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Le nebulose planetarie

Sono stelle ad atmosfera estesa. L'aggettivo planetaria, coniato da W. Herschel in un articolo del 1785, non deve trarre in inganno: esso è legato alle prime osservazioni fatte con piccoli strumenti, nelle quali il sistema presentava un aspetto planetario. Herschel, osservando NGC7009 la c.d. Nebulosa "Saturno" nella costellazione dell'acquario, pensava che tali oggetti costituivano una delle fasi iniziali della formazione stellare, intermedia tra la creazione di una nebulosità diffusa e la successiva condensazione in stelle. Ma al centro della nebulosa - si tratta di gas in espansione con bassa velocità: da 15 a 50 Km/sec. - vi è una stella e non un pianeta. Quando è osservabile telescopicamente, la parte nebulare di queste stelle ha l'aspetto di un anello anche se in realtà, si tratta di inviluppi sferici. La gran parte delle nebulose planetarie oggi note è stata rivelata da osservazioni spettroscopiche, perché solo di quelle più vicine si riesce a separare le varie parti col telescopio. Quasi tutte appaiono puntiformi come le altre stelle. Se ne conoscono poco meno di un migliaio, ma devono essere molte di più, forse qualche decina di migliaia. Tuttavia, si tratta di oggetti rari: 10 mila o 30 mila è un numero ben piccolo rispetto al numero di stelle della Via Lattea. Tali oggetti, inoltre non cadono entro le zone classiche del diagramma HR, per cui è anche difficile ottenere parallassi spettroscopiche. E' necessario ricorrere a stime basate sull'esame statistico dei loro moti e di conseguenza le loro distanze e le loro dimensioni (queste ultime ottenibili, per quelle osservabili direttamente, dalle misure angolari dei diametri e dalle distanze) sono note con una precisione alquanto bassa. Note le dimensioni(da 1/2 a 1 anno luce) e la velocità di espansione dei gas, si può fare il cammino a ritroso, nell'ipotesi che la velocità di espansione non sia cambiata nel tempo, e trovare così l'età della nebulosa, ovvero il tempo a cominciare dal quale il gas dovrebbe essere stato espulso dalla stella: 20 mila anni è un'età tipica; la maggior parte delle planetarie conosciute ha avuto origine negli ultimi 50 mila anni. Infatti dopo 100 mila anni, il gas espulso è così espanso ed è diventato così rarefatto da non essere più percettibile. E ciò contribuisce alla rarità di tali oggetti. Essi sono eventi di breve durata su scala cosmica e probabilmente interessano una piccola parte della stella coinvolta nel fenomeno. Il corpo centrale della planetaria è una stella di alta temperatura, di colore azzurro, il cui spettro è assai intenso nell'ultravioletto. La radiazione della parte nebulare corrisponde invece a una temperatura molto inferiore a quella della stella, e deve essere prodotta per fluorescenza. Supponiamo, infatti, di osservare un atomo di idrogeno (e lo stesso vale per altri atomi) nel livello fondamentale. L'atomo venga eccitato, per urto contro un'altra particella o per assorbimento di un fotone sufficientemente energetico, in modo da essere portato, poniamo, al 4° livello energetico. Ora l'atomo si deve diseccitare e tornare al livello di partenza. Può tornarvi con un salto unico, e riemettere un fotone di energia pari a quella ricevuta nel processo di eccitazione, o può tornarvi per salti intermedi. In altre parole, il gas assorbe fotoni di certe lunghezze d'onda ed emette fotoni di lunghezze d'onda maggiori. Questo è il processo di emissione per fluorescenza e funziona, nel caso di una nebulosa planetaria, perché, dal confronto fra le energie irradiate nel visibile dalla nebulosa e dalla stella centrale, risulta che la prima emette, complessivamente, più di quanto emetta la seconda. Allora, poiché la sorgente di energia della nebulosa è necessariamente la stella centrale, questa deve emettere molta radiazione ultravioletta che la nebulosa assorbe e riemette successivamente come radiazione visibile. In realtà, almeno durante le prime decine di migliaia di anni, solo la parte interna della nebulosa emette radiazione visibile perché solo questa è costituita da gas sufficientemente denso per assorbire la radiazione proveniente dalla stella. La parte esterna è fredda e trasparente. La temperatura della stella centrale è elevata. Il colore azzurro lo indica già chiaramente. Alcune di queste stelle hanno temperature anche superiori a 100.000 K e sono gli oggetti della galassia a temperatura più elevata. Ma poiché allo stesso tempo sono tutto sommato poco luminosi, devono essere oggetti piccoli. Alcuni di essi hanno certamente dimensioni paragonabili a quelle delle nane bianche.


Possono diventare nebulose planetarie le stelle con massa fra 0,8 e 8 masse solari. Quando esse esauriscono l'idrogeno, il loro nucleo si contrae e si riscalda e nel contempo i loro strati esterni si gonfiano sino a trasformarsi in giganti rosse (decine di volte il diametro del Sole). L'aumento di temperatura nel nucleo (sino a 100 mila K) conduce alla fusione dell'elio e alla momentanea contrazione della stella. Ma quando hanno finito di bruciare l'elio esse si gonfiano ancora (centinaia di volte il diametro del Sole). Tale gigante inizia a soffiare lontano i propri strati gassosi più esterni, sotto forma di tipi diversi di vento stellare, più o meno veloci. Tali strati formano un'enorme bolla gassosa in espansione. Intanto la temperatura superficiale della stella aumenta da 25 mila a 200 mila K e via via ionizza regioni sempre più ampie del gas in espansione, che comincia a brillare per fluorescenza. Compare a questo punto una "planetaria". Il gas si espande ad una velocità tra 5 e 100 Km/sec. La planetaria brilla sino a che, continuando ad espandersi, diventa troppo grande e si confonde con lo spazio interstellare. Ciò avviene da 10 mila a 30 mila anni dopo la sua comparsa. La stella centrale invece continua a raffreddarsi progressivamente e si avvia a divenire una nana bianca (una massa come quella del Sole in un volume grande come la Terra). Le masse delle planetarie sono piuttosto modeste: fra 0,01 e 1 massa solare. Una nana bianca è costituita da materia degenere. In essa l'equilibrio non viene più conservato attraverso la normale pressione del gas ma attraverso la pressione degli elettroni. Nel gas degenere, che ha una densità intorno a 106 Kg/dm3, la pressione non dipende dalla temperatura e dalla densità, ma solo da questa ultima. Tra 1 e 10 miliardi di anni una nana bianca si raffredda e diventa invisibile divenendo una nana nera. La maggior parte delle stelle termina così la propria esistenza. Ciò spiega la notevole frequenza di questo tipo di stelle. Tutti i calcoli finora effettuati mostrano tuttavia che le nane bianche hanno un limite di massa superiore di 1,44 unità solari (limite di Chandrasekhar, 1930). Se ciò che resta della stella supera tale valore, il collasso continua sino alla formazione di una stella a neutroni o pulsar. Quindi, le stelle con massa superiore a 1,44 masse solari diventano delle stelle a neutroni e quelle con massa oltre 3,5 masse solari diventano dei buchi neri.

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[ Materiale raccolto da Pietro Musilli  - Roma 1997 ]