Tratto dal libro

Pescina

“Fra leggenda e realtà” Andrea Cordischi

Arduino Sacco Editore 2007 - Roma 

Pescina è una cittadina della provincia dell’Aquila, in Abruzzo, al centro dell’Italia. Posizionata ad oriente della conca del prosciugato Lago Fucino, (Lago Fucino-Mitico) fa parte di un territorio che si estende per ca. 1.500 Kmq denominato Marsica; si trova a 735 metri sul livello del mare, ha un clima mite con predominio di venti di tramontana, le correnti muovono da nord-est verso sud-ovest. Con la sua frazione di Venere, Pescina si estende per 37,51 Kmq; è punto strategico per raggiungere il “Parco Nazionale d’Abruzzo” e il “Parco Regionale Velino-Sirente”. 

Nella Marsica la presenza dell’uomo risale all’età della pietra (Preistorica e Protostorica). Nel VII sec. a.C. l’arrivo sul territorio di gruppi Umbro-Sabellici e l’unione con gli indigeni locali genera il popolo dei Marsi. La presenza dell’uomo nelle vicinanze di Pescina risale al Paleolitico Superiore-Mesolitico, dimostrata dalle scoperte di elevato interesse archeologico nella Grotta Tronci e Riparo Maurizio in località tra Pescina e Venere (Rupe di Cardito), evidenziate dagli scavi effettuati dal Prof. Radmilli dell’Università di Pisa negli anni 1956/57.

Ritrovamenti di tombe e reperti archeologici nelle varie località degli allora numerosi casali: Ansano, Vezzano, Pretiolo, Villarea, Cornavino, Apinianici, Pactiano, Leone, Geno, Atrano, Castelrotto e le ancora visibili mura ciclopiche, più propriamente chiamate etee, ne danno conferma; esse percorrono un circuito quasi ovale di circa tre chilometri e sono composte di enormi massi di pietra a poligoni irregolari, sovrapposti gli uni su gli altri, concatenati fra loro fortemente senza cemento alcuno, i cui vuoti sono riempiti di pietre più piccole, giustamente ritenuti monumenti rupiformi costruiti da giganti; ed in vero i Marsi antichi avevano una costituzione erculea e per la loro membratura atletica potevano dirsi i Patagoni d’Italia. Nel secolo VI, V, IV a.C. nel territorio dei Marsi sorgono le cinte fortificate o Oppida.

Nel tenimento di Pescina sorsero diverse fortificazioni di: Rocca Vecchia, Colle Cucume o Castelrotto, La Giurlanda, Vallo di S. Nicola, Piano di San Nicola, Monte Parasano. Nella zona di Pescina detta “Pergole”, durante scavi archeologici sono state ritrovate tombe databili intorno al VI e V secolo a. C.. L’antica capitale dei Marsi fu certamente Marruvio (attuale S. Benedetto dei Marsi), la quale aveva civiltà e potere quasi ad eguagliare Roma. Sul Monte Pesce nel quale, poi, era stata costruita l’Acropoli di Pescina Vecchia i Romani vi costruirono un “castrum” (insediamento fortificato) denominato Pitonius, alcuni studiosi, infatti, ritengono che la cittadina si chiamasse  Pitonius, altri Pitinia, altri Roccavecchia e altri Arx.

Il nome Pescina deriva dalle piscine artificiali formate lungo il fiume Giovenco per l’allevamento di trote. Pescina, infatti, è attraversata dal fiume Giovenco che nasce dalla sorgente “Piconio” ai piedi del monte Argatone, nel Parco Nazionale d’Abruzzo e serpeggia per la “Valle del Giovenco” per una lunghezza di ventisette chilometri. Le sue acque che prima dell’anno 1876 ingrossavano il Lago Fucino, oggi si riversano sui canali collettori  del prosciugato lago e finiscono nell’emissario e nel fiume Liri, il quale con il nome di Garigliano sfocia nel Mar Tirreno. Questo fiume sembra abbia preso il nome da “Iuventius”, eroe sannita ucciso da Silla nel 90 a.C. sulle rive del fiume. Oppure prese nome da “Giovenco(Vitello), che si sacrificava in onore del dio Marte durante le sacre primavere che venivano celebrate lungo le sponde del fiume dal popolo dei Marsi.

Negli anni 91-88 a.C., Pescina è impegnata nelle famose guerre Italiche o Marse  (contro l’Impero Romano). Nell’anno 91 a.C. Q. Vezio Veziano (nato verso l’anno 110 a.C.), illustre oratore marso, della famiglia Vezzia, originaria del Casale di Bozzano o Vezziano, con villa in loco, ebbe contrasti con il Senato Romano, il quale mosse guerra contro i Marsi. Nell’anno 89 a.C. avvenne la distruzione di Rocca Vecchia e Milionia (Milionia-localizzata in Casej, Rivoli, Collecavallo, - Territorio di Ortona dei Marsi -, per opera del Console romano L. Silla. Nel 52 d.C. numerosa è la presenza degli abitanti di Pescina all’inaugurazione dell’Emissario costruito da Claudio per il prosciugamento del Lago Fucino. Nel 303 d.C. vi furono le persecuzioni cristiane da parte dell’Imperatore Diocleziano.

Nel 568 d.C. i Longobardi della Pannonia invasero l'Italia occupandone la parte settentrionale e centrale, e costituendo vari ducati, con quello potentissimo di Spoleto, del quale fece parte la Marsica, che si trovava al confine di questo ducato e di quello di Benevento. Negli anni susseguenti s'inoltrarono nell'Italia meridionale e con le loro irruzioni, con le armi, con le famiglie, con le donne, coi vecchi e fanciulli, coi servi, con altri popoli di diverse nazioni, che per via si erano ad essi accomunati, col bestiame, con gli arredi, accresciuti dalle prede recenti, e con le tende, quasi una immensa colonia, vennero a porre stanza nell'Abruzzo e vi stabilirono un gran numero di Fare. Anche nella pianura di Marsia un'orda di essi, una tribù, una Fara (Fara-termine longobardo indicante l’insieme dei parenti discendenti da un progenitore comune), dopo una rapida e violenta incursione, si fermò e piantò le tende, prendendo alloggiamento vicino al fiume “Giovenco”, nei pressi della città Marsia. Ce ne ha serbata la notizia il fiume Giovenco, che in quella località anche oggi ritiene la denominazione di fiume della Fara.

Nell’ 880 d.C. fu distrutto dai Saraceni il Monastero di S. Maria Apignianicis in Pescina; tutti i monaci furono trucidati, le monache furono messe in salvo. Nel 981 d.C. il suddetto Monastero fu riedificato per volontà dell’Imperatore Ottone II, l’Abate di S. Vincenzo a Volturno dispose che fosse abitato solo da Monache, con a capo la badessa Teresa.

 La costruzione del castello sulla Rocca Vecchia o Arx (Pescina) è di due epoche diverse, l’una anteriore, l’altra posteriore l’anno mille; fu costruito nelle vicinanze delle mura pelasgiche al tempo dei romani, fortificato e munito di robusto presidio all’epoca della guerra marsico-sociale. Distrutto poi, per l’impeto di furore guerresco o per devastazioni dei Barbari. Fu successivamente ricostruito, con forma pentagonale. Nell’anno mille era feudo della Contea di Celano (dal registro dei Baroni-Anno 1173), scritto sotto l’Imperatore Guglielmo II. Nell’anno 1105 Pescina contava mille abitanti, diede il proprio contributo alle Crociate con i crocesegnati del conte Rinaldo VI, della stirpe dei conti Berardi dei Marsi, uno dei dodici compagni di Boemondo e di Manfredi capi dei mille crociati per la liberazione del Santo Sepolcro. Nell’anno 1188, un altro Rinaldo, figlio di Odorisio della medesima progenie, offrì per la baronia di Pescina a Guglielmo II, il Buono, molti soldati per un’altra spedizione in Terra Santa, ma subì una vendetta da parte dell’Imperatore che fece incendiare quasi tutti i castelli della zona compresa Rocca Vecchia (Pescina). Il Giannone (Istoria civile del regno di Napoli, tom. IV, lib. XVII, pag. 270) e Riccardo di San Germano (agli anni 1231 e 1232) dicono che Federico II nell'anno 1232 fece fortificare e munire tutti i castelli ai confini della Campania, ed il Faraglia riferisce che l'Imperatore Federico II pochi anni innanzi alla sua morte, avendo ordinata la riparazione dei castelli del regno di Napoli, volle che il castello di Rocca Vecchia (Pescina) fosse riparato per opera della stessa terra e di quelli che appartenevano al territorio di Pescina, se volevano prestarvi aiuto, (sebbene non vi fossero tenuti), lo potevano gli uomini della città di Marsia, di Venere e di Vico. Queste le parole del decreto imperiale: “Instauretur per homines ipsius terrae cum pertinentiis suis, possunt tamen adiuvare, licet non teneantur, civitas Marsiae, Veneris et Vigu, quae sunt conviciniae." Gli operai saraceni, che allora erano residenti nel regno e specialmente nella Puglia, concorsero all'opera di questa restaurazione; e col castello fu fatta riattare anche la strada rotabile di accesso al medesimo, la quale dalla pianura di Marsia per Castelrotto, salendo con giri tortuosi al ripiano appellato della Luce, passava sotto le mura etee e giungeva alla porta del castello. Nell’anno 1315 il castello di Pescina apparteneva ad Ugone del Balzo (Du Baix), padre di Francesco Del Balzo, Duca di Andria e cognato di Luigi I detto il Grande Re di Ungaria e di Napoli la cui famiglia giunse nel 1266 dalla Provenza con Carlo d’Angiò. 

Ugone del Balzo aveva sposato nel 1301 Cecilia, figlia del provenzale Ermengario di Sobriano che gli aveva portato una ricchissima dote. Succeduto nel possesso a Rinaldo, barone di Pescina nel XIII secolo, della famiglia dei Berardi conti dei Marsi, abbellì il castello sulla Rocca Vecchia facendone una dimora simile alle fastose corti provenzali: ””si racconta, ancora nei nostri giorni, che la bella castellana provenzale amasse spesso navigare sulle limpide acque del Lago Fucino””. Da Ugone Del Balzo il castello passò a Giovanni Aguto, figlio del duca di Brattagna, ed in seguito ai Piccolomini-d’Aragona conti di Celano e duchi di Amalfi.

 I baroni più rinomati del castello di Pescina furono i Berardi, potenti conti dei Marsi, la cui strirpe risaliva a Carlo Magno. Berardo o Bernando, figlio di Pipino e nipote di Carlo Magno, nell’ottocentodieci succedette, giovanetto, al padre come Re d’Italia; era chiamato pure il Conte di Francia, sia per il suo valore militare, sia per indicare la sua discendenza dalla stirpe reale di Francia. Berardo non fu solo Re d’Italia, ma anche Conte di Penne di Valva e di Rieti. Ebbe sette figli, sei maschi ed una femmina; si moltiplicò in modo rapido la sua discendenza e diversi discendenti ebbero vari feudi che si stabilirono contemporaneamente nei tanti castelli dei Marsi. Uno di questi castelli aveva sede a Colli di Monte Bove, dove da Berardo XXIV Conte dei Marsi e da Teodosia, nella primavera del 1079 nasce San Berardo che fu Vescovo dei Marsi a solo 30 anni, nominato dal Papa Pasquale II nell’anno 1109, muore a San Benedetto dei Marsi all’età di 51 anni il 3 novembre 1130. Sepolto nella cattedrale di S. Sabina, il suo corpo fu trasferito a Pescina il 2 maggio 1361 nella chiesa della Madonna del Popolo o della Porta, poi di S. Berardo (1743). Iscritto nell’albo dei Santi come San Berardo, Cardinale e Vescovo, Patrono di Pescina e protettore della Marsica. Pescina divenne sede della Diocesi dei Marsi nell’anno 1361 e vi rimase fino al 16 gennaio 1924.

Da ricerche storiche di Pietro Antonio Tornamira, S. Berardo dei Marsi è in stretta relazione di parentela con S. Rosalia, patrona di Palermo, per discendenza diretta della Santa dai conti dei Marsi: la Santa sarebbe figlia di Sinibaldo, figlio di Teodino fratello di S. Berardo.

“”””Dal suo libro, del 1674, dal titolo “Della Prosapia Paterna, Materna e di Palermo, Patria della Gloriosa Vergine S. Rosalia Monaca e Romita dell’ Ordine del Patriarca San Benedetto”, che si trova nella Biblioteca Centrale della Regione Siciliana, apprendiamo che esiste una relazione di parentela tra S. Berardo Cardinale e Vescovo dei Marsi e la Santa Patrona di Palermo. L’Autore citato sostiene che il fratello di S. Berardo, Teodino, avesse un figlio di nome Sinibaldo: “Sinibaldo dunque figliuolo del sovralodato conte Teodino, signore del Contado delle Rose, in Marsi, e nel Reatino, dal Regno di Napoli, passando in questa felicissima città di Palermo, e nella corte di Ruggiero I, Re di Sicilia, come abbiamo detto nella vita di S. Rosalia, contrasse matrimonio con una Dama al medesimo Re di sangue strettamente congiunta, dalla quale ebbe la nostra Vergine Rosalia, e in dote lo stato, e contado della Quisquina” (p.75) “”””.

Nell’anno 1417 Pescina fu assegnata al conte Nicola di Celano, quando fu nominato Giustiziere del Regno e Capo della Signoria di Celano. Il 30 giugno 1571, Costanza Piccolomini duchessa di Amalfi, concesse a Pescina la residenza del suo Capitano o Governatore per l'amministrazione della giustizia e vi unì le terre di Cocullo, Venere ed Aschi. Verso la fine del XV secolo, restaurato e fortificato il castello sulla Rocca Vecchia, (Pescina) le popolazioni dei dintorni di: Castelrotto già distrutto, Atrano, Geno, Cardito, Leone, Apamea ora Casella, Apinianici, Preziolo, Malleano, Vezzano, Bozzano e Ansano, cercarono rifugio in detto castello che era considerato il più forte e potente perché protetto da solide mura di cinta, con cinque porte che scendevano da due lati dello stesso castello fino alla riva del fiume Giovenco, dove si ricongiungevano. Tanta l’affluenza delle popolazioni circostanti e non essendo più sufficienti le abitazioni dentro le cinta murate, che allora potevano contenere meno di mille abitanti, molti si accontentarono di abitare nelle vicinanze del castello, nelle grotte incavate nella roccia che oggi sono chiamate  l rott”, visibili proprio sotto la torre pentagonale.

  Le cinque porte medioevali erano denominate:

Del Castello: davanti alla quale i giudici amministravano la giustizia ed emettevano le sentenze applicando nei singoli casi il diritto romano, le leggi longobarde, ed i Capitolari dei re franchi;

Del Popolo: perché sita nelle vicinanze della chiesa della Madonna del Popolo o della Porta, poi di S. Berardo (1743);

Porta Centrale o Dell’Orologio: pubblica piazza dove avvenivano le riunioni popolari;

Porta Meridionale o Delle Monache: dal vicino convento di religiose-alla strada del Saltarello;

Porta Delle Esecuzioni Capitali: (in seguito chiamata di S. Nicola) situata su un dirupo, ed era destinata alla tortura, alle impiccagioni e alle precipitazioni dei malfattori nel burrone.

Le porte erano tutte protette da forti torrioni e propugnacoli ben muniti di buona guardia da militi. Al culmine della torre pentagonale principale del Castello era impiantato un servizio di comunicazione a distanza, una specie di semaforo, per avere di giorno relazione coi castelli circostanti, e di notte vi si accendevano grandi fuochi circondati da grosse lastre di vetro di diversi colori; e con quei segni convenzionali s'intendevano bene coi castelli di: Carrito, Ortona, Bisegna, Aschi, Bauco, Collarmele, Cerchio, Celano, Ovindoli, Rovere, Avezzano, Venere, Vico, Sperone, Gioia, Pescasseroli, Lecce, Trasacco, Collelongo, Luco e Pinna. “”Un’antica tradizione, riferita come leggenda, afferma che dentro il castello i baroni avevano fatto costruire delle grandi ed ampie vasche, ben murate e meglio intonacate, per conservarvi l’acqua sufficiente a tutti i bisogni della vita in tempo di assedio e per servirsene di terribile strumento di guerra””. ””L'antica tradizione asserisce ancora che, con progetto ardito, il popolo ed il barone scavarono in parte nella roccia e costruirono in parte con muratura una strada sotterranea, un cunicolo, alto circa tre metri e largo quasi due, che dal castello percorrendo all'ingiù tutto il sottosuolo della città murata, giungeva alla ripa del sottostante fiume. L'apertura verso il fiume era custodita da torrioni con buon numero d’armati, e nell'interno del cunicolo di tratto in tratto vi erano profondi pozzi ripieni d'acqua, con trabocchetti al di sopra, in modo che se vi entravano i nemici in tempo d’aggressione, dovevano necessariamente perire sprofondando dai trabocchetti nell'acqua dei pozzi. In tempo di quiete i trabocchetti erano coperti con solidi ponti levatoi. Tracce di questo cunicolo potevano essere osservate, prima del terremoto, nelle case di Giuseppe Cordischi, Campalacasa e nelle case sottostanti ad esse, nei sotterranei del monastero delle Clarisse, nonché nelle case vicino al fiume, adiacenti al cunicolo ostruito, in queste potevano essere osservati altri cunicoli secondari disposti a forma di labirinto. In caso di pericolo estremo, se un'accolta nemica avesse invaso con numeroso drappello l'entrata del cunicolo, si sarebbero aperte le vasche e l'acqua che veniva dall'alto avrebbe annegato i nemici e salvata la città. ””Da questi serbatoi d’acqua ha preso motivo la leggenda che fa passare un fiume nell'interno del monte sotto il castello””.

“”La strada rotabile che conduceva allo stesso castello ha dato origine all'altra piacevole novella che fa andare il "re piccolo del castello " a lieto diporto sulle cime dei monti circonvicini, con numeroso corteo di paggi sopra cocchi tirati da focosi cavalli dalla pianura di Marsia (Marruvium) per Castelrotto, salendo con giri tortuosi fino al ripiano denominato Luce, passando sotto le mura etee giungendo fino alla porta del castello””.

La Porta Centrale o Dell’Orologio: entrando dalla via Mazzarino nella porta della piazza pubblica per le riunioni popolari, vi si parava davanti una casa con una graziosa loggetta in stile romano-gotico del 1500, dove nacque il 14 luglio 1602 il cardinale Giulio Raimondo Mazzarino da Pietro e da Ortenzia Bufalini. Dalla porta centrale, lasciando a sinistra una porta ad arco acuto, volgendo a destra e salendo per via Pescina Vecchia vi si trovava una casa con lo stemma dei Piccolomini-d’Aragona, duchi d’Amalfi, conti di Celano e baroni di Pescina, avente nello stemma a scudo la croce con le mezze lune, i pali e i gigli e vi erano due finestre quadrangolari e tre bifore del 1400, ammirabili per le colonnine e per i padiglioni elegantemente disegnati e scolpiti; essa fu la residenza del governatore baronale e poi sede del Municipio. Il palazzo sottostante era del duca di Matera Malvino Malvezio che fu ucciso a Pescina il 10 febbraio 1799; di fronte ad esso si vedeva il palazzo del barone Accrocciamurra di Pescina - (Malvino, Malvezio e Florinella - Felice Venditti - Romanzo - Editrice stampa d’oggi - Roma) In prosieguo, salendo, vi era la casa De Afflictis, ove il 4 maggio 1625 nacque il beato Giovanni Andrea De Afflictis, morto in Aquila il 12 dicembre 1698 e sepolto nella chiesa dei Filippini, a contatto vi era la casa Pucci. Seguitando a salire, man mano vi erano le case primarie: Di Pippo, Capatto, Ianni, Anselmi, Dei Marsi, (dove verso la fine dell’estate del 1440 nacque Paolo dei Marsi di Pescina, poeta improvvisatore della rinascenza) D'Alese, Catalli oriunda da Bozzano, Trombetta, Colantoni, Selli o De Sella, De Lucis, De Senis, Simboli, Migliori.  Dentro la Porta del Popolo vi era l'antica chiesa della Madonna della Porta o del Popolo, poi di San Berardo e in una nicchia si conservava la statua di legno della Madonna del Popolo,  del XIV secolo di scuola abruzzese-napoletana. (Oggi la possiamo ammirare presso la Cattedrale di Pescina S. Maria delle Grazie). Vi era poi sotto il castello, in un interno, una porta di stile ogivale al cui vertice trovavasi un B gotico, che accennava ai potenti conti Berardi, ed in una facciata si vedeva una finestrina bifora del 1300. Con l’aumento delle case, sorsero altre chiese.

Nel 1200 esisteva già quella dell'Annunziata e nell’anno 1225, San Francesco d'Assisi fermatosi a Pescina per circa quattro mesi, cominciò a costruire un convento accanto ad essa e questa chiesa fu appellata di San Francesco, ora si chiama di Sant'Antonio da Padova. (Ancora oggi possiamo vedere il segno lasciato da S. Francesco d’Assisi a conferma del suo passaggio a Pescina: una piccola croce incisa nella pietra nella colonnina destra del pregevole portale in stile romano-gotico).  Il prospetto è in pietra calcarea lavorata ed è della fine del 1300, la parte superiore è stata sovrapposta nell’anno 1639 per opera dell’architetto, scultore, incisore e inventore pescinese Giovanni Canale-Artusi, detto il Pescina, nato nel 1610 e morto il 21 febbraio 1676. Il conte di Celano e barone di Pescina Ruggiero contribuì molto nell’anno 1393 all'ampliamento ed abbellimento del convento e della chiesa: sopra il pregevole portale, di stile romano-gotico, con l'archivolto e le colonnine di varia eleganza, fece scolpire in pietra il suo stemma, ben visibile ancora oggi. Più al di là esisteva la chiesa della Madonna delle Grazie e di San Giovanni Battista, che, posteriormente modificata in tutto ed ampliata in diverse epoche (1570/1596), divenne la Cattedrale della diocesi dei Marsi. (Bolla del Pontefice Gregorio XIII “In suprema dignitatis apostolicae specula 1° gennaio 1580”). Nell’anno 1762 Pescina e l’intera Marsica entrarono in crisi per una controversia tra il nuovo vescovo Benedetto Mattei (15 febbraio 1761) e la regia Udienza dell’Aquila che tramite un suo ufficiale intimò al presule  la reintegra dell’antica giurisdizione concessa ai monaci cistercensi da Carlo D’Angiò, sopra 14 paesi della Marsica. Al rifiuto del vescovo, l’udienza aquilana gli fece notificare un atto nel quale si dava immediata risoluzione al sequestro generale di tutte le temporalità spettanti alla “Mensa Vescovile”. Il tribunale aquilano incaricò subito di stilare l’elenco delle rendite,  con relativo sequestro avvenuto, delegando a tale compito le autorità municipali interessate, con supporto di benestanti locali. I sindaci di Pescina, Marco Ruggeri e Venanzio Cordischi con lettera intestata: “1° giugno 1762, Pescina città fedelis.ma Sede, e Capitale de’ Marsi”, indirizzata al preside, compilarono un resoconto delle requisizioni comprendente in esse il palazzo vescovile, il seminario, la piazza, la strada, alcune botteghe ed anche qualche edificio affittato al barone di Prezza, Don Camillo Tomassetti. Per queste decisioni ne soffrirono soprattutto i ceti più deboli, braccianti e contadini che in qualche modo ritraevano piccoli redditi dal lavoro delle terre ecclesiastiche. Dopo tante traversie il vescovo, stanco e amareggiato, preferì allontanarsi dalla Curia per stabilire residenza in un palazzo di sua proprietà, presso Celano, provocando così l’immediata reazione dei canonici della cattedrale di Pescina. Cresciuta sempre Pescina, la sua popolazione nel 1639 era di 1486 abitanti, come risulta da una notizia dell'Archivio Vescovile dei Marsi. Nel 1789 Pescina aveva 2935 abitanti ed è descritta da Carlo Ulisse de Salis,  inviato da Ferdinando IV di Borbone perché effettui uno studio socio economico delle terre più lontane del regno di Napoli. Nel XVIII secolo in paese esisteva una “Paranzella”; più che un complesso di girovaghi era una vera e propria stabile “Filarmonica", nel 1801 nasce ufficialmente la denominazione di  “Banda di Pescina”.

Nel 1836 la popolazione è di 3360 abitanti, al dire del Melchíorre, compresi quelli di San Benedetto e di Venere; nel 1863 era di 4369. Il 1° maggio dell’anno 1900 Pescina annovera tra i suoi figli più importanti Secondino Tranquilli (Ignazio Silone) che nasce in Via delle Botteghe da Paolo e Marianna  Delli Quadri. Alla fine dell'anno 1909 Pescina contava 10887 abitanti ed il solo centrale 6071. Il 13 gennaio 1915 è una data che Pescina non potrà mai dimenticare per il terremoto che la sconvolse e che causò migliaia di morti. Nell’anno duemila Pescina conta 4713 abitanti, ha una realtà culturale rilevante: il Premio Internazionale “Ignazio Silone”, gli incontri Internazionali sul “Cardinale Mazzarino” e le tante altre attività culturali hanno fatto sì che si avverasse quanto detto da Padre Davide Maria Turoldo, vincitore nel 1989 del “Premio Internazionale Ignazio Silone” con “Il Diavolo sul Pinnacolo”” che così si espresse: ””Pescina diventerà città della cultura””.

E’ sede della Comunità Montana “Valle del Giovenco”  - Zona D - comprendente dieci comuni: Aielli, Bisegna, Cerchio, Collarmele, Gioia dei Marsi, Lecce dei Marsi, Ortona dei Marsi, Ortucchio, Pescina, S. Benedetto dei Marsi.- In Pescina sono attivi: L’Ospedale “Serafino Rinaldi” - Centro Specializzato in Geriatria, Pronto Soccorso, R.S.A., sotto la tutela dell’Università degli Studi dell’Aquila -, il Distretto Sanitario, l’Ufficio del Giudice di pace, il Centro Studi “Ignazio Silone” la Casa-Museo “Giulio Mazzarino”, la biblioteca “B. Croce”.  Il prosciugato Lago Fucino ha certamente portato benessere in tutto il territorio della Marsica, producendo uno sviluppo economico rilevante. Le autostrade A/24 e A/25 hanno consentito rapidi collegamenti con Roma e Pescara incrementando di molto il turismo locale. Arrivando a Pescina merita visitare la Chiesa di S. Antonio da Padova del 1200 con portale romano-gotico; il convento di S. Francesco – oggi teatro – iniziato a costruire proprio dal Santo, che sostò in Pescina quattro mesi; la concattedrale della Marsica S. Maria delle Grazie del 1570. Alcune delle opere che possiamo vedere al suo interno: “La Madonna del Popolo” del XIV secolo, gruppo ligneo di scuola abruzzese-napoletana, “Madonna col Bambino” del Patrignani – restaurata nel 1969 dalla pittrice Ines Tabassi; “Glorificazione di Maria” d’autore ignoto; “Madonna delle Grazie” del Pellecchia (1886); la “Madonna delle Anime Sante” d’autore ignoto; il Battistero con il “Battesimo di Cristo” della pittrice Ines Tabassi, una tela artistica “Gloria del Sacramento” del Patrignani - copia dell’affresco “Gloria del Sacramento” eseguito dal pittore Teofilo Patini nella Cappella del Sacramento in Pescina. Seguendo la strada che costeggia il fiume Giovenco, è possibile ammirare la loggetta del 1500, dove il 4 luglio 1602 nacque il cardinale Giulio Raimondo Mazzarino, oggi sede del museo mazzariniano. Sotto la loggetta la lapide marmorea con incisa la seguente iscrizione:                                  

IL CARDINALE

GIVLIO  MAZZARINO

NACQVE IN QVESTA CASA

A MEMORIA IL MVNICIPIO POSE

OTTOBRE 1886

  In alto si ergono i resti del castello sulla Rocca Arx, oggi chiamata Rocca Vecchia; i resti della Chiesa di S. Berardo, con sotto il campanile la tomba d’Ignazio Silone; la Rocca Vecchia e la Torre Pentagonale. Segni del Paleolitico Superiore-Mesolitico: si rinvengono nella Grotta Tronci e Riparo Maurizio, (Località Cardito).

Tratto dal volume: Pescina "Fra leggenda e realtà" di Andrea Cordischi edito da Arduino Sacco Editore-Roma-2007

  Presentazione di Aurora Botticchio   

Pescina "Fra leggenda e realtà" di Andrea Cordischi  - Le foto della  presentazione

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