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Dante Alighieri

La Divina Commedia

 

 

INFERNO
(I versi sono di Dante Alighieri, il più grande di tutti, nato a Firenze nel 1265)

Si aggirano gli obesi nelle città, sempre tormentati dalla fame, intossicati dalla nicotina e dai gas,  un rumore continuo sul fondo della nostra vita infernale:
"Facevano un tumulto, il qual s'aggira
sempre in quell'aria senza tempo tinta".

intorno cemento, facce cupe, piene di preoccupazione,
"Nulla speranza gli conforta mai,
non che di posa, ma di minor pena"

una natura stentata, avvilita
"Non frondi verdi ma di color fosco,
non rami schietti ma nodosi e involti,
non pomi v'eran ma stecchi con tosco".

Noi siamo come tutti, stanchi, avviliti,
quasi sempre soli,
"Solo e pensoso i più deserti campi
vo misurando a passi tardi e lenti"

tanta malinconia richiama pensieri cupi
"Aprasi la prigion ov'io son chiuso,
e che 'l cammino a tal vita mi serra".

Per fortuna seduto al bar incontriamo l'amico Epicuro, ( uno dei grandi filosofi greci nato nel 314 a. C.) come al solito sorridente,  " in simposio" con un bel bicchiere di vino di Thasos, ben saldo nella mano, ci rischiara le idee sulla morte.

" Abituati a pensare che nulla è per noi la morte: in quanto ogni bene e male è nel senso, laddove la morte è privazione del senso. Perciò la retta conoscenza che la morte è nulla per noi, rende gioibile la mortalità della vita: non che vi aggiunga interminato tempo, ma sgombra l'immediato rimpianto dell'immortalità. Nulla infatti nella vita è temibile, per chi sinceramente è persuaso che nulla di temibile ha il non viver più. E' perciò stolto chi dice di temer la morte, non perchè venuta gli dorrà, ma perchè preveduta l'addolora: infatti quello che presente non ci turba, stoltamente, atteso ci angustia. Il più orribile dei mali, la morte, non è dunque nulla per noi; poichè quando noi siamo, la morte non c'è, e quando la morte c'è, allora noi non siamo più. E così essa nulla importa, nè ai vivi nè ai morti, poichè in quelli non c'è, questi non sono più. Invece, la maggior parte ora fuggono la morte come il maggiore dei mali ora la desiderano come requie della vita; ma il saggio nè ricusa la vita, nè accusa la morte; perchè la vita non è per lui un male, nè crede un male non più vivere. Ma come dei cibi non preferisce senz'altro i più abbondevoli, ma i più gradevoli; così non il tempo più durevole, ma il più piacevole, gli è dolce frutto".

     Ed allora perchè privarci dei piaceri, reprimere la nostra oralità obesa, soffrire con diete dimagranti, controllare la glicemia , il colestrolo ed i trigliceridi, le transaminasi; reprimere la nostra sessualità già tanto offesa dal grasso nel quale quasi scompare se la morte non è nulla per noi.

Si è alzato il vento, sempre con un bicchiere in mano, passiamo tutti sulla terrazza difronte allo stupendo mare in tempesta, meditando sulla nostra vita da obesi, mentre ancora ci giungono alle orecchie le parole del filosofo:

" E' dolce, quando i venti sconvolgono la superficie delle acque del mare sconfinato, osservare da terra il pericolo altrui: non già perchè rechi gioia e piacere che qualcuno sia in difficoltà, ma perchè è dolce osservare di quali mali tu stesso sei privo. Dolce è altresì osservare le grandi contese della guerra dispiegate nelle pianure, senza che tu corra alcun pericolo. Ma nulla è più dolce che abitare i luoghi sereni protetti dalla sapienza dei filosofi, da cui tu possa vedere e osservare gli altri che vagano e, sbandati, cercano la via della vita; che gareggiano con l'ingegno, contendono la nobiltà di spirito, si affaticano giorno e notte senza tregua per emergere ai sommi fastigi ed impadronirsi del potere. Oh infelici menti degli uomini, oh animi ciechi!"

"L'amicizia tutta intorno trascorre la terra, lanciando a noi tutti l'appello di destarci all'encomio della felicità".

E rivolto a uno di noi...

"Apprendo che, per lo stimolo carnale, sei troppo proclive ai piaceri di Venere. Ebbene, se non violi le leggi ed i buoni costumi, e non offendi il tuo prossimo, e non emaci la carne, e non profondi le sostanze, datti, a tuo arbitrio, al tuo talento. Bada però che non è possibile non essere ridotto in alcuna di queste necessità; perchè piacere di Venere non giova mai: è pur molto se non nuoce."

Dobbiamo separarci per un appuntamento(non si sa mai) dall'allegra brigata con qualche rimpianto, 

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Epicuro

Lettera sulla felicità

Vita di Epicuro

La scuola Epicurea