Il
Trasferimento Della Sede Vescovile
da Pescina ad Avezzano
Quando il 4 giugno 1911 Mons. Bagnoli prese
possesso della Diocesi dei Marsi, si trovò di fronte a diversi problemi, tra i
quali due particolarmente si imposero alla sua attenzione: quello della
disciplina del clero e del popolo cristiano e quello della sede vescovile in
Pescina.
Senza titubanze affrontò il primo, mentre temporeggio per il secondo. perché
Vescovo novello doveva girare conoscere e sentire, poi agire, ricercando il solo
bene della Diocesi. Furono proprio i suoi spostamenti pastorali e le lamentele
dei Parroci e di molti laici, che reclamavano una località più accessibile per
poterlo incontrare, a convincerlo che Pescina non avesse questa caratteristica.
Ritenne opportuno informare i superiori di Roma di questo malessere ecclesiale.
12 dicembre 1914, in risposta, gli pervenne una lettera del cardinale Gaetano De
Lai, segretario della Sacra Congregazione Concistoriale, ove si legge:
"Avendo dovuto riferire al Santo Padre dello stato della Diocesi dei Marsi
e sugli inconvenienti che presenta la sede di Pescina, eccentrica per la maggior
parte dei diocesani e di difficile accesso, di modo che molti sacerdoti, per
vedere il Vescovo, debbono spendere molto e occupare due giorni di tempo, mentre
Avezzano sarebbe centrale, comodo per l'incrocio delle ferrovie per il disbrigo
di tanti affari anche civili, Sua Santità ha trovato che sarebbe opportuno che
1a S. V. Rev.ma, pur conservando l'attuale sede in Pescina, trovasse modo di
avere in Avezzano un piccolo appartamento dove recarsi settimanalmente per
ricevere i sacerdoti, e da quel luogo centrale disbrigare più sollecitamente
gli affari".
Il Cardinale De Lai finiva la sua lettera consigliando al Vescovo di procedere
"con minor appariscenza ed evitare gli urti in Pescina".
La lettera non ebbe seguito perché di lì a 30 giorni esatti, la Marsica fu
devastata dal terremoto.
Sarà proprio il terremoto a determinare la volontà del Vescovo a trasferire la
sede vescovile ad Avezzano, come d'altronde, per altre calamità, secoli prima
era accaduto a favore di Pescina.
Infatti, storicamente risulta, pur nell'imprecisione e confusione di date, prima
che in Pescina, la sede vescovile fosse in Marruvium, chiamata anche Civitas
Marsicana, probabilmente l'attuale San Benedetto dei Marsi, contemporaneamente,
e la cattedrale era dedicata a Santa Sabina Martire, tuttora Patrona della
Diocesi.
Vari eventi distruttivi si abbatterono su questa città, per cui il Vescovo e il
capitolo di Santa Sabina in Marsia furono costretti a trasferirsi a Santa Maria
delle Grazie in Pescina, insieme alla maggior parte degli abitanti.
Per la sede in Pescina però il primo dato certo è la Bolla di traslazione del
primo gennaio 1580, a ridosso del Concilio di Trento (1545 - 1563), di Papa
Gregorio XIII (Ugo Boncompagni), che comincia con le parole: "In suprema
dignitatis Aposticae specula ", ove si afferma che Pescina sarebbe stata
sede provvisoria del Vescovo fino a quando non fosse restaurata Santa Sabina,
"donec Civitas et illius Cathedralis Ecclesia denuo restauratae et ad
debitum vel commodum statum redactae fuerint".
Il "donec" non si è ancora verificato e quindi Pescina, teoricamente,
avrebbe potuto tenere fino al presente la sede Vescovile se il terremoto,
distruggendo gran parte della Marsica, non avesse proposta una nuova realtà di
sviluppo con Avezzano suo centro focale.
Questa città, fino alle soglie dell'800 era poco più di un villaggio con una
popolazione di circa 2.000 abitanti, che viveva di agricoltura, di pastorizia e
di pesca.
Subì in seguito uno sviluppo demografico non indifferente, conquistando una
supremazia sugli altri centri marsicani in generale, su quelli che si
specchiavano nelle acque del Fucino in particolare.
Infatti i potenti dell'epoca - i Borboni, i Napoleonidi, gli Unificatori
d'Italia -, scelsero Avezzano per installarvi le leve del loro potere.
Per i problemi ecclesiastici, immediatamente dopo l'Unità d'Italia, tutte le
faccende amministrative, fiscali, economiche e morali della dei Marsi vennero a
dipendere dagli uffici civili qui istituiti, primo fra il sub-economato dei
benefici vacanti per le Provincie Napoletane, anche l'Ufficio del registro, il
tribunale, la Sottoprefettura, l'ufficio Procuratore del Re.
Ma l'avvenimento che permise ad Avezzano di prendere la fisionomia di città, fu
il prosciugamento del lago e la bonifica del Fucino, opere realizzate da
Alessandro Torlonia tra il 1854 e il 1875.
Il terremoto della Marsica del 1915, a 40 anni dal prosciugamento, distruggendo
Avezzano nelle case e nelle persone, frenò ma non ne fermò lo sviluppo.
Mons. Bagnoli, da Tagliacozzo, seguiva con particolare interesse quello che le
autorità civili mettevano in pratica per la ripresa della città.
Con soddisfazione notava che le baracche, inizialmente numerose, gradatamente,
secondo un piano regolatore, cedevano il posto a case di civile abitazione, che,
pur limitate in altezza per motivo sismico, facevano bella mostra di sé, e, con
altrettanta soddisfazione, prendeva atto dell'approvazione di perizie ed edifici
pubblici che riconfermavano l'importanza della città rispetto agli altri centri
della Marsica.
Non poteva perciò non consolidarsi in lui l'idea che anche ecclesialmente
Avezzano dovesse essere il centro propulsore di ogni attività diocesana.
Dovendo ricostruire l'episcopio, la cattedrale e il seminario, decise per
Avezzano, secondo l'idea che ormai gli predominava dentro
Le pratiche conseguenti per utilizzare i contributi statali ebbero perciò
questo preciso indirizzo.
Fu l'inizio dell'ostilità aperta tra il popolo di Pescina e il suo Vescovo che
risiedeva in Tagliacozzo. Ne reclamavano energicamente il suo rientro in sede,
minacciando, in caso contrario, sollevazioni.
Oltre alle minacce, i pescinesi ricorsero anche a calunnie, diffamazioni e
ingiurie da provocare la sentita reazione della maggioranza del clero marsicano,
che, invece approvava l'operato del Vescovo.
Furono perciò indirizzate lettere al Ministro di Grazia, Giustizia e Culti,
nelle quali i sacerdoti richiedevano il suo personale intervento per facilitare
il trasferimento della sede vescovile in Avezzano.
I pescinesi non desìstettero dal loro atteggiamento, anzi si costituirono in
Comitato di Difesa e cercarono udienze al Papa Benedetto XV.
Il Pontefice accettò di ricevere la deputazione, (1) purché questa si fosse
presentata nei debiti modi ad esporre le sue richieste e fosse accompagnata dal
proprio Vescovo. E così si discusse del trasferimento della sede vescovile ma
le posizioni rimasero immutate.
Il Papa era informato che le persone della deputazione, le più qualificate, pur
risiedendo in Pescina, sviluppavano la loro attività di lavoro in Avezzano
perché qui era più redditizia, e il Papa lo fece dichiarare proprio da loro
stessi. Ci scherzò però sopra, e, volendo sdrammatizzare la situazione, diede
al Vescovo un contributo di £. 200.000 per il restauro di Santa Maria delle
Grazie.
Ma la situazione precipitò prima che il Vescovo potesse impiegarla nel senso
indicato.
(1) Il 10 giugno 1920 il Pontefice Giacomo Della Chiesa concesse udienza al vescovo Bagnoli, ai Canonici Cipriani e Di Muzio, agli Avvocati Palladini, Taddei e Cambise, al notaio Macarone, al dottor Biondi, all'impiegato comunale Sambenedetto, ai sarti Ciocchetti e Villanucci. al fotografo Merolli, all'agricoltore Tranquilli, al musicante Lattanzi, ai commercianti Taddei Angelo e Moscardelli. Per Macarone l'udienza "fu una beffa che ci giocò il frate Bagnoli".
Lo farà però più tardi, dopo il trasferimento
della sede vescovile. "Il giorno 11 marzo 1917 - sono parole del Vescovo -
tutta la popolazione si sollevò e, con mano armata, fece fuggire i miei
familiari, cioè il vicario, un canonico, il cancelliere e un religioso..., i
quali erano andati, dietro mio incarico a ritirare la mia roba personale e
portarla alla stazione per spedirla a Tagliacozzo.
A furia di popolo, giacché gran quantitativo di roba era già stata portata
alla stazione e chiusa nei vagoni, fu riportata tutta a Pescina e posta sotto
sigilli, per ordine, si disse, del Fondo Culto
Il braccio dì ferro tra il Vescovo e gli abitanti di Pescina, manovrati dal
Comitato di Difesa, pertanto continuò nonostante gli sforzi di volenterosi, che
avrebbero voluto pacificamente risolvere la vertenza.
Anche Mons. Bagnoli mostrò disponibilità di accomodamento: propose la doppia
residenza, estiva per Pescina, invernale per Avezzano.
Indicò il sito ove ricostruire l'episcopio e il seminario, in una collina che
sorge al di sopra della nuova Pescina. Avrebbe poi ripartiti i suoi pontificali,
e Santa Maria delle Grazie avrebbe conservato i titoli e le prerogative di
concattedrale.
Tutto questo non servì che ad inasprire gli abitanti di Pescina che dissero di
volere "tutto o niente".
Su tale frase, Mons. Bagnoli in uno degli incontri quotidiani del dopo pranzo
con i superiori del seminario, raccontò che il Papa Benedetto XV, a lui che lo
informava sul progredire delle faccende marsicane, rispose: "oh sì!
Pescina pretende: tutto o niente? Ebbene, siamo dolenti di dire che non avrà
niente
Un aneddoto, che fa capire che l'idea del trasferimento era stata anche
accettata dalla suprema autorità della Chiesa.
In una lettera del 13 gennaio 1917, nel secondo anniversario "di quel
calamitoso disastro tellurico, che gettò tanta desolazione e lutto nella
Marsica "a firma del Segretario di Stato Cardinal Pietro Gasparri, infatti
si legge: "La Santità Sua ha manifestato essere Suo volere che la S.V.
trovi entro l' ambito della nuova Avezzano uno spazio adatto per l' importante
edificio e, possa procedere alla sua costruzione affinché la diletta diletta
Diocesi dei Marsi abbia al più presto il suo Seminario
La decisione del Santo Padre per il seminario in Avezzano, il programma del
Vescovo, accettato con entusiasmo dalla quasi totalità del clero diocesano, non
alleggerirono la situazione.
Il comitato di difesa, nel 1922, diffuse un opuscolo di 13 pagine, portante nel
frontespizio le scritte:"Per la Sede Episcopale e pel Seminario di Pescina
- l'antica sede della Cattedrale - dell'Episcopio - del Seminario dei Marsi.
Tentativi del Vescovo Bagnoli per trasferirlo ad Avezzano Resistenza della
cittadinanza di Pescina".
Va riconosciuto: nessuno si spoglia con piacere di quello che ha sede vescovile,
la cattedrale, il seminario, per Pescina erano portanti.
Ma va anche riconosciuto che la storia non è statica, bensì si realizza in
progressione in base all'esigenze che certi eventi fanno sviluppare.
lI terremoto del 13 gennaio 1915 mise in forte evidenza per la Marsica la
necessità di una organizzazione più incisiva, sia civile come ecclesiale.
Nell'opuscolo di difesa per Pescina è vera l'ansia della cittadinanza di non
perdere una ricchezza che la nobilitava, ma c'è pure dell'inesatto e del falso
sulla persona e sull'operato di Mons. Bagnoli, animato non da ambizioni, ma dal
solo desiderio dì servire. Valga come esempio quello che vi è riferito sulla
visita che, nonostante tutto, il Vescovo volle effettuare in Pescina nel 1918
per somministrare la Santa Cresima ad un gruppo di 200 ragazzi.
Vi sì legge: "Venne non come un padre in mezzo ai suoi figli; venne
preceduto e seguito da automobili con guardie e carabinierì, in mezzo a fitte
ali di soldati. Allora il popolo preparato ad accoglierlo con gli onori dovuti
fu scosso da tanto apparato di armi, impressionato, e la Chiesa rimase deserta….".
La verità invece è quella denunciata dai sacerdoti della forania dì Carsoli e
di altre foranie al Ministro di Grazia e Giustizia: "Un comizio tenutosi in
Pescina la sera del 16 marzo 1918 decideva di impedire ai bambini cresimandi di
recarsi in Chiesa il giorno seguente per ricevere dal Vescovo la Cresima,
decisione che fu mandata ad effetto mediante minacce ed intimazioni, ponendo
così ostacolo al libero esercizio del ministero spirituale del Vescovo".
Non l'ho trovato scritto da nessuna parte, ma raccontano che, quando, dopo oltre
un'ora di attesa, il Vescovo uscì dalla Chiesa, trovò la piazza antistante
piena di asini, ed ad uno era stata posta una mitra sulla testa.
Non potevano essere però gli asini mitrali ad impensierirlo….
Anche nel clamore e per niente scalfito dalle maldicenze, dalle minacce dallo
scherzo beffardo, il Vescovo andò avanti per la sua strada, irremovibile.
Continuò i suoi contatti con la Santa Sede e, tramite un legale dì Roma, l'vvocato
Raffaele Paolucci, suo conoscente personale, chiese ed ottenne l'intervento del
Capo del Governo Benito Mussolini, per far definire al presto la questione del
trasferimento.
Grazie proprio ai suoi colloqui, agli scritti, alle insistenze, il Vescovo
ottenne i decreti di approvazione del trasferimento della sede vescovile, della
Santa Sede con la Costituzione Apostolica del 16 gennaio 1924 e da parte del Re
d'Italia con il Regio Assenso del 13 marzo dello stesso anno.
Il primo documento ufficiale di Mons. Bagnoli dopo il trasferimento è del 15
Aprile 1924. In esso è detto: "Decretiamo: l'attuale chiesa di San
Giuseppe in Avezzano, a datare da oggi e fino a che non sarà riedificata la
chiesa di San Bartolomeo, fungerà da chiesa Cattedrale, salvo i diritti,
nessuno eccettuato, del parroco pro-tempore.
Il Rev.mo Capitolo della Cattedrale coordinerà tutti i propri doveri in
conformità del presente decreto".
Il 4 Luglio 1924, il Vescovo in una relazione alla Sacra Congregazione
Concistoriale, richiesta espressamente nella Bolla Pontificia del 16 Gennaio,
porta a conoscenza che "per ragioni di prudenza fu tenuta occulta la Bolla
Pontificia finché il Procuratore del Re di Avezzano non dette comunicazione
ufficiale del già concesso Regio Assenso alla Bolla, che avvenne il primo
Maggio.
lndissi un 'adunanza capitolare che ebbe luogo il 10 Maggio nella quale,
presenti 9 canonici su 10, fu letta solennemente la Bolla e furono prese alcune
decisioni per il trasferimento di fatto.
1°- I Canonici propongono di rimettere al primo novembre il principio dell' Ufficiatura Corale per avere tempo di affissare la propria dimora stabile in
Avezzano. Questo lo concessi.
2°- Con decreto Vescovile in data 15 aprile fu dichiarata cattedrale la chiesa di
S. Giuseppe perché centrale.
3°- Dietro la chiesa di S. Giuseppe si sta edificando un padiglione che servirà
da sacrestia per i canonici, dopo le opere cattoliche e parrocchiali.
4°- Per il trasferimento della roba da Pescina è stato stimato prudente fare piano piano e poco alla volta, per non urtare troppo il pubblico.
Debbo però dichiarare che ben poco vi era perché era una cattedrale povera e quel poco è stato reso quasi indecente dal terremoto.
Con questo atto si concludeva l'annosa vicenda del trasferimento della Sede
Vescovile da Pescina ad Avezzano, avvenimento di grandissima importanza per la
storia della Diocesi dei Marsi.
Pescina. La Curia Vescovile - Anno 1911
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