Iperspazio Poesia una dimensione per i poeti.Ora leggi Paola se vuoi puoi scrivere al sito, invierò i tuoi commenti all'Autrice.

Antica virtù -O Dafne, Dafne -Narciso,Narciso- O crudeli Dei - Udite.... - Gli abissi - I miei pensieri - Assenze -

Paola Re Viglietti

(scrivere al sito)

L' Autrice insegna lettere, latino e greco in un liceo classico di Torino. Le poesie presentate sono tratte dall'opera teatrale "Totus e gli altri inganni" di sua proprietà letteraria-diritti riservati- opera registrata SIAE e in attesa di pubblicazione. Ringrazio l'autrice per la gentile concessione al sito.

Sottolineo che le poesie sono inserite in un palinsesto artistico più vasto di un opera teatrale, isolate dal quale possono perdere in parte la loro funzione e la profondità del significato sono comunque esempio del grande amore per il mondo greco ed in particolare dello studio dei miti (l'autrice ama molto il mondo delle fiabe) modernamente rivisitati e collocati in nuovi contesti letterari.

Nella seconda parte presento dell' Autrice alcuni frammenti tratti dall'opera in costruzione "I cinque punti cardinali" .(diritti riservati)

ANTICA VIRTU' DI CELESTIALI….

 

Antica virtù di celestiali

prodigi, soccorrimi contro

la mortal pazzia.

Pazzia, pazzia .....

Costui, un antico

dono degli dei,

più ricco della

dolce ambrosia

ha ricevuto.

lo sdegna, pazzo!

Il fondo delle viscere

sdegna di guardare,

la dove sorgono

le eterne sorti ....

e il calcolo dei dadi

si trae.

Le viscere contorte,

fonte di antiche

cabale,

egli maledice.

(Serio): Folle, folle. Ingratooo

 

O DAFNE,DAFNE

O Dafne, Dafne

fuggi, Dafne,

fuggi, ninfa mia,

dolce creatura,

piccola abitatrice dei boschi.

Fuggi da Apollo

biondochiomato

splendente come il sole

che incenerisce.

Apollo, Apollo,

non vedi che Dafne

non vuole?

Lasciala Apollo,

recedi, abbandona

le frecce, tu che sei

un dio.

Contro la sua volontà

la vuoi possedere?

O infinita possanza

dei puri...

Un alloro è diventata.

L’insensibile corteccia

dalle tue mani

sollecite e robuste

la protegge.

Piangi Apollo!

Non ti resta che staccare

una fronda

e incoronarti il capo

per espiare.

 

NARCISO, NARCISO

Narciso, Narciso

già nel nome fatale, Narciso.

Rispondi, superbo,

ai disperati richiami

della misera ninfa.

Narcos, narcos, dolce sopore

perché ti fai attendere,

perché, fiore bellissimo,

ti fai invocare,

prezioso sugli orli

dei precipizi e,

tardando a venire,

lasci che il sangue

inutilmente sgorghi a

bagnare le

pietre del baratro?

O CRUDELI DEI

O crudeli dei,

dei partigiani,

dei senza pietà,

che ne è di Laocoonte?

Che è rimasto del

pio Laocoonte, agli dei

devoto?

Dagli antri profondi

del mare, l’orribile

mostro avete destato

che dormiva,

indifferente alle umane sorti.

Quanto lo avete pungolato,

dei sentimentali e

pettegoli?

Con quanti colpi

di tridente l’ha colpito

Nettuno, dopo l’ingannator

amplesso?

Stanco e irritato

s’è destato, l’infuocato

drago.

Alla superficie è risorto

dopo infinito tempo

ad ingoiare

il giusto vate.

Ora la città

la cieca città,

stoltamente brilla

nelle furiose fiamme

fino alla nera cenere.

Che ne è, o dei,

del pio veggente?

E della sua giovane

progenie,

insieme a lui inghiottita

dalle maleodoranti spire?

UDITE NUMEROSO CONSESSO

 

Udite, numeroso consesso

degli dei...

Orsù, scendete

nella notte a mirare,

ossequiosi, portando con voi

doni regali,

venite ad ammirare

il vital prodigio,

applaudite il vostro

consorte Pigmalione,

sollevate i calici

e accogliete il giovane,

un tempo infelice

ora fatto divino,

al banchetto degli dei.

Aprite un varco nella folla

affinché giunga

accompagnato dalla dolce sposa

al talamo nuziale.

Toccatela, lei un tempo

inerme statua,

marmo senza vita,

informe materia,

eccola vivificata

dalla linfa umana:

ad eleganti passi procede

austera e gioiosa

allo sperato vostro assenso.

Concedete al giovane artefice

che la sua opera rimanga

sempre viva

e l’ami

facendola ancor sua.

Da I cinque punti cardinali *diritti riservati

Gli abissi

 

In un batter d’occhio

Si gira la clessidra

E la sabbia fine

Non trova ostacoli

Alla sua caduta.

I miei pensieri

 

Nauseante feccia

nera s’addensa

lago duro

di grumi soffocati.

 

Onde incrostate

scorticano pochi

sterpi rinsecchiti.

 

I miei pensieri.

Una coltre di pece

arsa cala dall’alto.

Gela una gemma.

Liquido nero

il cielo e la terra.

Assenze

Grido.

La bocca spalancata.

La gola scoppia di nausea.

Non riesco più a sentirmi.

La testa squassata dalla febbre.

Turbinio incandescente.

Schegge di pietra si conficcano nelle ossa

e il capo sanguina.

 

Non puoi essere.

La gola rinserra e strozza

l’onda che prima lambiva le labbra,

purificava il suo veleno.

Il veleno è penetrato nei recessi delle vene,

un liquido di tentacoli raggiunge i penetrali della mia anima.

L’ha corrotta fino in fondo.

Si ribella schiumando pece.

L’immondo lago irresistibile preme alla gola.

 

Non puoi essere.

Non puoi inondare il mondo di pece.

 

Il lago ristagna nelle viscere: dal fango nasce il loto.

 

Ho domato la pece.

Gorgoglia lenta.

Il mio corpo tumefatto giace livido dalle percosse.

Un singulto mi tormenta.

Costretta a bere la pozione da me stessa preparata,

aspetto che inizi il processo.

 

Nell’abisso la fucina ribollente

di un piccolo grumo innesca un movimento.

Una sorgente in mezzo al lago

fa sgorgare la vita che si propaga.

Lottano.

Luci e tenebre si scontrano cruente.

Io soffro.

Ora sono.

 

Avanzo guardinga nelle vie della città.

Avanzo guardinga con il cuore nel più segreto nascondiglio di casa.

Non so ancora portarlo con me.

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