La critica in Iperspazio Poesia. Arturo ora commenta Üzeyir Lokman ÇAYCI ,se vuoi aggiungere il tuo commento scrivi al sito, puoi anche usare lo speciale modulo di registrazione

Queste sintetiche osservazioni sono scritte per il sito, concedo ai vari autori la facoltà di usarle liberamente purchè citino che sono di Arturo, la url del sito e la mia e-mail. In caso di pubblicazione dei loro testi, chi vorrà, potrà usufruire di una mia introduzione più approfondita e ragionata che potrà essere concordata con Editori ed Autori stessi.

Arturo commenta Üzeyir Lokman ÇAYCI

Significative, profonde e "inquietanti" le due poesie di Üzeyir Lokman ÇAYCI qui presentate in Italia e nel mio sito per gentile concessione dell'Autore che mi ha inviate anche interessanti opere pittoriche (potete vederle in Arturo Arte). Potete anche, se volete, leggere, grazie alla traduzione di Valeria Allais, brevi note biografiche

Il mio giudizio (processo) è una poesia spigolosa, dura, senza concessioni alla retorica.La traduzione scarna, essenziale,contribuisce a creare le torbide e disperate atmosfere di un processo all' uomo e all'individuo dove la Natura, impotente e sofferente,(i fiori si sono uccisi) partecipa con dolore alla violazione dell'umanità, sente la violenza gratuita dell' ingiustizia. "Hanno Legato le notti alle mie braccia" è un bellissimo verso che sottolinea il disperato dolore della condizione di schiavitù- impotenza, che è realtà e metafora nello stesso tempo di limiti sociali, naturali ed esistenziali.

L' homo faber, l'artista, è imprigionato,costretto a vivere inutilmente senza le sue facoltà creative ed operative, la realizzazione più vera di sé, il lavoro, delle proprie braccia (e della mente che le dirige).L'esilio nel buio diviene non solo immagine dell'angoscia, della desolazione e dell'orrore di una vita costretta, sprecata, resa inutile dalla violenza distruttiva,ma anche la condizione di "non conoscenza", "non amore" generata da ogni incomprensione.Di questi tempi con i venti di guerra che tirano....ma anche con la vita sociale che viviamo....più che mai attuale!

Non mi arrischio ad una interpretazione, seppur soggettiva dell ancor più 'inquietante seconda poesia "Verme della mela", ne limiterebbe sicuramente l' ambigua forza anche catalizzatrice di riflessioni. Seminerò solo qualche dubbio. Chi è il verme, ? Il male in noi, l'artista, il fuoco divoratore della conoscenza...il nostro Spirito rinchiuso, la condanna della nostra "animalità"? Vibranti e ambigui i piani di significato e significante, intercambiabili, inquietanti....per far pensare, forse. Intanto il verme lavora. E la mela cos'è, l'oggetto della tentazione, il nostro corpo stesso, la terra....E' forse il pensiero, quell'eterno conflitto in noi fra vita e morte? E' la vita la polpa della mela o la sua prigione, il limite per il quale:


" La sua natura si putrefà dentro il proprio stomaco, ricolmo di semi carbonizzati."

e per uscire da questa prigionia devono forse cadere i muri dei pregiudizi o della stessa carne, con il dissolvimento?(la mela stessa diviene da oggetto desiderato" contenitore" imprigionante, vedi il "finalmente")

"Dei muri che ha costruito cadono una ad una le pietre e lui, finalmente, resta allo scoperto"

Cari lettori mi piacerebbe veramente leggere una vostra interpretazione (perché non venire "allo scoperto" e "scoprire" insieme questi versi, per meglio comprenderli e insieme per "conoscerci". Pubblicherò le vostre osservazioni e chissà,forse le tradurrò per inviarle all'Autore.

Arturo Ferrara Viotti - dicembre 2002 per Arte e Letteratura

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