La Voce di Staiti

Settembre 2000                            Ognuno può esprimere liberamente il proprio pensiero


Dal Fuoco all'acqua

Ancora nel 2000 la Calabria continua a rappresentare l'eterna "questione" mai risolta. Se Giustino Fortunato potesse sollevarsi dalla tomba, vedendo che ancora quello "Sfasciume pendulo sul mare" di oltre un secolo fa, di cui ha denunciato i mali certamente non esiterebbe a denunciare ancora le inadempienze politico amministrative così come si legge nell'articolo pubblicato in prima pagina sulla Gazzetta del Sud del lunedì 11 c.m., Intitolato UOMINI DEL PALAZZO, VERGOGNA! scritto da Raffaele Nigro: "In Calabria, terra dove le emergenze non finiscono mai. Era finita da appena pochi giorni quella degli incendi. MIgliaia di ettari devastati dalle fiamme, un disastro ambientale che si ripete puntualmente in ogni estate. Dal fuoco all'acqua, alla tragedia di Soverato: Morti e dispersi in un campeggio realizzato sul greto di un torrente. E danni incalcolabili provocati dal maltempo lungo tutto l'asse Ionico calabrese, dalla provincia cosentina a quella di Reggio. Fatalità? Calamità? Imprevedibili? Come nel passato remoto e recente la tesi clinica di eventi che colpiscono la nostra regione come una maledizione è quella più accreditata nel palazzo del potere. Accettarla come un dogma. In questo confidano quanti dovrebbero vigilare sulle emergenze possibili, prevenire e disporre adeguati meccanismi di intervenire. Acqua e fuoco, elementi primordiali incontrollabili. Che ci pensi il Padreterno. Proprio contro questa tesi, che giustifica e assolve tutti, che assegna un ruolo inutile alle strutture che dovrebbero scongiurare e limitare i danni delle calamità cosiddette naturali, occorre un sussulto di indignazione. Gli incendi, i disastri geo-ambientali. "Necessitano piani di sviluppo seri, progetti mirati in cui coesistono sviluppo e tutela ambientale. La difesa e la gestione del patrimonio boschivo vanno affidati a tempo pieno agli operai forestali i quali se ne assumono la responsabilità e ne rispondono per eventuali danni o incendi" La tragedia di Soverato, la terra che frana, i torrenti che straripano da Crosia a Roccella. La protezione Civile non ha qualcosa e più da rimproverarsi? Per le teste pensanti era prevedibili che l'atavica carenza di adeguati sistemi di protezione del territorio avrebbe provocato questi disastri ed altri ancora.

Pro Loco

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Per ricordare Pavesi

In passato sulle colonne di questo foglio abbiamo fugacemente riportato qualche breve riflessione su Cesare Pavese, scrittore e poeta, confinato di polizia a Brancaleone Calabro durante l'era fascista". Oggi a 50 anni dalla Sua morte, suicidatosi nella notte tra il 26 e il 27 agosto 1950 in un albergo di Torino, apprendiamo che a Santo Stefano Belbo ( Cuneo ), dove nacque il 9 settembre 1908, è stata organizzata "una   veglia per il cinquantenario di Cesare Pavese. Una specie di festa, quindi, lontana dai riti e dai lutti che una commemorazione formale avrebbe potuto suggerire". Nel 1935 Pavese fu accusato dal regime   fascista   "d'aver partecipato   al movimento clandestino Giustizia e Libertà con la diffusione di scritti provocatori" e condannato a tre anni di confino da scontare a Brancaleone. Qui soggiornò esattamente dal 15 luglio 1935 al 17 marzo 1936 tra "Gente semplice contraddistinta dal gran cuore del Sud"; così riferisce in proposito G. Nardi. "Aveva raggiunto Brancaleone dopo un lungo viaggio, in manette, accompagnato da due carabinieri. Dal confino scrisse a Mario Sturani di sentirsi come Odisseo, senza Circe, solo e senza alcun conforto. Il suo inserimento nella società calabrese non fu facile per la diversità di usi, costumi, miti, leggende, privo di affetti e di possibili amicizie, anche per l'ambiente esclusivamente contadino che lo circondava. Dalle lettere si colgono le impressioni che gli derivarono dalla vita in una località lontana territorialmente e culturalmente. La gente di questi paesi (scrive egli stesso ) è di un tatto e di una cortesia che hanno una sola spiegazione: qui una volta la gente era greca... ancora adesso questa gente è tale e quale, e l'ospitalità e intatta". Riferisce ancora G. Morabito. Comunque "Lo scrittore non dimentica il confino a Brancaleone di Calabria, di fronte al mare Jonio, porta con se, nella Sua Torino, il ricordo delle calde piante d'agave e d'oleandro, i gerani, la secchia del pozzo accanto al suo cortile". Così scrive Giovanni Carteri da Brancaleone, nella Sua pubblicazione FIORI D ' AGAVE. A questo indelebile ricordo si aggiunge quello di alcune figure di paese come Concia, donna Alice Pontarolo, Oreste Polito e il vecchio pescatore Muta, mitico marinaro della marina di Staiti   Alcuni anni fa. L'Amministrazione Comunale di Brancaleone, gli ha dedicato una piazza con un busto bronzeo sul lungomare, di fronte a quel mare che "visto pensando ad altro era bello come i primi giorni". ( Da IL CARCERE ).

Un passator Staitese

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Angolo della poesia

ANGOLO DELLA POESIA

In un paesello ai piedi del monte Scapparrone vivevano due anziani coniugi. Essi abitavano in una modesta casetta dove, nonostante le quotidiane difficoltà esistenziali, conducevano una vita serena e tranquilla. La loro casa era diventata un porto sicuro, avevano cercato con tutto se stessi di renderla sempre più bella e accogliente,    distribuendo   qua   e   là qualcosa che sapeva dei loro figli. Ma un brutto   giorno,   un   terribile   incendio. appiccicato da una mano indegna e senza fede, devastò quei luoghi, distrusse quella casa e gli impoveriti coniugi furono   costretti ad allontanarsi. Persero così l'unico punto di riferimento della loro esistenza, così fu anche per i figli. e fu la fine.

'U CORI

Batti forti 'u cori nta stu pettu,

sentu ca mi faci troppu mali,

si penzu ca perdìo pa ' disprezzu

'a casa mia e i ricordi cari.

Sta ' casa era tuttu chi 'ndavìa,

e 'era 'u profumu meu chi saziava,

eu staju mali e mi ricordu 'i tia,

s 'aprìa 'u cori quandu ti guardava!

A me casa parrava comu a mia,

sempri mi dicia ti vogghiu beni,

eu, era tuttu chiglju chi ' ndavìa,

pecchì sapìa lejiri li so peni.

Ti 'ndijstì e mancu cassiu comu,

pa na manu crudeli, senza stima.

chi nujomu ti sutterrau di focu

e vendetta gridau chiù di prima.

T 'accarizzu ora comu 'a na cotrara,

ogni jornu mi giru e penzu a tia.

Ora “u doluri si faci chiù forti.

pacchi dassasti n 'angulu amaru,

me patri, me mamma forzi su forti,

ma vecchji lu focu a casa dassaru.

 

                                             Caterina Zappia

 

Frasi e versi intrisi di dolore e rabbia, di rimpianto e nostalgia, costituiscono le amare riflessionidi Caterina Zappia, una cittadina di origine staitese, quando rievoca la tragedia del fuoco dell'estate 1998 che lambì la frazione di Motticella di Bruzzano Zeffìrio e distrusse la casa di famiglia dove è vissuta felice con gli anziani genitori, costretti a scappare mentre "Batti forti 'u cori 'nta 'stu pettu"

Pro loco

 

 

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La Madonna della Montagna

Corrado Alvaro, lo scrittore di San Luca, nel suo volumetto CALABRIA, pubblicato nel 1931 così si esprime  ''Nell' Aspromonte abbiamo un santuario che si chiama di Polsi, ma comunemente  della Madonna  della Montagna E' un convento basiliano del millecento, uno dei pochi che rimangono in piedi nelle Calabrie La madonna è opera siciliana del secolo XVI, scolpita nel tufo e colorata, con due occhi bianchi e neri, fissi, che guardano da tutte le parti Questa nostra Madonna che non ha nulla di dolce, bensì d'imperioso, nessuno può muoverla dalla sua nicchia senza che avvenga il terremoto, e per poterla portare in processione, se n'e fatta una copia, ma p leggiera e non così bella. Questo culto nacque in modo del tutto favoloso C di mezzo un re, il Conte Ruggiero, una caccia, levrieri, un miracolo. Andando il Conte Ruggiero sull'Aspromonte a caccia, senti i suoi levrieri gridare lontano. Accorse, trovò un bue che inginocchiato frugava col muso per terra. Fu rinvenuta in quel luogo una croce greca, nacque così il culto della Madre di Dio. Da allora i buoi e ogni animale hanno diritto d'ingresso fino ai piedi dell'altare, dove si prostrano sui ginocchi davanti." Il santuario di Polsi è uno dei luoghi di culto mariano più antichi e importanti d'Italia. Esso e posto al centro del Parco d'Aspromonte, a circa 800 metri s.l.m., e vi si arriva da San Luca e da Gambarie-Montalto, percorrendo delle piste interrate attraverso un terreno scosceso e difficoltoso In questo luogo di preghiera ogni anno, dal 24 agosto al 3 settembre, si svolge un’importante festa caratterizzata da un continuo pellegrinaggio di fedeli e devoti, proveniente oltre che dalla Calabria anche dalla Sicilia e dall'estero. C che sorprende il viaggiatore, oltre alla selvaggia bellezza dei luoghi, è l'arcaicità delle forme di devozione e di culto, al punto che Polsi rappresenta uno dei pochi luoghi del nostro Paese, in cui è possibile riscoprire la p autentica tradizione religiosa dei pastori e dei contadini Un misto di ritualità pagana e cristiana. Per dare da mangiare ai pellegrini, lungo la fìumara che scorre nel vallone accanto al santuario, vengono macellati i vitelli, le capre e le pecore portate in dono alla Madonna, ex voto, per grazia ricevuta. Cosi si perpetua,   al   suono   dell ' organetto,   del tamburello e della zampogna, tra canti e balli, un "cruento rituale" che ricorda i riti sacrificali dei Greci e dei Romani" "Il santuario di Polsi, meta ogni anno di pellegrinaggio da ogni parte d'Italia   ,   rappresenta   nell’ immaginario collettivo dei calabresi un punto fermo, un pegno di fede da pagare almeno una volta nella propria vita. Chi non va al santuario della Madonna della Montagna non può dire di conoscere nella sua interezza ed essenza la vera anima di un popolo che fa del culto alla Vergine una ragione essenziale di vita'. Così scnve Giovanni Carteri di Brancaleone nella sua pubblicazione CORRADO ALVARO E LA   MADONNA   DI    POLSI,   TRA RELIGISITA’, MITO E STORIA Nel passato era una tradizione molto sentita per gli "Staitani", ritornando dalla '"Madonna da Muntagna", recarsi, sempre a piedi, alla festa della '"Madonna da Catina" a Bruzzano Zaffino, il 3 settembre di ogni anno      

 Un pellegrino di Staiti

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La Madonna della Catena

Moltissimi anni fa, tanti che se n'è persa la memoria, sulla spiaggia di Capo Bruzzano, fu rinvenuta una cassetta con dentro una bellissima statua in marmo della Madonna. La popolazione di Bruzzano Zeffirio e dei paesi vicini tutta si riversò sulla spiaggia festante e in lacrime. Erano tempi duri e la gente sentiva fortemente il bisogno di un ancora salda a cui aggrapparsi per resistere ai marosi della vita e andare avanti. La Madonna che teneva in braccio il suo Divin Figlio e aveva ai piedi, avvinto con una catena, un piccolo moretto, fu subito denominata "La Madonna della Catena" e riconosciuta come l'ancora della salvezza a cui ogni cuore anelava. Furono aggiogati due selvatici buoi e, caricata la statua, tutta la popolazione si avviò in preghiera, verso il paese. Arrivati al confine fra Bruzzano e Ferruzzano, un paesello arroccato sulla roccia ad un tiro di schioppo da Bruzzano, i buoi non andarono più avanti e, per quanto tentativi si facessero i buoi non si mossero ( La leggenda paria di un accanito diverbio, avvenuto in precedenza sulla spiaggia, fra la gente dei due paesi per appropriarsi della statua che ognuno avrebbe voluto per se ). Si capì allora che la Madonna era là che voleva la sua sede e vi si costruì la chiesetta. I Bruzzaniti si fecero fare la riproduzione della statua da tenere nella chiesa arcipretale e promisero di festeggiare ogni anno la Madonna. Sono passati tanti anni da allora ( tanti che si è persa persino la memoria dell'inizio!) ma i Bruzzaniti fedeli alla promessa e grati per le infinite grazie ricevute, ogni anno, alla prima domenica ( giorno 3 ) di settembre, festeggiano   la loro "Madonna della Catena" Il venerdì precedente la prima domenica di settembre, prendono la statua riproducente la Madonna della Catena, e in solenne processione, la    portano al Santuario, in alto, al confine tra i due paesi,  a  trovare  l'autentica  statua, rinvenuta nella notte dei tempi, sulla spiaggia di Capo Bruzzano. Per tre giorni è un continuo pellegrinaggio di fedeli non solo Bruzzaniti, ma anche dei paesi circonvicini che vengono a Ringraziare la Madonna per le grazie ricevute    o imploraLa per ottenere sollievo. La sera di domenica in una festa di cuori, in un coro di canti e di preghiere, in un tripudio di luci, la Madonna discende per ritornare alla chiesa arcipretale, al centro del paese. E' impossibile elencare tutte le grazie elargite dalla Madonna della Catena al suo popolo fedele. Ma non si può tacere di quella mirabile che più volte salvò il paese dal terribile flagello del terremoto, soprattutto dell'immane disastro del 1908 che tanta distruzione e lutto disseminò in Calabria e che rase al suolo il caro paesello di Ferruzzano    

 Giuseppe Landolfo

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La Madonna della Consolazione

Per ricordare questa importante ricorrenza settembrina (religiosa e civile), riportiamo qui di seguito alcune testimonianze di carattere storoco-religioso, del defunto monsignor Aurelio Sorrentino, vescovo di Reggio prima e, arcivescovo di Reggio-Bova dopo, contenute nel suo libretto: LA MADONNA    DELLA    CONSOLAZIONE, PATRONA DI REGGIO CALABRIA. "Il termine 'Consolazione' nella Scrittura non ha tanto il significato di dare conforto a chi si trova nell'afflizioni quanto piuttosto soccorrere, assistere e aiutare. Per la sua singolare partecipazione all'opera della redenzione.   Maria   è   diventata   la 'Consolatrice' con la sua materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio, ancora peregrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siamo condotti nella patria beata. Per questo la Beata Vergine è invocata nella chiesa con i titoli di Avvocata,    Ausiliatnce,    Socconitrìce, Mediatrìce. Non si sa chi, per primo, abbia portato l'immagine della Madonna della Consolazione sulla collina di Reggio detta la Botte. Secondo alcuni sarebbe stata portata da una famiglia genovese. Secondo altri sarebbe stata portata a Reggio da Rossano da Elia lo Speleotota. Le origine del Santuario risalgono alla fine del 1400 o ai primi del 1500. In quel tempo sulla collina esisteva una cappelletta dedicata alla Madonna della Consolazione, in custodia ai Terziari Francescani, detti Romiti. Da qui la denominazione di Eremo della Madonna della Consolazione dato a quel luogo. Il culto della Madonna della Consolazione è profondamente radicato nella coscienza del popolo di Reggio. E' entrato nella sua storia non solo religiosa, ma anche civile. GIi storici locali raccontano di una costante protezione e di straordinari prodigi a favore della città: nella    pestilenza    del    1567-1577; nell'epidemia del 1636 e 1656; nel colera del 1854; nel terremoti del 1638, 1693, 1783, 1908; nella carestia del 1673; nei vari sbarchi effettuati dai Turchi sulle spiagge reggine. L'immagine, durante l'anno è venerata nella Basilica dell'Eremo, officiata dai Padri Cappucci. Con solenne processione il sabato seguente alla festa della Natività di Maria Vergine ( 8 settembre ) viene portata nella Cattedrale, dove rimane fino all'ultima domenica successiva o che coincide con il 21 novembre, festa della Presentazione della Beata Vergine Maria. Il venerdì precedente alla discesa ha luogo un pellegrinaggio cittadino all'Eremo."

Ogni anno, la prima decade di settembre si conclude    con    "una    processione, caratteristica, spontanea e carismatica" a cui partecipano migliaia di cittadini calabresi e siciliani, attratti anche dalle manifestazioni civili che caratterizzano "Festa i Maronna".

Un romeo staitese

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In Memoria della professoressa Giovanna Scordo Bennati

La recente scomparsa terrena della stimata e compianta professoressa Giovanna Scordo Bennati ha suscitato un vasto e profondo moto di commozione popolare nel nostro comprensorio territoriale.

E' stata una donna di elette virtù, moglie esemplare, madre e docente dotata di grande umanità e professionalità. Una vita dedicata al lavoro, alla famiglia e agli immigrati che ha lasciato in tanti giovani e adulti una feconda eredità di virtù e un inestimabile patrimonio di valori. Oggi, a circa trenta giorni dalla sua dolorosa e inaspettata dipartita che ha lasciato un vuoto incolmabile nel cuore dei figli e del marito, in segno di stima e di riconoscenza per il bene e il sapere elargiti e profusi a piene mani e con grande disponibilità d'animo e d'intelletto, noi amici e colleghi della Pro Loco di Staiti abbiamo sollecitato la professoressa Rosa Marrapodi a consentirci di pubblicare il necrologio pronunciato al funerale della professoressa Bennati, in Brancaleone il 3 agosto u.s. quale estremo tributo ad una persona degna e meritevole di non essere mai dimenticata.

 "Amici, cittadini, i rintocchi a morto, oggi, per la signora Giovanna Scordo Bennati hanno colto di sorpresa tutta la comunità di Brancaleone e dintorni, perché non tutti sapevano della sua malattia e solo pochi conoscevano la sua gravita. Nessuno di noi, soprattutto, avrebbe potuto mai immaginare che nell'arco di cosi breve tempo, tre anni appena, le campane a morto suonassero di nuovo per casa Bennati e che la morte, "con la sua lampada accesa", si chinasse a ghermire un'altra bella figura di questa esemplare e pia famiglia. Questi rintocchi, oggi, amici e cittadini, hanno suonato non solo per la professoressa Giovanna Scordo e per la famiglia Bennati, ma anche per tutta Brancaleone e paesi vicini, per tutti noi che abbiamo conosciuto ed apprezzato nel suo inestimabile valore la signora Giovanna, non solo in quanto noi umanità, ma principalmente perché Voi, cara signora Giovanna, eravate parte viva e partecipe delle gioie e delle pene di questa Comunità, per il cui riscatto avete operato, con sentita e profonda convinzione, con spirito di abnegazione, con sincera canta cristiana, sempre in ogni ruolo della Vostra intensa attività, da educatrice zelante, da moglie devota, da cristiana convinta e praticante. Avete già lasciato, gentile e dolce collega Bennati, un vuoto incolmabile nell'Istituto tecnico Commerciale di questa ridente tadina, un ricordo indelebile per le Vostre inimitabili doti di coordinatrice e di la direttrice dello stesso, per la non comune Cittadina, un ricordo indelebile per le Vostre inimitabili doti di coordinatrice e direttrice dello stesso, per la non comune carica di umanità con cui affrontavate ogni problematica scolastica, per le coraggiose battaglie condotte con forza e determinazione per la sopravvivenza del Vostro e del nostro Istituto. Ora, amabile Collega, all'ambiente della scuola di Brancaleone e non solo lasciate in retaggio un modello di vita vissuta per gli altri tra gli altri, una forte carica di impegno morale, sociale e religioso. Ed è per questo che, grati, collocheremo Voi nei nostri cuori di colleghi, di alunni, di paesani. Voi professoressa modello accanto ad una alunna modello della Vostra amata scuola, Marika, la diletta e sfortunata Vostra figliola, la cui tragica fine ha, senza dubbio, determinato in Voi quella debolezza di spirito, per cui è stato la facile al male di cui soffrivate aggredire anche il corpo. Il Vostro pensiero, anche se cercavate di nasconderlo dietro un doloroso sorriso, era perennemente rivolto a Lei, ai Suoi ed ai Vostri sogni infranti, alla Sua giovinezza stroncata in lodo inimmaginabile quando la vita più le doveva sorridere. “Marika non sarebbe morta”  mi avete detto quattro, cinque giorni or sono durante una mia fugacissima visita - noi sarebbe morta Marika, se si fosse laureata presso una Università del Nord, perché  così avrebbe trovato subito lavoro, al nord, senza pregiudizi e tante cose non sarebbero successe." Letta, ora quella Vostra accorata affermazione, rimpianta e collega Giovanna, mi rendo tristemente conto di trovare in essa il vostro testamento professionale. Era la madre addolorata che parlava, ma a parlare era anche la professoressa, ferita   per la mancata pari dignità scolastica tra il Nord e il Sud del Paese, di cui, la propria famiglia aveva pagato il tributo più grave. Era, quella Vostra penosa affermazione, l’incitamento, lo sprone a tutte le persone di scuola, perché lavorino con serietà ed alta professionalità alla costruzione di una scuola sempre più di qualità nell'esclusivo interesse dei nostri giovani. Il Vostro messaggio, cara signora Giovanna, sarà il nostro impegno di operatori scolastici e sociali seri e responsabili, come sempre, nel ricordo di una nobile ed inarrendevole collega quale un siete sempre stata tra noi. E, nel partirVi da questo "troppo ai buoni funesto mortal soggiorno, in cui così corte le gioie e così lunghe vivon le pene", Vi sia gradito sapere che il ricordo di Voi, "l’eredità di affetti" a noi lasciata, la bontà delle Vostre azioni benefiche e umanitarie nei confronti degli extracomunitari più deboli e soli, l’impegno profuso nell ' attività scolastica e sociale servono a rendere migliori, più liberi e forti non solo i Vostri cari figli ed il devoto pio consorte, al cui dolore riverenti ci associamo, ma tutti noi, amici ed estimatori Vostri. A Voi garbata ed affettuosa amica, un dolce "tragitto a quello dei ben vissuti a cui" sospiravate per ricongiungerVi, in un abbraccio eterno alla Vostra diletta Marika e lì con la figliola tra le braccia, fattaVi pietà michelangiolesca in ciclo, finalmente chiederete all'Eterno il perché della Sua fine, quel perché che ha tormentato, dopo, i giorni e le notti della Vostra esistenza fino alla fine. Siamo signora Bennati: lì la Vostra forte non Vi deluderà nella risposta del Padre ed Egli, nella Sua infinita misericordia, saprà darVi una risposta esauriente, ripagando le pene di una madre addolorata in terra con gioie divine, godute nell ' azzurro dei cieli, "infiniti ed immortali", là dove "il vivere è calma, è senza morte". Addio, signora Bennati!.  

A questo punto diventa un atto dovuto esprimere un sentito ringraziamento alla professoressa Rosa Marrapodi per la Sua gentile concessione e per averci consentito, da queste colonne, di rendere non un doveroso omaggio alla memoria di una persona tanto cara a noi e a tutti che la conobbero.

 a cura di Leone Campanella

 

 

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Il restauro dell'Abbazia di Santa Maria di Tridetti

 

Quest'anno 1'8 settembre per i cultori della spiritualità bizantino-cattolica è quasi passato sotto silenzio, il secolare pellegrinaggio per la celebrazione dei Vespri a Santa Maria di Tridetti non si è potuto tenere a causa del cantiere aperto per la messa in sicurezza dell'antica abbazia basiliana , sita in contrada "Batìa" o "Badìa" del comune di Staiti (RC). Tuttavia la storica data non è passata inosservata per coloro che hanno sempre avuto a cuore le sorti di questo prezioso “bene culturale", quale simbolo di fede, di arte di storia e di cultura.

Il tipo di restauro messo in atto sui resti dell'Abbazia basiliana di Santa Maria di Tridetti dal punto di vista architettonico e storico, assume i dettami metodologici sviluppati dall’insigne studioso Cesare Brandi, attualmente patrimonio operativo di tutte le sovrintendenze architettoniche

Da c si evince chiaramente che qualsiasi intervento, a posteriori, oltre a non dover essere la copia perfetta dell'esistente, deve essere chiaramente leggibile e decifrabile, da chiunque, nella sua differenziazione di epoca e di opera. Le risarciture operate sulle murature antiche con mattoni a spina di pesce e il rifacimento degli archetti sul fronte Sud-Est, sono la risultanza di uno studio approfondito, di una ricerca culturale, e di una messa in opera di notevole interesse storico, artistico e culturale, da parte dell'Equipe del Professore Architetto Antonio Quistelli della facoltà di Architettura dell'Universi di Reggio Calabria e dell'Impresa “Aquila Sondaggi s.r.1." di Cosenza Per rendere un miglior servizio informativo per l'opinione pubblica abbiamo sollecitato l'Architetto Carmine Quistelli a redigere alcune note esplicative sugli interventi di messa in sicurezza , in corso d'opera, che qui di seguito riportiamo:

“Per i lavori di restauro della chiesa di Santa Maria di Tridetti in Staiti (RC) dal gruppo di progetto, con a capo il Prof. Arch. Antonio Quistelli, un apposito studio approvato preliminarmente dalla     Soprintendenza BB. AA. SS. della Calabria, e poi adottato con Deliberazione della Giunta Comunale di Staiti, n. 77 del 20/06/1977 per la somma complessiva di lire 400.000.000 , di cui lire 300.000.000 a base d'asta e lire 100.000.000 a disposizione dell'Amministrazione Comunale di Staiti.

E importante sottolineare che il progetto non poteva prevedere che interventi mirati alla salvaguardia della stabilita dell'opera che appariva in condizioni molto precarie. Altri lavori di  restauro,  comunque necessarie, dovevano essere rinviati ad una auspicabile seconda fase, data l'inadeguatezza dei fondi attualmente a disposizione.

Dopo regolare esperimento d'asta per licitazione privata tenuta il 10/12/1988 i lavori vennero accollati “Aquila Sondaggi S.R.L”., specializzata in interventi di consolidamento e restauro monumenti.

Le buone capacità tecniche dell’impresa emersero immediatamente durante la fase di messa in sicurezza della facciata Sud-Est , che presentava i maggiori rischi di crollo perché in passato era stata oggetto di interventi inutili e dannosi, sia dal punto di vista statico che architettonico, rappresentati principalmente da un solettone in cemento armato e da due barbacani in muratura, che con il loro gravare avevano accentuato i movimenti ed i distacchi che interessavano la struttura. La messa in sicurezza della parete prevedeva il preventivo consolidamento a mezzo di iniezione di malta cementizia, un successivo trattamento con resine particolarmente   studiato   per   evitare   il manifestarsi di effetti indesiderati, come quello della "glassatura", ed infine l'inserimento di tiranti metallici a scomparsa.

G questi lavori erano molto complessi a causa sia delle condizioni del manufatto, sia della necessità di eseguire un intervento che doveva assumere come vincolo i caratteri strutturanti del paramento murario originale, minuziosamente descritti negli elaborati a corredo dello studio, redatti sulla base di un rilievo filologico fondato su criteri scientifici, che per la prima volta veniva condotto sul monumento. Solo dopo questi lavori preliminari si sarebbero potuti affrontare i difficili e complessi lavori di demolizione e di "derestauro" a cui si e g fatto cenno.

Con l'Istituzione nazionale competente in materia di tutela e valorizzazione accanto a queste operazioni, dal forte carattere tecnico-costruttivo marcate dai caratteri dell’ invisibilità e della reversibili, veniva affrontato anche il tema degli interventi di ricostruzione di elementi e parti mancanti o danneggiate. Anche in questi casi si adottavano le prescrizioni sancite formalmente dalla "Carta del Restauro" del 1972, attualmente in vigore, che condannando la pratica dell’anastilosi avvalora, al contrario, la tesi che vuole l'immediata riconoscibilità e visibilità di tutte le operazioni "a vista", sulla base di tale importante premessa appaiono ovvie, ed in qualche modo obbligate, alcune scelte dell'intervento, come i rifacimenti dei partiti murari adottando la tecnica della costruzione "a spina di pesce", prendendo a riferimento analoghi interventi compiuti sui Fori Romani, oppure il rifacimento di elementi a secondo la comune tecnica del "freeze ", che vuole in qualche  modo "congelare" il monumento assumendo eventuali movimenti irreversibili delle murature, come elementi gappartenenti alla "storia" dell'Opera. Questo ha comportato l'adozione di particolari attenzioni nell'esecuzione dei lavori sugli elementi voltati, come gli archi.

I lavori vennero poi interrotti perché durante i saggi sulle antiche fondazioni, previsti nel quadro dei consolidamenti proposti, ed attuabili solo dopo l'indispensabile messa in sicurezza delle parti fuori terra a rischio emersero dei resti di strutture antiche, che richiesero lo studio e la valutazone   dei   Tecnici   preposti   della Soprintendenza archeologica della Calabria. Con i conseguenti tempi tecnici legati a queste azioni. Inoltre il quadro dei lavori da svolgerei diventava alquanto p preoccupante a causa del manifestarsi degli effetti negativi di nuovi cedimenti differenziati.

Questo nuovo "quadro clinico" comportava la scelta di intervenire massicciamente a rafforzamento di tutte le fondazioni.   Occorreva perciò rivedere la soluzione che interessava solo la fronte Sud-Est, per studiare un più complesso intervento perimetrale "a doppio cordolo" ( esterno ed interno alle antiche strutture interrate) con opportuni ferri passanti di collegamento, in modo da ingabbiare le fondazioni stesse per evitare eventuali fenomeni di cedimento, sia pure parziali, o leggeri. E soprattutto per tamponare gli effetti negativi di cedimenti differenziati già in alto. Tali interventi sono stati presentati sia alla Soprintendenza che alle Autorità Locali attraverso una Perizia di Variante Tecnica, appositamente predisposta. Fin qui la cronaca di un lavoro, iniziato nel 1997, - ed ancora non pagato, a livello di Progetto, nonostante la disponibilità comunale dei finanziamenti - che ha visto impegnate professionalità complesse, e che può essere sintetizzato in questo modo:

 

·        Tutte le operazioni individuate sono state condotte seguendo precise indicazioni preventivamente concordati con l’organo di

·        Tutela preposto, e sono rispettose di filosofia e metodiche attualmente in uso.

·        Ciò che appare invisibile degli interventi è solo una minima parte rispetto a quello che si é compiuto. Ed è giusto dare atto alla specializzazione ed alla competenza dell'Impresa esecutrice che ha compiuto lavori, giudicati difficili da Tecnici esperti nel settore del Restauro.

·        Ciò che non appare, che é maggiormente caratterizzato da un contenuto tecnico e costituisce l'essenza stessa del nostro operato, ha già consentito di conseguire una prima, parziale,   "messa   in   sicurezza"   del Monumento.

·        Il nostro lavoro ha già subito due importanti "collaudi" inaspettati: un sisma (Marzo-Aprile 2000), ed un’alluvione (Settembre 2000).

·        E’ facile prevedere quali sarebbero state le drammatiche conseguenze in assenza di tali primi interventi.

Ciò che resta da fare, oltre il completamento di quanto già previsto, è proseguire in un dispensabile programma di valorizzazione, auspicando la possibilità di poter completare quanto iniziato grazie alla disponibilità di nuovi fondi.

 

Dott. Arch. Carmine Ludovico Quistelli, Ph. D.

 A cura di Leone Campanella

 

 

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