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Il tredicesimo lancio

Poco fa la zona lancio è stata investita da un improvviso acquazzone. Il temporale si è scatenato proprio sopra l'aereoporto, lasciando libere e assolate le zone circostanti: uno di quei giorni in cui piove, ma c'è il sole.

Ora, per fortuna, sembra che il tempo si sia stabilizzato, e infatti il cielo si è riaperto e un sole generoso ci bacia con il suo calore. Finalmente si può tornare a volare.

Pronti per il decollo, si parte. Il cielo è blu, poco distanti ci sono dei grandi nuvoloni, ma non sono minacciosi, non portano pioggia. Formano una specie di muraglia che si estende da tremiladuecento metri fino a non so quale altezza.

Una volta in quota, sono il primo a uscire. Quardo le nuvole e penso che mi piacerebbe bucarle, ma sono troppo distanti. Allora, comincio con una rotazione completa a destra. Terminata questa, ripeto la medesima manovra nella direzione opposta. Poi, per un pò, mi rilasso e assaporo il volo. Quindi, mi pongo in asse con l'aereoporto, e volo in deriva verso di esso. La deriva è la manovra che mi offre le sensazioni più intense e esaltanti: mi dà gioia, velocità e libertà di volare verso il luogo in cui decido di volare.

Alla quota di apertura, raggiungo la maniglia di apertura e tiro. Il mio paracadute, che io stesso avevo precedente ripiegato, si apre docilmente, forse un pò lentamente.

Mi accorgo che le ultime tre bocche a destra sono rimaste chiuse! Devo aver arrotolato troppo le bocche nella fase di ripiegamento. Per correggere il problema, prima ancora di assicurare la maniglia, impugno i comandi e inizio ad agire su di essi in modo che la pressione faccia dilatare le bocche ancora chiuse. Dopo tre tentativi, la terza e la seconda bocca da destra si sono riaperte, mentre l'ultima bocca è ancora chiusa. Mi preoccupo, ma il successivo tentativo risolve il problema: la mia vela ora è perfetta. Sistemo la maniglia e penso a volare.

Ci sono altri sei paracaduti da allievo, la situazione è un pò trafficata, ma tutto a posto.

All'improvviso, la situazione cambia radicalmente. D'un tratto, la mia bellissima vela comincia a dare improvvisi strattoni verso l'alto, prende a picchiare, si sposta a destra, a sinistra, cambia autonomamente direzione, sembra perdere pressione e sgonfiarsi, si rigonfia di colpo... io vengo sballottato da ogni parte!!! Che diavolo sta succedendo? Preoccupato, ricontrollo ancora la mia vela, ne guardo la superficie, seguo ogni fune stando attento che non sia lacerata, ricontrollo ancora tutto da capo: possibile che la vela, che ad ogni mio controllo è in perfetta efficienza, si comporti a questo modo.

Poi, penso che questo volo incerto, che fa paura, non dipenda dalla mia vela, ma dal vento, che sembra impazzito. Guardo a terra, e vedo gli alberi piegarsi e prostrarsi alla furia dell'aria. Osservo anche gli altri ragazzi lanciatisi assieme a me. Anche loro sono sottoposti alle stesse turbolenze, anche loro ondeggiano, cabrano, picchiano di colpo e quasi senza controllo.

Cerco di controllare la vela e di dirigermi sopra la zona di atterraggio, mettendomi controvento. E' allora che mi accorgo che il vento è tanto forte che non riuscirò mai a raggiungere il punto di atterraggio! Un attimo di paura mi assale, ma l'accettazione del fatto che dovrò cercare una zona alternativa di atterraggio cancella ogni agitazione e mi permette di concentrarmi sul terreno sottostante.

Mi rendo conto che volando controvento alla massima velocità, mi muovo al suolo come se volassi frenato in senso opposto. Ma, accidenti, dietro a me ci sono due corsi d'acqua! Devo assolutamente scavalcarli. Mi metto allora a favore di vento, in un battibaleno percorro una distanza immensa. Chissà a quale velocità ho volato! Se la velocità di avanzamento della mia ala è di quaranta chilometri all'ora, e volando controvento il vento mi trascina indietro con sè, di certo il vento soffia a più di quaranta chilometri all'ora. Ma allora, in quel tratto devo aver volato a più di cento chilometri all'ora!!!

A terra, tutto ciò che vedo campi pieni di filari di alberi e arbusti: non posso atterrare lì, è troppo rischioso. Ci sono anche un sacco di cavi dell'alta tensione!

Vedo un prato libero, cerco di atterrare lì. Il vento è troppo forte, mi soffia oltre quello. Mi mantengo ora controvento, e guardandomi alle spalle, cerco di determinare dove toccherò terra. Sto andando a finire contro una casa bianca, e un centinaio di metri dietro quella casa ci sono tanti fili dell'alta tensione. Oh, no! Ma a lato della casa c'è un prato. Mi metto allora leggermente di taglio rispetto alla direzione del vento, in modo da spostarmi dall'asse della casa e portarmi in linea con il prato. Sono attimi di tensione enorme, spero che il vento si mantenga a questa intensità e non aumenti, non voglio finire sui cavi. Fortunatamente, ho giudicato bene la situazione, ho agito nel modo corretto, ho compiuto le giuste manovre, sto atterrando esattamente al centro del prato.

Prima ancora di toccare terra, tiro un gran sospiro di sollievo, sto atterrando nel prato, uno smisurato senso di soddisfazione mi coglie, ce l'ho fatta!!! Ora manca solo il touchdown: tiro i freni fino a metà, perchè temo che la vela, che durante tutto il volo è sempre stata instabile, reagisca ad una frenata troppo intensa con un stallo e mi faccia precipitare al suolo.

Tocco terra, rotolando su un lato, mi rialzo in piedi, rimango così, in piedi, a guardare il cielo, le nuvole che viaggiano veloci, sento il vento che soffia forte, mi sferza sulla fronte, e penso sono salvo. Sono atterrato in un fazzoletto di terra, nel giardino della casa bianca contro cui stavo andando a sbattere. Rimango ancora un attimo in piedi, fermo, a pensare a quello che mi è appena successo, alla situazione che ho dovuto affrontare. Sono così contento di me stesso, di aver saputo resistere al panico, di aver agito ragionatamente, di essere atterrato sano e salvo, di aver saputo controllare e vincere la paura che, sì, mi aveva assalito! Sono felice, sono vivo, e sono felice di essere vivo!

Mentre raccolgo la mia vela, la moglie e il figlio accorrono per vedere cosa è successo. Rimangono ammutoliti. Sono io il primo a parlare: "Buonasera, scusate l'intrusione." sono le mie prime parole. Poi mi chiedono come sto, cosa è successo, io racconto loro tutto, sono ancora agitato, mi dicono che hanno visto tanti altri paracadutisti finire ancora più indietro rispetto a me. Spero che anche loro se la siano cavata bene e che nessuno si sia fatto del male.

La signora mi chiede se sò come ritornare in aereoporto. Se rispondo che so in che direzione si trova e a quale distanza: dopotutto, sono arrivato in volo proprio da lì. Ma lei mi dice che mi perderei a piedi, in mezzo a tutte quelle stade per i campi e chiede al marito di offrirmi un passaggio. Metre il marito entra in casa per prendere le chiavi dell'auto, ecco che arriva un ragazzo dell'aereoporto, che stava già battendo la zona alla nostra ricerca.

Ringrazio per la gentilezza e salto in macchina. Si torna in aereoporto, l'avventura è finita. Scoprirò poi che fortunatamente è andato tutto per il meglio e nessuno si è fatto seriamente male. Solo qualche contusione, dieci punti, e un pò di paura. Tutto ok!!!




Governare la vela in una turbolenza così violenta mi ha fatto veramente temere per la mia incolumità. Sembrava che da un momento all'altro la mia vela stesse per tradirmi e lasciarmi precipitare a terra. Mi ricordo di averle gridato un "No!!" dal profondo dell'anima quando mi era sembrato che non riuscisse più a volare. Ma invece lei ha volato fino a quando non ho posato piede a terra. Voglio un gran bene alla mia vela.




La soddisfazione, la realizzazione di essere riuscito ad affrontare una situazione di pericolo è davvero appagante. Penso che affrontare le proprie paure, fronteggiarle e vincerle sia uno dei traguardi più gratificanti. Oggi mi sento diverso, più sicuro, più felice, più forte. Ho vinto una sfida, e la forza che questa vittoria mi ha dato rimarrà sempre dentro me.

Matteo Vescovi ©