La
funzione sociale del manicomio
Tra la fine del XVIII e l’inizio del
XIX secolo è cominciata l’operazione di estrazione dalla massa degli scarti
della società, di coloro che, non produttivi e disturbanti, dovevano costituire
l’oggetto della nascente psichiatria. Il
manicomio è nato con il dichiarato intento umanitario di sollevare le
condizioni dei malati di mente consegnandoli all’osservazione e
al trattamento medico. La scelta degli individui da internare è stata variabile
in qualità e quantità a seconda delle epoche e delle situazioni storiche e
sociali; è però rimasta sempre costante l’appartenenza alle classi sociali
inferiori: e, se la malattia mentale è un fenomeno che interessa tutte le
classi sociali, in manicomio sono finiti sempre i diseredati e certamente non
solo quelli folli.
L’internamento ha rappresentato in
questo caso la risposta storica che una società in espansione verso il
capitalismo industriale, cominciava a dare ai problemi di marginalità posti dal
nuovo assetto sociale. Questo può spiegare il perché la segregazione
istituzionalizzata della follia, in quanto esercitata costantemente sulle classi
inferiori, sia diventata pura tecnica di controllo sociale.
La funzione del
manicomio come luogo di occultamento dell’ingiustizia sociale è
delineata dal fatto che nell’istituzione sono stati raccolti nel tempo gli
individui malati e insieme ad essi gli inabili e i diversi, accomunati da due
caratteristiche: l’apparte-nere alle classi inferiori e l’essere in qualche
modo di disturbo per l’ordine costituito. La
normalizzazione forzata del malato mentale era lo scopo dell’istituzione.
Il richiamo all’apologetica del
capitalismo nella sua fase di ascesa è qui abbastanza trasparente; i risultati
sono stati però altri: la normalizzazione è stata ottenuta con metodi
repressivi e tenendo sotto controllo con gli psicofarmaci i pazienti fuori dal
manicomio. Possiamo dedurne che in realtà non era la funzione normalizzante ad
avere la maggiore importanza; ciò che serviva era che il manicomio esistesse
come ultimo anello della catena degli apparati repressivi preposti alla
normalizzazione dei diversi o alla gestione della loro esistenza in quanto
disturbanti.
Il funzionamento istituzionale è fondato
sui valori della normalità, di una norma che è solo strumentalmente fatta
corrispondere ad una distribuzione statistica “naturale” dei comportamenti e
delle forme di rendimento. In realtà essa esprime in termini concreti la
cultura dominante e i rapporti di potere fra individui e fra classi sociali, in
un sistema regolato dal principio dell'autoconservazione. In base a questo
principio, che premia la normalità, si è istituzionalizzata l’espulsione dal
mondo comune delle relazioni di tutte quelle forme di diversità che superano il
limite di tolleranza, definito variamente secondo l’epoca storica e le vicende
economiche e sociali. Dal concetto di normalità e dalla derivazione statistica
si è prodotto un sistema di misurazione mediante parametri precisi, per
caratterizzare le condizioni della normalità e per quantificare e definire le
condizioni dell’anormalità. La norma sociale si è espressa in vari aspetti:
la norma pedagogica, la norma giuridica, la norma medica.
La
tradizione medica e psichiatrica ha collocato il fenomeno della follia
nell’ambito delle determinazioni biologiche. Ogni campo
normativo tende ad espellere ciò che ne travalica i limiti e diventa
incomprensibile. La psichiatria, come ultima spiaggia per comprendere
l’incomprensibile, non ha potuto rendere e riversare in altri campi ciò che
le veniva delegato, che d’altro canto le era impossibile comprendere con le
categorie della medicina; ha sempre dovuto perciò accogliere e trattenere
quello che per la norma delle altre discipline rappresentava un prodotto di
scarto o il fallimento della loro applicazione. La psichiatria ha tenacemente
ricercato la propria norma e la quantificazione di questa attraverso vari
strumenti: l’esame obiettivo del malato, i test mentali, le schede di
valutazione del comportamento. Ha finito così per defraudare l’individuo
della sua diversità e della sua storia e si è posta nella condizione di non
poter comprendere le persone che le venivano via via consegnate quali prodotti
del fallimento delle altre discipline e delle altre istituzioni.
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