di rendita signorile basate sempre piú su diritti che aumentavano o diminuivano parallelamente all'attività commerciale o agraria, come succedeva in molte aree della vecchia Castiglia, e nella commercializzazione diretta della produzione, come si vede piú chiaramente nel caso dell'Andalusia35. Le energie che durante tutta la Riconquista si erano orientate verso la guerra, cercando lo sviluppo di un'economia di pariao 36 l'espansione feudale verso il Sud, si completano ora con un crescente interesse ad incrementare la capacità produttiva o ad alimentare gli scambi all'interno delle loro unità signorili. Tale tendenza, che non è contraddittoria rispetto all'estensione delle giurisdizioni e dei domini, deriva anche da una migliore organizzazione del processo produttivo agrario da parte delle comunità rurali a cui neanche i signori erano estranei. È come se ad una via esclusivamente estensiva di ampliamento della produzione si venisse a sovrapporre una via « organizzativa» che si plasma, per esempio, in ordinanze sullo sfruttamento della terra o in regolamenti mercantili piú precisi37.

Alla base di tutto ciò, non solo c'è l'interesse dei signori a superare la tendenza al deprezzamento delle loro rendite, ma anche le esigenze di economie che solo mediante l'espansione potevano attenuare le tensioni intrafamiliari — qualcosa che, certamente, non diminuiva ma cresceva con il regime del maggiorascato — e le spese derivate da un organigramma signorile e militare sempre piú complicato. Non si deve nemmeno dimenticare l'esistenza di una lotta per la rendita, connaturata al sistema feudale, che non era necessariamente di somma zero, ma che poteva dar luogo a pratiche tendenti ad aumentare le entrate mediante stimoli alla produzione e nelle quali tanto i signori quanto le città sono sempre piú coinvolti, sebbene durante tutto il periodo siano in continuo conflitto tra loro.

Logicamente tali tendenze espansive si fecero piú chiare quando tutto ciò concorse allo sviluppo del commercio internazionale e quando questi nuclei urbani e semiurbani di carattere signorile potenziarono anche le loro funzioni mercantili e industriali, in parte per la loro capacità di regolare il mercato e di concentrare le rendite derivate da questo commercio avvalendosi anche di meccanismi giurisdizionali38.

Tuttavia la componente endogena di questo sviluppo nella Corona di Castiglia viene chiarito quando si comprova che l'embrione della rete urbana piú solido si trova in zone come la Valle del Duero, dove confluiscono tali caratteristiche. Oltre a questo, è molto dinamico il polo andaluso, che, malgrado notevoli varianti rispetto a quello, gode anche di chiari vantaggi in questo senso.

È evidente cosí che lo sviluppo mercantile si stava producendo nel seno di unità urbane con competenze giurisdizionali molto accentuate. È anche chiaro che quest'espansione era alimentata dal vigore istituzionale delle organizzazioni municipali e della comunità rurale in generale, i cui regolamenti, frutto di un complesso equilibrio di interessi nel loro seno, influivano decisamente — anche piú del mercato cosí come noi lo concepiamo ora — nell'assegnazione di risorse produttive e nella distribuzione della ricchezza39. Non bisogna neanche dimenticare che le signorie feudali continuavano ad essere soggette ad una razionalità di gestione politica e sociale, che riteneva prioritario l'ampliamento del potere signorile, l'attenuazione dei conflitti intrafamiliariari o la legittimazione della casata nel tessuto sociale40.


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28 Una visione generale di questo cambiamento da diverse angolazioni si può trovare nel libro, dal titolo significativo di P. Fernández Albaladejo, Fragmentos de Monarqu&iacutea. Trabajos de historia pol&iacutetica, Madrid, 1992.

29 La bibliografia su questo tema è già molto estesa e buona parte di questa si può trovare nell'articolo di J.-F. Schaub in questo stesso fascicolo. Comunque è inevitabile citare alcuni dei lavori piú rappresentativi: P. Fernández Albaladejo raccoglie i vari articoli sul tema nel libro citato nella nota precedente; tra essi segnalo soltanto Monarqu&iacutea y reino en Castilla: 1538-1623, in Fragmentos, cit., pp. 241-283, originariamente presentato alla XIV Settimana di studi dell'Istituto internazionale Francesco Datini (Prato, aprile 1982). Si può vedere, inoltre, Ch. Jago, Habsburg absolutism and the Cortes of Castile, in « The American Historical Review» , vol. 86, 1981, n. 2, pp. 307-326 e, dello stesso, Philip II and the Cortes of Castile: the Case of the Cortes of 1576, in « Past & Present» , n. 1, 1985, pp. 24-43. Egualmente cfr. I. I. A. Thompson, Crown and Cortes of Castile, in « Parliaments, States and Representation» , vol. 2, 1982, n. 1, pp. 29-45. Lo stesso autore ha tracciato una descrizione piú sottile dell'assolutismo per il caso castigliano in Absolutism in Castile, in J. Miller, ed., Absolutism in Seventeenth Century Europe, Singapore, 1990, pp. 69-98. Lo studio piú dettagliato dei rapporti tra le Cortes e Filippo II è, senza dubbio, quello di J. I. Fortea P&eacuterez, Monarqu&iacutea y Cortes en la Corona de Castilla. Las ciudades ante la pol&iacutetica fiscal de Felipe II, Salamanca, 1990. Da parte mia, ho affrontato in varie occasioni la questione dei rapporti tra corona e nobiltà. Al riguardo rimando a Carlos V y la aristocracia. Poder, cr&eacutedito y econom&iacutea en Castilla, in « Hacienda P&uacuteblica Espa&ntildeola» , Homenaje a D. Ramón Carande, 1987, n. 108-109, pp. 81-100; Aristocracia, Corona y oligarqu&iacuteas urbanas en Castilla ante el problema fiscal, 1450-1600 (una reflexión en el largo plazo), in « Hacienda P&uacuteblica Espa&ntildeola» , Historia de la Hacienda en Espa&ntildea (siglos XV-XX). Homenaje a D. Felipe Ru&iacutez Mart&iacuten, 1991, n. 1, pp. 25-41 e, per il periodo successivo, La situación económica de la aristocracia durante los reinados de Felipe III y Felipe IV, in J. H. Elliott y A. Garc&iacutea Sanz, coords., La Espa&ntildea del Conde Duque de Olivares, Valladolid, 1990, pp. 516-551. Per un caso concreto che conduce il suo autore ad interessanti considerazioni sull'assolutismo, si veda I. Atienza, Aristocracia, poder y riqueza en la Espa&ntildea Moderna. La casa de Osuna, siglos XV-XIX, Madrid, 1987.

30 Spero di poter esporre piú diffusamente alcune di queste idee in un libro che sto preparando sulla storia economica della Spagna tra il 1450 e il 1665, nel quale peraltro mi soffermo con piú cura su una questione che qui posso solamente indicare: le profonde differenze regionali e, soprattutto, tra la Corona di Castiglia e quella di Aragona.

31 Si vedano alcune delle opere che, per diverse ragioni, sono riuscite ad avvicinarsi alle dimensioni quantitative dell'incremento produttivo: M. A. Ladero y M. González, Diezmos eclesiásticos y producción de cereales en el reino de Sevilla (1408-1503), Sevilla, 1979; H. Casado, Producción agraria, precios y coyuntura económica en las diócesis de Burgos y Palencia a fines de la Edad Media, in « Studia Historica» , IX, 1991, pp. 65-105. Per quanto riguarda l'espansione dell'industria tessile, si può vedere P. Iradiel, Evolución, cit. Questo stesso autore prende in considerazione i progressi nella conoscenza della storia economica del XV secolo in una recente sintesi: La crisis medieval, in A. Dom&iacutenguez Ort&iacutez, ed., Historia de Espa&ntildea, IV, De la crisis medieval al Renacimiento, Barcelona, 1988, pp. 81-125.

32 M. A. Ladero, Las ferias de Castilla. Siglos XII-XV, Madrid, 1994.

33 La gerarchizzazione del popolamento come fenomeno dalle radici economiche e politiche sembra essere iniziato con precocità (P. Mart&iacutenez Sopena, El despliegue urbano en los reinos de León y Castilla durante el siglo XII, in III Semana de estudios medievales, Logro&ntildeo, 1993, pp. 27-41); essa si rafforza in alcune aree, ad esempio nell'Estremadura castigliana, con la fondazione di grandi consigli e comunità di ville e terre che originavano autentiche catene di dipendenza giurisdizionale tra le città. Si veda al riguardo L. M. Villar Garc&iacutea, La Extremadura castellano-leonesa. Guerreros, cl&eacuterigos y campesinos (711-1252), Valladolid, 1986. La situazione di alcuni di questi nuclei e le loro relazioni di dominio con aree circostanti sono state studiate specialmente in quei casi nei quali la signoria urbana ha dato luogo alla formazione di città di patrimonio regio che controllano un ampio territorio. Si vedano i casi di Segovia (J. Mart&iacutenez Moro, La tierra en la comunidad de Segovia. Un proyecto se&ntildeorial urbano [1088-1500], Valladolid, 1985; M. Asenjo González, Segovia, la ciudad y su Tierra a fines del Medievo, Segovia, 1986) o di Soria (M. Diago Hernando, Estructuras de poder en Soria a fines de la Edad Media, Valladolid, 1993).

34 Per un lavoro completo che analizza tutte le questioni precedenti sullo sviluppo urbano medievale cfr. A. Rucquoi, Valladolid en la Edad Media, 2 voll., Valladolid, 1987. Il tema dei crediti sotto forma di « censi consegnativi» che danno vigore alla produzione rurale fu sottolineato soprattutto, per i primi decenni del XVI secolo, da B. Bennassar, Ventes de rentes en Vieille Castille dans la premi&egravere moitié du XVIe si&egravecle, in « Annales Esc» , 1960, n. 4. Piú recentemente H. Casado, Se&ntildeores, mercaderes y campesinos. La comarca de Burgos a fines de la Edad Media, Valladolid, 1987, pp. 474-480.

35 B. Yun Casalilla, Sobre la transición, cit., pp. 69-86. Nel caso dell'Andalusia, la chiave era nella formazione di latifondi nel contesto di una società caratterizzata da un popolamento relativamente concentrato e, pertanto, con nuclei di domanda per questa produzione. Si vedano, per esempio, A. Collantes, Le latifundium sevillan (XIVe-XVe si&egravecle), in « M&eacutelanges de la Casa de Velásquez» , t. XII, 1976, pp. 101-125; R. Mata Olmo, Peque&ntildea y gran propriedad en la depresión del Guadalquivir, vol. I, Madrid, 1987, specialmente pp. 121-178.

36 La lettura piú esplicita in tal senso è quella proposta come tesi centrale in A. Mackay, Spain in the Middle Ages: from frontier to Empire, 1000-1500, London, 1977.

37 Oggi è chiaro il protagonismo dei signori nel riconoscimento e nel conseguimento di grazie per fiere e mercati, avviati ad ampliare la ricchezza dei loro feudi e, con essa, la loro rendita nelle città che, come Medina de Rioseco o Villalón, sarebbero divenute in seguito centri commerciali di livello internazionale. Allo stesso tempo va pure considerato l'interesse da parte signorile nella redazione di ordinanze sullo sfruttamento della terra con lo stesso criterio (cfr. B. Yun Casalilla, Sobre la transición, cit., pp. 75-86 e 109-123). In quanto alle funzioni delle comunità nella regolamentazione delle colture cfr. J. Garc&iacutea Fernández, Champs ouverts et champs clôtur&eacutes en Vieille Castille, in « Annales Esc» , 1965, n. 4, pp. 692-718.

38 Il caso di Burgos è, probabilmente, uno dei piú espliciti di come la città poteva utilizzare meccanismi giurisdizionali — come quelli che mette in pratica al momento di dominare aree vitali per il suo commercio — cercando di potenziare lo sviluppo di attività mercantili (cfr. J. A. Bonach&iacutea, El se&ntildeor&iacuteo de Burgos durante la Baja Edad Media [1255-1508], Salamanca, 1988, soprattutto pp. 32-51).

39 Indubbiamente il peso della comunità e dei regolamenti era molto differente a seconda delle aree. Vi erano altresí delle zone, specialmente in alcune aree del Regno di Valencia, dove questi avevano vigore a stento (cfr. T. Peris, Propriedad y cambio social. Evolución patrimonial, sistema productivo y dinámica social en el realengo valenciano [Alcira 1465-1768], Valencia, 1989). In gran parte dell'Aragona, e naturalmente della Corona di Castiglia, questo fenomeno risulta tuttavia la caratteristica predominante.

40 B. Yun Casalilla, Segneurial economies in Sixteenth and Seventeenth Century Spain. Economic rationality or political and social management?, in Entrepreneurship and the transformation of the economy (10th-20th centuries). Essays in honour of Herman Van der Wee, Leuven, 1994, pp. 173-182.