Un intervento per ritrovare
il senso
La libertà della volontà
La volontà di significato
Il significato della vita
Riferimenti bibliografici
Un intervento per ritrovare il senso
La
logoterapia è stata ideata da Frankl come intervento per aiutare
a ritrovare il senso della propria esistenza. In quanto tale, essa
si fonda su una concezione propria dell'uomo, con postulati di base
e dottrine che la giustificano, essendo convinto che "non
c'è una psicoterapia senza una teoria dell'uomo ed una sottostante
filosofia della vita" (Frankl 1998b, p. 31).
I lineamenti propri dell'antropologia
frankliana mettono in evidenza la considerazione dell'esistenza
umana in tutte le sue dimensioni, non solo in profondità, ma anche
in "altezza". Segnata dalla singolarità, dall'irripetibilità e dalla
finitudine, l'essere umano "è un'unità che noi possiamo delimitare
dall'insieme di tutti gli altri essenti: la sua rilevanza si fonda
dunque in una relazione che appunto permette di distinguerlo. È
il fatto che un essere viene rapportato ad un altro diverso essere
ciò che in definitiva costituisce entrambi. È la relazione tra un
essente ed un altro essente che precede, che è la primaria: ogni
essere è dunque un essere-in-rapporto" (Frankl 1977, pp. 29-30).
Considerato dal punto di vista sia
esistenziale che essenziale, l'uomo è dunque un essere finito che
continuamente deve passare dal suo essere al suo dover-essere, per
cui in lui non si dà coincidenza tra l'essenza e l'esistenza.
Due sono le leggi che Frankl formula
a proposito della sua prospettiva pluridimensionale. Si tratta
delle due note leggi dell'ontologia dimensionale. "La prima è la
seguente: 'Un solo ed identico fenomeno, proiettato al di
fuori delle sue dimensioni in altre dimensioni inferiori alle sue,
dà origine a figure diverse in netto contrasto tra loro'"
(Frankl 1998b, p. 38). Egli propone l'esempio di un cilindro, che
genera due proiezioni contrastanti: il rettangolo nel piano laterale
e il cerchio in quello di base.
In forza della prima legge, applicata all'uomo, commenta: "Privato
della dimensione specificamente umana e proiettato nel piano della
biologia e della psicologia, l'uomo lascia apparire due diverse
immagini di sé reciprocamente contrastanti. La proiezione nel piano
biologico metterà in luce solo fenomeni somatici, mentre la proiezione
nel piano psicologico rileverà esclusivamente fenomeni psichici.
Nella prospettiva dell'ontologia dimensionale, però, l'opposizione
or ora presentata non nuoce all'unità dell'uomo. Allo stesso modo
il contrasto tra il rettangolo ed il cerchio non contraddice il
fatto che si tratta di due proiezioni dello stesso oggetto, cioè
del cilindro" (ibidem, pp. 39-40).
La seconda legge afferma: "Differenti
fenomeni, proiettati al di fuori della propria dimensione in una
stessa dimensione inferiore alla propria, danno origine a figure
che appaiono ambigue" (ibidem, p. 39). Avviene così che
un cilindro, un cono e una sfera, che abbiano lo stesso diametro,
generano in proiezione un cerchio equivalente. Per quanto riguarda
la seconda legge scrive: "Se invece di immagini geometriche si prendono
in considerazione i fenomeni di Fedor Dostoevskij o di Bernadette
Soubirous, proiettandoli nel piano psicologico, lo psichiatra vedrà
in Dostoevskij solo un epilettico qualsiasi ed in Bernadette una
isterica con allucinazioni visionarie. Non c'è altro da vedere dal
punto di vista psichiatrico. Un tale ambito non coglie la prestazione
artistica dell'uno, e tanto meno la vicenda religiosa dell'altra.
Nel piano psichiatrico ogni fenomeno resta ambiguo, a meno che esso
lasci trasparire qualcosa che può stargli dietro o sopra, allo stesso
modo come non è possibile riconoscere se sia stato il cono, il cilindro
o la sfera a proiettare una determinata ombra circolare" (Frankl
1977, pp. 55-56).
La prima legge è orientata a stabilire
l'unità dell'uomo nonostante la molteplicità delle sue dimensioni,
mentre la seconda sottolinea che una vera comprensione della personalità
si ha soltanto quando si tiene conto che la molteplicità dei fattori
che realizzano l'uomo viene concretamente vissuta in una totalità
integrata.
Così l'uomo è un'unità, un tutto psico-fisico-spirituale (= noetico):
un essere caratterizzato dalla singolarità, dall'irripetibilità,
dalla relazionalità, dalla finitudine. L'essenza
di questa esistenza umana, però, si trova nel proprio autotrascendimento.
Essere uomo, infatti, significa essere sempre rivolto verso qualcosa
o verso qualcuno. L'uomo si protende all'esterno ed effettivamente
oltrepassa se stesso e raggiunge il mondo che è pieno di esseri
a cui relazionarsi e di significati da realizzare.
L'esistenza umana è autentica soltanto
in termini di autotrascendenza ed è proprio l'autotrascendenza a
costituire il perno su cui poggiano i tre pilastri della concezione
antropologica della logoterapia di Frankl: la libertà della volontà,
la volontà di significato e il significato della vita.
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La libertà della volontà
La
libertà della volontà comporta una chiara presa di posizione nei
confronti del pan-determinismo, giacché "parlando di libertà della
volontà non si intende in alcun modo includere alcun indeterminismo
a priori" (Frankl 1998b, p. 32).
Secondo Frankl, la libertà della volontà
è tale in relazione alla libertà della volontà umana e la volontà
umana è la volontà di un essere finito. La libertà dell'uomo non
significa che l'uomo è libero dai condizionamenti biologici, psicologici
o sociologici, ma piuttosto che è libero di assumere un atteggiamento
proprio nei confronti di qualunque condizionamento o situazione.
È appunto la libertà della volontà,
il suo "essere libero da" a renderlo capace di
autodistanziamento. L'esclusiva capacità umana di autodistanziamento
si manifesta non solo nell'eroismo, ma anche attraverso l'umorismo
che rende possibile un distacco di giudizio rispetto alle situazioni,
alle persone e perfino nei confronti di se stessi.
La libertà fa parte delle capacità
specificamente umane. Adottando un'espressione di K. Jaspers, Frankl
definisce lo specifico dell'uomo come l'essere che sempre si decide.
Tale definizione implica che l'uomo non è soltanto libertà dall'essere
spinto, ma è anche responsabilità per cui e di fronte a cui si è
liberi: "essere liberi da, per essere liberi per".
Frankl, infatti, scrive: "la libertà potrebbe pienamente svilupparsi.
Essa è in realtà un concetto negativo che richiede un completamento
positivo. E questo completamento positivo è la responsabilità. La
responsabilità ha due riferimenti intenzionali. Si riferisce ad
un significato del cui compimento siamo responsabili, e anche ad
un essere dinanzi al quale siamo responsabili. [...] La libertà
minaccia di degenerare in pura arbitrarietà, a meno che non sia
valutata in termini di responsabilità" (ibidem, p. 63).
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La volontà di significato
L'essere
responsabile presuppone la libertà della volontà, ma si realizza
soltanto nella volontà di significato. Questa suppone la coscienza,
che intuisce i significati, e la volontà, che decide di realizzarsi
nei valori.
Secondo Frankl, la motivazione primaria dell'uomo è la volontà di
significato, che pone l'uomo in permanente ricerca di un senso della
propria esistenza. Egli afferma: "L'uomo cerca sempre un significato
della sua esistenza; egli è sempre nell'atto di muoversi alla ricerca
di un senso del suo vivere; in altre parole, è ciò che io chiamo
"la volontà di significato"" (Frankl 1990a, p. 30).
La sua concezione è nata dalla persuasione
dell'insufficienza dei due concetti fondamentali delle scuole di
Freud e di Adler, rispettivamente la volontà di piacere e la volontà
di potenza. Né l'uno ne l'altro partivano da una vera comprensione
dell'uomo. Secondo Frankl il principio freudiano del piacere è al
servizio del principio dell'omeostasi che descrive l'uomo come un
sistema chiuso, per cui, fondamentalmente, tende a mantenere un
equilibrio interno e raggiunge questo fine con la riduzione delle
tensioni. Del resto anche il principio della realtà è al servizio
del piacere, in quanto lo scopo del principio della realtà è di
assicurare il piacere, quantunque dilazionato. Secondo Frankl, il
principio omeostatico non consente di spiegare fenomeni umani, quali
la creatività dell'uomo, che è orientata verso valori e significati.
Inoltre, egli ritiene che il principio del piacere è autodistruttivo,
in quanto più si tende al piacere, meno lo si raggiunge. Infatti,
nei casi di disturbi sessuali, quali l'impotenza e la frigidità,
l'iperintenzione e l'iperriflessione creano dei modelli nevrotici
di comportamento.
Per quanto riguarda la volontà di
potenza, Frankl pensa che anch'essa è autodistruttiva, perché chi
dispiega ed esibisce uno sforzo di autoaffermazione, prima o poi
verrà emarginato come uno che cerca unicamente se stesso.
Frankl afferma: "In ultima analisi,
l'autoaffermazione o volontà di potenza, da una parte, e il principio
del piacere, o - come è meglio esprimersi - la volontà di piacere,
dall'altra, sono semplici derivati dell'interesse primario dell'uomo,
cioè della volontà del significato. Quella che chiamo volontà di
significato potrebbe essere definita come la tensione radicale
dell'uomo a trovare e realizzare un significato e uno scopo"
(Frankl 1998b, p. 50).
Dunque, secondo Frankl, il piacere, in realtà, è l'effetto della
realizzazione di un significato, invece di essere il fine della
tensione dell'uomo. La potenza, a sua volta, anziché essere la fase
finale, è in realtà il mezzo per un fine. Perciò non si dovrebbe
esaltare troppo il potere della volontà e insegnare una sorta di
volontarismo. "Non si può comandare alla volontà - egli scrive -.
Non posso voler volere. E provocare la volontà di significato vuol
dire lasciare che il significato risplenda da se stesso" (ibidem,
p. 58).
Frankl prende le distanze anche nei
confronti del concetto di autorealizzazione di A. H. Maslow. In
primo luogo, l'autorealizzazione non è lo scopo ultimo dell'uomo.
Essa è solo l'effetto dei compimento di un significato. Solo l'esistenza
che realizza fuori di sé può realizzare se stessa. Prendendo l'esempio
del boomerang, Frankl osserva: "un'eccessiva spinta verso
l'autorealizzazione può costituire la strada verso la frustrazione
della volontà di significato" (ibidem, p. 53).
In secondo luogo, Frankl ammette che
Maslow, pur riconoscendo alla volontà di significato la qualifica
di motivazione primaria, la colloca tra i bisogni superiori dell'uomo,
per realizzare i quali "il soddisfacimento dei bisogni inferiori
è condizione necessaria" (Frankl 1992, p. 16). A questa tesi egli
contrappone due esperienze, apparentemente contraddittorie: da una
parte, il mancato soddisfacimento dei bisogni inferiori non impedivano
agli internati del Lager di cercare il significato della loro sofferenza
e della loro morte, dall'altra, l'esaudimento esagerato dei bisogni
inferiori faceva diventare più struggente la domanda di significato:
per esempio, l'alcolismo, la diffusione del suicidio, della droga
e della aggressività non di rado sono radicati nella sensazione
della mancanza del significato (ibidem, pp. 17-22). In base alla
considerazione delle due esperienze, Frankl ritiene che la volontà
di significato "rappresenta una motivazione sui generis non riconducibile
ad altri bisogni né da esse derivabile" (ibidem, p. 16).
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Il significato della vita
La
tesi centrale della logoterapia è che c'è sempre un significato
della vita da realizzare e sta in potere dell'uomo ricercarlo e
attuarlo. Tale significato è unico e relazionato ad ogni singola
persona e ad ogni singola situazione. "Nel contesto della logoterapia,
il significato non rappresenta qualcosa di astratto, ma qualcosa
di assolutamente concreto: il concreto significato cioè di una situazione,
con cui un'altrettanto concreta persona viene a confrontarsi" (Frankl
2000a, p. 126).
Questo significa l'unicità dei significati. Per Frankl non esiste
un significato universale della vita, ma esistono significati unici
di situazioni individuali. "Tuttavia fra queste situazioni vi sono
anche di quelle che hanno qualcosa di comune e, conseguentemente,
vi sono significati condivisi da esseri umani. [...] Piuttosto che
essere in relazione a situazioni uniche, tali significati hanno
riferimento alla condizione umana" (Frankl 1998b, p. 69). Ed ecco
perché li chiama 'valori' (ibidem, pp. 68-69).
Tre
sono le principali direzioni lungo le quali l'uomo può trovare un
significato della vita. La prima consiste in ciò che egli fa, nell'opera
che crea, e quindi nel lavoro. Frankl parla, in proposito, di 'valori
di creazione'. La seconda è costituita da ciò che la persona
sperimenta e vive, amando pertanto qualcosa o qualcuno: sono i 'valori
di esperienza'. Ma ci si può anche trovare confrontati con una
situazione, che ci sottrae le due possibilità suaccennate per trovare
un significato della vita, una situazione che non si può cambiare.
Però, resta ancora la possibilità di trasformare il nostro atteggiamento
verso di essa, ossia il nostro atteggiamento e noi stessi. Si tratta
dei 'valori di atteggiamento'. Nessuna situazione della vita
è realmente priva di significato. È il caso della tragica triade
dell'esistenza umana, formata dal dolore, dalla colpa e dalla
morte: "Il dolore si può trasformare in prestazione, la colpa
in elevazione, la transitorietà dell'esistenza umana in stimolo
per un agire responsabile" (Frankl 2000a, p. 128).
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Riferimenti
bibliografici
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