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Pomeriggi e sere- Confronto- La fuga - Racconto

PIETRO PANCAMO

mail: pipancam@tin.it

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Brevi note biografiche fornite dall'Autore:Pietro Pancamo

Sono nato nel 1972. Sono laureando in lettere all’Università "La Sapienza" di Roma, presso il Dipartimento di Italianistica e Spettacolo. Ho lavorato per tre anni in una casa editrice (la Thyrus di Terni), acquisendo a fine contratto la qualifica professionale di redattore. Ho poi collaborato, come articolista, con varie riviste fra cui "Cinema Studio", periodico on-line di critica cinematografica, diretto e gestito da alcuni docenti dell’Università "La Sapienza". Sono giornalista dal 2001. Attualmente scrivo articoli di cultura e sport per il "Corriere dell’Umbria", quotidiano di Terni e Perugia. Curo inoltre una rubrica cinematografica mensile per il sito internet www.libreriadonna.com. Con le mie poesie e i miei racconti, ho ottenuto diversi riconoscimenti fra cui il 1° posto assoluto al "Premio città di Torino", il 2° posto al "Trofeo Medusa Aurea" (indetto dall’Accademia Internazionale d’Arte Moderna di Roma) e il 3° posto al concorso "Omaggio a Luigi Pirandello" (Roma). Fra breve una mia poesia comparirà, tradotta in inglese, sulla rivista cartacea canadese "Filling Station".

E POMERIGGI E SERE
(A Fausto, un mio amico poeta)

Contrariamente
a chi spesso raccoglie frasi e parole
in organismi grammaticali
che non dànno segni di poesia,
Fausto
sa rendere meno ovvio
il bianco dei fogli nuovi
e con ogni rima
incute sentimento
alla noia frequente
delle nostre mattine.
E pomeriggi
e sere.

Nel frazionarsi lento
della vita
in giorni e sensazioni,
accadono
paure ansie piccole miserie
che sono
i sottomultipli delle ore.
Fausto li coinvolge
nelle sue descrizioni ritmiche
e sorridendo
persuade il vuoto
alla delicatezza della natura,
al vigore del pensiero
e forse
all'estasi malinconica
del ricordo.
Sì,
perché quando vede
egoismi e banalità
nel tempo, nell'uomo
Fausto reagisce con l'ispirazione
e la sua anima
può dunque elevare
poesie alla speranza.

 

CONFRONTO

Morbido silenzio, soffice
come una preghiera del sonno.
Il buio che adora fruscii e parole:
il buio, affannato dal mio respiro,
può solo accarezzare la
nausea di questa vita.

Nel giorno,
sputo della notte,
fiori freddi
come steli di pioggia.
Un'orma di luce
imbavaglia lo spazio.

 

LA FUGA

La voce trasuda parole d'accento piagato
ma è tiepido il grido del tuo respiro,
le piaghe troppo soffocanti
perché tu abbia il fiato d'urlare.


Morire da te
è una fuga troppo leggera
per avere il sollievo.
Così
un pantano di figure
nel cuore
e il giorno s'increspa
a raccogliere il tuo soffio.

 

RACCONTO


I:
IN CASA, DI SERA.
Dalla finestra aperta
mi prende ancora
a ditate nel cervello
questo calore in maniche di luna,
che mi costringe sempre
a sentirmi male.
Tanto male:
un concerto di cicale
il silenzio
che si sgretola nel muro.

II: FUORI, DI NOTTE.
Ma penso ai ricordi:
lo so che migrano
suscitando lo spazio.
Anche esterno.
Così almeno posso uscire.
Infatti eccomi:
vado a camminare.

E passeggiando zoppo
fra lune di tempo,
trovo un angolo d'ombra
come uno spiraglio di stanchezza.


Il sonno batte nel cervello
come un altro cuore doloroso:
e alla fine
mi riporta il silenzio
che,
riflesso dai torsi lucidi delle finestre,
sembra una fessura acuminata.
La attraverso ferendomi tanto
e, insanguinato di graffi,
(graffiato di sangue)
emergo nuovamente
ai vetri di un ricordo.

Mi affaccio.
Se guardo davvero a lungo,
poi riconoscerò nell'aria del mattino

(le campane, non per me,
sono l'alba
popolata di prime ore)

i detriti del mio semplice destino.

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