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Un intervento per ritrovare il senso
La libertà della volontà
La volontà di significato
Il significato della vita
Riferimenti bibliografici

Un intervento per ritrovare il senso

Viktor Frankl     La logoterapia è stata ideata da Frankl come intervento per aiutare a ritrovare il senso della propria esistenza. In quanto tale, essa si fonda su una concezione propria dell'uomo, con postulati di base e dottrine che la giustificano, essendo convinto che "non c'è una psicoterapia senza una teoria dell'uomo ed una sottostante filosofia della vita" (Frankl 1998b, p. 31).

     I lineamenti propri dell'antropologia frankliana mettono in evidenza la considerazione dell'esistenza umana in tutte le sue dimensioni, non solo in profondità, ma anche in "altezza". Segnata dalla singolarità, dall'irripetibilità e dalla finitudine, l'essere umano "è un'unità che noi possiamo delimitare dall'insieme di tutti gli altri essenti: la sua rilevanza si fonda dunque in una relazione che appunto permette di distinguerlo. È il fatto che un essere viene rapportato ad un altro diverso essere ciò che in definitiva costituisce entrambi. È la relazione tra un essente ed un altro essente che precede, che è la primaria: ogni essere è dunque un essere-in-rapporto" (Frankl 1977, pp. 29-30).
     Considerato dal punto di vista sia esistenziale che essenziale, l'uomo è dunque un essere finito che continuamente deve passare dal suo essere al suo dover-essere, per cui in lui non si dà coincidenza tra l'essenza e l'esistenza.

     Due sono le leggi che Frankl formula a proposito della sua prospettiva pluridimensionale. Si tratta delle due note leggi dell'ontologia dimensionale. "La prima è la seguente: 'Un solo ed identico fenomeno, proiettato al di fuori delle sue dimensioni in altre dimensioni inferiori alle sue, dà origine a figure diverse in netto contrasto tra loro'" (Frankl 1998b, p. 38). Egli propone l'esempio di un cilindro, che genera due proiezioni contrastanti: il rettangolo nel piano laterale e il cerchio in quello di base.
In forza della prima legge, applicata all'uomo, commenta: "Privato della dimensione specificamente umana e proiettato nel piano della biologia e della psicologia, l'uomo lascia apparire due diverse immagini di sé reciprocamente contrastanti. La proiezione nel piano biologico metterà in luce solo fenomeni somatici, mentre la proiezione nel piano psicologico rileverà esclusivamente fenomeni psichici. Nella prospettiva dell'ontologia dimensionale, però, l'opposizione or ora presentata non nuoce all'unità dell'uomo. Allo stesso modo il contrasto tra il rettangolo ed il cerchio non contraddice il fatto che si tratta di due proiezioni dello stesso oggetto, cioè del cilindro" (ibidem, pp. 39-40).
     La seconda legge afferma: "Differenti fenomeni, proiettati al di fuori della propria dimensione in una stessa dimensione inferiore alla propria, danno origine a figure che appaiono ambigue" (ibidem, p. 39). Avviene così che un cilindro, un cono e una sfera, che abbiano lo stesso diametro, generano in proiezione un cerchio equivalente. Per quanto riguarda la seconda legge scrive: "Se invece di immagini geometriche si prendono in considerazione i fenomeni di Fedor Dostoevskij o di Bernadette Soubirous, proiettandoli nel piano psicologico, lo psichiatra vedrà in Dostoevskij solo un epilettico qualsiasi ed in Bernadette una isterica con allucinazioni visionarie. Non c'è altro da vedere dal punto di vista psichiatrico. Un tale ambito non coglie la prestazione artistica dell'uno, e tanto meno la vicenda religiosa dell'altra. Nel piano psichiatrico ogni fenomeno resta ambiguo, a meno che esso lasci trasparire qualcosa che può stargli dietro o sopra, allo stesso modo come non è possibile riconoscere se sia stato il cono, il cilindro o la sfera a proiettare una determinata ombra circolare" (Frankl 1977, pp. 55-56).
     La prima legge è orientata a stabilire l'unità dell'uomo nonostante la molteplicità delle sue dimensioni, mentre la seconda sottolinea che una vera comprensione della personalità si ha soltanto quando si tiene conto che la molteplicità dei fattori che realizzano l'uomo viene concretamente vissuta in una totalità integrata.
Così l'uomo è un'unità, un tutto psico-fisico-spirituale (= noetico): un essere caratterizzato dalla singolarità, dall'irripetibilità, dalla relazionalità, dalla finitudine.      L'essenza di questa esistenza umana, però, si trova nel proprio autotrascendimento. Essere uomo, infatti, significa essere sempre rivolto verso qualcosa o verso qualcuno. L'uomo si protende all'esterno ed effettivamente oltrepassa se stesso e raggiunge il mondo che è pieno di esseri a cui relazionarsi e di significati da realizzare.
     L'esistenza umana è autentica soltanto in termini di autotrascendenza ed è proprio l'autotrascendenza a costituire il perno su cui poggiano i tre pilastri della concezione antropologica della logoterapia di Frankl: la libertà della volontà, la volontà di significato e il significato della vita.

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La libertà della volontà

     La libertà della volontà comporta una chiara presa di posizione nei confronti del pan-determinismo, giacché "parlando di libertà della volontà non si intende in alcun modo includere alcun indeterminismo a priori" (Frankl 1998b, p. 32).
     Secondo Frankl, la libertà della volontà è tale in relazione alla libertà della volontà umana e la volontà umana è la volontà di un essere finito. La libertà dell'uomo non significa che l'uomo è libero dai condizionamenti biologici, psicologici o sociologici, ma piuttosto che è libero di assumere un atteggiamento proprio nei confronti di qualunque condizionamento o situazione.

     È appunto la libertà della volontà, il suo "essere libero da" a renderlo capace di autodistanziamento. L'esclusiva capacità umana di autodistanziamento si manifesta non solo nell'eroismo, ma anche attraverso l'umorismo che rende possibile un distacco di giudizio rispetto alle situazioni, alle persone e perfino nei confronti di se stessi.

     La libertà fa parte delle capacità specificamente umane. Adottando un'espressione di K. Jaspers, Frankl definisce lo specifico dell'uomo come l'essere che sempre si decide. Tale definizione implica che l'uomo non è soltanto libertà dall'essere spinto, ma è anche responsabilità per cui e di fronte a cui si è liberi: "essere liberi da, per essere liberi per". Frankl, infatti, scrive: "la libertà potrebbe pienamente svilupparsi. Essa è in realtà un concetto negativo che richiede un completamento positivo. E questo completamento positivo è la responsabilità. La responsabilità ha due riferimenti intenzionali. Si riferisce ad un significato del cui compimento siamo responsabili, e anche ad un essere dinanzi al quale siamo responsabili. [...] La libertà minaccia di degenerare in pura arbitrarietà, a meno che non sia valutata in termini di responsabilità" (ibidem, p. 63).

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La volontà di significato

     L'essere responsabile presuppone la libertà della volontà, ma si realizza soltanto nella volontà di significato. Questa suppone la coscienza, che intuisce i significati, e la volontà, che decide di realizzarsi nei valori.
Secondo Frankl, la motivazione primaria dell'uomo è la volontà di significato, che pone l'uomo in permanente ricerca di un senso della propria esistenza. Egli afferma: "L'uomo cerca sempre un significato della sua esistenza; egli è sempre nell'atto di muoversi alla ricerca di un senso del suo vivere; in altre parole, è ciò che io chiamo "la volontà di significato"" (Frankl 1990a, p. 30).

     La sua concezione è nata dalla persuasione dell'insufficienza dei due concetti fondamentali delle scuole di Freud e di Adler, rispettivamente la volontà di piacere e la volontà di potenza. Né l'uno ne l'altro partivano da una vera comprensione dell'uomo. Secondo Frankl il principio freudiano del piacere è al servizio del principio dell'omeostasi che descrive l'uomo come un sistema chiuso, per cui, fondamentalmente, tende a mantenere un equilibrio interno e raggiunge questo fine con la riduzione delle tensioni. Del resto anche il principio della realtà è al servizio del piacere, in quanto lo scopo del principio della realtà è di assicurare il piacere, quantunque dilazionato. Secondo Frankl, il principio omeostatico non consente di spiegare fenomeni umani, quali la creatività dell'uomo, che è orientata verso valori e significati. Inoltre, egli ritiene che il principio del piacere è autodistruttivo, in quanto più si tende al piacere, meno lo si raggiunge. Infatti, nei casi di disturbi sessuali, quali l'impotenza e la frigidità, l'iperintenzione e l'iperriflessione creano dei modelli nevrotici di comportamento.
     Per quanto riguarda la volontà di potenza, Frankl pensa che anch'essa è autodistruttiva, perché chi dispiega ed esibisce uno sforzo di autoaffermazione, prima o poi verrà emarginato come uno che cerca unicamente se stesso.

      Frankl afferma: "In ultima analisi, l'autoaffermazione o volontà di potenza, da una parte, e il principio del piacere, o - come è meglio esprimersi - la volontà di piacere, dall'altra, sono semplici derivati dell'interesse primario dell'uomo, cioè della volontà del significato. Quella che chiamo volontà di significato potrebbe essere definita come la tensione radicale dell'uomo a trovare e realizzare un significato e uno scopo" (Frankl 1998b, p. 50).
Dunque, secondo Frankl, il piacere, in realtà, è l'effetto della realizzazione di un significato, invece di essere il fine della tensione dell'uomo. La potenza, a sua volta, anziché essere la fase finale, è in realtà il mezzo per un fine. Perciò non si dovrebbe esaltare troppo il potere della volontà e insegnare una sorta di volontarismo. "Non si può comandare alla volontà - egli scrive -. Non posso voler volere. E provocare la volontà di significato vuol dire lasciare che il significato risplenda da se stesso" (ibidem, p. 58).

     Frankl prende le distanze anche nei confronti del concetto di autorealizzazione di A. H. Maslow. In primo luogo, l'autorealizzazione non è lo scopo ultimo dell'uomo. Essa è solo l'effetto dei compimento di un significato. Solo l'esistenza che realizza fuori di sé può realizzare se stessa. Prendendo l'esempio del boomerang, Frankl osserva: "un'eccessiva spinta verso l'autorealizzazione può costituire la strada verso la frustrazione della volontà di significato" (ibidem, p. 53).

     In secondo luogo, Frankl ammette che Maslow, pur riconoscendo alla volontà di significato la qualifica di motivazione primaria, la colloca tra i bisogni superiori dell'uomo, per realizzare i quali "il soddisfacimento dei bisogni inferiori è condizione necessaria" (Frankl 1992, p. 16). A questa tesi egli contrappone due esperienze, apparentemente contraddittorie: da una parte, il mancato soddisfacimento dei bisogni inferiori non impedivano agli internati del Lager di cercare il significato della loro sofferenza e della loro morte, dall'altra, l'esaudimento esagerato dei bisogni inferiori faceva diventare più struggente la domanda di significato: per esempio, l'alcolismo, la diffusione del suicidio, della droga e della aggressività non di rado sono radicati nella sensazione della mancanza del significato (ibidem, pp. 17-22). In base alla considerazione delle due esperienze, Frankl ritiene che la volontà di significato "rappresenta una motivazione sui generis non riconducibile ad altri bisogni né da esse derivabile" (ibidem, p. 16).

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Il significato della vita

     La tesi centrale della logoterapia è che c'è sempre un significato della vita da realizzare e sta in potere dell'uomo ricercarlo e attuarlo. Tale significato è unico e relazionato ad ogni singola persona e ad ogni singola situazione. "Nel contesto della logoterapia, il significato non rappresenta qualcosa di astratto, ma qualcosa di assolutamente concreto: il concreto significato cioè di una situazione, con cui un'altrettanto concreta persona viene a confrontarsi" (Frankl 2000a, p. 126).
Questo significa l'unicità dei significati. Per Frankl non esiste un significato universale della vita, ma esistono significati unici di situazioni individuali. "Tuttavia fra queste situazioni vi sono anche di quelle che hanno qualcosa di comune e, conseguentemente, vi sono significati condivisi da esseri umani. [...] Piuttosto che essere in relazione a situazioni uniche, tali significati hanno riferimento alla condizione umana" (Frankl 1998b, p. 69). Ed ecco perché li chiama 'valori' (ibidem, pp. 68-69).

     Tre sono le principali direzioni lungo le quali l'uomo può trovare un significato della vita. La prima consiste in ciò che egli fa, nell'opera che crea, e quindi nel lavoro. Frankl parla, in proposito, di 'valori di creazione'. La seconda è costituita da ciò che la persona sperimenta e vive, amando pertanto qualcosa o qualcuno: sono i 'valori di esperienza'. Ma ci si può anche trovare confrontati con una situazione, che ci sottrae le due possibilità suaccennate per trovare un significato della vita, una situazione che non si può cambiare. Però, resta ancora la possibilità di trasformare il nostro atteggiamento verso di essa, ossia il nostro atteggiamento e noi stessi. Si tratta dei 'valori di atteggiamento'. Nessuna situazione della vita è realmente priva di significato. È il caso della tragica triade dell'esistenza umana, formata dal dolore, dalla colpa e dalla morte: "Il dolore si può trasformare in prestazione, la colpa in elevazione, la transitorietà dell'esistenza umana in stimolo per un agire responsabile" (Frankl 2000a, p. 128).

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Riferimenti bibliografici

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