Il Tempo delle Preghiere
Secondo la tradizione (Talmùd Berachòt 26b), le preghiere giornaliere sono tre: quella del mattino, istituita da Avrahàm, quella del pomeriggio, istituita da Yitzchàk, e quella della sera, istituita da Yaakov. Yehudà Halevì (Kuzarì III, 5) ce ne fornisce il significato profondo: Le ore della preghiera costituiscono lessenza e il frutto del tempo; mentre le altre ore sono solo vie che vi conducono. Il tempo delle preghiere, così, è il frutto del giorno e della notte, come lo Shabbàt è il frutto della settimana e la benedizione che nasce dalla tefillà si prolunga fino al momento della tefillà successiva. Se la preghiera è allontanata dalla nostra anima sotto limpulso delle occupazioni mondane, ci si ritrova in una situazione indegna e avvilente; tuttavia allora della preghiera purifichiamo la nostra anima dalle scorie e la prepariamo per lavvenire messianico.
Il cammino dei giusti si rischiarerà sempre di più fino allo splendore del giorno, ci rassicura Salomone nei Mishlé (3, 18).
Lora più adatta per volgere il nostro spirito a D-o è il levar del sole, al risveglio della natura che ci appare fresca e rinnovata. Al mattino, recitando Shachrìt, ringraziamo D-o per averci liberato dalla notte e per aver fatto rifiorire la nostra anima. Così prima dimostriamo la nostra riconoscenza a D-o con le Birchòt Hashachàr, poi con i canti gioiosi che glorificano la natura rinnovata, Pessuké Dezimrà, e infine con Emèt Veyatzìv per la liberazione dallesilio. Il Talmùd (Berachòt 12a) dice: è bene proclamare la Tua grazia al mattino e la Tua fedeltà alla sera. Secondo Ràshi, al mattino ringraziamo per lavvenuta liberazione dallEgitto e alla sera invochiamo la fedeltà di Hashèm perché ci liberi dai mali futuri e ci apra le porte dellavvenire.
La grazia, chèssed, è lidea conduttrice della preghiera del mattino, mentre lemunà, la fedeltà, costituisce lesscnza della preghiera della sera, perché Egli custodisce il Suo popolo di Israèl per sempre.
La Cabala collega queste preghiere ai sacrifici quotidiani del mattino e della sera. Infatti il giorno è dominato dalla middàt hachèssed, cioè dallamore di D-o per luomo affinché questi possa diventare, attraverso il perfezionamento etico, unimmagine di D-o; mentre la notte, quando luomo si trova indifeso e spaventato, e il momento del rigore e della giustizia divina, middàt hadìn.
La preghiera del pomeriggio, Minchà, è stata istituita da Yitzchàk. Il tempo delle preghiere evoca anche il destino di ognuno dei Patriarchi. Il destino di Avrahàm appare nella luce del sole che sorge: Avrahàm visse venerato e rispettato da tutti, perché era il principe di D-o. Yitzchàk invece non incontrò che gelosie e invidie che lo respinsero verso se stesso e a sua famiglia A lui era stato detto; La tua discendenza sarà straniera. Per Yaakòv il destino si ricopre delle ombre della notte. Ma tutti e tre i Patriarchi sapranno trovare la loro via verso la Divinità attraverso la tefillà.
Ancora una volta lo Zòhar ci viene in aiuto: alla mattina troviamo la grazia divina nella preghiera di Avrahàm, mentre le preghiere di Yitzchak e di Yaakòv si inarcano sempre più verso il rigore di D-o. Così anche noi ci rivolgiamo al D-o di Yaakòv implorandolo nel giorno in cui la disperazione ci sorprende, perché noi sappiamo che alla fine della notte sorgerà un nuovo giorno.
Alla fine della giornata, al momento del declino del sole, temiamo lora del giudizio di D-o; è il momento in cui paventiamo la fine della nostra vita e dobbiamo farci un esame di coscienza. Per questo il Talmud sottolinea limportanza della preghiera di Minchà, perché dobbiamo temere la decisione divina. Mentre la notte ci affidiamo alla misericordia dellOnnipotente che vigila con fedeltà su coloro che dormono nella polvere e su tutti i dormienti della terra. È lora in cui il rigore si tempera di indulgenza e viene attenuato nella dolcezza della grazia. Anche per questo la preghiera della sera non e obbligatoria: il mondo si regge su chéssed e din, lamore e la giustizia; la misericordia, rachamìm, è una parte di chéssed, e vi si associa quando la creatura troppo debole non potrebbe reggere davanti alla Giustizia. Anche per questo si usa recitare la preghiera della sera, Maarìv, subito dopo quella di Minchà, perché la Misericordia divina deve essere implorata nellora del Giudizio. Non potendo più presentare allAltissimo il culto dei sacrifici gli tributiamo le preghiere, che sono il culto del cuore I tre attributi fondamentali di D-o, chessed, din e rachamìm, bontà, giustizia e misericordia, sono le stelle scintillanti che illuminano la vita di ogni ebreo in ogni giorno della sua vita.
La Funzione della Preghiera
Le persone spesso si domandano se sia veramente necessario pregare: forse D-o non conosce già le nostre esigenze, senza il bisogno di rammentargliele? Naturalmente si, e anzi, Egli le comprende ancor meglio di noi stessi (la preghiera sarebbe del tutto inutile se avesse lunico fine di mettere al corrente il Signore dei nostri desideri e di ciò che ci occorre.) Il vero obiettivo per cui recitiamo la preghiera è elevare il nostro livello spirituale, è un aiuto per sviluppare la più esatta percezione della vita, cosi da essere degni e meritevoli delle benedizioni divine. La tefillà e una attività unicamente umana, perché è il risultato dellunione dellintelligenza e dellimmaginazione di una persona con la sua abilita di tradurre i concetti in parole.
Poiché la preghiera è lanelito più profondo dellanima, essa deve essere espressa in una forma che sia a sua volta la più rappresentativa dellanimo umano, cioè mediante la parola intelligente. Si desume dalla preghiera di Hanna che la tefillà richieda una chiara formulazione delle parole (Samuele I l, 15). I Saggi considerano la sua espressione di dolore e di devozione rappresentativa del più alto livello di preghiera. Esprimeva quanto era contenuto nel suo cuore silenziosamente: la sua voce non si udiva, ma le sue labbra si muovevano. Le preghiere che precedono Shemonè Essré, quelle che aiutano luomo ad elevarsi a un livello nel quale possa dischiudere il proprio animo direttamente a D-o, possono essere recitate ad alta voce, ma ciò avviene perché la maggior parte delle persone riescono a mantenere sveglia la devozione e la concentrazione solo pregando ad alta voce. Lo Shemonè Essré, tuttavia, è anche un colloquio intimo delluomo con D-o, per cui deve, almeno in parte, svolgersi in silenzio; nondimeno, come ha dimostrato Hanna, anche una preghiera silenziosa deve essere articolata, perché la parola espressa è rappresentativa dellaspetto più elevato dellanimo umano. Per comprendere perché il linguaggio della preghiera sia proprio lebraico, occorre considerare come il risultato che si desidera ottenere sia lespressione interiore dellanima e una rappresentazione delluomo al culmine della sua aspirazione verso la santità. È vero che i Saggi ammettono che si preghi in una lingua qualsiasi (Sotà 33a), ma non è un permesso incondizionato né si può mettere lebraico, la lingua sacra, sullo stesso piano di tutte le altre lingue. Le autorità della halachà non approvano la recitazione delle preghiere in altre lingue (Mishnà Brurà, Arùch Hashulchàn su Erach Chayìm cap. 62. 101). Rambàn, in Esodo (30,13), sottolinea come lebraico sia la lingua che D-o ha utilizzato nel creare luniverso e per comunicare con i profeti e ciò chiarisce per quale motivo è chiamata la lingua santa. I commentatori fanno notare come nessuna traduzione possa essere in grado di riprodurre tutte le sfumature della preghiera originale o le parole profetiche di D-o, o le composizioni sacre degli uomini della Grande Assemblea e dei loro successori attraverso i secoli.
Ma cè di più. Se una persona prega in lingue diverse dallebraico, non assolve al proprio dovere a meno che non comprenda ogni parola che pronuncia mentre, se prega in ebraico, egli esce dobbligo anche se non ne capisce il significato (Beùr Halachà, Erach Chayìm 62).
estratto da:
Tefilot siyach yitzchak
Mamash Edizioni Ebraiche
a cura del centro Dli. |