Dal Fuoco all'acquaAncora nel 2000 la Calabria continua a rappresentare l'eterna "questione" mai risolta. Se Giustino Fortunato potesse sollevarsi dalla tomba, vedendo che ancora quello "Sfasciume pendulo sul mare" di oltre un secolo fa, di cui ha denunciato i mali certamente non esiterebbe a denunciare ancora le inadempienze politico amministrative così come si legge nell'articolo pubblicato in prima pagina sulla Gazzetta del Sud del lunedì 11 c.m., Intitolato UOMINI DEL PALAZZO, VERGOGNA! scritto da Raffaele Nigro: "In Calabria, terra dove le emergenze non finiscono mai. Era finita da appena pochi giorni quella degli incendi. MIgliaia di ettari devastati dalle fiamme, un disastro ambientale che si ripete puntualmente in ogni estate. Dal fuoco all'acqua, alla tragedia di Soverato: Morti e dispersi in un campeggio realizzato sul greto di un torrente. E danni incalcolabili provocati dal maltempo lungo tutto l'asse Ionico calabrese, dalla provincia cosentina a quella di Reggio. Fatalità? Calamità? Imprevedibili? Come nel passato remoto e recente la tesi clinica di eventi che colpiscono la nostra regione come una maledizione è quella più accreditata nel palazzo del potere. Accettarla come un dogma. In questo confidano quanti dovrebbero vigilare sulle emergenze possibili, prevenire e disporre adeguati meccanismi di intervenire. Acqua e fuoco, elementi primordiali incontrollabili. Che ci pensi il Padreterno. Proprio contro questa tesi, che giustifica e assolve tutti, che assegna un ruolo inutile alle strutture che dovrebbero scongiurare e limitare i danni delle calamità cosiddette naturali, occorre un sussulto di indignazione. Gli incendi, i disastri geo-ambientali. "Necessitano piani di sviluppo seri, progetti mirati in cui coesistono sviluppo e tutela ambientale. La difesa e la gestione del patrimonio boschivo vanno affidati a tempo pieno agli operai forestali i quali se ne assumono la responsabilità e ne rispondono per eventuali danni o incendi" La tragedia di Soverato, la terra che frana, i torrenti che straripano da Crosia a Roccella. La protezione Civile non ha qualcosa e più da rimproverarsi? Per le teste pensanti era prevedibili che l'atavica carenza di adeguati sistemi di protezione del territorio avrebbe provocato questi disastri ed altri ancora. Pro Loco Per ricordare Pavesi
In
passato sulle colonne di questo foglio abbiamo
fugacemente riportato qualche breve riflessione su Cesare Pavese, scrittore e
poeta, confinato di polizia a Brancaleone
Calabro durante l'era fascista". Oggi a 50
anni dalla Sua morte, suicidatosi nella notte tra il 26 e il 27 agosto 1950 in
un albergo di Torino, apprendiamo che a Santo Stefano Belbo (
Cuneo ), dove nacque il 9 settembre 1908,
è stata organizzata "una
veglia per il cinquantenario di Cesare Pavese. Una specie di festa,
quindi, lontana dai riti e dai lutti che una commemorazione formale avrebbe
potuto suggerire". Nel 1935 Pavese fu
accusato dal regime fascista
"d'aver
partecipato al movimento
clandestino Giustizia e Libertà con la diffusione di scritti provocatori"
e condannato a tre anni di confino da scontare a Brancaleone. Qui soggiornò
esattamente dal 15 luglio 1935 al 17 marzo 1936 tra "Gente
semplice contraddistinta dal gran cuore del Sud";
così riferisce in proposito G. Nardi. "Aveva
raggiunto Brancaleone dopo un lungo viaggio, in manette, accompagnato da due
carabinieri. Dal confino scrisse a Mario Sturani
di sentirsi come Odisseo, senza Circe, solo e senza alcun conforto. Il suo
inserimento nella società calabrese non fu facile per la diversità di usi,
costumi, miti, leggende, privo di affetti e di possibili amicizie,
anche per l'ambiente esclusivamente contadino che lo circondava. Dalle lettere
si colgono le impressioni che gli derivarono dalla vita in una località lontana
territorialmente e culturalmente. La gente di questi paesi (scrive egli stesso )
è di un tatto e di una cortesia che hanno una
sola spiegazione: qui una volta la gente era greca... ancora adesso questa gente
è tale e quale, e l'ospitalità e intatta".
Riferisce ancora G. Morabito. Comunque "Lo
scrittore non dimentica il confino a Brancaleone di Calabria,
di fronte al mare Jonio, porta con se, nella Sua
Torino, il ricordo delle calde piante d'agave
e d'oleandro, i gerani, la secchia del pozzo
accanto al suo cortile". Così scrive Giovanni Carteri
da Brancaleone, nella Sua pubblicazione FIORI D '
AGAVE. A questo
indelebile ricordo si aggiunge quello
di alcune
figure di paese
come Concia, donna
Alice Pontarolo,
Oreste Polito e il vecchio pescatore Muta, mitico marinaro
della marina di Staiti Alcuni
anni fa. L'Amministrazione
Comunale di Brancaleone, gli ha dedicato una
piazza con un busto bronzeo sul lungomare, di fronte a quel mare che "visto
pensando ad altro era bello come i primi giorni". (
Da IL CARCERE ). Un passator Staitese Angolo della poesiaIn
un paesello ai piedi del monte Scapparrone vivevano
due anziani coniugi. Essi abitavano in una modesta
casetta dove, nonostante le quotidiane difficoltà
esistenziali, conducevano una vita serena e
tranquilla. La loro casa era diventata un porto
sicuro, avevano cercato con tutto se stessi di
renderla sempre più bella e accogliente,
distribuendo qua e
là qualcosa che sapeva dei loro figli. Ma
un brutto giorno,
un terribile
incendio. appiccicato da una mano indegna e senza
fede, devastò quei luoghi, distrusse quella casa
e gli impoveriti coniugi furono costretti
ad allontanarsi. Persero così l'unico punto di riferimento della loro esistenza,
così fu anche per i figli. e fu la fine. 'U
CORI Batti
forti 'u cori nta stu
pettu, si
penzu ca perdìo pa
' disprezzu 'a
casa mia e i ricordi cari. Sta
' casa era tuttu chi
'ndavìa, e
'era 'u profumu
meu chi saziava, eu
staju mali e mi ricordu
'i tia, s
'aprìa 'u cori quandu
ti guardava! sempri
mi dicia ti vogghiu
beni, eu,
era tuttu chiglju chi '
ndavìa, pecchì
sapìa lejiri li so peni. Ti
'ndijstì e mancu cassiu
comu, pa
na manu crudeli,
senza stima. chi
nujomu ti sutterrau di
focu e
vendetta gridau chiù di prima. T
'accarizzu ora comu 'a
na cotrara, ogni
jornu mi giru
e penzu a tia. Ora
“u doluri si faci chiù forti. pacchi
dassasti n 'angulu
amaru, me
patri, me mamma forzi su forti, ma
vecchji lu focu a
casa dassaru.
Caterina Zappia Frasi e versi intrisi di dolore e rabbia, di rimpianto e nostalgia, costituiscono le amare riflessionidi Caterina Zappia, una cittadina di origine staitese, quando rievoca la tragedia del fuoco dell'estate 1998 che lambì la frazione di Motticella di Bruzzano Zeffìrio e distrusse la casa di famiglia dove è vissuta felice con gli anziani genitori, costretti a scappare mentre "Batti forti 'u cori 'nta 'stu pettu" Pro loco
La Madonna della Montagna
Corrado Alvaro, lo scrittore di San Luca, nel suo volumetto CALABRIA, pubblicato nel 1931 così si esprime ''Nell' Aspromonte abbiamo un santuario che si chiama di Polsi, ma comunemente della Madonna della Montagna E' un convento basiliano del millecento, uno dei pochi che rimangono in piedi nelle Calabrie La madonna è opera siciliana del secolo XVI, scolpita nel tufo e colorata, con due occhi bianchi e neri, fissi, che guardano da tutte le parti Questa nostra Madonna che non ha nulla di dolce, bensì d'imperioso, nessuno può muoverla dalla sua nicchia senza che avvenga il terremoto, e per poterla portare in processione, se n'e fatta una copia, ma più leggiera e non così bella. Questo culto nacque in modo del tutto favoloso C'è di mezzo un re, il Conte Ruggiero, una caccia, levrieri, un miracolo. Andando il Conte Ruggiero sull'Aspromonte a caccia, senti i suoi levrieri gridare lontano. Accorse, trovò un bue che inginocchiato frugava col muso per terra. Fu rinvenuta in quel luogo una croce greca, nacque così il culto della Madre di Dio. Da allora i buoi e ogni animale hanno diritto d'ingresso fino ai piedi dell'altare, dove si prostrano sui ginocchi davanti." Il santuario di Polsi è uno dei luoghi di culto mariano più antichi e importanti d'Italia. Esso e posto al centro del Parco d'Aspromonte, a circa 800 metri s.l.m., e vi si arriva da San Luca e da Gambarie-Montalto, percorrendo delle piste interrate attraverso un terreno scosceso e difficoltoso In questo luogo di preghiera ogni anno, dal 24 agosto al 3 settembre, si svolge un’importante festa caratterizzata da un continuo pellegrinaggio di fedeli e devoti, proveniente oltre che dalla Calabria anche dalla Sicilia e dall'estero. Ciò che sorprende il viaggiatore, oltre alla selvaggia bellezza dei luoghi, è l'arcaicità delle forme di devozione e di culto, al punto che Polsi rappresenta uno dei pochi luoghi del nostro Paese, in cui è possibile riscoprire la più autentica tradizione religiosa dei pastori e dei contadini Un misto di ritualità pagana e cristiana. Per dare da mangiare ai pellegrini, lungo la fìumara che scorre nel vallone accanto al santuario, vengono macellati i vitelli, le capre e le pecore portate in dono alla Madonna, ex voto, per grazia ricevuta. Cosi si perpetua, al suono dell ' organetto, del tamburello e della zampogna, tra canti e balli, un "cruento rituale" che ricorda i riti sacrificali dei Greci e dei Romani" "Il santuario di Polsi, meta ogni anno di pellegrinaggio da ogni parte d'Italia , rappresenta nell’ immaginario collettivo dei calabresi un punto fermo, un pegno di fede da pagare almeno una volta nella propria vita. Chi non va al santuario della Madonna della Montagna non può dire di conoscere nella sua interezza ed essenza la vera anima di un popolo che fa del culto alla Vergine una ragione essenziale di vita'. Così scnve Giovanni Carteri di Brancaleone nella sua pubblicazione CORRADO ALVARO E LA MADONNA DI POLSI, TRA RELIGISITA’, MITO E STORIA Nel passato era una tradizione molto sentita per gli "Staitani", ritornando dalla '"Madonna da Muntagna", recarsi, sempre a piedi, alla festa della '"Madonna da Catina" a Bruzzano Zaffino, il 3 settembre di ogni anno La Madonna della CatenaMoltissimi anni fa, tanti che se n'è
persa la memoria, sulla spiaggia di Capo Bruzzano,
fu rinvenuta una cassetta con dentro una bellissima statua in marmo della
Madonna. La popolazione di Bruzzano Zeffirio e dei
paesi vicini tutta si riversò sulla spiaggia festante e in lacrime. Erano tempi
duri e la gente sentiva fortemente il bisogno di un ancora salda a cui
aggrapparsi per resistere ai marosi della vita e andare avanti. La Madonna che
teneva in braccio il suo Divin Figlio e aveva ai
piedi, avvinto con una catena, un piccolo moretto,
fu subito denominata "La Madonna della Catena" e riconosciuta come
l'ancora della salvezza a cui ogni cuore anelava.
Furono aggiogati due selvatici buoi e, caricata la statua, tutta la popolazione
si avviò in preghiera, verso il paese. Arrivati
al confine fra Bruzzano e Ferruzzano, un paesello
arroccato sulla roccia ad un tiro di schioppo da Bruzzano, i buoi non andarono
più avanti e, per quanto tentativi si facessero i buoi non si mossero (
La leggenda paria di un accanito diverbio, avvenuto in precedenza sulla spiaggia,
fra la gente dei due paesi per appropriarsi della statua che ognuno avrebbe
voluto per se ). Si capì allora che la Madonna
era là che voleva la sua sede e vi si costruì la chiesetta.
I Bruzzaniti si fecero fare la riproduzione della
statua da tenere nella chiesa arcipretale e promisero di festeggiare ogni anno
la Madonna. Sono passati tanti anni da allora (
tanti che si è persa persino la memoria dell'inizio!)
ma i Bruzzaniti fedeli alla promessa e grati per le infinite grazie ricevute,
ogni anno, alla prima domenica ( giorno
3 ) di settembre, festeggiano la loro "Madonna della Catena" Il venerdì
precedente la prima domenica di settembre,
prendono la statua riproducente la Madonna della
Catena, e in solenne processione, la
portano al Santuario, in alto, al confine tra i due paesi,
a trovare
l'autentica
statua, rinvenuta nella notte dei tempi,
sulla spiaggia di Capo Bruzzano.
Per tre giorni è un continuo pellegrinaggio di
fedeli non solo Bruzzaniti, ma anche dei paesi circonvicini che vengono a Ringraziare
la Madonna per le grazie ricevute o imploraLa per
ottenere sollievo. La sera di domenica in una festa di cuori, in un coro di
canti e di preghiere, in un tripudio di luci, la Madonna discende per ritornare
alla chiesa arcipretale, al centro del paese.
E' impossibile elencare tutte le grazie elargite dalla Madonna della Catena
al suo popolo fedele. Ma non si può tacere di quella mirabile che più volte salvò
il paese dal terribile flagello del terremoto,
soprattutto dell'immane disastro del 1908 che tanta distruzione
e lutto disseminò in Calabria e che rase al suolo
il caro paesello di Ferruzzano
Giuseppe
Landolfo La Madonna della ConsolazionePer ricordare questa importante ricorrenza settembrina (religiosa
e civile), riportiamo qui di seguito alcune
testimonianze di carattere storoco-religioso, del defunto monsignor
Aurelio Sorrentino, vescovo di Reggio prima e,
arcivescovo di Reggio-Bova dopo,
contenute nel suo libretto: LA MADONNA
DELLA CONSOLAZIONE,
PATRONA DI REGGIO CALABRIA. "Il termine 'Consolazione'
nella Scrittura non ha tanto il significato di dare conforto a chi si trova
nell'afflizioni quanto piuttosto soccorrere, assistere e aiutare. Per la sua
singolare partecipazione all'opera della redenzione. Maria è
diventata la 'Consolatrice'
con la sua materna carità si prende cura dei
fratelli del Figlio, ancora peregrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni,
fino a che non siamo condotti nella patria beata.
Per questo la Beata Vergine è invocata nella chiesa con i titoli
di Avvocata,
Ausiliatnce, Socconitrìce, Mediatrìce.
Non si sa chi, per primo, abbia portato l'immagine
della Madonna della Consolazione sulla collina di
Reggio detta la Botte. Secondo alcuni sarebbe
stata portata da una famiglia genovese. Secondo altri sarebbe stata portata a
Reggio da Rossano da Elia lo Speleotota. Le
origine del Santuario risalgono alla fine del 1400 o ai primi del 1500. In quel
tempo sulla collina esisteva una cappelletta
dedicata alla Madonna della Consolazione, in
custodia ai Terziari
Francescani, detti Romiti. Da qui la denominazione
di Eremo della Madonna della Consolazione dato a
quel luogo. Il culto
della Madonna della Consolazione è profondamente radicato nella coscienza del
popolo di Reggio. E' entrato nella sua storia non
solo religiosa, ma anche civile. GIi
storici locali raccontano
di una costante protezione e di straordinari
prodigi a favore della città: nella
pestilenza del
1567-1577; nell'epidemia del 1636 e 1656; nel colera del 1854; nel
terremoti del 1638, 1693, 1783, 1908; nella
carestia del 1673; nei vari sbarchi effettuati dai Turchi sulle spiagge reggine.
L'immagine, durante l'anno è venerata nella Basilica
dell'Eremo, officiata
dai Padri Cappucci. Con solenne processione
il sabato seguente alla festa della Natività di Maria Vergine (
8 settembre ) viene portata nella Cattedrale,
dove rimane fino all'ultima domenica
successiva o che coincide con il 21 novembre, festa della Presentazione della
Beata Vergine Maria. Il venerdì precedente alla discesa ha luogo un
pellegrinaggio cittadino all'Eremo." Ogni anno, la prima decade di settembre si conclude
con "una
processione, caratteristica, spontanea e carismatica"
a cui partecipano migliaia di cittadini calabresi
e siciliani, attratti
anche dalle manifestazioni civili che caratterizzano
"Festa i Maronna". Un romeo staitese
In Memoria della professoressa Giovanna Scordo BennatiLa
recente scomparsa terrena della stimata e compianta professoressa
Giovanna Scordo Bennati ha suscitato un vasto e profondo moto di commozione
popolare nel nostro comprensorio territoriale. E' stata una donna di elette virtù, moglie esemplare, madre e docente dotata di grande umanità e professionalità. Una vita dedicata al lavoro, alla famiglia e agli immigrati che ha lasciato in tanti giovani e adulti una feconda eredità di virtù e un inestimabile patrimonio di valori. Oggi, a circa trenta giorni dalla sua dolorosa e inaspettata dipartita che ha lasciato un vuoto incolmabile nel cuore dei figli e del marito, in segno di stima e di riconoscenza per il bene e il sapere elargiti e profusi a piene mani e con grande disponibilità d'animo e d'intelletto, noi amici e colleghi della Pro Loco di Staiti abbiamo sollecitato la professoressa Rosa Marrapodi a consentirci di pubblicare il necrologio pronunciato al funerale della professoressa Bennati, in Brancaleone il 3 agosto u.s. quale estremo tributo ad una persona degna e meritevole di non essere mai dimenticata. "Amici,
cittadini, i rintocchi a morto, oggi,
per la signora Giovanna Scordo Bennati hanno colto
di sorpresa tutta la comunità di Brancaleone e dintorni,
perché non tutti sapevano della sua malattia e solo pochi
conoscevano la sua gravita. Nessuno di noi,
soprattutto, avrebbe potuto mai immaginare che nell'arco
di cosi breve tempo, tre anni appena, le campane a
morto suonassero di nuovo per casa Bennati e che la morte, "con la sua
lampada accesa", si chinasse a ghermire un'altra
bella figura di questa esemplare e pia famiglia. Questi rintocchi,
oggi, amici e cittadini, hanno suonato non solo per la professoressa Giovanna
Scordo e per la famiglia Bennati, ma anche per tutta Brancaleone e paesi vicini,
per tutti noi che abbiamo conosciuto ed apprezzato nel suo inestimabile valore
la signora Giovanna, non solo in quanto noi umanità,
ma principalmente perché Voi, cara signora Giovanna,
eravate parte viva e partecipe delle gioie e delle pene di questa Comunità,
per il cui riscatto avete operato, con sentita e
profonda convinzione, con spirito di abnegazione, con sincera
canta cristiana,
sempre in ogni ruolo della Vostra intensa attività,
da educatrice zelante, da moglie devota, da
cristiana convinta e praticante. Avete già lasciato,
gentile e dolce collega Bennati, un A
questo punto diventa un atto dovuto esprimere un sentito
ringraziamento alla professoressa Rosa
Marrapodi per la Sua gentile concessione e per averci consentito, da queste
colonne, di rendere
non un doveroso omaggio alla memoria di una persona tanto cara a noi e a tutti
che la conobbero. a
cura di Leone Campanella
Il restauro dell'Abbazia di Santa Maria di Tridetti Quest'anno
1'8 settembre per i cultori
della spiritualità
bizantino-cattolica
è quasi passato sotto silenzio,
il secolare pellegrinaggio
per la celebrazione dei
Vespri a Santa Maria
di Tridetti non si
è potuto tenere a causa del cantiere aperto per
la messa in sicurezza
dell'antica abbazia
basiliana , sita
in contrada "Batìa"
o "Badìa" del comune di
Staiti (RC).
Tuttavia la storica
data non è passata inosservata
per coloro che hanno sempre avuto a cuore le sorti
di questo prezioso “bene
culturale", quale simbolo
di fede, di arte di
storia e di cultura. Il
tipo di restauro
messo in atto sui resti dell'Abbazia
basiliana di Santa Maria
di Tridetti dal punto di
vista architettonico
e storico, assume i
dettami metodologici
sviluppati dall’insigne
studioso Cesare Brandi,
attualmente patrimonio
operativo di tutte
le sovrintendenze architettoniche Da ciò si evince
chiaramente che qualsiasi
intervento, a posteriori,
oltre a non dover essere la copia
perfetta dell'esistente, deve essere chiaramente
leggibile e decifrabile,
da chiunque, nella
sua differenziazione
di epoca e di opera.
Le risarciture operate sulle murature antiche
con mattoni a spina
di pesce e il rifacimento
degli archetti
sul fronte Sud-Est, sono la risultanza
di uno studio
approfondito, di una
ricerca culturale, e
di una messa in opera di
notevole interesse storico,
artistico e
culturale, da parte dell'Equipe del Professore
Architetto Antonio Quistelli
della facoltà di
Architettura dell'Università
di Reggio Calabria
e dell'Impresa “Aquila Sondaggi
s.r.1."
di Cosenza Per
rendere un miglior
servizio informativo
per l'opinione pubblica
abbiamo sollecitato
l'Architetto Carmine
Quistelli a redigere
alcune note esplicative
sugli interventi
di messa in sicurezza
, in corso d'opera,
che qui di seguito
riportiamo: “Per i lavori
di restauro della chiesa
di Santa Maria di
Tridetti in Staiti
(RC) dal gruppo di
progetto, con a capo il
Prof. Arch. Antonio
Quistelli, un apposito
studio approvato preliminarmente
dalla Soprintendenza BB.
AA. SS. della Calabria,
e poi adottato con Deliberazione
della Giunta Comunale di
Staiti, n.
77 del 20/06/1977
per la somma complessiva di
lire 400.000.000 , di
cui lire 300.000.000
a base d'asta e lire 100.000.000 a disposizione
dell'Amministrazione
Comunale di Staiti. E importante sottolineare
che il progetto non poteva prevedere che interventi
mirati alla salvaguardia
della stabilita dell'opera
che appariva in condizioni
molto precarie. Altri lavori
di restauro,
comunque necessarie, dovevano essere rinviati
ad una auspicabile
seconda fase, data l'inadeguatezza dei
fondi attualmente a disposizione. Dopo regolare esperimento d'asta per licitazione
privata tenuta il
10/12/1988
i lavori vennero
accollati “Aquila Sondaggi
S.R.L”.,
specializzata in
interventi di consolidamento
e restauro monumenti. Le
buone capacità tecniche
dell’impresa emersero immediatamente
durante la fase di messa in sicurezza
della facciata Sud-Est ,
che presentava i maggiori
rischi di crollo
perché in passato era stata oggetto di interventi
inutili e dannosi,
sia dal punto di vista
statico che architettonico,
rappresentati principalmente
da un solettone
in cemento armato e da due
barbacani in muratura,
che con il loro gravare avevano
accentuato i movimenti
ed i distacchi
che interessavano la struttura. La messa in sicurezza
della parete prevedeva il preventivo
consolidamento a mezzo di
iniezione
di malta cementizia,
un successivo trattamento con resine
particolarmente studiato
per evitare
il manifestarsi
di effetti indesiderati,
come quello della "glassatura",
ed infine l'inserimento
di tiranti metallici
a scomparsa. Già questi lavori erano molto complessi a
causa sia delle condizioni
del manufatto, sia della necessità
di eseguire un intervento
che doveva assumere come vincolo i
caratteri strutturanti del paramento murario originale,
minuziosamente descritti
negli elaborati a corredo dello studio,
redatti sulla base di
un rilievo filologico
fondato su criteri scientifici,
che per la prima volta veniva condotto sul
monumento. Solo dopo questi lavori preliminari si
sarebbero potuti affrontare i
difficili
e complessi lavori di demolizione
e di "derestauro"
a cui si e già
fatto cenno. Con l'Istituzione
nazionale competente in materia
di tutela e valorizzazione
accanto a queste operazioni,
dal forte carattere tecnico-costruttivo marcate dai
caratteri dell’ invisibilità
e della reversibilità,
veniva affrontato anche il
tema degli interventi
di ricostruzione di
elementi e parti mancanti o danneggiate.
Anche in questi casi si
adottavano le prescrizioni
sancite formalmente
dalla "Carta del Restauro" del 1972, attualmente in vigore,
che condannando la pratica dell’anastilosi
avvalora, al contrario, la tesi
che vuole l'immediata
riconoscibilità e visibilità
di tutte le operazioni
"a vista",
sulla base di tale importante
premessa appaiono ovvie,
ed in qualche modo obbligate, alcune scelte dell'intervento,
come i rifacimenti
dei partiti murari
adottando la tecnica della costruzione
"a spina di
pesce", prendendo a riferimento analoghi
interventi compiuti sui
Fori Romani, oppure il
rifacimento di
elementi a secondo la comune tecnica del "freeze
", che vuole in qualche
modo "congelare" il
monumento assumendo eventuali movimenti
irreversibili
delle murature, come elementi già
appartenenti alla "storia" dell'Opera. Questo ha comportato l'adozione
di particolari
attenzioni nell'esecuzione
dei lavori sugli
elementi voltati, come gli
archi. I lavori vennero poi interrotti
perché durante i saggi
sulle antiche fondazioni,
previsti nel quadro dei
consolidamenti
proposti, ed attuabili solo
dopo l'indispensabile
messa in sicurezza delle parti
fuori terra a rischio
emersero dei resti di
strutture antiche, che richiesero lo studio
e la valutazone
dei
Tecnici
preposti
della Soprintendenza archeologica
della Calabria. Con i
conseguenti
tempi tecnici legati
a queste azioni.
Inoltre il quadro dei
lavori da svolgerei diventava alquanto più
preoccupante a causa del manifestarsi
degli effetti
negativi di nuovi
cedimenti differenziati. Questo nuovo "quadro clinico" comportava la scelta di
intervenire massicciamente a rafforzamento di tutte le fondazioni.
Occorreva perciò rivedere la soluzione che interessava solo la fronte
Sud-Est, per studiare un più complesso intervento perimetrale "a doppio
cordolo" ( esterno ed interno alle antiche strutture interrate) con
opportuni ferri passanti di collegamento, in modo da ingabbiare le fondazioni
stesse per evitare eventuali fenomeni di cedimento, sia pure parziali, o
leggeri. E soprattutto per tamponare gli effetti negativi di cedimenti
differenziati già in alto. Tali interventi sono stati presentati sia alla
Soprintendenza che alle Autorità Locali attraverso una Perizia di Variante
Tecnica, appositamente predisposta. Fin qui la cronaca di un lavoro, iniziato
nel 1997, - ed ancora non pagato, a livello di Progetto, nonostante la
disponibilità comunale dei finanziamenti - che ha visto impegnate
professionalità complesse, e che può essere sintetizzato in questo modo: ·
Tutte le operazioni individuate
sono state condotte seguendo precise indicazioni preventivamente concordati con
l’organo di ·
Tutela preposto, e sono
rispettose di filosofia e metodiche attualmente in uso. ·
Ciò che appare invisibile
degli interventi è solo una minima parte rispetto a quello che si é compiuto.
Ed è giusto dare atto alla specializzazione ed alla competenza dell'Impresa
esecutrice che ha compiuto lavori, giudicati difficili da Tecnici esperti nel
settore del Restauro. ·
Ciò che non appare, che é
maggiormente caratterizzato da un contenuto tecnico e costituisce l'essenza
stessa del nostro operato, ha già consentito di conseguire una prima, parziale,
"messa in
sicurezza" del
Monumento. ·
Il nostro lavoro ha già subito
due importanti "collaudi" inaspettati: un sisma (Marzo-Aprile 2000),
ed un’alluvione (Settembre 2000). ·
E’
facile prevedere quali sarebbero state le drammatiche conseguenze in assenza di
tali primi interventi. Ciò che resta da fare, oltre il completamento di quanto già previsto, è proseguire in un dispensabile programma di valorizzazione, auspicando la possibilità di poter completare quanto iniziato grazie alla disponibilità di nuovi fondi. Dott.
Arch. Carmine Ludovico Quistelli, Ph. D. A cura di Leone Campanella
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