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Sapete come ragionano certi ciclisti sentimentali, alle volte.

Enrico Brizzi

 

 

NEGAZIONE DELLA VELOCITA'

 

La filosofia della bicicletta, secondo me, riposa sulla negazione della
velocità concetto imperante delle attuali società che la spacciano per simil
giovinezza: tutto ciò che è veloce è giovane, tutto ciò che è lento è
vecchio.
Io no.
Mi sento, riconosco me stesso quando vado piano, sono un barbaro con me
stesso e con gli altri quando vado veloce.
Ecco la bicicletta in tutto ciò insegna ad andare piano, e questo andare
piano è in netta antitesi con il resto del mondo: quante volte abbiamo
pensato "fermate tutto voglio scendere" perchè travolti dagli eventi. Quando
ci si vuole fermare in questa maniera vuol dire che fino a quel momento
eravamo trasportati in uno scorrere troppo veloce di cose e persone intorno
a noi. Ecco se fossimo andati più piano non saremmo arrivati al pensare di
doverci fermare e scendere, semplicemente non ci saremmo arrivati a quel
punto.
L'andare piano e l'andare veloce sono concetti che costantemente ci
circondano, anche adesso questa mail la potreste leggere molto velocemente
oppure molto
piano, ma più vi soffermate più riflettete, più andate veloce nella semplice
lettura e meno rimarrà aggrappata nei vostri neuroni. La stessa parola mail
o e-mail è molto veloce da pronunciare al posto della lunghissima, inusuale
e anticonvenzionale elettrolettera. Tutto dipende dal
tempo che uno si mette a disposizione: la tecnologia riduce i tempi
permettendo di fare una qualsiasi azione in un tempo ridotto, ma questo
risparmio, come lo si utilizza? Facendo un'altra cosa ancora: stress al
posto di tempo libero. Certe volte dipende da noi, da come interpretiamo
questo
risparmio di tempo, spesso no: ritmi insostenibili ci impongono scelte non
proprio lente, non proprio sicure, non proprio sostenibili. Ecco la
bicicletta aiuta a capire che è possibile un altro andare più lento, più
riflessivo, meno frenetico.


Roma, 5 maggio 2003.
P.s.: molto bella e struggente la cicloscrittura "Il cortile", complimenti.
 

Elio Ascoli Marchetti, MAGGIO 2003

Cara bella bici, da novembre scorso Ti ho riscoperto, ora 40enne,
comprandoTi citybike nuova di zecca con 7 rapporti e forcella
ammortizzata, ritornando a pedalare con l'entusiasmo dell'infanzia (al
tempo delle bianchi pieghevoli da 20") e non limitando il suo uso
all'estate, esplorando (insieme alla mia compagna anche lei
biciconquistata) questa Roma che piano piano sta favorendo la
circolazione (ma con prudenza!) anche dei ciclisti.
Finora la mia esperienza con dueruote motorizzate si è limitata
all'inforcamento di un vecchio Piaggio Bravo del '77 che ancora ho in
garage, ma sia per l'età, sia per le cadute e infine per i costi
(assicurazione e bollo) è fermo da due anni. Ma l'oggetto in questione
oltre al motore ormai inservibile e inquinante (va a miscela con benzina
al piombo... ma dov'è più?!) ha.... I PEDALI E UNA CATENA!! Quasi quasi
lo riconverto in bici (è pure ammortizzata!) mi servirà per allenarmi
(peserà intorno ai 30 Kg senza serbatoio motore fari marmitta e
...targa!)  e gli faccio vedere un pò Roma anche a lui (sempre che non
mi fermino i pizzardoni!!)
.


Saluti da Maurizio 8.5.2003

A  PROPOSITO DI GINGER

 

Da tempo si vociferava a proposito  dell'imminente  presentazione di qualcosa di rivoluzionario, destinato a sconvolgere la mobilità urbana. Il mistero che accompagnava la creazione di IT era stato terreno fertile per la proliferazione di leggende metropolitane. Si parlava addirittura di una sorta di tappeto volante supertecnologico, che ci avrebbe trasformati in cyberaladini delle metropoli del nuovo millennio. Altri pensarono ad una tavola da skateboard in grado di scorrere a mezz'aria sopra il terreno, tipo quelle di Ritorno al Futuro 2. E invece ecco apparire questo macinino sgraziato ; e tutti quanti ci siamo sentiti un po' presi per il culo. In tempi in cui la l'infallibile tecnologia d'occidente ha scricchiolato non poco, Ginger ha in effetti qualcosa di patetico. Poi in effetti, a ben guardarlo ( o guardarla, si alluderà mica alla mitica Ginger?), mentre scorre incurante fra pozzanghere e sale e scende pendii trasportando in ufficio questi impiegati incravattati ,  il trabiccolo è quasi simpatico. E in ogni caso, viene da dire, tutto ciò che ha come fine liberare l'uomo dalla schiavitù dell'automobile e il Piccolo Pianeta dalla lenta agonia imposta dalle Sette Sorelle è comunque cosa buona. Ma poi subito ci viene un dubbio : che cos'ha questo arnese in più di una semplice bici? Proprio nulla in effetti, tranne il prezzo e il fatto che non richiede movimento. E di conseguenza delega il mantenimento di una forma fisica accettabile a costose e mondane palestre dove praticare lo spinning. Ahi dementia.

LB . 5.12.2001


L'Impero Motorizzato dilaga. Viaggiare e anche solo spostarsi quotidianamente in bicicletta diventa ogni giorno più difficile. La maggior parte delle città grandi e piccole del mondo ( ormai non solo occidentale) è quasi impraticabile. Bisogna essere votati all'autolesionismo, o per lo meno ambientalisti fanatici, per pedalare nelle camere a gas metropolitane.

Cerchiamo luoghi esotici, che le fabbriche del turismo ci spacciano per incontaminati, e ci troviamo con le nostre bici su strade tropicali costipate da un traffico smarmittante che ha poco da invidiare a quello della periferia di Milano.

Ci entusiasmiamo quando scopriamo paesi come Cuba, dove soltanto la povertà e un assurdo embargo riescono a contenere la diffusione dell'automobile. Anche le metropoli scampanellanti del sud est asiatico cominciano ad essere un ricordo, perchè la bici non si addice all'immagine di un paese moderno.

Insomma, la barbarie automobistica avanza senza freno.

Dopo un secolo di allegra indifferenza ambientale guardiamo ora con apprensione ai paesi in via di sviluppo, che si accingono a seguire il nostro modello. Se pensiamo che deliri urbani come Lagos, Nuova Delhi, Città del Messico sono l'archetipo della metropoli del futuro dei paesi in via di svilup- po, c'è poco da sperare per il futuro del Piccolo Pianeta.

Oggi le automobili circolanti sulla Terra sono circa mezzo miliardo e secondo previsioni neppure troppo pessimistiche raddoppieranno nel giro di un paio di decenni.

Detesto iniziare il millennio con queste considerazioni catastrofiste, oltre tutto piuttosto trite, ma la situazione attuale, se non ci saranno drastiche inversioni di tendenza, non lascia intravedere scenari rosei. La domanda che rivolgo a voi tutti , pedalatori più o meno radicali e lungimiranti, è la seguente :

Cosa possono fare i biciclisti, oltre che pedalare, per migliorare le cose ?

 

LB . 10.2.2000

( foto Corrado Clerico) 

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Mi piace pensare alla bicicletta come ad un simbolo. E' evidente che la bici non può da sola guarire i mali del pianeta. E' impensabile che l'umanità rinunci alla motorizzazione. Ma la bicicletta, con il suo anacronismo lento e meditativo, può aiutare a riflettere. E forse può raccogliere intorno a sè persone interessate al cambiamento.

Alex C. 4.4.2000


 

A un certo punto anche le persone più pazienti non ne possono più. La mia amatissima moto (una vecchia BMW di vent’anni fa) giace abbandonata nel garage ormai da più di un anno.

Anche lei, che ha condiviso con me viaggi ed amori, è diventata, suo malgrado, simbolo del delirio metropolitano.

Due conti: per un chilometro in bicicletta consumo 35 chilocalorie (di buon cibo) per, un chilometro in auto ne consumo 750 (di puzzolente benzina). Chi è più moderno ed efficiente ? Mi domando come mai gli ecoincentivi non riguardino l’acquisto di biciclette.

All’altezza di Ponte Margherita lascio un grottesco groviglio di lamiere immobilizzato. Scendo le scalinate che portano alla banchina del Tevere. Mi aspettano 7 km di pedalata in una tranquillità assoluta, per raggiungere la mia casa. Sopra di me, il caos. Ma c’è poco di meditativo o di lento in tutto questo! Alla media di 20 km/h, quando sarò a casa a godermi una doccia rinfrescante, gli automobilisti che ho lasciato sul LungoTevere staranno ancora scancherando in fila. Il problema non è L’Impero Motorizzato. Il problema è la stupidità umana !

Carlo Lupi, 27 maggio 2000


Biciclette alla stazione di Padova

(foto Luigi Bairo)


Mi permetto di disturbarti per complimentarmi per il bellissimo sito di Filosofia del pedale, finora per me unico in rete e per richiederti informazioni circa B. Fishman e il suo "The man who rode his 10-speed bicycle to the moon", da te citato in una delle tue pagine.
Vorrei sapere se esiste la versione in italiano, finora risultatami introvabile, o se tale testo non e' mai stato tradotto.
Ho infatti reperito presso Barnes and Noble la versione inglese, tra l'altro solo come volume usato.
In qualita' di Ciclista-Nomade, pur se a raggio ridotto, sono stato stuzzicato dalla tua citazione, ritenendo possibile pur io andare ovunque, anche -anzi- proprio, con la propria bicicletta.
Per la cronaca, pedalo su una vecchia "10-speed" francese di marca...Astra, si', proprio come la Luna.

Un cordiale e nomade saluto,
Gianni Abbruzzese


  Caro Gianni,  grazie anzitutto per i complimenti. Il libro in questione (Bernard Fischman, L'uomo che andò in bicicletta sulla Luna) è stato tradotto e pubblicato in Italia nel 1979 da Mondadori, ma non mi risulta che sia stato ristampato. Io l'ho trovato in una biblioteca.      Forse le biblioteche sono gli unici posti dove hai qualche speranza.  A presto.

LB 13.12.2000


raccontavo a un mio amico stasera della bicicletta vecchia e scassata che usavo per andare con la mia donna sul Ticino la domenica, facevamo sentieri impervi, guadi, ghiaie, lei sul manubrio io ai pedali, ora, non stiamo più insieme e anche la bicicletta è finita male, di lei conservo il mozzo e la ruota anteriore (montata su un'altra bici), chiedevo a tutti gli appassionati che frequentano questa pagina di fermarsi a pensare a tutte le biciclette che li hanno accompagnati qua e là nel passato, e di ringraziare quelle umili splendide creature

Adrianho, 13.01.2001

 

 

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