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Gino Rodi

 

Paolo- Cori stonati - Campanella di scuola

 

PAOLO

 

 

 La minuscola figura di Paolo

si stagliava già all’alba sui campi

perché il pane di allora

era l’impasto del verbo:

fatica e sudore.

 

Paolo ha conosciuto i giorni della fame

dei pianti, delle sere silenti di grilli

con lune argentate sui pioppi di ghiaccio.

Paolo bramava i giorni delle glorie

sgranandoli come preghiere

dalla corona del rosario

dai racconti dei nonni

che d’inverno ascoltava attonito

d’intorno al focolare 

mentre nell’aia abbaiavano i cani 

e libero sibilava  il vento.       

 

Paolo ricorda l’infanzia

il battito continuo del pensiero

le giovenche in amore che muggivano

dentro la vecchia stalla rossa,        

il profumo dei peschi

il libero volo degli uccelli

e le sue piccole mani

che traevano melodie

da zufoli di salice a primavera.

 

C’era l’amore del padre e della madre,

l’amicizia della  gente semplice

in quella  povera terra.

 

 Inonda ora il sole la strada

di campi senza più grano

dove mostri di latta passano veloci

insensibili al pianto dell’anima.

 


 

 Cori stonati.

 

 Li ricordo bene i contadini del mio paese

con i loro cori stonati dentro la vecchia osteria

davanti ad un litro di vino o una grappa

per festeggiare la mietitura, la vendemmia

la guerra finita, o per dimenticare

i giorni della fame.

 

E ridevano pensando al domani

a quella sua terra ricca di promesse

dipinta negli occhi dalla voglia di crederci.

E rivedo mia madre, curva la schiena

per raccogliere le spighe del frumento

rimaste nelle stoppie, o d’inverno

con le mani gelate dalla brina

raccogliere i bruscoli dei rami

per il fuoco del camino.

 

Corre il pensiero dentro il respiro

lungo i sentieri erbosi dei campi

disegnati di sogni e di corse

dove di noi bambini è rimasta

una storia scritta dall’anima.

 

Ansante cammina il ricordo delle favole

delle abitudini dimenticate nel vento

che avevano profumo di rose e di rondini vagabonde

nell’aria azzurrata di cielo e d’infanzia.

 

Sono puntuali a fiorire i papaveri

quando Giugno s’inebria  di sole,

piango con la luna la gioventù perduta

intanto che intreccio storie e sentimenti

di memorie amate nella sofferenza

ora nel cuore rimasto bambino.

E ancora odo arrivarmi cori stonati

di vecchi contadini

 

rimasti memoria all’ombra del tempo

 

dentro quella vecchia osteria chiusa da anni.


 


Campanella di scuola.

 

 

Dai svegliati che è ora di andare a scuola,

urlava mia madre ogni mattina,

dai svegliati bambino mio

manca poco che suoni la campanella.

 

Le parole della Maestra

da pochi erano udite

dentro gli occhi avevamo tutti la voglia

di corse a perdifiato

tanto che guardando la finestra aperta

ci pareva di sentire

l’odore dei campi verdi

chiamarci a piena gola.

 

Quando suonava la campanella

per dirci che le lezioni erano finite

sembrava che in scuola si svegliasse il manicomio

tanti erano gli urli, le spinte

per arrivare primi, come se mamma libertà

ci aspettasse appena fuori con le braccia aperte.

 

Tutti i giorni ad inventare giochi

come farfalle dentro il sole

come aquiloni in braccio al vento

come cavalli pazzi ubriachi di vita.

 

Troppo veloce è passato il tempo

che neppure ho visto i passi,

sfilacciato ha i miei ricordi,

cancellato tutti i batticuori

della mia gioventù.

 

Suona la campanella della scuola...

 

 Un bambino, braccia aperte, occhi furbi

mi dice: - Ciao papà -

 

Sei venuto a prendermi.

 

  Gino Rodi

 

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