"Ogni generazione deve considerare se stessa come uscita dall'Esodo": le parole del trattato rabbinico sulla Pasqua (Pesahim 10,5) sono la prospettiva di lettura più pertinente per questo volume biblico.
Se l'Esodo ha innanzitutto valore tipico, non si esclude che esso abbia anche un riferimento storico concreto.
L'analisi storiografica condotta sui materiali provenienti dalle diverse fonti, spesso aventi tonalità epiche, cerca con fatica di definire i contorni storici essenziali dei singoli quadri proposti dalle varie pagine.
L'evento decisivo della liberazione dalla schiavitù faraonica è come la radice viva da cui nasce l'albero ramificato della storia ebraica.
Esso non è solo memoria di un dato rilevante della trama storica di Israele ma è soprattutto un evento che può rinnovarsi tutte le volte che Israele è schiavo, nomade, pellegrino ed esule e al suo orizzonte si profila il dono della libertà.
A Sichem sulla bocca di Giosuè viene posto un modello di Credo, una professione di fede già presentata dalla Bibbia (cf. Dt 26, 59) e non centrata su un'astratta adorazione ma su un vero e proprio flashback storicoreligioso.
Davanti agli occhi degli uditori balenano le immagini descritte dai loro padri. Il libro dell'Esodo altro non è che la celebrazione di questo articolo di fede che attesta un intervento fondamentale di Dio nel tessuto delle vicende umane.
La fede della Bibbia, infatti, più che sull'analisi di Dio colto nella sua essenza e nella sua sconfinata entità, è basata sulla ricerca della sua rivelazione nella storia. L'arco degli eventi storici è il luogo privilegiato in cui Dio svela il suo volto.
Perciò il credo di Israele è memoriale delle gesta salvifiche che punteggiano il passato d'Israele e si riattualizzano, come parola di Dio eterna, nel presente.
|