ASSOCIAZIONE DI STAMPO MAFIOSO

DONNE E MAFIA ] CONCORSO DI PERSONE NEL REATO ] [ ASSOCIAZIONE DI STAMPO MAFIOSO ] PENTITISMO ] IL RUOLO DEL SINGOLO ] SENTENZE ]

L’ASSOCIAZIONE DI STAMPO MAFIOSO  

        Per classificare “mafiosa” un’associazione criminale è necessario che ci siano i requisiti dell’assoggettamento e dell’omertà; questi non si devono riferire ai componenti interni, ma a quelle persone estranee nei cui confronti è mirata l’azione delittuosa.[1]

Tale forza d’intimidazione del vincolo associativo è un elemento strumentale, e non già una modalità della condotta associativa, e non necessariamente deve essere utilizzata dai singoli associati né concretizzarsi in atti di violenza fisica e morale per il raggiungimento dei fini previsti dalla disposizione incriminatrice, in quanto ciò che caratterizza l’associazione di tipo mafioso è la condizione d’assoggettamento e d’omertà che da questa forza intimidatrice, quale effetto, deriva per il singolo sia all’esterno che all’interno dell’associazione.[2]

Inoltre per qualificare un’associazione di stampo mafioso, non è sufficiente che la stessa abbia programmato di avvalersi della sua forza intimidatrice e della conseguente condizione d’assoggettamento e d’omertà dei singoli, ma è necessario che ne sia già avvalsa concretamente.

L’avvalersi della forza intimidatrice può concretizzarsi nei modi più disparati: sia limitandosi a sfruttare la carica di pressione già conseguita dal sodalizio, sia ponendo in essere nuovi atti di violenza e di minaccia.

Nel primo caso il sodalizio già ha raggiunto lo scopo di soglia minima che consente di utilizzare la forza intimidatrice, soltanto sulla base del vincolo e del suo manifestarsi dall’esterno; nel secondo caso gli atti di violenza o minaccia non devono realizzare l’effetto di per sé soli, ma in quanto espressione rafforzativa della precedente capacità intimidatrice già conseguita dal sodalizio.[3]

Scopo dell’associazione è quello di trarre vantaggi o profitti da attività, di per sé lecite (ad esempio gestione d’attività economiche, acquisizione d’appalti pubblici), ma purché lo stesso sia perseguito con “metodi” mafiosi (uso della forza intimidatrice dell’associazione; assoggettamento delle persone con tale timore; imposizione di un atteggiamento omertoso).[4] 

All’interno di quest’associazione mafiosa vi è un organismo collegiale centrale chiamato “commissione”, composto da un ristretto numero d’associati e investito del potere di deliberare, con efficacia vincolante, la commissione di singoli fatti criminosi, molto importanti per la vita dell’organizzazione; inoltre, i componenti di questa sono insieme responsabili dell’avvenuta perpetrazione dei fatti decisi dall’organizzazione di cui fanno parte.[5]

Quando viene commesso un omicidio eseguito materialmente da alcuni affiliati in attuazione del programma criminoso non può essere addebitato sotto il profilo del concorso morale ai componenti della “commissione”.[6]

 l’appartenenza a questa (organo al vertice del sodalizio) può costituire grave indizio di colpevolezza in ordine ad un reato rientrante tra quelli cosiddetti “eccellenti”: delitti in danno d’appartenenti alle forze dell’ordine, magistrati, uomini politici, giornalisti, imprenditori importanti, uomini d’onore, collaboratori e familiari.[7]

La tipicità del modello associativo risiede nella modalità attraverso cui l’associazione si manifesta concretamente e non già negli scopi che s’intendono perseguire. Gli scopi abbracciano solo indicativamente e genericamente i “delitti”, comprendendo una varietà indeterminata di possibili tipologie di condotte, che possono essere costituite anche da attività lecite, che hanno come unico denominatore l’attuazione o il conseguimento del fine attraverso l’intimidazione e l’insorgere nei terzi di situazioni d’omertà, anche derivanti soltanto dalla conoscenza della pericolosità del sodalizio.[8]

Per l’associazione semplice è sufficiente la creazione di un’organizzazione stabile diretta al compimento di una serie indeterminata di delitti, per quella mafiosa è altresì necessario che essa abbia conseguito nell’ambiente circostante una reale capacità d’intimidazione e che gli aderenti si siano avvalsi di tale forza.[9]

Per integrare il delitto d’associazione di tipo mafioso sono necessari e sufficienti: un accordo criminoso, la permanenza del vincolo associativo, l’esistenza di un clima d’intimidazione diffusa (condizioni d’assoggettamento e omertà), la predisposizione di comune attività e di mezzi, la non coincidenza del momento della formazione associativa con quella dell’ideazione delle singole operazioni delittuose.[10]

Ai fini della configurabilità del reato, non è necessario che siano raggiunti effettivamente e concretamente uno o più scopi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice né, perché si realizzi la condizione di partecipazione dei singoli associati, è necessario che ciascuno utilizzi la forza d’intimidazione né consegua direttamente per sé o per gli altri il profilo o il vantaggio da realizzare attraverso l’associazione, che è contrassegnato dal connotato dall’ingiustizia.

La condotta di partecipazione può assumere forme e contenuti diversi e consiste nel contributo, apprezzabile e concreto sul piano causale, all’assistenza o al rafforzamento dell’associazione e, quindi, alla realizzazione dell’offesa degli interessi tutelati dalla norma penale incriminatrice, qualunque sia il ruolo o il compito che il partecipe svolga nell’ambito dell’associazione.[11]

            Va sottolineata, inoltre, la diversità di ruoli tra il partecipante all’associazione e il concorrente eventuale materiale, nel senso che il primo è colui senza il cui apporto quotidiano, o comunque assiduo, l’associazione non raggiunge i suoi scopi o non li raggiunge con la dovuta sveltezza; è, insomma colui che agisce nella “fisiologia”, nella vita corrente e quotidiana dell’associazione, mentre il secondo è, per definizione, colui che non vuole far parte dell’associazione e che l’associazione non considera interno, ma al quale si rivolge sia per colmare vuoti temporanei in determinati ruoli, ma soprattutto, nel momento in cui la “fisiologia” dell’associazione entra in agitazione, attraversando una fase “patologica” che, per essere superata, richiede il contributo temporaneo, limitato anche ad un unico intervento, di un esterno; insomma è il soggetto che occupa uno spazio proprio nei momenti di emergenza della vita associativa.[12]

            Il criterio distintivo del delitto d’associazione per delinquere, rispetto al concorso di persone nel reato, deve essere individuato essenzialmente nel carattere dello stesso accordo criminoso.

Infatti, mentre nel concorso di persone, avviene in via occasionale e accidentale, essendo diretto alla commissione di un singolo reato o di più reati indeterminati nel caso di concorso nel reato continuato, e si esaurisce nella commissione dei reati stessi, nell’associazione per delinquere è diretto all’attuazione di un più vasto programma criminoso e dà vita ad un vincolo associativo tra i partecipanti, che, già di per se, costituisce motivo d’allarme sociale e determina pericolo per l’ordine pubblico.[13]



[1] Cfr. Cass. Pen. , sez. I, 24 Febbraio 1992

[2] Cfr. Cass. Pen. , sez. II, 15 Aprile 1994

[3] Cfr. Cass. Pen. , sez. VI, 31 Gennaio 1996

[4] Cfr. Cass. Pen. , sez. I, 28 Marzo 1996

[5] Cfr. Cass. Pen. , sez. I, 28 Dicembre 1994

[6] Cfr. Cass. Pen. , sez. V, 14 Novembre 1992

[7] Cfr. Cass. Pen. , sez. I, 28 Dicembre 1995

[8] Cfr. Cass. Pen. , sez. VI, 31 Gennaio 1996

[9] Cfr. Cass. Pen. , sez. VI, 6 Dicembre 1994

[10] Cfr. Tribunale Lecce, 25 Settembre 1993

[11] Cfr. Cass. Pen. , sez. II, 15 Aprile 1994                                                             

[12] Cfr. Cass. Pen. , sez. un. , 5 Ottobre 1994                                                       

[13] Cfr. Tribunale Ragusa, 11 Novembre 1994                                                      

 

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Aggiornato il 12/06/01