La malattia di
Alzheimer, che rappresenta il 60 % di tutte le demenze, prende il nome
da Alois Alzheimer (1864-1915), neurologo attivo ad Heidelberg e poi a
Monaco, che ne descrisse tra il 1906 ed il 1911 le principali
caratteristiche microscopiche cerebrali. Nel 1906 il Prof. Alzheimer descrisse il caso di
una donna di 51 anni, per quel tempo già anziana, con disturbi della
memoria e delirio, che presentò poi all'autopsia un quadro molto
particolare a livello cerebrale.
Da allora, anche se molti progressi
sono stati fatti, la malattia di Alzheimer è diventata sempre più una
patologia cui prestare attenzione per molti motivi:
-
esiste una realtà in costante aumento di anziani affetti da
sindrome demenziale e un gran numero di essi è colpito dalla
"malattia di Alzheimer";
-
una notevole percentuale di questi anziani presenta una disabilità
medio - grave nelle attività di vita quotidiana;
-
nel corso dell'evoluzione della malattia, oltre al deficit
cognitivo, insorgono gravi problemi comportamentali e psichici
(agitazione psicomotoria, deliri, allucinazioni), che diventano causa
primaria di stress famigliare e della richiesta di ricovero
in strutture residenziali;
-
nella maggior parte dei casi la famiglia è costretta a fornire
l'assistenza, con gravi ripercussioni sulle persone coinvolte.
La malattia di Alzheimer
è un processo degenerativo cerebrale che provoca un declino progressivo
e globale delle funzioni intellettive associato ad un deterioramento
della personalità e della vita di relazione. Progressivamente
l'ammalato perde l'autonomia nell'esecuzione degli atti quotidiani della
vita e diventa completamente dipendente dagli altri. Può durare tra gli
8 e i 15 anni. La malattia di Alzheimer coglie in modo conclamato circa
il 5 % delle persone dai 60 anni in su: in Italia si stimano 500.000
ammalati e nella sola Lombardia 55.000 (con una previsione di aumento in
pochi anni pari al 40 %). Non esiste un test semplice per diagnosticare
la malattia di Alzheimer. Comunque, è importante che la persona con
sintomi di deterioramento grave della memoria sia sottoposta ad un
completo accertamento medico per:
-
stabilire una diagnosi e individuare altre possibili cause di
demenza eventualmente trattabili (ipotiroidismo,
intossicazione da farmaci, tumore, idrocefalo normoteso, ematoma
subdurale, depressione);
-
consentire a chi assiste l'ammalato di prepararsi per far fronte
alla malattia.
E' il primo passo
necessario per una pianificazione del futuro.
CAUSE
Le cause sono
sconosciute. Ci sono diverse teorie: alcuni studiosi ipotizzano una sola
causa, altri parlano di più fattori compresenti. Tra questi:
-
una predisposizione genetica;
-
fattori esterni (ad esempio un virus, anche se non è dimostrato
con l’Alzheimer sia contagioso);
-
disordine del sistema immunitario, che non riconosce più il
cervello come proprio e lo autoaggredisce;
-
sostanze tossiche;
-
fattori psicosociali (depressione, trauma cranico, reazione allo
stress…).
Fattori
di rischio
Gli unici fattori di rischio finora individuati sono
rappresentati dall'età e dalla familiarità. L'Alzheimer è certamente
una patologia dell'anziano, ma non é vero che il rischio di ammalarsi
aumenta con l'età: il confronto tra le varie fasce di età sembra
evidenziare che i soggetti ultranovantenni non hanno un maggiore rischio
di ammalarsi rispetto ai soggetti di un età compresa tra i 70 e gli 80.
Quindi anche se la malattia di Alzheimer rimane un problema fondamentale
dell'età avanzata, non c'è relazione esponenziale tra demenza ed
invecchiamento: esiste uno specifico intervallo di età a rischio
maggiore. La familiarità rappresenta un fattore di rischio dal
"peso" variabile a seconda dei casi: nella stragrande
maggioranza dei casi l'Alzheimer non è una malattia ereditaria, anche
se i familiari di un soggetto affetto hanno un rischio di ammalarsi
lievemente più alto rispetto ai soggetti che non hanno un caso in
famiglia. Sono state finora individuate in tutto il mondo almeno
quaranta famiglie in cui la malattia di Alzheimer è trasmessa
geneticamente con un meccanismo di tipo autosomico dominante (un
soggetto che svilupperà la malattia, in quanto portatore del gene
alterato, ha il 50% di possibilità di trasmetterlo ai figli). Queste
forme familiari, rarissime e caratterizzate da precoce età di
insorgenza e rapida evoluzione, costituiscono per i genetisti una
preziosa fonte di informazioni. Le mutazioni finora individuate
riguardano i cromosomi 21, 14, 1. Mutazioni localizzate nel sito del
cromosoma 21 responsabile della sintesi della proteina beta-amiloide
determinano una abnorme produzione di questa sostanza, ed un suo
patologico accumulo a livello cerebrale sotto forma di "placche
senili" tipiche dei cervelli Alzheimer. Nei cromosomi 14 e 1 si
trovano i geni responsabili della sintesi di alcune proteine della
membrana neuronale (Preseniline). Mutazioni a questi livelli determinano
la produzione di proteine non funzionali, con conseguenti probabili
anomalie di trasmissione di messaggi tra i neuroni. Alterazioni
genetiche localizzate nel cromosoma 19 sembrano avere una importanza non
limitata solo ad un ristretto gruppo di famiglie: in questo cromosoma
infatti si localizzano i geni responsabili della produzione delle
proteine che veicolano i grassi nel sangue (apolipoproteine). Un
particolare assetto genetico determinerebbe la produzione di una
apolipoproteina (ApoE 4) non efficiente nel trasporto del colesterolo,
costituente essenziale delle membrane neuronali. I soggetti portatori
sarebbero più vulnerabili ad aggressioni di varia natura portate al
sistema nervoso centrale, in quanto non sarebbero in grado di veicolare
il colesterolo a riparare eventuali siti di membrana danneggiati.La
malattia di Alzheimer potrebbe essere il risultato della deficitarietà
di questi meccanismi riparatori.
Anatomia
patologica
Dal punto di vista macroscopico le
caratteristiche che permettono di differenziare un cervello anziano
normale da un cervello Alzheimer sono di tipo quantitativo.In entrambi i
casi, infatti, è presente riduzione di peso e volume dell'organo,
dilatazione delle cavità ventricolari e, a livello della corteccia,
allargamento dei solchi con assottigliamento delle circonvoluzioni.
Nella malattia, esiste una esasperazione della perdita di sostanza
cerebrale, con decremento
del volume emisferico rispetto ai controlli di pari età, e riduzione
del peso dell'organo. L'atrofia è in genere diffusa, ma con più severo
interessamento dei lobi temporali e in particolare dell' ippocampo,
struttura fondamentale per i processi mnesici: recenti studi sembrano
evidenziare una correlazione significativa tra gravità della demenza e
grado di atrofia del lobo temporale misurata alla Risonanza Magnetica.L'esame
microscopico del cervello malato presenta invece caratteristiche
peculiari riassumibili in:
-
perdita neuronale, riguardante soprattutto i grossi neuroni
corticali, considerata la causa principale dei deficit cognitivi;
-
gravi fenomeni regressivi che interessano i neuroni residui:
all'interno di essi si osservano strutture filamentose (degenerazione
neurofibrillare di Alzheimer) ed inclusioni ovoidali (degenerazione granulo-vacuolare);
-
placche senili, costituite da strutture di forma sferoidale, che
si osservano anche nelle zone più antiche della corteccia cerebrale
dell'anziano normale.
Nei soggetti Alzheimer
si osserva un aumento di densità delle placche senili ed una loro
diffusione anche in zone "neocorticali", ossia in quelle zone
probabilmente deputate alle attività più elevate del nostro
comportamento.Le placche senili sono composte, oltre che da residui di
neuroni degenerati e da rare cellule infiammatorie, dalla "sostanza
amiloide", costituita principalmente da un polipeptide, la
beta-proteina amiloide.
SINTOMI
Le caratteristiche
cliniche della malattie possono variare da un soggetto all’altro, ma
solitamente l’inizio è subdolo e il decorso progressivo e cronico. I
sintomi sono:
-
stress;
-
depressione;
-
modificazione del carattere;
-
disinteresse verso attività piacevoli per il soggetto;
-
ripetitività;
-
sospettosità;
-
trauma cranico, che rende manifesta una malattia cerebrale già
presente.
I parenti si accorgono
di questi strani comportamenti, il paziente ne è inconsapevole. Altri
sintomi possono essere:
-
agitazione;
-
paura di essere derubati;
-
sentirsi abbandonati;
-
pianto immotivato o violenza;
-
disturbi del sonno e scambiare il giorno per la notte.
EVOLUZIONE
Oggi si conoscono
bene le fasi di evoluzione del male, dovuto a una distruzione dei
neuroni, le cellule che controllano le funzioni superiori della
corteccia cerebrale. All’origine del processo degenerativo c’è,
come già detto, una proteina presente nel cervello, che si trasforma
(non si sa ancora come, o perché) in betaamiloide e che depositandosi
tra i neuroni, agisce come un collante, inglobandone vaste aree e dando
luogo alla formazione di placche “neurofibrillari”.Il risultato di
queste modificazioni cerebrali è l’impossibilità per il neurone di
trasmettere gli impulsi nervosi. Si è scoperto inoltre che la malattia
è accompagnata da una diminuzione nel cervello della quantità di
acetilcolina (fino al 90%), una sostanza fondamentale per la memoria e
per altre capacità intellettive.
Il decorso della
malattia dura dagli 8 ai 10 anni e attraversa 3 fasi.
1.
La prima riguarda le capacità mentali. La persona è ancora
autosufficiente, ma presenta disturbi della memoria sempre più
ricorrenti. Nel malato di Alzheimer, questi disturbi sono continui e
accompagnati da altri sintomi: perdita della capacità di ragionamento e
deficit di varie funzioni cognitive; alterazioni della personalità; il
pensiero astratto è impoverito, diminuisce la capacità di giudizio e
il rendimento lavorativo.
2.
La seconda fase vede l’aggravarsi progressivo dei disturbi: il
soggetto è incapace di apprendere nuove informazioni; si perde anche in
ambienti familiari, a causa di un disorientamento spazio-temporale; la
memoria remota è compromessa.
Caratteristiche
fondamentali di questa fase sono:
- amnesia
- afasia
- agnosia
- aprassia
3.
Nella terza fase i sintomi si aggravano fino a perdere la
capacità di riconoscere i familiari, di esprimersi, mangiare, muoversi
da solo. Il malato deve essere assistito e controllato ogni momento
della giornata. Si manifestano difficoltà nella deglutizione e il
paziente viene alimentato artificialmente. C’è il rischio di
complicanze: malnutrizione, disidratazione, malattie infettive
(soprattutto polmonite), piaghe, tumori, patologie cardiovascolari. I
pazienti dementi raramente decedono per conseguenza diretta della
malattia, la causa è da ricercare in una delle patologie sopra
elencate, che insorgono nello stadio avanzato della demenza.
DISTURBI
COGNITIVI
Le manifestazioni
cliniche della demenza vengono classificate in due grossi gruppi: i
disturbi cognitivi e i disturbi del comportamento.I deficit cognitivi
riguardano la memoria, l'orientamento spazio-temporale, la capacità di
attenzione, giudizio e critica, le funzioni nervose superiori.In genere
la malattia esordisce insidiosamente con disturbi della memoria modesti,
ma poi sempre più gravi e tali da interferire gravemente con la vita
quotidiana del paziente. All’inizio i disturbi sono sfumati e
successivamente i problemi mnesici si fanno più evidenti e disturbanti,
riguardano la vita personale e dei familiari, impediscono l'esecuzione
di compiti più o meno complessi. Il paziente nega i deficit anche se,
nelle fasi ancora più avanzate, è completamente ignaro di tutti gli
avvenimenti della propria vita e non è in grado di riconoscere i
familiari. Il soggiorno al di fuori degli ambienti abituali determina
peggioramento di questo sintomo, e tali fenomeni si fanno
particolarmente evidenti di sera, quando le informazioni visive sono
diminuite. Anche i riferimenti temporali vengono progressivamente meno
con la progressiva incapacità a ricordare la data, la stagione, ecc. Le
facoltà di giudizio e critica vengono prima o poi ad essere
compromesse.Anche la facoltà di attenzione viene coinvolta, ed al
colloquio il malato appare disattento, sebbene gli argomenti lo tocchino
drammaticamente; i suoi interventi sul discorso sono incongrui e stimoli
esterni, anche banali, lo distraggono facilmente.Talvolta deficit anche
cospicui vengono mascherati da una apparente efficienza nei compiti (in
genere lavorativi) che il paziente ha svolto durante la vita e che
continua quasi automaticamente a portare avanti. In questi casi un
evento capace di modificare una situazione routinaria (pensionamento,
lutto familiare, trasloco, ecc.) determina la comparsa dei sintomi.In
altri casi la malattia esordisce quasi acutamente con un atto assurdo,
sconsiderato o contrastante con la personalità premorbosa del
soggetto.Nella fase più avanzate della malattia, quella un tempo
definita come "neurologica", compaiono anche deficit legati
alla compromissione delle funzioni nervose superiori: oltre alla
memoria, il linguaggio, il pensiero e le attività motorie., I deficit
cognitivi nella demenza sono frequentemente associati a disturbi d'ansia
e del sonno, turbe dell'umore con depressione e possibili tentativi di
suicidio, specie nelle fasi iniziali della malattia, quando il paziente
è ancora in grado di eseguire un piano d'azione. Sono comuni anche
deliri a carattere persecutorio e allucinazioni soprattutto a carattere
visivo.
disturbi della memoria
La compromissione
della memoria è richiesta per fare diagnosi di demenza ed è una
componente essenziale del quadro neuropsicologico dell'Alzheimer. La
memoria è una funzione cognitiva complessa; tutti i comparti mnesici
sono interessati in questa malattia, anche se con gravità spesso non
uniforme. La memoria a
breve termine (MBT) è spesso colpita in misura minima nelle fasi
precoci della malattia. La memoria a lungo termine (MLT) risulta invece
più gravemente compromessa già nelle fasi iniziali, soprattutto la
memoria dichiarativa nella componente semantica, episodica,
autobiografica. Solo la memoria non dichiarativa a lungo termine
procedurale è conservata abbastanza bene fino alle fasi più avanzate
della malattia. Per questo molti pazienti riescono ancora a compiere
gesti automatici come lavare i piatti o apparecchiare la tavola. Negli
stadi avanzati della demenza la compromissione della memoria è così
grave che il soggetto dimentica la propria età, l'occupazione svolta,
la data di nascita, il nome dei familiari.
disturbi del linguaggio
All'inizio i
disturbi dell'espressione verbale si manifestano con un "anomia",
ossia una incapacità a reperire i giusti termini per esprimere un
concetto o per denominare un oggetto. Successivamente viene a
configurarsi il quadro di una afasia fluente: il paziente utilizza frasi
fatte, parole "passpartout", ed il linguaggio diviene vuoto e
privo di significato fino a dissolversi progressivamente.Il
deterioramento delle funzioni del linguaggio (afasia) può manifestarsi
nella incapacità di ricordare nomi di individui e oggetti. L'eloquio di
questi soggetti può diventare vago e vuoto, con lunghe frasi che però
non hanno grossi significati, ed uso eccessivo di termini indefiniti
come "cosa" o "questo". Anche la comprensione del
linguaggio parlato, scritto e la ripetizione del linguaggio possono
risultare compromesse. Negli stadi avanzati di demenza i pazienti
possono risultare muti o presentare una modalità di eloquio
deteriorata, caratterizzata da ecolalia (eco di ciò che viene udito).La
persona afasica non riesce a tradurre in contenuto di pensiero quello
che legge o che sente e non riesce a tradurre in parole dette o scritte
quello che pensa. Ci sono quindi due espressioni dell'afasia: quella
sensoriale, il malato non capisce ma riesce ad esprimersi e quella
espressiva: il malato capisce ma non riesce ad esprimersi. Talvolta nel
malato coesistono entrambi gli aspetti dell'afasia e il disturbo può
assumere diverse manifestazioni.
disturbi del pensiero
Le alterazioni del
pensiero astratto sono manifestazione comune di demenza e si manifestano
nella incapacità di pensare in astratto, di pianificare, di trovare
somiglianze e differenze tra concetti e parole, di ordinare in sequenza,
eseguire calcoli matematici
altri disturbi
Importantissima è
la comparsa di disturbi aprassici, che costituiscono una delle
principali cause di disabilità: il paziente, pur non presentando
deficit di forza, non riesce più ad organizzare atti motori finalizzati
e coordinati e diviene incapace a utilizzare gli strumenti della vita
quotidiana con conseguente difficoltà a mangiare, vestirsi, lavarsi,
ecc. L'aprassia può manifestarsi con la difficoltà nel cucinare, nel
vestirsi, nel disegnare (aprassia costruttiva).Le agnosie, anche esse
frequenti nel paziente Alzheimer in fase avanzata, non permettono di
capire l'uso e la funzione di oggetti che possono normalmente essere
visti e toccati.Caratteristica delle fasi più avanzate è anche la
prosopoagnosia, ossia la incapacità di riconoscere i volti, anche dei
familiari. Nei casi estremi il paziente giunge a non riconosce il
proprio volto, e l'osservarsi allo specchio può essere all'origine di
gravi sentimenti di angoscia.
La
valutazione dei disturbi cognitivi
La richiesta di una valutazione delle capacità
di memoria viene avanzata nelle seguenti circostanze:
-
ai fini di una diagnosi di normalità o patologia: l'obiettivo
della valutazione è quello di definire se le difficoltà riferite dal
paziente rientrino nella normale variabilità oppure siano tali da
indurre il sospetto di un processo patologico che investe le funzioni
mnesiche. Nella seconda delle
ipotesi, si tratta di definire se il deficit mnesico sia isolato o se si
presenti associato ad altri disturbi cognitivi;
-
ai fini di una diagnosi riguardo la gravità della demenza;
-
accertare una modificazione delle capacità mnesiche del soggetto
nel tempo attraverso controlli longitudinali;
-
valutazione di ogni singolo paziente per definire meglio il
profilo cognitivo e le abilità residue ai fini di una impostazione di
strategie riabilitative
Una valutazione
convenzionale della memoria e delle funzioni cognitive nell'anziano di
solito comprende:
1.
test che permettono un inquadramento generale delle funzioni
cognitive come il Mini Mental State, che permette di ottenere un
punteggio di efficienza cognitiva generale che discrimina la normalità
e patologia;
2.
test di valutazione delle funzioni attentive;
3.
test che esplorano la memoria a breve termine verbale e spaziale
(test di span verbale): valutano la memoria immediata e cioè la quantità
di informazioni che un soggetto può riprodurre immediatamente dopo la
presentazione; gli stimoli che solitamente vengono presentati con
modalità acustica o visiva sono serie di cifre, sillabe parole (span
verbale): oppure ritmi, sequenze di posizioni spaziali (es. Block
tapping test di Corsi) sequenze di gesti privi di significato (span
spaziale);
4.
test che esplorano la memoria a lungo termine verbale e spaziale:
- apprendimento
di coppie di parole;
-
apprendimento sopra span spaziale, la cui quantità è superiore
di due elementi allo span di base; si valuta dopo quante ripetizioni il
paziente riesce ad apprenderle.
5.
test che esplorano le funzioni astrattive, finalizzate a definire
se il paziente presenta oltre ad un deficit mnesico anche un
deterioramento dell'intelligenza.
6.
test che esplorano il linguaggio nella componente ricettiva ed
espressiva.
7.
test che valutano le funzioni prassico-costruttive: l'aprassia
costruttiva indica una compromissione dell'attività combinatoria e
organizzativa che richiede una chiara percezione dei dettagli e della
comprensione dei rapporti intercorrenti tra le parti al fine di ottenere
una sintesi. Nell'indagine testistica il disturbo si esprime in un
deficit nelle attività che richiedono di mettere insieme alcune parti
per riprodurre un modello.
DISTURBI
COMPORTAMENTALI
Un altro gruppo di
manifestazioni cliniche è rappresentato dai disturbi comportamentali e
dell'affettività: rappresentano i problemi più disturbanti e
socialmente sconvenienti, ma anche i meglio trattabili
farmacologicamente. E' in
genere per questi motivi che i familiari si rivolgono al medico.L'ansia,
l'insonnia con agitazione notturna e l'inversione del ritmo sonno-veglia
sono problemi molto comuni nei paziente affetti da malattia di
Alzheimer.Spesso si osservano disturbi deliranti e fenomeni
allucinatori: il paziente è convinto di venire osservato, avversato e
persino derubato dai vicini di casa; talvolta è convinto delle presenza
di persone, spesso estranee, in casa.Molti pazienti sono inoltre
iperattivi, continuamente ed inconcludentemente affaccendati,
incapaci di star fermi; altri si presentano apatici, lontani,
impoveriti.Certi soggetti con demenza mostrano un comportamento
disinibito, come fare scherzi inappropriati, esibire una familiarità
non dovuta con estranei, non rispettare le normali regole di convivenza
sociale; infine è possibile un comportamento disinibito anche sul piano
sessuale.La depressione, presente spessissimo nelle fasi iniziali di
malattia, pone dei grossi problemi diagnostici differenziali: un
episodio depressivo può essere la manifestazione d'esordio della
malattia d'Alzheimer, ma anche una malattia depressiva può
accompagnarsi a prestazioni deficitarie nei test che esplorano le
capacità cognitive e mnesiche. Spesso il dubbio è risolto unicamente
dall'osservazione nel tempo e dalla risposta ai farmaci antidepressivi.I
soggetti con demenza possono essere inoltre particolarmente vulnerabili
agli stressor fisici (malattie, interventi chirurgici) e psico-sociali
(ricoveri in ospedale, cambiamenti di residenza, lutti), che possono
esacerbare i loro deficit intellettivi.
DIAGNOSI E ASSISTENZA
Diagnosi
Gli unici segnali che possono confermare con certezza la
malattia, cioè la formazione di placche nel cervello, possono essere
rilevati solo dopo la morte, con l’esame del tessuto cerebrale. Alla
diagnosi si arriva dopo aver escluso altre malattie. E’ fondamentale
la collaborazione dei familiari, ai quali verranno chieste più
informazioni possibili sul comportamento del paziente.Per escludere la
presenza di altre malattie che potrebbero spiegare la demenza, di solito
vengono prescritti alcuni esami di laboratorio. Sono utili anche la Tac,
in grado di rilevare lo spessore del cervello, oppure la risonanza
magnetica, che fornisce un’immagine particolareggiata.Ci sono alcuni
aspetti che è importante prendere in considerazione all'inizio della
malattia.L'orientamento attuale è quello di informare sempre più
spesso la persona della diagnosi che la riguarda. Questo è forse dovuto
ad una maggior consapevolezza della malattia. Si ritiene, comunque, che
ogni persona debba avere il diritto e l'opportunità di scegliere se e
quando essere informata.In molti casi, si arriva alla diagnosi in
seguito a preoccupazioni espresse dai familiari. Sovente la persona
malata non si rende conto di avere dei problemi e non condivide le
osservazioni dei familiari; non ha perciò alcun interesse a chiedere
una diagnosi.E' importante valutare la capacità del malato di
comprendere, ma anche tener conto delle opinioni preconcette o dei
pregiudizi che può avere sulla malattia, prevedendo così le sue
possibili reazioni. Alcune persone sono in grado di capire che cos'è la
malattia, come evolve e quali conseguenze può avere sulla vita
quotidiana, mentre altri possono riconoscere soltanto una malattia che
comporta la perdita della memoria. Sarebbe importante trovare un medico
capace di adeguare la spiegazione al grado di comprensione del malato e
della sua famiglia, come pure di prospettare eventuali soluzioni dei
problemi.In alcuni casi vi può essere una reazione depressiva alla
notizia e la persona può aver bisogno di aiuto per arrivare a convivere
con i propri sentimenti di rabbia, di colpa, paura e depressione. In
alcuni casi può essere utile la partecipazione a gruppi di supporto e
auto-aiuto, purché la malattia non sia a uno stadio troppo
avanzato.Sapere di essere affetti da demenza e capire che cosa essa
comporti presenta tuttavia notevoli vantaggi: quando una persona sa,
può programmare come passare al meglio gli anni di relativo buon
funzionamento mentale che le rimangono. Può anche avere un ruolo attivo
nel programmare la propria assistenza, stabilire chi dovrà prendersi
cura di lei, prendere importanti decisioni finanziarie e persino
partecipare alla ricerca sulla malattia di Alzheimer, o disporre la
donazione post-mortem del proprio tessuto cerebrale per la
ricerca.
la famiglia
Le famiglie sono sicuramente “le seconde vittime”
della malattia, in quanto ci si trova a fronteggiare cambiamenti forti
della vita quotidiana e di perdita di relazioni sociali, che possono
creare situazioni di disagio psichico (depressione, ansia).La paura che
succeda un incidente ai loro congiunti, la difficoltà anche a tenere
pulita la stanza in cui vive il demente, sono problemi drammatici per
chi li vive. In molti casi i parenti hanno necessità, desiderio di
qualche momento di pausa.La presenza di un malato di Alzheimer
nell'ambito della famiglia può portare grossi squilibri dal punto di
vista della vita sociale. In moltissimi casi c’è un completo
impedimento sociale, di uno o più membri della famiglia stessa.L’ospedalizzazione
è molto diffusa e ciò dipende anche dal fatto che non esiste un
supporto alla famiglia, per cui spesso l'unica risposta è l'ospedale.Il
ricovero non dipende solo da motivi sociali, che sono la quota meno
rilevante, ma dalle complicanze che il malato di Alzheimer ha, dalle
infezioni alle fratture, dagli scompensi agli ictus.Il malato di
Alzheimer ha infinite problematiche assistenziali. Di qui la necessità
di una serie di strutture e di personale, che deve essere estremamente
qualificato, ma soprattutto motivato a conoscere e a capire questo tipo
di patologia.Per questo tipo di assistenza ci sono varie figure, il
medico di famiglia, che è al centro, e poi tanti altri operatori, non
solo per il demente ma per l'anziano in genere; questa è la famosa
"cerchia di supporto".Si è parlato di come sia difficile
affrontare l'assistenza per un paziente fragile come l'anziano. Nella
rete integrata dei servizi, accanto a una parte intramuraria,
l'ospedale, che da solo non può rispondere a tutte le necessità, c'è
una serie di strutture esterne all'ospedale o intermedie che
permetteranno di arrivare al completamento di una completa rete
integrata di servizi, per offrire un miglior livello
assistenziale. Il livello dell'assistenza familiare va sostenuto,
anche se esso non può essere considerato sostitutivo di quello
pubblico. Purtroppo, in Italia, i servizi assistenziali e sanitari per
questo tipo di pazienti sono molto scarsi; nella maggior parte dei casi
i problemi si scaricano sulle famiglie; spesso l'unica alternativa è
rappresentata dal ricovero in ospedale o in casa di riposo. Molto
importante è l'educazione e l'informazione sanitaria che deve
coinvolgere soprattutto i famigliari dei pazienti. Un ruolo altrettanto
importante è svolto dalle associazioni di volontariato, soprattutto sul
fronte dell'acquisizione di quegli elementi di consapevolezza e di
conoscenza della malattia. Ma quando l'intervento famigliare non basta
più occorre approntare una rete di servizi adeguati. L'assistenza
domiciliare integrata e l'ospedalizzazione domiciliare, ad esempio,
consentono che gli interventi assistenziali e sanitari vengano offerti
all'anziano nella propria abitazione. I centri diurni sono invece
strutture di tipo aperto che forniscono assistenza e sostegno alle
famiglie. In alcuni casi poi è necessario il ricovero in ospedale o in
residenza extra-ospedaliera adeguata.Occorre affrontare il problema in
modo organico, con un intervento su tutti i livelli assistenziali anche
con più atti normativi che costituiscono ognuno un tassello di un
progetto complessivo ed unitario.Si prevede anche il potenziamento della
rete dei “centri semiresidenziali”. La loro funzione è di favorire
la massima permanenza a domicilio dei pazienti che pure necessitano di
interventi socio-riabilitativi complessi especialistici, fornendo nel
contempo sollievo alla famiglia.Si prevede che tali centri si occupino
di “pazienti con demenza senile o altre forme degenerative che
necessitano di assistenza ausiliare e terapia cognitiva”. Per questi
pazienti è prevista anche una forma di sperimentazione: un “progetto
Alzheimer” che dovrà validare anche linee guida per l'assistenza
semiresidenziale ai pazienti affetti da demenza senile.
assistenza All'inizio della malattia,
può darsi che il malato cerchi di nascondere agli altri le sue
difficoltà. A volte ci riesce, perché i suoi problemi non sono gravi e
forse perché anche la famiglia e gli amici tendono a minimizzare,
convinti che la perdita di memoria sia una conseguenza naturale
dell'età. Questo periodo può essere fonte di enorme stress per la
persona malata; può darsi che il futuro la spaventi, che abbia paura di
soffrire e di morire. Ad un certo punto, quando i sintomi diventano più
evidenti, nascondere il problema sarà sempre più difficile. Può
prevalere, allora, l'imbarazzo per i propri errori e l'umiliazione per
le difficoltà nelle attività quotidiane, come lavarsi e vestirsi.E’
importante prestare attenzione a questi sentimenti e a queste paure. A
volte può essere importante poterne parlare; se non è possibile
confidarsi con un familiare, potrebbe essere utile ricorrere ad uno
psicologo.E’ importante discutere su come organizzare l'assistenza.
Anche in famiglie non particolarmente unite, un incontro di questo tipo
può creare un clima di solidarietà e di sostegno reciproco. Se il
malato non è ad uno stadio troppo avanzato della demenza, può essere
un'opportunità ideale per farlo partecipare alle decisioni che lo
riguardano.Tutti i membri della famiglia devono cercare di essere
presenti, anche se questo comporta per alcuni uno spostamento:
-
ognuno deve cercare di assumere preventivamente informazioni
sulla malattia. In tal modo, tutti avranno un'idea più esatta di che
cos'è la demenza, e di cosa implichi assistere una persona malata di
demenza.
-
è bene prepararsi una breve agenda dei punti principali da
esaminare;
-
durante la riunione, ognuno deve poter dire quello che pensa,
senza critiche o interruzioni. Se qualcuno dei familiari tende ad essere
un elemento disgregante o non rispetta il diritto degli altri a parlare,
può essere utile chiedere ad una figura esterna - un medico, un
sacerdote o uno psicologo - di presiedere la riunione.
In alcune famiglie
si preferisce individuare una sola persona che avrà la responsabilità
principale dell'assistenza, mentre in altre si decide di suddividere
tale compito. Di fatto, anche se una sola persona è stata designata a
farsi carico dell'assistenza, gli altri familiari possono fornire un
aiuto consistente, occupandosi dei trasporti, della corrispondenza, di
tener compagnia al malato, ecc. Una riunione di famiglia può essere
utile per selezionare le persone disponibili: può essere utile
predisporre una tabella degli orari e dei compiti. Una riunione di
famiglia può anche servire per mettere in evidenza eventuali difficoltà
pratiche di qualche familiare (distanza, problemi economici, ecc.), che
possono essere motivo di frustrazione e sensi di colpa. La
collaborazione da parte di persone esterne, come i vicini di casa,
permette di allentare lo stress e di dedicare più tempo all'assistenza
al malato.Quando si è impegnati nell'assistenza ad un malato di
Alzheimer - da soli, o con il supporto di familiari e amici - è
importante essere consapevoli dei propri limiti.
autonomia del malato
Fin dall’inizio della
malattia sarà necessario affrontare alcune questioni relative
all'autonomia della persona che riguardano soprattutto la libertà
personale (guidare la macchina, uscire da solo, bere alcolici, fumare,
ecc.) e la gestione del denaro (emissione di assegni, compravendite,
investimenti, ecc.). Questi temi dovranno essere discussi col malato ad
uno stadio iniziale della malattia, quando è ancora in grado di
prendere delle decisioni. Nell’affrontare questo tipo di
problematiche, ci si troverà probabilmente combattuti tra il desiderio
di lasciare al malato la maggior indipendenza possibile e quello di
proteggerlo da eventuali rischi o danni.
GUIDARE Con il progredire della
malattia, la capacità di guidare subirà certamente un peggioramento.
Il malato comincerà a trovare con difficoltà i luoghi noti, a ignorare
i segnali stradali e a non rispettare le regole di circolazione, a
guidare troppo in fretta o troppo adagio, ad avere reazioni lente e
disorientarsi, sentirsi frustrato o arrabbiato. Tuttavia, i malati di
demenza sono spesso molto riluttanti a rinunciare al loro diritto alla
guida, che è uno degli ultimi segni della loro indipendenza.
trasporti pubblici Allo
stadio iniziale della malattia, il malato di demenza può essere in
grado di usare i trasporti pubblici. Ma, col progredire della malattia,
può cominciare ad avere difficoltà a ricordare dove sta andando, a
pagare il biglietto, a prendere l'autobus o il tram giusto, a scenderne
alla fermata giusta, ecc. Quando questo si verifica, il malato proverà
imbarazzo e paura, specialmente se non ricorda dove sta andando o dove
abita.
uscire da solo Ci
possono essere diverse ragioni che rendono preoccupante il fatto che il
malato esca da solo, come ad esempio il traffico, il rischio che si
perda o che venga derubato, ecc.
fumare
Bisogna di regola evitare che il malato di
demenza fumi quando è solo, per il rischio di incendi o di scottature.
È meglio cercare di convincere il malato a ridurre drasticamente il
fumo, o meglio ancora a smettere del tutto. I malati di demenza spesso
si dimenticano di fumare e una volta che l'abitudine è interrotta non
sentono più la mancanza della sigaretta. Il rischio maggiore si ha
quando il malato fuma da solo a letto. Un buon compromesso può essere
quello di persuadere il malato a fumare soltanto quando è in compagnia,
piuttosto che proibirgli completamente di fumare.
BERE
ALCOLICI Le bevande alcoliche possono accrescere la
confusione nel malato di demenza. Anche se un bicchiere di vino bevuto
in compagnia non dovrebbe essere motivo di particolari preoccupazioni,
è sempre meglio chiedere il parere del medico, soprattutto se il malato
sta assumendo dei farmaci. La perdita della memoria può impedire al
malato di ricordare che ha già bevuto.
GESTIRE
DENARO La difficoltà a gestire il denaro rappresenta uno
dei primi problemi nella demenza. L’incapacità di comprendere il
significato simbolico del denaro e la perdita della memoria, possono
indurre la persona a pagare più volte la stessa cosa, non pagarla per
nulla, regalare i propri soldi o perderli.
tutore
o curatore
Col progredire della demenza, il malato avrà sempre
più difficoltà a difendere i propri interessi. È possibile nominare
un tutore che protegga il patrimonio e prenda decisioni per conto suo.
Questo istituto può essere necessario nei casi in cui il malato non
abbia dato disposizioni utili all’inizio della malattia.
malati
di demenza con meno di 65 anni
Il malato di
demenza giovane è più consapevole dei propri disturbi, più frequente
è perciò il senso di impotenza e la frustrazione. Inoltre, il malato
giovane è in genere più forte e attivo fisicamente, il che può
rendere particolarmente difficile controllarne il comportamento
irrequieto o aggressivo.
Se la persona colpita da
demenza è giovane, è ancora più probabile che debba cambiare o
lasciare il lavoro. È importante assicurarsi che il datore di lavoro
sia al corrente della malattia, perché il malato non rischi di essere
licenziato per incompetenza. Questo potrebbe essere ulteriore motivo di
frustrazione se questo comporta anche una perdita di status sociale ed
economico. |