L’ASSOCIAZIONE
DI STAMPO MAFIOSO
Per classificare “mafiosa” un’associazione criminale è necessario
che ci siano i requisiti dell’assoggettamento e dell’omertà; questi
non si devono riferire ai componenti interni, ma a quelle persone estranee
nei cui confronti è mirata l’azione delittuosa.
Tale
forza d’intimidazione del vincolo associativo è un elemento
strumentale, e non già una modalità della condotta associativa, e non
necessariamente deve essere utilizzata dai singoli associati né
concretizzarsi in atti di violenza fisica e morale per il raggiungimento
dei fini previsti dalla disposizione incriminatrice, in quanto ciò che
caratterizza l’associazione di tipo mafioso è la condizione
d’assoggettamento e d’omertà che da questa forza intimidatrice, quale
effetto, deriva per il singolo sia all’esterno che all’interno dell’associazione.
Inoltre
per qualificare un’associazione di stampo mafioso, non è sufficiente
che la stessa abbia programmato di avvalersi della sua forza intimidatrice
e della conseguente condizione d’assoggettamento e d’omertà dei
singoli, ma è necessario che ne sia già avvalsa concretamente.
L’avvalersi
della forza intimidatrice può concretizzarsi nei modi più disparati: sia
limitandosi a sfruttare la carica di pressione già conseguita dal
sodalizio, sia ponendo in essere nuovi atti di violenza e di minaccia.
Nel
primo caso il sodalizio già ha raggiunto lo scopo di soglia minima che
consente di utilizzare la forza intimidatrice, soltanto sulla base del
vincolo e del suo manifestarsi dall’esterno; nel secondo caso gli atti
di violenza o minaccia non devono realizzare l’effetto di per sé soli,
ma in quanto espressione rafforzativa della precedente capacità
intimidatrice già conseguita dal sodalizio.
Scopo
dell’associazione è quello di trarre vantaggi o profitti da attività,
di per sé lecite (ad esempio gestione d’attività economiche,
acquisizione d’appalti pubblici), ma purché lo stesso sia perseguito
con “metodi” mafiosi (uso della forza intimidatrice
dell’associazione; assoggettamento delle persone con tale timore;
imposizione di un atteggiamento omertoso).
All’interno
di quest’associazione mafiosa vi è un organismo collegiale centrale
chiamato “commissione”, composto da un ristretto numero d’associati
e investito del potere di deliberare, con efficacia vincolante, la
commissione di singoli fatti criminosi, molto importanti per la vita
dell’organizzazione; inoltre, i componenti di questa sono insieme
responsabili dell’avvenuta perpetrazione dei fatti decisi
dall’organizzazione di cui fanno parte.
Quando viene
commesso un omicidio eseguito materialmente da alcuni affiliati in
attuazione del programma criminoso non può essere addebitato sotto il
profilo del concorso morale ai componenti della “commissione”.
l’appartenenza
a questa (organo al vertice del sodalizio) può costituire grave indizio
di colpevolezza in ordine ad un reato rientrante tra quelli cosiddetti
“eccellenti”: delitti in danno d’appartenenti alle forze
dell’ordine, magistrati, uomini politici, giornalisti, imprenditori
importanti, uomini d’onore, collaboratori e familiari.
La tipicità
del modello associativo risiede nella modalità attraverso cui
l’associazione si manifesta concretamente e non già negli scopi che
s’intendono perseguire. Gli scopi abbracciano solo indicativamente e
genericamente i “delitti”, comprendendo una varietà indeterminata di
possibili tipologie di condotte, che possono essere costituite anche da
attività lecite, che hanno come unico denominatore l’attuazione o il
conseguimento del fine attraverso l’intimidazione e l’insorgere nei
terzi di situazioni d’omertà, anche derivanti soltanto dalla conoscenza
della pericolosità del sodalizio.
Per
l’associazione semplice è sufficiente la creazione di
un’organizzazione stabile diretta al compimento di una serie
indeterminata di delitti, per quella mafiosa è altresì necessario che
essa abbia conseguito nell’ambiente circostante una reale capacità
d’intimidazione e che gli aderenti si siano avvalsi di tale forza.
Per integrare
il delitto d’associazione di tipo mafioso sono necessari e sufficienti:
un accordo criminoso, la permanenza del vincolo associativo, l’esistenza
di un clima d’intimidazione diffusa (condizioni d’assoggettamento e
omertà), la predisposizione di comune attività e di mezzi, la non
coincidenza del momento della formazione associativa con quella
dell’ideazione delle singole operazioni delittuose.
Ai fini della
configurabilità del reato, non è necessario che siano raggiunti
effettivamente e concretamente uno o più scopi alternativamente previsti
dalla norma incriminatrice né, perché si realizzi la condizione di
partecipazione dei singoli associati, è necessario che ciascuno utilizzi
la forza d’intimidazione né consegua direttamente per sé o per gli
altri il profilo o il vantaggio da realizzare attraverso l’associazione,
che è contrassegnato dal connotato dall’ingiustizia.
La condotta di
partecipazione può assumere forme e contenuti diversi e consiste nel
contributo, apprezzabile e concreto sul piano causale, all’assistenza o
al rafforzamento dell’associazione e, quindi, alla realizzazione
dell’offesa degli interessi tutelati dalla norma penale incriminatrice,
qualunque sia il ruolo o il compito che il partecipe svolga nell’ambito
dell’associazione.
Va
sottolineata, inoltre, la diversità di ruoli tra il partecipante
all’associazione e il concorrente eventuale materiale, nel senso che il
primo è colui senza il cui apporto quotidiano, o comunque assiduo,
l’associazione non raggiunge i suoi scopi o non li raggiunge con la
dovuta sveltezza; è, insomma colui che agisce nella “fisiologia”,
nella vita corrente e quotidiana dell’associazione, mentre il secondo è,
per definizione, colui che non vuole far parte dell’associazione e che
l’associazione non considera interno, ma al quale si rivolge sia per
colmare vuoti temporanei in determinati ruoli, ma soprattutto, nel momento
in cui la “fisiologia” dell’associazione entra in agitazione,
attraversando una fase “patologica” che, per essere superata, richiede
il contributo temporaneo, limitato anche ad un unico intervento, di un
esterno; insomma è il soggetto che occupa uno spazio proprio nei momenti
di emergenza della vita associativa.
Il
criterio distintivo del delitto d’associazione per delinquere, rispetto
al concorso di persone nel reato, deve essere individuato essenzialmente
nel carattere dello stesso accordo criminoso.
Infatti,
mentre nel concorso di persone, avviene in via occasionale e accidentale,
essendo diretto alla commissione di un singolo reato o di più reati
indeterminati nel caso di concorso nel reato continuato, e si esaurisce
nella commissione dei reati stessi, nell’associazione per delinquere è
diretto all’attuazione di un più vasto programma criminoso e dà vita
ad un vincolo associativo tra i partecipanti, che, già di per se,
costituisce motivo d’allarme sociale e determina pericolo per l’ordine
pubblico.
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