Per chi
viene dal mare, lo scenario costiero è subito acclive;
la cinta dei monti -compresa la cicatrice, lo spacco dell'aquila-
sovrasta e protegge il paese: come una conchiglia l'ostrica.
Quelle balze paiono infettate dall'azzurro e dall'alopecia:
brulle la buona parte, piantate ad alberi altrove,
bruciacchiate qua e là: è che gli uomini hanno tentato
su quelle pendici, a varie riprese, in più stagioni, il
trapianto d'una pineta, di più pinete; senonché, sempre
a varie riprese ma in una sola stagione, l'estiva, queste
sono puntualmente devastate dallo scirocco, che è vento,
si sa, malandrino, e utilizzato da occulte forze,
appaltatrici della terra e delle seminagioni.
La forza
esogena d'un albero è nella fotosintesi clorofilliana,
quella endogena è nelle radici, che frenano i terreni a
pendio e salvano le coste da frane e alluvioni.
Il
rischio, per Castellammare del Golfo, è di restare
alluvionata sullo sfiorire d'un inverno, quando le piogge
ingrassano nello spacco dell'aquila e, travolgendo gli
scheletri d'un bosco di pini, dirupano nella valle, e da
lì per le strade, con la violenza d'una sciroccata
diluviale. Il castello, però, si salverebbe: lui,
ossobuco del vento, non ha pretese che non siano legate
all'orizzonte.
Visto
dalla balaustra della villa, parapetto lavorato a sbalzo,
loggione uncinato che pare griffare a nord la linea
liscia dell'orizzonte, davanzale su cui poggiano i gomiti,
di una tristezza venosa e carica d'oleandri, vecchi
cappelli, giovani seminaristi e ancor più giovani
centauri, visto da quel davanzale, il paese offre il
taglio d'una sintesi costiera, la suggestione d'un colpo
d'occhio. Vertiginoso. L' occhio quadrangolare, come d'un
polifemo alla finestra, cui arda di nostalgia l'unica
pupilla.
In
lontananza, sulla sinistra, l'estrema svolta de 'In testa
alla porta'; a rientrare, la costa inaccessibile, la gru
del porto; più prossima: Cala Marina, la riva dei 'Cerri',
'lu scogghiu chianu'; sotto la balaustra, la battigia di
rena dura coi suoi bragozzi sopravvissuti, cerchiata
dalle vecchie case dei pescatori e dalla dogana; sulla
destra, la banchina, la facciata alta della Matrice, il
castello, l'eterno castello arabo, normanno, svevo,
angioino, aragonese.
Oltre,
punta Raisi. Castello
e Cala Marina sono l'animo del paese.
Era l'emporio
marittimo di Segesta.
Qui
dovettero calare, dagli squarci dei monti, gli Elimi di
Segesta, uomini, è tramandato, particolarmente alti e
dalla vista aguzza, a furia di roncigliare colline, di
conquistarne la vetta per scrutare, da lassù, il mare.
E qui,
fra il castello e i 'Cerri', in piena cala, o di fronte a
'Petrolo', qui dovettero insediare i loro punti di
commercio. Qui, da qualche parte, in qualche seno minore,
dovettero scavare un loro porto, contornarlo di magazzeni
di derrate pepate dal sole, forse anche d'un tempio, d'un
teatro, di case ricche di tetti laminati d'oro, di
fontanili, di portici.
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