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 Sezione I
SEZIONE I - "E andovvi grandissima gente…"  Roma nel primo Giubileo.
 

 

A cura di Paolo Castellani

"Una narrazione degli antichi degna di fede riferisce che a coloro che si recano all'onorabile basilica del Principe degli Apostoli nell'Urbe sono state concesse grandi remissioni e indulgenze dei peccati". Così inizia la Antiquorum habet fide relatio, la bolla con la quale papa Bonifacio VIII (al secolo Benedetto Caetani, pontefice dal 1294 al 1303) indisse, il 22 febbraio del 1300, il primo Giubileo cristiano. La concessione dell'indulgenza aveva in realtà valore retroattivo, a partire dall'inizio dell'anno (il Natale precedente, dato che l'anno veniva fatto iniziare con il giorno del Natale), visto che il particolare pellegrinaggio a Roma in occasione dell'anno centenario ebbe un'origine per così dire "spontanea", cogliendo quasi di sorpresa la stessa curia pontificia. Bonifacio, intuendo anche l'occasione per accogliere le forti tensioni spirituali presenti nel mondo contemporaneo e allo stesso tempo di ribadire sia la centralità di Roma nel mondo cristiano sia l'autorità spirituale e non solo Temporale della figura papale, decise, sulla base dell'autorità che gli derivava dall'essere successore di Pietro e per ciò Vicario di Cristo, di concedere l'indulgenza giubilare, stabilendo che "…a tutti coloro che nel presente anno millesimo trecentesimo dalla trascorsa festa della Natività di Nostro Signore Gesù Cristo, da poco iniziato, e in qualsiasi centesimo anno che verrà si recheranno in modo riverente alle stesse basiliche [degli Apostoli Pietro e Paolo], veramente penitenti e confessati o che veramente si pentiranno e si confesseranno, in questo o in qualsiasi centesimo anno che verrà, concediamo il perdono dei peccati…". Era fatto obbligo, inoltre, ai Romani di visitare per trenta giorni le basiliche degli Apostoli, ai forestieri di recarsi nell'Urbe per compiere le stesse visite per quindici giorni.

Oltre ai Romani, che già affollavano le basiliche di S. Pietro e S. Paolo, iniziarono ad affluire a Roma pellegrini provenienti da ogni parte d'Europa, ai quali al termine del lungo viaggio che li spingeva verso la città del Giubileo, si offriva alla vista la Roma santa dei campanili delle basiliche degli Apostoli e dei Martiri, la Roma turrita dei castelli delle famiglie baronali, la Roma antica che mostrava ovunque le vestigia della propria grandezza, la nuova Roma alla quale artisti come Arnolfo di Cambio, Pietro Cavallini, Iacopo Torriti stavano conferendo un nuovo volto, aprendo il panorama artistico romano alle novità del Gotico europeo, filtrato attraverso il riferimento all'onnipresente passato classico della città.

E davvero i pellegrini che confluirono a Roma in quell'occasione dovettero essere, per numero e provenienza, una moltitudine. Per esemplificarlo, si espone in questa prima sezione della mostra una vasta panoramica della monetazione europea al tempo del primo Giubileo, campioni di quel denaro che ogni pellegrino portava con sé dalla terra d'origine per approvvigionarsi durante il lungo viaggio e, dopo averlo cambiato con la moneta locale, per pagarsi il soggiorno a Roma e per lasciare offerte ai santuari visitati. La moneta "di conto" più diffusa in Europa intorno al 1300 era il grosso tornese d'argento (n. 27), creato in Francia nel 1266 e imitato successivamente da molti stati europei e anche da zecche italiane, come dimostra l'esemplare coniato ad Asti (n. 1). La moneta piccola corrente più frequente a Roma a partire dalla fine del XII secolo era il "provisino", il cui nome deriva dai denari della zecca di Provins in Champagne sul cui modello era esemplata (n. 20, e sezione VI, n. 139), mentre il primo grosso argenteo romano fu battuto a nome del senatore Brancaleone degli Andalò, nel 1253, e poi replicato anche con le insegne di Carlo d'Angiò, re di Napoli e senatore di Roma dal 1270 al 1285 (n. 19); recava sempre impressa sul dritto una personificazione di Roma seduta in trono con un globo e una palma e la scritta ROMA CAPUD MUNDI.

 

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