" Lungo i sentieri della follia" |
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La
legge 180 Tutte le critiche mosse all’istituzione del manicomio sono confluite in un movimento di protesta che si è radicato nella società, sfociando nella legge 180, che generalizza una pratica assistenziale in grado di affrontare la sofferenza psichiatrica senza ricorrere al manicomio. La legge 180 ha cancellato la legge 36 del 1904, che restò formalmente in vigore fino al 1978, ma che era divenuta ormai incostituzionale. L’abolizione del manicomio non è stata però attuabile facilmente: infatti vi era, e spesso vi è, una carenza di strutture alternative. Nonostante ciò, a 20 anni dall’approvazione della legge, e grazie anche a provvedimenti presi negli ultimi anni, la "riforma Basaglia" sta per giungere alla conclusione. I principi
fondamentali introdotti dalla legge 180 sono così riassumibili:
Esaminiamo ora brevemente i
cambiamenti più significativi che ha introdotto, e i limiti di cui anche questa
legge non è priva. Dal
manicomio ai servizi dipartimentali di salute mentale. La legge 180 sancisce la fine del manicomio
e impone il ribaltamento della logica su cui si deve fondare l'assistenza
psichiatrica. La preoccupazione del legislatore, ora, non è più solo quella di
proteggere la società dal folle creando una barriera tra l'una e l'altro.
L'obbiettivo, adesso, è quello di predisporre strutture e servizi diffusi e
diversificati nel territorio, spesso sotto forma di intervento domiciliare, che
consentano al cittadino di vivere la propria esperienza di "crisi"
mantenendo i rapporti con la collettività di cui fa parte. In sostanza, la 180
obbliga ogni regione italiana a superare gradualmente i propri manicomi
sostituendoli con una rete di nuovi servizi che, prescindendo
dall’internamento ed assumendo una dimensione prevalentemente territoriale,
non si limitino alla cura, ma svolgano anche prevenzione e riabilitazione. Dall’internamento alla cura. Ne consegue il superamento del concetto di
pericolosità del folle, che aveva determinato e mantenuto in piedi l'apparato
di custodia dei manicomi. Si riconosce che la sofferenza psichica è
strettamente collegata ai rapporti tra l'individuo e il suo ambiente, e si
indica con chiarezza che il problema va affrontato dove nasce il disagio e non
fuori di questa realtà. Dall’obbligatorietà della custodia alle
garanzie del trattamento sanitario obbligatorio (T.S.O.). Inoltre,
il paziente è un cittadino che conserva i suoi diritti: primo tra tutti, quello
di non essere allontanato dal suo abituale ambiente di vita. Anche nel caso in
cui si debba ricorrere al T.S.O., quando cioè si cura una persona contro la sua
volontà, la legge prevede che il provvedimento di ricovero obbligatorio sia
motivato e condiviso da due medici, disposto dal sindaco e convalidato dal
giudice tutelare. L'obbiettivo è quello di rendere il trattamento sanitario
obbligatorio una misura di carattere prevalentemente transitorio e
periodicamente controllato, in modo da evitare l'abbandono terapeutico e
giuridico in cui sfociava l'internamento manicomiale. Questi strumenti tecnici e
giuridici sono stati adottati espressamente per scongiurare abusi e soprusi in
un campo così indeterminato e complesso come quello della pratica psichiatrica.
La
legge 180 e il problema della sua applicazione. Pur
nell’ambiguità e nella contraddittorietà di alcune sue formulazioni, la
legge 180 rappresenta
una conquista culturale e civile, oltre che di rigore scientifico. Tuttavia in
molte parti d’Italia essa è ancora applicata in modo parziale, quando non
viene gravemente disattesa. Contrariamente a quanto molti pensano, la legge 180
non è di per sé inapplicabile (come dimostrano le esperienze in cui è stata
applicata), e i risultati talvolta deludenti sono dovuti alla mancata o
insufficiente applicazione da parte delle Amministrazioni Regionali e delle Unità
Sanitarie Locali. Dal 1978 ad oggi, i Governi ed i vari gruppi parlamentari
hanno presentato oltre trenta progetti di legge di revisione della 180. Alcuni
erano tesi a favorirne l'applicazione, altri a rivederne i principi
ripristinando, con intensità diversa, l'internamento manicomiale. Nessuno è
mai stato approvatouttavia in
molte parti d’Italia essa è ancora applicata in modo parziale, quando non
viene gravemente disattesa. Contrariamente a quanto molti pensano, la legge 180
non è di per sé inapplicabile (come dimostrano le esperienze in cui è stata
applicata), e i risultati talvolta deludenti sono dovuti alla mancata o
insufficiente applicazione da parte delle Amministrazioni Regionali e delle Unità
Sanitarie Locali. Dal 1978 ad oggi, i Governi ed i vari gruppi parlamentari
hanno presentato oltre trenta progetti di legge di revisione della 180. Alcuni
erano tesi a favorirne l'applicazione, altri a rivederne i principi
ripristinando, con intensità diversa, l'internamento manicomiale. Nessuno è
mai stato approvato. Dopo quindici anni tutti
(pazienti, familiari, psichiatri e comunità civile) sono ormai convinti che una
nuova legge possa servire solo se rispetta il principio del non-internamento
manicomiale, prevedendo finanziamenti per potenziare i Dipartimenti e reali
vincoli giuridico-amministrativi per le Regioni inadempienti. Fuori
dal nostro Paese, l'orientamento scientifico e culturale della psichiatria
mostra comunque che i principi costitutivi della legge 180 sono ormai sempre più
diffusi. La legge in breve.[1]Il primo obiettivo di questa legge è di garantire al paziente il rispetto delle libertà inalienabili dell’individuo contenute nella Costituzione. Inoltre, basandosi sulla lunga esperienza maturata nel corso degli anni, si è preso atto anche a livello legislativo che solo se il paziente collabora attivamente vi può essere una guarigione. Nonostante questi due vincoli, in caso di grave alterazione psichica è consentito il ricorso al trattamento sanitario obbligatorio. Vengono comunque tutelati anche in questo caso i diritti costituzionali. Il secondo e forse il più importante degli obiettivi è la fine del manicomio: la "legge Basaglia" ne ha determinato le condizioni e le tappe e ha prescritto la costruzione di un servizio territoriale che deve operare senza il manicomio.
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