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Elia: la disputa sul Carmelo, la scena

Il rapporto col vero Dio, quindi, si comprende attraverso il modo di rendergli culto. Per questo Elia propone, come elemento di giudizio decisivo, di fare un sacrificio. Determinante sarà quindi il "vedere":

- il modo in cui si accompagna l'atto di culto, i segni;

- l'esistenza o meno di una risposta di Dio, cioè di un'accoglienza del sacrificio (sacrificio/culto = relazione, dialogo)

- il modo in cui la risposta di Dio si manifesta (il fuoco)

La scena è piena di rumore e confusione. C'è tutto il popolo, i 450 profeti di Baal, gli animali da sacrificare. Il chiasso è sottolineato dall'invocare il nome di Baal che non è altro che un "gridare" prima e un "gridare a squarciagola" poi, verso un culmine che è espresso con "l'essere invasati", cioè una profezia fatta di parole del tutto sconnesse, senza senso.
A tutto questo chiasso fa da contraltare l'agghiacciante silenzio di Baal, sul quale Elia ironizza in modo atroce: «.. forse è occupato, forse è in preda a qualche movimento di viscere, o in viaggio...» (v. 27).

Ancora una volta è la parola di Elia che si dimostra sensata. E questa parola, come era stata rivelatrice della situazione del popolo, così lo è ora per i profeti di Baal: rivela loro l'inganno del loro agitarsi, la vanità del loro culto. La loro stupidità sta nel fidarsi di qualcuno che non c'è. L'inganno del baalismo è che si fa fatica a fidarsi di Dio e perciò si finisce con l'affidarsi a qualcuno o qualcosa che non esiste affatto, che non può salvare, che non è fonte di vita.
I profeti di Baal non parlano: gridano, urlano, si feriscono (cf. invece Elia che sembra voler annullare qualsiasi cosa sappia di costrizione: versa acqua, compie altri gesti, ecc.). Il punto di vista dell'autore biblico appare chiaro: i profeti che invocano in Baal il dio della vita, in realtà lo invocano, si rivolgono a lui dandosi la morte, Il sangue è vita finché scorre nel corpo, altrimenti è la morte. Ecco quindi la contraddizione: per dire che l'idolo è ciò che ci dà la vita, dobbiamo uccidere. O l'idolo o l'uomo. E' questo il senso profondo del comando contro l'idolatria incontrato nel Decalogo: chi si prostra davanti ad un idolo ne diviene schiavo, finisce col darsi la morte con le sue stesse mani.
Un altro aspetto che emerge da questa gestualità è il far leva su se stessi, sulla propria voce, sul proprio corpo, sul proprio sangue, per "comprare" qualcosa da Dio. Si forza Dio, lo si deve svegliare, smuovere con gesti eclatanti, Ma questo non rivela altro che una profonda schiavitù, il reale disprezzo di se stessi.
Elia fa diversamente: anch'egli presenta lo stesso sacrificio, eppure in un modo diametralmente opposto. Egli sembra voler annullare qualsiasi elemento che sappia di costrizione: versa l'acqua sulla legna perché siano create condizioni impossibili ad un esito puramente umano, e prega .
Fondamentali sono gli elementi dei gesti di Elia:

1 - al v. 31 si fa menzione all'origine del nome "Israele" (il riferimento a Gn 32)

2 - al v. 36 nella preghiera fa riferimento a iPatriarchi

3 - la risposta di Dio è per la conoscenza e la conversione del popolo

1 - Si vuol richiamare il fatto che Israele è il popolo di Dio, è il popolo che vince avvicinandosi a Dio. Il suo nome è legato a Jhwh come a colui che lo ha voluto e costituito, eletto.

2 - Elia ricorda ancora l'elezione. Parlando a Dio fa appello alla sua fedeltà, manifestata nel ripetersi e nel compiersi delle promesse fatte ai Patriarchi.
Questo controbilancia l'infedeltà del suo popolo e risalta la sua santità.

3 - La risposta non è per fini personali, ma va a coinvolgere tutto il popolo; attraverso di essa si rivela chi è Dio, di modo che, una volta riconosciuto, possa rinstaurarsi quella fiducia e la pazienza nell'affidarsi a Lui. Elia è vero mediatore: il suo rivelarsi vero profeta non è per suo vantaggio personale, ma indirizza verso l'unica, vera, fonte di vita.

La risposta di Dio e del popolo (vv. 38-40)
Così "cade" il fuoco e "cade" il popolo (in adorazione).

Il Fuoco (cf Es 3): Dio risponde, Dio si rivela. Siccome, però, si tratta di Dio, è anche una rivelazione che è fatta attraverso il mistero.
Il fuoco: dà l'idea di sfuggevolezza, sfugge all'idolatria dell'occhio, non è racchiudibile in un'immagine stabile, è un continuo movimento. Qui si tratta anche di qualcosa che trascende ogni legge naturale.
Nella sua risposta Dio non parla. E' il carattere misterioso e trascendente della sua azione che ce lo fa percepire come "muto", silenzioso, addormentato. Eppure, com'è avvenuto nella vita dei Patriarchi, com'è stato nelle origini del popolo, la vera azione vittoriosa di Dio è il cambiamento di vita, la conversione. Dio non parla, ma fa , e converte.
Così al "cadere" del fuoco, che fa riconoscere il vero Dio, "cade" anche il popolo in adorazione. Ciò perché Dio appare ancora una volta come il Trascendente che piega la sua trascendenza sul popolo, che continua ad essergli fedele e ne cambia le sorti e il cuore. Così il popolo può tornare a fidarsi pienamente del suo Dio, senza lasciare più spazio alle tentazioni di sicurezza.
Ora sa che oltre la fatica dell'affidamento, nonostante l'apparente silenzio, c'è il continuo lavoro di Dio, misterioso ma sempre efficace. Israele convertito è l'Israele che torna a fidarsi di Dio non perché opera in in modo evidente, riscontrabile, non perché tappa i suoi buchi, ma perché dona la vita pur restando misterioso. Israele diviene capace di affidarsi al mistero, nell'apparente inattività e nel silenzio di Dio.

L'uccisione dei profeti
Fa anch'essa parte della risposta di Dio. E' segno ulteriore del fatto che dio non dorme, non è inattivo, ma libera sempre Israele da coloro che vogliono tornare a farne uno schiavo. Questa concezione di "giustizia" di Dio verrà superata nel NT: lì la liberazione sarà liberazione dalla colpa , distruzione del peccato per la vita del peccatore suo schiavo.

Appendice: spunti emergenti dal testo

- Contrati sui verbi:
l'accostarsi
lo zoppicare
rispondere/far rumore
gridare a squarciagola/invocare il nome
il dormire di Dio
il far conoscere - il rivelarsi di Dio
il cadere (del fuoco - del popolo)

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