Il Restauro del Mobile Antico

restauro comò stile Impero

 

sesta parte

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Queste pagine sono curate da

  Francesca Latini restauratrice in Fabriano



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La Doratura

Ho gessato i capitelli e le basi delle colonne, che andranno dorati ad oro zecchino , secondo un antichissimo procedimento utilizzato già dal popolo egiziano alcuni secoli a.c.

La base per la doratura è una mestica calda formata da gesso di Bologna, finissimo e setacciato e colla di coniglio (o lapin), ottenuta in autoclave, bollendo in acqua e calce la pelle ed i tendini dei conigli.

Questo strato di gesso permette la  brunitura ( che vedremo poco più avanti) e crea una superficie liscia atta a ricevere l'oro. Ne ho passate tre mani, aspettando ogni volta la completa essiccazione dello strato sottostante lisciando con carta fine.

Nel frattempo ho ebanizzato le colonne.

Sui capitelli ho steso due mani di bolo armeno, con colla di pesce calda.

Il Bolo è una terra argillosa, di color rosso mattone, che troviamo nelle cornici antiche sulle parti in cui l'oro è stato consumato e che ha la funzione di appretto per l'oro.

Una volta che, questo strato è asciutto, ho cominciato a mettere l'oro in foglie. Esso ha uno spessore variabile da 0,00001 a 0,00008 mm. Un tempo veniva fatto dal "battiloro" con un metodo lungo e faticoso utilizzando il martello e l'incudine.

Una volta adagiata la foglia sul cuscinetto da doratore, facendo molta attenzione in quanto, dato il minimo spessore , è sufficiente un movimento improvviso per farla volare, l'ho tagliata con il coltello da doratore in piccole parti per avere una migliore agibilità per le piccole curve del capitello e per evitare uno spreco di metallo prezioso (più i pezzi di foglia sono grandi e maggiore è il rischio di romperla negli spigoli). Con la colla di pesce ho poi bagnato le parti di bolo su cui ho adagiato l'oro che avevo precedentemente preso mediante un pennello di vaio appena ingrassato e specifico per questo uso.

Dopo sei ore ho "mattato" o "brunito" la superficie con il brunitoio (strumento con una punta di pietra d'agata). La brunitura serve a schiacciare la foglia d'oro sul bolo per creare un tutt'uno che dona lucentezza e levigatezza alla superficie.

Ho tolto la vecchia gommalacca, ormai ingiallita dal tempo, bagnandola con abbondante alcool e sfregando con paglietta per portare via ogni residuo. Nelle vecchie aperture, dove c'era la presenza di cera, sono passata con essenza di trementina.  

Questo metodo di pulizia è stato usato in sostituzione dello sverniciatore, in quanto è meno aggressivo di quest'ultimo.

Pulita la superficie, sono state messe  in evidenza tutte le piccole differenze di colore e le macchie del legno che prima erano "mascherate" dalla lucidatura stessa. 

Ho steso una mano di gommalacca a pennello. A questo, punto ho stuccato tutti i fori dei tarli con biancone (gesso di Bologna) colorato con terra d'ombra, alla terra gialla e al rosso di Siena aggiungendo un pò alla volta colla a caldo. Ottenendo così lo stucco con una consistenza spalmabile e del colore più vicino a quello della superficie da trattare. Dopo  aver stuccato, ho lasciato asciugare e poi ho levigato.

Lo strato di gommalacca che ho passato in precedenza, mi ha permesso di carteggiare lo stucco senza intaccare  la superficie del legno, perciò senza rovinare in nessun modo la patina. La gommalacca è venuta via anch'essa con la carteggiatura, in conseguenza dei numerosissimi buchi dei tarli che non hanno risparmiato nessuna parte del comò.

Per nutrire il legno e vederne il colore ho passato una mano di olio paglierino a tutto il comò. Per lenire alla differenza di colore del piano data dalla successione di alburno e durame di noce, ho adottato una tecnica coloristica adottata dai pittori del '500.

 

Finalmente sono passata alla fase di lucidatura. L'importanza del comò, unita alla bellezza della noce, richiede una "lucidatura alla francese" a specchio. Ho intriso un tampone di lana , ricoperta da una stoffa di cotone, con gommalacca disciolta in alcool, passandolo sulla superficie con movimento circolare e continuo.

Una volta raggiunto un bello strato di lucido, ho lasciato riposare il comò per un giorno per fare in modo che il legno assorba la lucidatura. Ho poi continuato a lucidare aggiungendo olio e alcool e immettendo nel tampone gommalacca sempre più diluita fino ad ottenere una superficie lucida a specchio.

Come ultima cosa ho graffiato i montanti in modo da far aderire la colla per assemblare le colonne.

Il colore ora risulta più scuro, perché mentre prima del  restauro era dato dalla gommalacca ingiallita, ora è derivato dal noce, patinato dal tempo, che assume quella tonalità scura con profondi riflessi dorati, ed è semplicemente meraviglioso.

 

Il restauro a questo punto può ritenersi ultimato. Il comò ha ripreso funzionalità e bellezza originali.

 

Per quanto riguarda l'estetica il cassettone in questione è un pezzo di grande valore ed eleganza e può pertanto rimanere isolato in una sala e valorizzare esso stesso il resto dell'arredamento.

 

 


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 Ultimo Aggiornamento: 28/11/05.