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:: Robert Fisher - Willard Grant Conspiracy - Country Death Songs

Nel nuovo Regard The End i bostoniani Willard Grant Conspiracy continuano a muoversi su una linea di confine tra canzone d'autore, vecchia folk music e suono provinciale, proseguendo un percorso di maturazione artistica lenta ma costante. Nella vecchia Europa hanno trovato la giusta dimensione per farsi apprezzare: affascinato dai richiami ancestrali della loro musica, probabilmente attratto dai risvolti storici del loro recupero delle radici folk americane, il pubblico europeo gli ha fornito una seconda casa. In parte registrato in uno studio di Lubljana, Slovenia, con l'aiuto del vecchio amico Chris Eckam dei Walkabouts, Regard The End è un'alternanza di ballate che indagano il senso della morte e della sofferenza, unendo brani originali e vecchi traditional riadattati alla sensibilità "noir" della band. Un folk-rock che si fa sempre più sontuoso ed austero!
(di Fabio Cerbone)

>> Recensione di Regard The End

wgc.hinah.com


L'intervista


Giudicando complessivamente il nuovo disco, la mia prima impressione è stata quella di un suono stilisticamente molto più classico, incentrato sulla forza delle ballate acustiche, su un suono decisamente folk. Era quello che stavate cercando?

Ci siamo mossi volutamente verso questo tipo di atmosfere, questo suono che tu giustamente definisci più classico ed orientato alla tradizione della folk music. Si, in un certo senso è un disco più tradizionale. L'intento era di concentrarsi in particolar modo sulle liriche: credo siano l'aspetto fondamentale del nuovo disco, oltre a creare un clima che io definirei più "southern", con le chitarre acustiche che riempiono l'atmosfera. Inoltre ha influito parecchio anche la scelta di coinvolgere per la prima volta tutti i musicisti impegnati con me durante i tour di questi anni. Volevo sfruttare meglio il suono live della band e premiarli per il lavoro svolto

Come mai siete finiti a registrare parte del disco in Slovenia, a Lubljana? Raccontami questo percorso particolare

In certo senso è stata la città a sceglierci, è stato un incontro reciproco. Venivamo da alcune date europee, credo fossimo a Majorca, e poi siamo finiti a Lubljana per un altro festival a cui dovevamo partecipare. Avevamo qualche giorno libero e conoscendo già la realtà del luogo, la Glitterhouse poco tempo prima aveva pubblicato un nostro disco live in Lubljana (disponibile solo via mailorder), siamo capitati quasi per caso in studio con Chris Eckman dei Walkabouts. Così è nato tutto in maniera molto spontanea: non avevamo tutte le canzoni pronte, c'era solo qualcosa di abbozzato e poi abbiamo finito per improvvisare al momento

Pensi che una città come Lubljana e più in generale un particolare luogo geografico come l'Europa possa avere avuto una forte influenza sulla vostra musica?

Assolutamente si, credo che l'influenza di un luogo geografico rientri sempre nella musica che tu stai incidendo: in questo senso hai ragione nel sottolineare che il disco ha subito il fascino dell'Europa e di quei luoghi in particolare. Qualcosa è dovuto però anche ai meriti dell'ingegnere del suono, Janez Krizaj, con lui dobbiamo dividere molti dei risultati

Ma come ti spieghi questo feeling che si è creato tra voi e l'Europa, sia con il pubblico che con un'etichetta come la Glitterhouse? In questo senso non siete gli unici artisti americani a vivere questa situazione

Sono ormai sette anni che veniamo regolarmente a suonare in Europa e si è certamente stabilito un rapporto speciale con il pubblico. Il nostro legame con la Glitterhouse è iniziato molto tempo fa, hanno distribuito il nostro primo disco ed abbiamo continuato a tenerci in contatto: ci piace come lavorano e la libertà che lasciano agli artisti, ci tengono veramente alla musica che pubblicano. So cosa intendi quando parli di questa relazione stretta che si è creata con certa musica americana. Le spiegazioni sono molteplici: innanzi tutto la scena americana è molto frammentata, è un mercato molto vasto e poco nazionale, specie per la musica indipendente ed è difficile emergere. Di conseguenza il mercato europeo è più ricettivo alle cose che vengono dall'estero, specie per mercati piccoli come quelli dell'Olanda o del Belgio. Poi gioca speso un fattore quasi "esotico", oltre al fatto che culturalemente avete un passato più importante e forse siete più aperti verso altre sonorità.

Probabilmente questo legame nasce anche dagli stretti rapporti tra la vecchia folk music americana e le sue ascendenze europeee, dovute all'immigrazione. Tra l'altro in questo disco hai scelto di interpretare diversi traditional della canzone folk americana

È senz'altro vero anche questo. È innegabile che le radici della folk music americana nascono nel cuore dell'Europa e questo può affascinare l'ascoltatore di queste latitudini. Non ho mai pensato ai Willard Grant Conspiracy come ad una band molto radicata nel suono roots. Per intenderci, non credo di far parte del movimento Americana o cose del genere, ma certamente ciò che accomuna tutte queste realtà a noi è la voglia di collegarsi alla tradizione e di cercare la profondità del songwriting. Comunque non sottovaluterei anche il fatto che spesso i temi delle canzoni sono universali e riescono a toccare tutte le persone, aldilà delle barriere geografiche

Le vostre origini sono però da ricercare a Boston: come è attualmente la scena locale? È sempre una città molto viva musicalmente?

Boston musicalmente è fantastica, lo è da sempre, da quando negli anni sessanta ci fu l'ondata di riscoperta delle folk music, da qui proveniva per esempio Joan Baez. Era una piccola New York in questo senso ed ha continuato ad essere viva nel corso degli anni: molti club ed una vasta offerta di musica, tanti generi diversi. È una città aperta, sostanzialmente per via dei numerosi college presenti. Ci trovi ogni genere musicale ed un sacco di etichette, per esempio la Kemchy records, che pubblica cose molto interessanti

Veniamo alle nuove canzoni: personalmente trovo che una delle più suggestive sia The Ghost of the Girl in the Well. Il finale di impronta gospel sembra aprirsi ad una sorta di religiosità che ho sempre riscontrato nella vostra musica, …apprezi la musica gospel o la tradizione della soul music?

Si, mi piace molto la tradizone della musica gospel, la stessa Before the Shore è un brano tradizionale originariamente di impostazione gospel. Quello che cerchiamo di ottenere è un collegamento tra vecchio e nuovo, inglobare queste influenze per creare la nostra musica. In particolare la canzone che hai citato è per me molto sentita, perché è dedicata ad un mio carissimo amico scomparso una decina d'anni fa e che fu essenziale nella nascita del progetto della band

Soft Hand invece è un brano totalmente differente, mette in luce un nuovo aspetto del vostro sound, non è il classico brano alla Willard Grant Conspiracy, sembra quasi una canzone pop

Possiamo senz'altro definirla una pop song, non me ne vergogno. È un brano allegro, molto semplice: abbiamo sempre scritto canzoni di questo tipo anche negli altri dischi, forse questa si può staccare nel suono, ma ho sempre apprezzato le canzoni divertenti, qualcosa alla George Martin. L'ho portata in studio un po' indeciso sul da farsi, ma è piaciuta molto e ci abbiamo lavorato sopra, aggiungendo per esempio le parti di tromba

In effetti ho notato una presenza molto più insistente della tromba nel nuovo lavoro: è stata una scelta intenzionale o è nata in maniera del tutto spontanea, durante le registrazioni?

Il lavoro di Dennis Cronin (il trombettista della band, ndr) lo considero davvero prezioso: fa parte della formazione dal vivo da diverso tempo e come dicevo in precendenza volevo riproporre quel suono che avevamo on stage sul disco. La sua caratteristica che preferisco è che non è affato un musicista invadente, non suona sopra gli altri, ma cerca sempre l'armonia. Dovevo assolutamente farlo partecipare

Molti brani, tra cui The Suffering Song, Day Is Past and Gone, Another Man Is Gone trattano i temi della morte, della perdita e del dolore, il titolo stesso richiama queste tematiche. Sono tipici della vecchia folk music, non trovi?

Non posso negarlo, è un tema ricorrente fin dal titolo, che come dici tu ha un forte legame con le vecchie ballate folk. L'obbiettivo di inserire diverse cover era anche quello di fonderle con i nuovi brani, di unificare vecchio e nuovo, come se tutte queste canzoni fossero il frutto di una sola voce, tutte fuori del tempo, come se ognuna potesse essere scritta indifferentemente ieri o cent'anni fa. Il tema della morte e della sofferenza è in questo senso universale: non deve essere visto negativamente. Il mistero della morte e la relazione che si ha con essa deve essere compreso per poi affrontare meglio la vita, questo è il senso che ho cercato di dare alle liriche

Veniamo infine ai numerosi musicisti coinvolti: questa volta ci sono Kristine Hersch e Jess Klein. Non è la prima volta che utilizzate diverse voci femminili nei vostri progetti. Come sono nate queste collaborazioni?

Sia con Kristine che con Jess ci conosciamo da tempo, quattro, cinque anni credo, abbiamo spesso diviso il palco insieme ed è stata una cosa assolutamente naturale. Lo abbiamo sempre fatto, anche nei dischi precedenti con Edith Frost o Carla Togerson: coinvolgere amici e musicisti che stimiamo è un piacere, soprattutto quando pensiamo che la loro voce possa aiutare a crescere la canzone. Jess Klein canta in ben quattro episodi del disco e questo spiega molte cose

Oltre alla loro presenza però in studio coinvolgente sempre un gran numero di musicisti: presumo che non sia affatto semplice coordinarli. Come ci riuscite?

Lo so che all'apparenza può smebrare complicato. Uno si chiede: ma come fanno ad andare d'accordo tutta questa gente in studio? Come fanno a non pestarsi i piedi? Non so spiegarlo, a noi riesce: è tutto spontaneo, semplice, siamo come una grande famiglia. Ognuno suona in altre band ed ha altri progetti, ma una volta entrati in studio, tutto trova la giusta armonia .

 

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