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La vera storia del colosso del software per Pc, dalla nascita del DOS al processo antitrust. Il vero volto del "sogno americano"


Il coro unanime dei media commerciali ha indubbiamente contribuito negli ultimi anni ad alimentare l'ideologia del "sogno americano", quella falsa visione della realtà per cui in America, la "terra delle opportunità", anche un semplice lustrascarpe può diventare presidente. Purtroppo le regole del gioco dettate dall'economia di mercato sono ben lontane dall'offrire a tutti le stesse opportunità, e la storia insegna che per diventare presidente degli Stati Uniti ci vogliono almeno i soldi necessari a pagarsi la campagna elettorale.

Osservando la realtà da una prospettiva meno ingenua e più disincantata ci accorgiamo che in genere la ricchezza è una "malattia" ereditaria. Ciò nonostante nell'immaginario collettivo il mito dell'uomo "che si è fatto da sé" continua a persistere, forse perché ci fa piacere pensare che anche noi un giorno potremo diventare miliardari con la giusta dose di bravura, anziché ammettere più onestamente che con tutta probabilità i soldi nelle nostre tasche continueranno a rimanere più o meno gli stessi.

È così che nascono storie e "leggende metropolitane" nelle quali la verità storica si mescola e confonde con la fantasia. I giornali ci hanno raccontato in più di una occasione dei tempi in cui un giovane Berlusconi suonava il sassofono sulle navi da crociera per mettere da parte un gruzzoletto che sarà il primo mattone del suo impero economico. Persino nei fumetti lo Zio Paperone parla delle sue avventure ai tempi della corsa all'oro, quando tutti i suoi averi sono un setaccio ed un piccone, che gli bastano per diventare il "papero più ricco del mondo".

Il coro unanime dei media commerciali ha indubbiamente contribuito negli ultimi anni ad alimentare l'ideologia del "sogno americano", quella falsa visione della realtà per cui in America, la "terra delle opportunità", anche un semplice lustrascarpe può diventare presidente. Purtroppo le regole del gioco dettate dall'economia di mercato sono ben lontane dall'offrire a tutti le stesse opportunità, e la storia insegna che per diventare presidente degli Stati Uniti ci vogliono almeno i soldi necessari a pagarsi la campagna elettorale.

Osservando la realtà da una prospettiva meno ingenua e più disincantata ci accorgiamo che in genere la ricchezza è una "malattia" ereditaria. Ciò nonostante nell'immaginario collettivo il mito dell'uomo "che si è fatto da sé" continua a persistere, forse perché ci fa piacere pensare che anche noi un giorno potremo diventare miliardari con la giusta dose di bravura, anziché ammettere più onestamente che con tutta probabilità i soldi nelle nostre tasche continueranno a rimanere più o meno gli stessi.

È così che nascono storie e "leggende metropolitane" nelle quali la verità storica si mescola e confonde con la fantasia. I giornali ci hanno raccontato in più di una occasione dei tempi in cui un giovane Berlusconi suonava il sassofono sulle navi da crociera per mettere da parte un gruzzoletto che sarà il primo mattone del suo impero economico. Persino nei fumetti lo Zio Paperone parla delle sue avventure ai tempi della corsa all'oro, quando tutti i suoi averi sono un setaccio ed un piccone, che gli bastano per diventare il "papero più ricco del mondo".

Un'altro di questi racconti ha come protagonista un ragazzo di nome William, che da semplice appassionato di computer diventa l'uomo più ricco del mondo scrivendo un sistema operativo, un programma in grado di gestire le risorse di un computer. William H. Gates III, per gli amici Bill, è da molti ritenuto un genio dell'informatica, che ha "sfondato" grazie alla sua intelligenza. Gates, inoltre, è spesso erroneamente accreditato come autore di MS-DOS, il sistema operativo che ha preceduto il più recente Windows, mentre il sedicente genio dell'informatica non ha fatto altro che ritoccare il DOS scritto da un altro programmatore e venduto a Gates per un piatto di lenticchie.

Uno sguardo agli scheletri nascosti nell'armadio di casa Microsoft e al modo con cui questa impresa si è affermata come monopolista nel settore dell'informatica e sufficiente per capire che nel caso di Gates è più corretto parlare di furbizia che di intelligenza, e che non va confusa l'abilità informatica con la spregiudicatezza imprenditoriale.

 

Gennaio 1975: nasce Altair 8800

La carriera dell'uomo più ricco del mondo inizia nel 1975, quando negli Stati Uniti l'informatica inizia a uscire dai centri universitari. Sul numero di gennaio della rivista "Popular Electronics", spedito al suo mezzo milione di hobbisti-abbonati, appare ALTAIR 8800, il primo personal computer americano, la macchina attorno alla quale nasce la seconda generazione degli hacker: gli "hacker dell'hardware", che penetrano all'interno dei segreti di Altair per carpire il funzionamento di ogni singolo circuito. Una passione ereditata dagli studenti del MIT, gli "hacker dei mainframes", che negli anni '60 avevano domato a colpi di saldatore i primi grandi calcolatori universitari, dei "bestioni" a valvole monopolizzati da "sacerdoti" in camice bianco, la cui autorità veniva puntualmente messa in discussione dalla prima generazione di hackers.

Curiosamente, l'Altair 8800 è il primo caso di "vaporware": la fotografia riprodotta su Popular Electronics è quella di un apparecchio realizzato ad hoc, assolutamente non funzionante, e passa molto tempo prima che le migliaia di pezzi ordinati vengano consegnati.

Alcuni hacker tra i più tenaci, per venire in possesso del loro Altair, si accampano davanti alla sede della Model Instrumentation Telemetry Systems (MITS), la società che produce Altair sotto la guida di Ed Roberts. Altair è venduto in kit di montaggio, il cui risultato finale è una scatola metallica con pannello frontale composto da una fila di interruttori, che costituiscono l'unico dispositivo di input, e da due file di piccole lucine rosse come dispositivo di output. È basato sul processore INTEL 8080, costa 397 dollari e ha 256 bytes di memoria. Le istruzioni non possono essere memorizzate all'interno dell'Altair, ma devono essere inserite a mano attraverso gli interruttori del pannello frontale ogni volta che il dispositivo viene acceso. Da qui le tipiche piaghe e vesciche sulle dita che caratterizzano gli hacker dell'epoca.

 

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