Il presepe in Calabria
di Corrado Alvaro
“Natale
é la festa più bella di tutte perché con la Nascita del Signore
l'innocenza tornò sul mondo. Da allora questa é la festa della
speranza e della pace. Tutto sembra fatto per la gioia dei ragazzi che
sono la speranza del mondo. Nei paesi si é lavorato tutta una settimana
per fare il Presepe. Nel fondo si stendono rami di aranci carichi di
frutta. Si lanciano ponti coperti di muschio da un punto all'altro, si
costruiscono montagne e strade ripide, steccati per le mandrie e
laghetti. Il Presepe ha l'aspetto
d'un paesaggio calabrese. Dalle valli sbucano fiumi; le montagne sono
ripide e selvagge. Su tutto pende il bel giallo dell'arancio come frutto
favoloso. Il figurinaio o che ha fatto i pastori sa che i ragazzi si
fermeranno a guardare uno per uno le figurine. Perciò, meno i soldati
di Erode, tutti i pastori somigliano a persone conosciute. Sembra un
paese vero. C’è quello che porta la ricottina. C'é il cacciatore col
fucile, c'é quello che porta l'agnello e fuma una lunga pipa, c'é il
mendicante. C'é la gente che balla fra il tamburino,il piffero e la
zampogna davanti al Presepe. C'é l'osteria dove si ammazza il maiale e
la gente beve, accanto alla fontana dove la donnina lava i panni. Ci
sono persino i carabinieri che hanno arrestato un tale che ha rubato
anche nella notte Santa. I Re Magi spuntano dall'alto della montagna coi
moretti che guidano i cavalli. La Stella splende sulla grotta e
gli angeli vi danzano sopra leggeri e celesti come i pensieri dei
bambini e degli uomini in questi giorni."
E....a Staiti
Si
cominciava a Novembre a cercare terra bianca e muschio per il presepe
che l'Arciprete Don Gesu Giordano prima
e Don Zito poi, e le suore pretendevano si
preparasse nella navata di sinistra accanto all'altare della chiesa
Matrice di S. M. delle Vittorie. Chi non
era impegnato nell'allestimento del
presepe seguiva “i zampogni" di Ntonino
Pangallo . Questi partendo da Santa
Caterina - dopo una sosta obbligata per una sciacquata "i vucca"
nell'osteria di Peppino Pellicanò, l'amabilissimo "Gambuli"
raggiungeva la pi azza dopo un'altra sosta
al Bar di Don Bestiano Pezzimenti
e una ulteriore al Bar di Vutano. Qui in
uno spazio ristretto tra fumo di sigarette e un vociare assordante, i
giovani per una volta trasgressivi accettano di brindare dare
"chi bicchierini" con gli adultii
alle festività. Oggi le zampogne non suonano più per il paese e quella
allegria festosa un po' mistica è solo un ricordo…. Ma chissà…..
La Pro Loco
Ancora sull'autonomia
E
così dal primo settembre 2000 tutte le istituzioni scolastiche si sono
rese autonome dotandosi di
personalità giuridica. E questa la riforma più importante e incisiva -
dopo quella di Gentile che abbia coinvolto il sistema scolastico
italiano. Anche l'Istituto Superiore "Euclide", ex ITCG "Zanotti
Bi anco" nato per
effetto dell'articolo 21 della legge 59/97 sul dimensionamento,
si è adeguato alla disciplina dell'autonomia nell'ambito della nuova
normativa l'Istituto ha pensato ad un orario flessibile, votato dal
collegio dei docenti dell' 8/9/00 optando per la flessibilità
didattica. E' questa un’importante
iniziativa non subire le decisioni prese
dall'alto ma parteciparvi con proposte ed iniziative. La scuola dell'
autonomia non agisce più secondo programmi rigidi ma tenendo conto del
contesto socio economico in cui opera e stabilendo
relazioni con il territorio e con le realtà istituzionali che in esso
vi sono: Comuni, Provincia, Comunità, Montana ecc.. Largo allora a
coloro che fanno valere i dee e capacità
poiché sono loro i fruitori delle risorse disponibili. Chi non ama il
sacrificio, chi si disinteressa della propria scuola e fuori dalle
regole e dallo spirito che guidano
l'autonomia e pertanto destinato all’emarginazione. Non è oggi
pensabile che i genitori delegano alle istituzioni scolastiche
l'educazione e la formazione culturale dei loro figli in quanto la
logica dell’ autonomia li vuole coinvolti
e presenti nella Comunità Scolastica. Il processo formativo degli
alunni non è più prerogativa delle direttive ministeriali ma
rientra quel "patto educativo" di cui fanno parte le famiglie.
esse sono chiamate a suggerire, ad orientare a proporre assumendo
responsabilità e impegni comunitari. E' spirato ormai il tempo
"del ma che cosa imparano i nostri figli a scuola? " o del
semplice "come va a scuola mio figlio" che genitori distratti
rivolgono ancora ai professori. E gli studenti che contestano i
professori, il preside, gli orario e l'istituzione scolastica poco
attenta ai loro problemi. No cari studenti, non potete arrampicarvi
sugli specchi, l'autonomia vi concede di sostituire con progetti e
proposte la contestazione. Ecco perché la scuola dell'autonomia deve
diventare sopratutto luogo di democrazia, laboratorio di idee LOGOS di
incontro e di comunicazione dal quale viene bandito l'individualismo
esasperante e sterile. Certo si é appena agli inizi, l'autonomia è
"una creatura appena nata" che ha bisogno di crescere:
aiutiamola e con essa aiuteremo a crescere i principali fruitori di
questo servizio. gli studenti
Bruno
Scaramozzino
I Tradizioni du me paisi
A
undi vaju,
luntanu
du ' me' paisi,
'nte
festi 'i Natali
non
mi pozzu sperdiri
chisti
quattru palori:
"
' U voliti 'u Bambinu?".
palori
ditti 'nta notti
'i
n'omu chi vai, 'i porta in porta,
cu
'Bmbinuzzu 'nte brazza.
Glià
sira pettavanu l'arrivu du Messia
Picciuli
e randi 'ntornu 'u focularu,
jocandu
all'oru e vincendu nucigli.
L'apria
'a mamma 'a prima bussata,
pigghjava
'a tafareglia ca' pagghja
a
undi 'u Bmbinuzzu dormia
e
girava ogni cantu da casa:
jia
vicinu 'a cannizza du' granu,
glià
zimba e 'nta gutti du' vinu.
Poi
nu baciu 'nte pedi e 'nte mani,
nu
filu 'i pagghja pa devozioni
e
'u Bambinuzzu tornava 'nta strata
cu'
nu panaru 'i nnacatuli e pittegli.
I
stigli campaniavanu nto cielu
Gliucendu'
i vinegli senza lampadini:
'u
friddu parrava cu l'angeli
chi
cantvamu cuntenti 'a ninna nanna,
mentri
i massari chi loru ciaramegli
toccavanu
puru l'anima di petri.
E
'nta glià notti 'i santa chjaria
Nugliu
penzava a odii e a rancori,
tutti
si sentivunu cchiù boni.
pacchi
gliù sonu miraculusu
rimogliava
i loru cori
Rosa
Marrapodi
Dedicata ai bambini
Epifania, Befana nel linguaggio popolare,
deriva dal greco "apparizione". Questa figura da favola
ricorda l'arrivo dei Re Magi alla grotta del BAmbino coi fampsi doni:
oro, incenso, e mirra. Nella tradizione la Befana è rappresentata da
una vecchia simpatica anche se brutta e mal vestita che, passando
attraverso i camini, riempie le calze dei bambini di regali e leccornie
risultando così la festa più amata da questi ultimi.
La Befana
Da
una casa assai lontana
Col
suo sacco sulle spalle
Viene
lenta la Befana;
si
avvicina piano piano
ai
lettucci dei bambini
poi
appende i suoi regali
alle
cappe dei camini;
ad
una casa assai lontana
col
suo sacco tutto vuoto
fa
ritorno la Befana.
"Nd
aviti ova fimmini chi sajetti"
Nel
lento avanzare del tramonto lungo i vicoli e sotto le "lamie"
sempre più in pmbra, si distendeva la voce quasi lamentosa e stanca dei
"quatrari" comandati a cercare uova su per gli interminabili
gradoni verso il "limbio" fino alle ultime case del calvario
delle tre croci sconnesse alzate su di un rozzo altare di pietra grezza
costruito in cima ad un terrapieno di argilla: "Nd aviti ova
fimmini chi sajetti!?" Nella gola che si arrampicava fino al varco
della "Portella" riecheggiava il rumore degli zoccoli delle
cavalcature dei carbonai di ritorno dalla montagna lontana. Il vento che
rotolava giù per la pietraia spingeva avanti l'acre odore del piscio
dei muli fermi per l'ultima sosta prima di entrare in paese. "Nd
aviti ova, fimmini chi sajetti!?" L'eco degli zoccoli sovrastava e
ingoiava addirittura la voce sempre meno convinta dei due "quatrari"
in giro a cercare uova. "...fimmini fimmini chi sajetti!?"
raramente si apriva qualche porta. S' affacciava qualche vecchia,
guardava i "quatrari" e sopratutto frugava con gli occhi nel
paniere che portavano al braccio per rendersi conto se avevano i soldi
per pagare le uova. Solo allora chiedeva chi li avesse comandati e se il
nome non era di suo gradimento se ne tornava in casa lasciandosi dietro
un incomprensibile rosario di mezze parole. Le uova quando c'erano - e
c'erano soltanto quando nel paniere tintinnavano i soldi - erano sempre
fresche di giornata e addirittura ancora calde dalla gallina. Guai a
chiedere se ..."Nda" quando mai uova riscaldate nella cenere
del focolare o uova mezze covate! "Nda"! Era capitato, ma se
era capitato chissà a quale porta avevano bussato i "quatrari.
Certo i mali cristiani... "Nda"! E chi può dire! C'era chi le
uova se li vendeva per bisogno e allora ... Allora o ti stavi accorto o
ti capitava il pulcino morto! Ma chi il bisogno non lo conosceva proprio
....Allora l'uovo era sempre fresco e bisognava dire grazie due volte.
Gnorsì, una per l'uovo e una per il rispetto che avevi avuto. Nulla
sapevano di tutto questo i "quatrari" che un tempo andavano
per i vicoli di Staiti a cercare uova nell'ora del primo vento che
precedeva la sera. tornavano e se avevano trovato le uova rispondevano
alle domande della "gnura"... Dove, da chi, a quanto...Se il
paniere era vuoto sebbene i soldi c'erano, allora i perchè a cui
rispondere erano tanti .... Raramente vi erano uova date a credito, ma
le domande della "gnura" non finivano mai.... Sulle risposte
dei "quatrari" si confermavano vecchie amicizie se ne
costruivano di nuove o si distruggevano anche antichi rapporti di
rispettoso comparatico, di buon vicinato e addirittura di mezze
parentele. Uova o no, nel paniere non mancava mai una ricca manciata di
carrube quando incontravano mastro Vito Verni che accompagnava le
cavalcature verso la stalla dopo la sosta alla fontana di Sant'Anna. La
speranza di incontrare il vecchio dalla barba bianca a cavallo come un
vero padrone davanti alla lunga fila di muli puliti e lustri non
abbandonava, mai i "quatrari" comandati a cercare uova per i
vicoli nell'ora dell'ultimo sole. "Nd aviti ova fimmini chi sajetti?"
Mastro Vito li sentiva li attendeva sorridente e affondava la mano nel
sacco delle carrube. "Santa notte Mastro Vito!" Ora i quatrari
non vanno più a cercare uova e pochi ricordano che un tempo la prima
sera era attraversata dalla cantilena lamentosa e stanca. La voce non
risuona più nei vicoli stretti e sotto le "lamie" presto in
ombra nell'ultimo sole!
Domenico
Monoriti
"Ndi
dati pe morti"
Scalzi,
laceri, infreddoliti i "quatrari" vanno a piccoli gruppi nei
giorni della cerca e bussano timidamente alle porte prima di farsi
annunciare dalla debole voce scandita in coro: "Ndi dati pe
morti" Alla famiglia che apre presentano il paniere e restano
in atesa di ricevere l'offerta richiesta. Procedono silenziosi lungo i
vicoli delle case addossate e vanno come celebrando un rito che sul
proscenio dispiega l'immagine della morte e il peso del dolore di
tutto il paese di Staiti....
Novembre
veste di nuovi colori la campagna e lascia correre l'onda del primo
vento freddo che dialoga nelle forre con le foglie ingiallite e stanche.
Gli ulivi, prossimi al miglior tempo, signoreggiano lungo i declivi ...!
ora
le viti e i castagni hanno concluso il loro capitolo nel l'ultimo
tiepido sole del passo sempre più breve nella malinconia d'autunno.....
Ora le terre nella piana di "Campolico" e della "
Prateria" si preparano a custodire il grano sparso dalle
sapienti, pensose mani dei massari in lento movimento tra le zolle
scolpite....
I
grilli e le cicale hanno deposto i loro strumenti e sospeso il lungo
concerto d'estate...Le formiche definito l'ultimo affare, hanno sbarrato
i loro ricchi depositi....
<L'autunno
dai tanti profumi che si contengono l'aria si accompagna il mese dei
morti! Le donne vestite di nero si chinano sulle tombe e rimuovono le
ghirlande appassite. Altre ne apprestano, talvolta di fiori di carta
colorata, accanto ai piccoli lumi di cera che spandono tenera tremula
fiammella nella notte in cui si incontrano i morti lungo le strade dei
vivi!
tutti
nelle lunghe sere d'un tempo lontano, quando fiorivano i racconti dei
vecchi intorno al focolare, tutti hanno ascoltato le storie dei morti
che per la loro festa escono dalle tombe e camminano, camminano nella
notte in cerca di un buon incontro di pietà da parte dei vivi!
Qualche
tomba rimane spoglia e invano attende che una mano si posa a pulire una
croce rossa di ruggine, a rivestire d'un semplice fiore un incrostata di
terra che rende illeggibile un nome! Con il tempo
le tombe in solitudine e al buio crescono di numero nel rinnovato campo
santo.
L'emigrazione
verso terre lontane ha spopolato il paese e chi torna - quando riesce a
tornare - approfitta della buona stagione. Allora percorre il viale
della casa dei morti, e ritrova i propri al loro posto e si accorge dei
nuovi - e non sempre tanti- che hanno preso stanza per sempre sul
crinale della montagna di fronte Staiti! Già le case dei vivi e quelle
dei morti si guardano..... Soltanto il vallone della "Mortella"
li separa!
Coloro
che vivono all'ombra del campanile ancora soffrono: gli altri, quelli
per sempre al riparo sotto le croci, hanno finito di soffrire!.... E'
fatta così la legge che Dio volle per gli uomini di questo mondo!
Intere
famiglie di Staiti sono emigrate con la speranza di tornare con le
tasche piene! La speranza non costa niente, ma L' Australia è lontana.
La
gnura Mariuzza della piazza coltivò per oltre trent'anni la speranza di
rivedere la figlia Cata che nel 1947 partì insieme ai tre figli con
l'atto di richiamo del marito Lorenzino, muratore rifinito.....Ma Cata
dall'Australia non tornò mai! Se ancora appartiene al mondo dei vivi,
ormai vecchia anche lei, racconterà ai secondi nipoti che in una terra
lontana c'è un paese che dalla montagna guarda il mare!
La
gnura Mariuzza che non riuscì mai a pronunciare il nome dell'?Australia
senza storpiarlo ( ma per questo nessuno le rise dietro) sapeva e
ripeteva che quella sua Australia è lontana assai! Sua figlia e i tre
nipoti avevano viaggiato come d'Ognissanti fino a NAtale sempre mare
mare senza mai vedere terra e che quando a Staiti suona la campana di
mezzogiorno là è già mezzanotte!
La
signorina levatrice, ormai avanti negli anni anche lei, un giorno pensò
di far parlare la gnura Mariuzza attraverso il telefono con la figlia
non più tornata dall'Australia. Prima fu non facile impresa convincerla
e poi ?
La
povera donna era sorda, sorda fatta!... Chiamò la figlia gridando nella
cornetta " Cata Cata", ma non riuscì a sentire l'altra che le
rispondeva "Mamma Mamma"!
"Moh
Dio! E' propria sorda...!" commentò la signorina levatrice!
Quella
fu una delle infinite opere buone della mammina.... Certamente fu una
delle ultime che dall'altra parte del vallone della "Mortella"
era attesa ed era tempo anche per lei di andare... Purtroppo
quest'ultima opera buona non le riuscì! Dunque Novembre!....
Per
la festa dei morti vanno di casa in casa i "Quatrari" non più
scalzi, laceri e infreddoliti come un tempo ...Vanno con il paniere al
braccio bussano ed attendono prima di farsi annunciare dalla voce
scandita timidamente "Ndi dati pe
morti"!
Sono
molte le porte dove è inutile bussare perché non c'è nessuno ormai
dietro l'uscio... I vecchi non ci sono più e i figli, un tempo giovane,
sono emigrati!
Chi
non riesce a tornare nemmeno una volta, solo una volta in tutta la vita,
sogna i tetti muschiati del vecchio paese; con il cuore gonfio di
nostalgia percorre idealmente i gradoni che si arrampicano lungo i
vicoli stretti e non trascura di volgersi con la memoria dall'altra
parte del vallone della "Mortella"!
Novembre..."Ndi
dati pe morti!"
Una
porta si apre... Qualcuno c'è ancora ad attendere i pochi "
quatrari" della cerca
Comunicazione
ai lettori
Difficoltà
di ordine organizzativo ed economico ci costringono a non essere sempre
puntuali nella stampa del "Foglio" e ce ne scusiamo. Ci
eravamo dati alcuni obbiettivi all'atto della "VOCE"; il primo
era quello di sopravvivere. Obbiettivo questo raggiunto. L'altro é
quello di continuare la pubblicazione e migliorarne la qualità. Ci
stiamo sforzando di farlo ma abbiamo bisogno del Vostro aiuto e della
collaborazione di TUTTI VOI che ci seguite. Mandateci scritti,
riflessioni, poesie, articoli e quant'altro. Grazie
La
Pro Loco
presidente pro loco
webmaster
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