E avvolta da una nebbiolina impalpabile ma
fitta che locculta agli sguardi e che durante lestate ne rende indefiniti i
contorni. Quando il sole, incendiando la città di riflessi rosati, buca la nebbiolina e
la ricaccia giù, verso la valle, si sta come su una nuvola, su un tappeto volante. I suoi
raggi accarezzano i muri macchiati di muschio, le cime dei pini, i timidi fili derba
fra le basole delle strade. Sconfinate valli verdeggianti dividono un mondo urbanizzato da
un mondo prettamente rurale in cui la tranquillità e la pace regnano sovrane. Percorrendo
le strade del borgo, poi, è facile non incontrare nessuno. Splendido e da non perdere è
il panorama: Trapani e le saline, Castellammare e la tozza sagoma del monte Cofano, i
monti di Sciacca e le isole Egadi, adagiate sul mare.
A volte, quando laria è proprio limpida, si intravede Ustica, e, ancora più
lontano, il profilo di Pantelleria e di Capo Bon. Nel verde del sottostante giardino
pubblico si elevano le torri medioevali del castello del Governatore e la torre di Pepoli.
Ci siamo appena inoltrati in uno dei paesi più belli del mondo:Erice.
Lassù a 751 m. di altezza, viene rispecchiata la tipica
cultura siciliana: case costruite col tufo giallo e caloroso e spesso dipinte di bianco e
dei colori della terra.
Qui e là, specie lungo corso Vittorio Emanuele, vi sono tracce delle antiche
botteghe medioevali, i così detti "Balatari" che prendevano il nome della
"Balata" (la pietra d'appoggio) alla quale si affacciava il venditore. La città
viene soprattutto caratterizzata dai reperti archeologia di una nobiltà che ci riporta
all'epoca in cui qui viveva Astarte, clima dea della fecondità.Presso il tempio, ricolmo
di tesori favolosi una gigantesca pira guidava i marinai attraverso il periglioso mare
Mediterraneo e li invitava a rendere omaggio alla dea loro protettrice. Da esso partivano
ogni anno le sacre colombe dirette al tempio gemello di Astarte a Sicca Veneria in Africa,
il cui volo è ricordato nello stemma della città. La fondazione di quest'ultima è più
tarda di quella del santuario, essa è attribuita dal mito ad un omonimo figlio di
Afrodite, la dea che si insediò nel tempio ericino e alla quale seguirà Venere , sacra
dea dell'amore dei Romani 5 i quali mantennero e consolidarono il tempio senza prestare
invero grande attenzione alla città.
L'importanza strategica della città, posta a dominare le valli sottostanti dal suo
pizzo solitario, era andata via via decadendo a favore di Trapani, fondata ai suoi piedi.
Così Erice si avvolse sempre più nel silenzio.
Il geografo Ibn Jubair ci parla non più della città di Venere Ericina, ma del
borgo normanno che Ruggero II volle edificare sul precedente insediamento e che chiamò
Monte San Giuliano in onore del Santo che, nel corso dell'assedio al monte, gli era
apparso in sogno. Dell'antica Erice la nuova cittadina manteneva soltanto antiche mura,
sul lato nord. Del tempio non rimaneva più nulla: al suo posto Ruggero Il aveva fatto
costruire una massiccia fortezza che oggi è suggestivamente detto Castello di Venere. Al
principio di questo secolo furono rinvenuti colonne, frammenti di cornice e di mosaici, ma
oggi c'è solo un pozzo, all'interno dell'originario recinto del tempio, detto pozzo di
Venere, che purtroppo ha ben poco fascino.
Della rigorosa architettura chiaramontiana originaria sono sopravvissuti al secoli
solo i due portali d'ingresso, il principale, preceduto da un portico rettangolare del
'400 e quello sul fianco sinistro. Vari rifacimenti si notano soprattutto all'interno che
si presenta in un ibrido stile neogotico della fine del 1800. Di fronte alla chiesa si
eleva il massiccio campanile già torre di vedetta, di stile chiaramontiano.
Itinerario di visita
Entrando dalla "Porta Trapani", si incontra quasi
subito la "Chiesa Matrice" (percorrendo la via Vito Carvini), edificata nel XIV
secolo ma più volte modificata; all'interno, in stile neogotico, del XVIII secolo tranne
il presbiterio ed alcune cappelle del '500 - si custodiscono dipinti e sculture risalenti
al periodo compreso fra il '400 ed il '600. Di fronte ad essa si eleva il
"campanile", la cui costruzione è attribuita da alcuni a Federico d'Aragona. La
via Calvini è collegata da numerose "vanelle" alla via Rabatà, lungo la quale
si dispongono gli avanzi dei poderosi "bastoni elimo-punici", una possente
cortina di massi calcarei, alcuni dei quali recano incise lettere fenicie. Ritornando alla
matrice, imboccando la via Generale Salerno, si giunge alla Piazza del Mercato, la quale
prospetta il grande complesso della "chiesa-convento di San Marino". Fondata da
Ruggero il Normanno I, la chiesa fu ristrutturata alla fine del XVII secolo e
nuovamente ristrutturata nel successivo. All'interno vi sono dipinti dei fratelli Marino
(XVIII secolo).
Seguendo la via Gen. Salerno, si giunge poi alla "Chiesa di san
Giuliano", fondata da Ruggero nel 1080. Poco lontano le chiese di "San
Cataldo" e di "San Giovanni Battista", quest'ultima sovrastata da una
grande cupola bianca all'interno della quale si custodiscono opere di Antonello Gagini e
della sua scuola. Dallo
slargo davanti alla chiesa. una scaletta si affaccia alla "Villa Comunale"(
detta "il Baglio") al "Castello Pepoli" e al Castello di Venere. Il
centro della città è la piazza Umberto 1 sulla quale si affaccia il Palazzo Comunale.
al cui interno sono collocati il "Museo" e la "Biblioteca Comunali".
Il rimo custodisce fra l'altro bassorilievo marmoreo di Antonello Gagini (1525)
raffigurante l'Annunciazione, ed una piccola "Testa di Afrodite", in marmo
prassitelico del IV secolo a.C.. Erice ospita infine la sede del Centro Internazionale di
Cultura "Ettore Majorana", all'interno dell'ex Conservatorio-Monastero di San
Pietro.Il nostro viaggio attraverso un mondo a dir poco "parallelo", per le sue
caratteristiche, è terminato,ma è certo che un esperienza simile rimarrà impressa tra
le pagine degli affascinanti ricordi della nostra vita.