Pescina
è una cittadina della provincia dell’Aquila, in Abruzzo, al centro
dell’Italia. Posizionata ad oriente della conca del prosciugato Lago Fucino
Nella
Marsica la presenza dell’uomo risale all’età della pietra (Preistorica e
Protostorica). Nel VII sec. a.C. l’arrivo sul territorio di gruppi
Umbro-Sabellici e l’unione con gli indigeni locali genera il popolo dei Marsi.
La presenza dell’uomo nelle vicinanze di Pescina risale al Paleolitico
Superiore-Mesolitico, dimostrata dalle scoperte di elevato interesse
archeologico nella Grotta Tronci e Riparo Maurizio in località tra
Pescina e Venere (Rupe di Cardito), evidenziate dagli scavi effettuati
dal Prof. Radmilli dell’Università di Pisa negli anni 1956/57.
Ritrovamenti
di tombe e reperti archeologici nelle varie località degli allora numerosi
casali: Ansano, Vezzano, Pretiolo, Villarea, Cornavino, Apinianici,
Pactiano, Leone, Geno, Atrano, Castelrotto e le ancora visibili mura
ciclopiche, più propriamente chiamate etee, ne danno conferma; esse
percorrono un circuito quasi ovale di circa tre chilometri e sono composte di
enormi massi di pietra a poligoni irregolari, sovrapposti gli uni su gli altri,
concatenati fra loro fortemente senza cemento alcuno, i cui vuoti sono riempiti
di pietre più piccole, giustamente ritenuti monumenti rupiformi costruiti da
giganti; ed in vero i Marsi antichi avevano una costituzione erculea e per la
loro membratura atletica potevano dirsi i Patagoni d’Italia. Nel secolo
VI, V, IV a.C. nel territorio dei Marsi sorgono le cinte fortificate o Oppida.
Nel
tenimento di Pescina sorsero diverse fortificazioni di: Rocca Vecchia, Colle
Cucume o Castelrotto, La Giurlanda, Vallo di S. Nicola, Piano di San
Nicola, Monte Parasano. Nella zona di Pescina detta “Pergole”,
durante scavi archeologici sono state ritrovate tombe databili intorno al VI e V
secolo a. C.. L’antica capitale dei Marsi fu certamente Marruvio
(attuale S. Benedetto dei Marsi), la quale aveva civiltà e potere quasi ad
eguagliare Roma. Sul Monte Pesce nel quale, poi, era stata costruita
l’Acropoli di Pescina Vecchia i Romani vi costruirono un “castrum” (insediamento
fortificato) denominato Pitonius, alcuni studiosi, infatti, ritengono
che la cittadina si chiamasse Pitonius,
altri Pitinia, altri Roccavecchia e altri Arx.
Il
nome Pescina deriva dalle piscine artificiali formate lungo il fiume Giovenco
per l’allevamento di trote. Pescina, infatti, è attraversata dal fiume
Giovenco che nasce dalla sorgente “Piconio” ai piedi del monte Argatone,
nel Parco Nazionale d’Abruzzo e serpeggia per la “Valle del Giovenco”
per una lunghezza di ventisette chilometri. Le sue acque che prima dell’anno
1876 ingrossavano il Lago Fucino, oggi si riversano sui canali collettori
del prosciugato lago e finiscono nell’emissario e nel fiume Liri, il
quale con il nome di Garigliano sfocia nel Mar Tirreno. Questo fiume sembra
abbia preso il nome da “Iuventius”, eroe sannita ucciso da Silla nel
90 a.C. sulle rive del fiume. Oppure prese nome da “Giovenco” (Vitello),
che si sacrificava in onore del dio Marte durante le sacre primavere che
venivano celebrate lungo le sponde del fiume dal popolo dei Marsi.
Negli
anni 91-88 a.C., Pescina è impegnata nelle famose guerre Italiche o Marse
(contro l’Impero Romano). Nell’anno 91 a.C. Q. Vezio Veziano (nato
verso l’anno 110 a.C.), illustre oratore marso, della famiglia
Vezzia, originaria del Casale di Bozzano o Vezziano, con villa in
loco, ebbe contrasti con il Senato Romano, il quale mosse guerra contro i Marsi.
Nell’anno 89 a.C. avvenne la distruzione di Rocca Vecchia e Milionia (Milionia-localizzata
in Casej, Rivoli, Collecavallo, - Territorio di Ortona dei Marsi -,
per opera del Console romano L. Silla. Nel 52 d.C. numerosa è la presenza degli
abitanti di Pescina all’inaugurazione dell’Emissario costruito da Claudio
per il prosciugamento del Lago Fucino. Nel 303 d.C. vi furono le persecuzioni
cristiane da parte dell’Imperatore Diocleziano.
Nel
568 d.C. i Longobardi della Pannonia invasero l'Italia occupandone la parte
settentrionale e centrale, e costituendo vari ducati, con quello potentissimo di
Spoleto, del quale fece parte la Marsica, che si trovava al confine di questo
ducato e di quello di Benevento. Negli anni susseguenti s'inoltrarono
nell'Italia meridionale e con le loro irruzioni, con le armi, con le famiglie,
con le donne, coi vecchi e fanciulli, coi servi, con altri popoli di diverse
nazioni, che per via si erano ad essi accomunati, col bestiame, con gli arredi,
accresciuti dalle prede recenti, e con le tende, quasi una immensa colonia,
vennero a porre stanza nell'Abruzzo e vi stabilirono un gran numero di Fare.
Anche nella pianura di Marsia un'orda di essi, una tribù, una Fara (Fara-termine
longobardo indicante l’insieme dei parenti discendenti da un progenitore
comune), dopo una rapida e violenta incursione, si fermò e piantò le
tende, prendendo alloggiamento vicino al fiume “Giovenco”, nei pressi della
città Marsia. Ce ne ha serbata la notizia il fiume Giovenco, che in quella
località anche oggi ritiene la denominazione di fiume della Fara.
Nell’
880 d.C. fu distrutto dai Saraceni il Monastero di S. Maria Apignianicis in
Pescina; tutti i monaci furono trucidati, le monache furono messe in salvo. Nel
981 d.C. il suddetto Monastero fu riedificato per volontà dell’Imperatore
Ottone II, l’Abate di S. Vincenzo a Volturno dispose che fosse abitato solo da
Monache, con a capo la badessa Teresa.
La
costruzione del castello sulla Rocca Vecchia o Arx (Pescina)
è di due epoche diverse, l’una anteriore, l’altra posteriore l’anno
mille; fu costruito nelle vicinanze delle mura pelasgiche al tempo dei romani,
fortificato e munito di robusto presidio all’epoca della guerra
marsico-sociale. Distrutto poi, per l’impeto di furore guerresco o per
devastazioni dei Barbari. Fu successivamente ricostruito, con forma pentagonale.
Nell’anno mille era feudo della Contea di Celano (dal registro dei
Baroni-Anno 1173), scritto sotto l’Imperatore Guglielmo II. Nell’anno
1105 Pescina contava mille abitanti, diede il proprio contributo alle Crociate
con i crocesegnati del conte Rinaldo VI, della stirpe dei conti Berardi dei
Marsi, uno dei dodici compagni di Boemondo e di Manfredi capi dei mille crociati
per la liberazione del Santo Sepolcro. Nell’anno 1188, un altro Rinaldo,
figlio di Odorisio della medesima progenie, offrì per la baronia di Pescina a
Guglielmo II, il Buono, molti soldati per un’altra spedizione in Terra Santa,
ma subì una vendetta da parte dell’Imperatore che fece incendiare quasi tutti
i castelli della zona compresa Rocca Vecchia (Pescina). Il
Giannone (Istoria civile del regno di Napoli, tom. IV, lib. XVII, pag. 270) e
Riccardo di San Germano (agli anni 1231 e 1232) dicono che Federico II nell'anno
1232 fece fortificare e munire tutti i castelli ai confini della Campania, ed il
Faraglia riferisce che l'Imperatore Federico II pochi anni innanzi alla sua
morte, avendo ordinata la riparazione dei castelli del regno di Napoli, volle
che il castello di Rocca Vecchia (Pescina) fosse riparato per opera della
stessa terra e di quelli che appartenevano al territorio di Pescina, se volevano
prestarvi aiuto, (sebbene non vi fossero tenuti), lo potevano gli uomini della
città di Marsia, di Venere e di Vico. Queste le parole del decreto imperiale:
“Instauretur per homines ipsius terrae cum pertinentiis suis, possunt tamen
adiuvare, licet non teneantur, civitas Marsiae, Veneris et Vigu, quae
sunt conviciniae." Gli operai saraceni, che allora erano residenti nel
regno e specialmente nella Puglia, concorsero all'opera di questa restaurazione;
e col castello fu fatta riattare anche la strada rotabile di accesso al
medesimo, la quale dalla pianura di Marsia per Castelrotto, salendo con giri
tortuosi al ripiano appellato della Luce, passava sotto le mura etee e
giungeva alla porta del castello. Nell’anno 1315 il castello di Pescina
apparteneva ad Ugone del Balzo (Du Baix), padre di Francesco Del Balzo,
Duca di Andria e cognato di Luigi I detto il Grande Re di Ungaria e di Napoli la
cui famiglia giunse nel 1266 dalla Provenza con Carlo d’Angiò.
Ugone
del Balzo aveva sposato nel 1301 Cecilia, figlia del provenzale Ermengario di
Sobriano che gli aveva portato una ricchissima dote. Succeduto nel possesso a
Rinaldo, barone di Pescina nel XIII secolo, della famiglia dei Berardi conti dei
Marsi, abbellì il castello sulla Rocca Vecchia facendone una dimora simile alle
fastose corti provenzali: ””si racconta, ancora nei nostri giorni, che la
bella castellana provenzale amasse spesso navigare sulle limpide acque del Lago
Fucino””. Da Ugone Del Balzo il castello passò a Giovanni Aguto, figlio del
duca di Brattagna, ed in seguito ai Piccolomini-d’Aragona conti di Celano e
duchi di Amalfi.
I baroni più rinomati del castello di Pescina furono i Berardi, potenti conti dei Marsi, la cui strirpe risaliva a Carlo Magno. Berardo o Bernando, figlio di Pipino e nipote di Carlo Magno, nell’ottocentodieci succedette, giovanetto, al padre come Re d’Italia; era chiamato pure il Conte di Francia, sia per il suo valore militare, sia per indicare la sua discendenza dalla stirpe reale di Francia. Berardo non fu solo Re d’Italia, ma anche Conte di Penne di Valva e di Rieti. Ebbe sette figli, sei maschi ed una femmina; si moltiplicò in modo rapido la sua discendenza e diversi discendenti ebbero vari feudi che si stabilirono contemporaneamente nei tanti castelli dei Marsi. Uno di questi castelli aveva sede a Colli di Monte Bove, dove da Berardo XXIV Conte dei Marsi e da Teodosia, nella primavera del 1079 nasce San Berardo che fu Vescovo dei Marsi a solo 30 anni, nominato dal Papa Pasquale II nell’anno 1109, muore a San Benedetto dei Marsi all’età di 51 anni il 3 novembre 1130. Sepolto nella cattedrale di S. Sabina, il suo corpo fu trasferito a Pescina il 2 maggio 1361 nella chiesa della Madonna del Popolo o della Porta, poi di S. Berardo (1743). Iscritto nell’albo dei Santi come San Berardo, Cardinale e Vescovo, Patrono di Pescina e protettore della Marsica. Pescina divenne sede della Diocesi dei Marsi nell’anno 1361 e vi rimase fino al 16 gennaio 1924.
Da
ricerche storiche di Pietro Antonio Tornamira, S. Berardo dei Marsi è in
stretta relazione di parentela con S. Rosalia, patrona di Palermo, per
discendenza diretta della Santa dai conti dei Marsi: la Santa sarebbe figlia di
Sinibaldo, figlio di Teodino fratello di S. Berardo.
“”””Dal
suo libro, del 1674, dal titolo “Della Prosapia Paterna, Materna e di
Palermo, Patria della Gloriosa Vergine S. Rosalia Monaca e Romita dell’ Ordine
del Patriarca San Benedetto”, che si trova nella Biblioteca Centrale della
Regione Siciliana, apprendiamo che esiste una relazione di parentela tra S.
Berardo Cardinale e Vescovo dei Marsi e la Santa Patrona di Palermo. L’Autore
citato sostiene che il fratello di S. Berardo, Teodino, avesse un figlio di nome
Sinibaldo: “Sinibaldo dunque figliuolo del sovralodato conte Teodino, signore
del Contado delle Rose, in Marsi, e nel Reatino, dal Regno di Napoli, passando
in questa felicissima città di Palermo, e nella corte di Ruggiero I, Re di
Sicilia, come abbiamo detto nella vita di S. Rosalia, contrasse matrimonio con
una Dama al medesimo Re di sangue strettamente congiunta, dalla quale ebbe la
nostra Vergine Rosalia, e in dote lo stato, e contado della Quisquina” (p.75)
“”””.
Nell’anno
1417 Pescina fu assegnata al conte Nicola di Celano, quando fu nominato
Giustiziere del Regno e Capo della Signoria di Celano. Il 30 giugno 1571,
Costanza Piccolomini duchessa di Amalfi, concesse a Pescina la residenza del suo
Capitano o Governatore per l'amministrazione della giustizia e vi unì le terre
di Cocullo, Venere ed Aschi. Verso la fine del XV secolo, restaurato e
fortificato il castello sulla Rocca Vecchia, (Pescina) le popolazioni dei
dintorni di: Castelrotto già distrutto, Atrano, Geno, Cardito, Leone, Apamea
ora Casella, Apinianici, Preziolo, Malleano, Vezzano, Bozzano e Ansano, cercarono
rifugio in detto castello che era considerato il più forte e potente perché
protetto da solide mura di cinta, con cinque porte che scendevano da due lati
dello stesso castello fino alla riva del fiume Giovenco, dove si
ricongiungevano. Tanta l’affluenza delle popolazioni circostanti e non essendo
più sufficienti le abitazioni dentro le cinta murate, che allora potevano
contenere meno di mille abitanti, molti si accontentarono di abitare nelle
vicinanze del castello, nelle grotte incavate nella roccia che oggi sono
chiamate “l rott”,
visibili proprio sotto la torre pentagonale.
Le cinque porte medioevali erano denominate:
Del
Castello: davanti alla quale i giudici amministravano la giustizia ed
emettevano le sentenze applicando nei singoli casi il diritto romano, le
leggi longobarde, ed i Capitolari dei re franchi;
Del
Popolo: perché sita nelle vicinanze della chiesa della Madonna del Popolo o
della Porta, poi di S. Berardo (1743);
Porta
Centrale o Dell’Orologio: pubblica piazza dove avvenivano le riunioni
popolari;
Porta
Meridionale o Delle Monache: dal vicino convento di religiose-alla strada
del Saltarello;
Porta
Delle Esecuzioni Capitali: (in seguito chiamata di S. Nicola) situata
su un dirupo, ed era destinata alla tortura, alle impiccagioni e alle
precipitazioni dei malfattori nel burrone.
Le
porte erano tutte protette da forti torrioni e propugnacoli ben muniti di buona
guardia da militi. Al culmine della torre pentagonale principale del Castello
era impiantato un servizio di comunicazione a distanza, una specie di semaforo,
per avere di giorno relazione coi castelli circostanti, e di notte vi si
accendevano grandi fuochi circondati da grosse lastre di vetro di diversi
colori; e con quei segni convenzionali s'intendevano bene coi castelli di: Carrito,
Ortona, Bisegna, Aschi, Bauco, Collarmele, Cerchio, Celano, Ovindoli,
Rovere, Avezzano, Venere, Vico, Sperone, Gioia, Pescasseroli, Lecce,
Trasacco, Collelongo, Luco e Pinna. “”Un’antica tradizione, riferita
come leggenda, afferma che dentro il castello i baroni avevano fatto costruire
delle grandi ed ampie vasche, ben murate e meglio intonacate, per conservarvi
l’acqua sufficiente a tutti i bisogni della vita in tempo di assedio e per
servirsene di terribile strumento di guerra””. ””L'antica tradizione
asserisce ancora che, con progetto ardito, il popolo ed il barone scavarono in
parte nella roccia e costruirono in parte con muratura una strada sotterranea,
un cunicolo, alto circa tre metri e largo quasi due, che dal castello
percorrendo all'ingiù tutto il sottosuolo della città murata, giungeva alla
ripa del sottostante fiume. L'apertura verso il fiume era custodita da torrioni
con buon numero d’armati, e nell'interno del cunicolo di tratto in tratto vi
erano profondi pozzi ripieni d'acqua, con trabocchetti al di sopra, in modo che
se vi entravano i nemici in tempo d’aggressione, dovevano necessariamente
perire sprofondando dai trabocchetti nell'acqua dei pozzi. In tempo di quiete i
trabocchetti erano coperti con solidi ponti levatoi. Tracce di questo cunicolo
potevano essere osservate, prima del terremoto, nelle case di Giuseppe Cordischi,
Campalacasa e nelle case sottostanti ad esse, nei sotterranei del monastero
delle Clarisse, nonché nelle case vicino al fiume, adiacenti al cunicolo
ostruito, in queste potevano essere osservati altri cunicoli secondari disposti
a forma di labirinto. In caso di pericolo estremo, se un'accolta nemica avesse
invaso con numeroso drappello l'entrata del cunicolo, si sarebbero aperte le
vasche e l'acqua che veniva dall'alto avrebbe annegato i nemici e salvata la
città. ””Da questi serbatoi d’acqua ha preso motivo la leggenda che fa
passare un fiume nell'interno del monte sotto il castello””.
“”La
strada rotabile che conduceva allo stesso castello ha dato origine all'altra
piacevole novella che fa andare il "re piccolo del castello " a
lieto diporto sulle cime dei monti circonvicini, con numeroso corteo di paggi
sopra cocchi tirati da focosi cavalli dalla pianura di Marsia (Marruvium)
per Castelrotto, salendo con giri tortuosi fino al ripiano denominato
Luce, passando sotto le mura etee giungendo fino alla porta del
castello””.
La
Porta Centrale o Dell’Orologio: entrando dalla via Mazzarino
nella porta della piazza pubblica per le riunioni popolari, vi si parava davanti
una casa con una graziosa loggetta in stile romano-gotico del 1500, dove
nacque il 14 luglio 1602 il cardinale Giulio Raimondo Mazzarino da Pietro e da
Ortenzia Bufalini. Dalla porta centrale, lasciando a sinistra una porta ad arco
acuto, volgendo a destra e salendo per via Pescina Vecchia vi si trovava una
casa con lo stemma dei Piccolomini-d’Aragona, duchi d’Amalfi, conti
di Celano e baroni di Pescina, avente nello stemma a scudo la croce con le mezze
lune, i pali e i gigli e vi erano due finestre quadrangolari e tre bifore del
1400, ammirabili per le colonnine e per i padiglioni elegantemente disegnati e
scolpiti; essa fu la residenza del governatore baronale e poi sede del
Municipio. Il palazzo sottostante era del duca di Matera Malvino Malvezio che fu
ucciso a Pescina il 10 febbraio 1799; di fronte ad esso si vedeva il palazzo del
barone Accrocciamurra di Pescina - (Malvino, Malvezio e Florinella - Felice
Venditti - Romanzo - Editrice stampa d’oggi - Roma) In prosieguo, salendo, vi
era la casa De Afflictis, ove il 4 maggio 1625 nacque il beato Giovanni Andrea
De Afflictis, morto in Aquila il 12 dicembre 1698 e sepolto nella chiesa dei
Filippini, a contatto vi era la casa Pucci. Seguitando a salire, man mano vi
erano le case primarie: Di Pippo, Capatto, Ianni, Anselmi, Dei Marsi,
(dove verso la fine dell’estate del 1440 nacque Paolo dei Marsi di Pescina,
poeta improvvisatore della rinascenza) D'Alese, Catalli oriunda da Bozzano,
Trombetta, Colantoni, Selli o De Sella, De Lucis, De Senis, Simboli, Migliori.
Dentro la Porta del Popolo vi era l'antica chiesa della Madonna
della Porta o del Popolo, poi di San Berardo e in una nicchia si conservava la
statua di legno della Madonna del Popolo, del
XIV secolo di scuola abruzzese-napoletana. (Oggi la possiamo ammirare presso la
Cattedrale di Pescina S. Maria delle Grazie). Vi era poi sotto il castello, in
un interno, una porta di stile ogivale al cui vertice trovavasi un B
gotico, che accennava ai potenti conti Berardi, ed in una facciata si vedeva una
finestrina bifora del 1300. Con l’aumento delle case, sorsero altre chiese.
Nel
1200 esisteva già quella dell'Annunziata e nell’anno 1225, San Francesco
d'Assisi fermatosi a Pescina per circa quattro mesi, cominciò a costruire un
convento accanto ad essa e questa chiesa fu appellata di San Francesco, ora si
chiama di Sant'Antonio da Padova. (Ancora oggi possiamo vedere il segno
lasciato da S. Francesco d’Assisi a conferma del suo passaggio a Pescina: una
piccola croce incisa nella pietra nella colonnina destra del pregevole portale
in stile romano-gotico). Il
prospetto è in pietra calcarea lavorata ed è della fine del 1300, la parte
superiore è stata sovrapposta nell’anno 1639 per opera dell’architetto,
scultore, incisore e inventore pescinese Giovanni Canale-Artusi, detto il
Pescina, nato nel 1610 e morto il 21 febbraio 1676. Il conte di Celano e barone
di Pescina Ruggiero contribuì molto nell’anno 1393 all'ampliamento ed
abbellimento del convento e della chiesa: sopra il pregevole portale, di stile
romano-gotico, con l'archivolto e le colonnine di varia eleganza, fece scolpire
in pietra il suo stemma, ben visibile ancora oggi. Più al di là esisteva la
chiesa della Madonna delle Grazie e di San Giovanni Battista, che,
posteriormente modificata in tutto ed ampliata in diverse epoche (1570/1596),
divenne la Cattedrale della diocesi dei Marsi. (Bolla del Pontefice Gregorio
XIII “In suprema dignitatis apostolicae specula 1° gennaio 1580”).
Nell’anno 1762 Pescina e l’intera Marsica entrarono in crisi per una
controversia tra il nuovo vescovo Benedetto Mattei (15 febbraio 1761) e
la regia Udienza dell’Aquila che tramite un suo ufficiale intimò al presule
la reintegra dell’antica giurisdizione concessa ai monaci cistercensi
da Carlo D’Angiò, sopra 14 paesi della Marsica. Al rifiuto del vescovo,
l’udienza aquilana gli fece notificare un atto nel quale si dava immediata
risoluzione al sequestro generale di tutte le temporalità spettanti alla
“Mensa Vescovile”. Il tribunale aquilano incaricò subito di stilare
l’elenco delle rendite, con
relativo sequestro avvenuto, delegando a tale compito le autorità municipali
interessate, con supporto di benestanti locali. I sindaci di Pescina, Marco
Ruggeri e Venanzio Cordischi con lettera intestata: “1° giugno 1762, Pescina
città fedelis.ma Sede, e Capitale de’ Marsi”, indirizzata al preside,
compilarono un resoconto delle requisizioni comprendente in esse il palazzo
vescovile, il seminario, la piazza, la strada, alcune botteghe ed anche qualche
edificio affittato al barone di Prezza, Don Camillo Tomassetti. Per queste
decisioni ne soffrirono soprattutto i ceti più deboli, braccianti e contadini
che in qualche modo ritraevano piccoli redditi dal lavoro delle terre
ecclesiastiche. Dopo tante traversie il vescovo, stanco e amareggiato, preferì
allontanarsi dalla Curia per stabilire residenza in un palazzo di sua proprietà,
presso Celano, provocando così l’immediata reazione dei canonici della
cattedrale di Pescina. Cresciuta sempre Pescina, la sua popolazione nel 1639 era
di 1486 abitanti, come risulta da una notizia dell'Archivio Vescovile dei Marsi.
Nel 1789 Pescina aveva 2935 abitanti ed è descritta da Carlo Ulisse de Salis,
inviato da Ferdinando IV di Borbone perché effettui uno studio socio
economico delle terre più lontane del regno di Napoli. Nel XVIII secolo in
paese esisteva una “Paranzella”; più che un complesso di girovaghi era una
vera e propria stabile “Filarmonica", nel 1801 nasce ufficialmente la
denominazione di “Banda di Pescina”.
Nel
1836 la popolazione è di 3360 abitanti, al dire del Melchíorre, compresi
quelli di San Benedetto e di Venere; nel 1863 era di 4369. Il 1° maggio
dell’anno 1900 Pescina annovera tra i suoi figli più importanti Secondino
Tranquilli (Ignazio Silone) che nasce in Via delle Botteghe da Paolo e Marianna Delli
Quadri. Alla fine dell'anno 1909 Pescina contava 10887 abitanti ed il solo
centrale 6071. Il 13 gennaio 1915 è una data che Pescina non potrà mai
dimenticare per il terremoto che la sconvolse e che causò migliaia di morti.
Nell’anno duemila Pescina conta 4713 abitanti, ha una realtà culturale
rilevante: il Premio Internazionale “Ignazio Silone”, gli incontri
Internazionali sul “Cardinale Mazzarino” e le tante altre attività
culturali hanno fatto sì che si avverasse quanto detto da Padre Davide Maria
Turoldo, vincitore nel 1989 del “Premio Internazionale Ignazio Silone” con
“Il Diavolo sul Pinnacolo”” che così si espresse: ””Pescina
diventerà città della cultura””.
E’
sede della Comunità Montana “Valle del Giovenco”
- Zona D - comprendente dieci comuni: Aielli, Bisegna, Cerchio,
Collarmele, Gioia dei Marsi, Lecce dei Marsi, Ortona dei Marsi, Ortucchio,
Pescina, S. Benedetto dei Marsi.- In Pescina sono attivi: L’Ospedale “Serafino
Rinaldi” - Centro Specializzato in Geriatria, Pronto Soccorso, R.S.A.,
sotto la tutela dell’Università degli Studi dell’Aquila -, il Distretto
Sanitario, l’Ufficio del Giudice di pace, il Centro Studi “Ignazio Silone”
la Casa-Museo “Giulio Mazzarino”, la biblioteca “B. Croce”.
Il prosciugato Lago Fucino ha certamente portato benessere in tutto il
territorio della Marsica, producendo uno sviluppo economico rilevante. Le
autostrade A/24 e A/25 hanno consentito rapidi collegamenti con Roma e Pescara
incrementando di molto il turismo locale. Arrivando a Pescina merita visitare la
Chiesa di S. Antonio da Padova del 1200 con portale romano-gotico; il convento
di S. Francesco – oggi teatro – iniziato a costruire proprio dal Santo, che
sostò in Pescina quattro mesi; la concattedrale della Marsica S. Maria delle
Grazie del 1570. Alcune delle opere che possiamo vedere al suo interno: “La
Madonna del Popolo” del XIV secolo, gruppo ligneo di scuola
abruzzese-napoletana, “Madonna col Bambino” del Patrignani – restaurata
nel 1969 dalla pittrice Ines Tabassi; “Glorificazione di Maria” d’autore
ignoto; “Madonna delle Grazie” del Pellecchia (1886); la “Madonna delle
Anime Sante” d’autore ignoto; il Battistero con il “Battesimo di Cristo”
della pittrice Ines Tabassi, una tela artistica “Gloria del Sacramento” del
Patrignani - copia dell’affresco “Gloria del Sacramento” eseguito dal
pittore Teofilo Patini nella Cappella del Sacramento in Pescina. Seguendo la
strada che costeggia il fiume Giovenco, è possibile ammirare la loggetta del
1500, dove il 4 luglio 1602 nacque il cardinale Giulio Raimondo Mazzarino, oggi
sede del museo mazzariniano. Sotto la loggetta la lapide marmorea con incisa la
seguente iscrizione:
IL
CARDINALE
GIVLIO MAZZARINO
NACQVE
IN QVESTA CASA
A
MEMORIA IL MVNICIPIO POSE
OTTOBRE
1886
Tratto
dal volume: Pescina "Fra leggenda e realtà" di Andrea Cordischi edito da
Arduino
Sacco Editore
Pescina "Fra leggenda e realtà" di Andrea Cordischi - Le foto della presentazione
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