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LA DIFESA DI ROMA NEL SETTEMBRE DEL 1943 I NOMI E I LUOGHI DELLA MEMORIA

PREMESSA

La Difesa di Roma del settembre 1943 rappre­senta un discorso sempre aperto e questa pubblicazione non si propone di dire parole nuove o definitive al riguardo. Essa nasce prin­cipalmente da un'esigenza emersa durante le visite guidate presso il Museo Storico della Liberazione, in via Tasso, perché molti giovani - e ciò è comprensibile - ma soprattutto molti tra gli adulti mostrano di conoscere ancora in modo impre­ciso e vago, se non di ignorare del tutto, i tempi e i luoghi della Resistenza romana. In particolare poi, per quanto riguarda la difesa di Roma, le risposte, quando ci sono, non vanno oltre le parole "Porta San Paolo" e quel fatto d'armi, anche se considera­to come realmente avvenuto, viene sminuito e ridot­to ad una serie di scambi di fucilerie; molto spesso viene persino confuso con la liberazione della Capitale, del 4 giugno 1944. Nell'intento di recuperare la memoria di quei giorni - tragici e nello stesso tempo gloriosi, vissuti a Roma tra l'8 e il 10 settembre 1943 - e le dimen­sioni di quella battaglia, che si spinse fin dentro le mura cittadine, è stata predisposta una nuova elen­cazione dei Caduti e dei luoghi della difesa, con la scorta di precedenti pubblicazioni, relative all'argo­mento1 e di notizie inedite raccolte dalla viva voce di militari e civili che parteciparono ai combattimenti. Sono state apportate, pertanto, alcune integrazioni riscontri bibliografici, eseguiti su altre pubbli­cazioni, uscite in occasione del quarantesimo e cinquantesimo anniversario dell'armistizio. Non sono state riportate indicazioni relative a concessioni di decorazioni al Valor Militare alla Memoria: unico obiettivo è infatti quello di fornire l'elenco - che peraltro non potrà mai essere completo - dei nomi dei Caduti; dei luoghi di combattimento; dei corpi d'armata di appartenenza o delle professioni eserci­tate; ma principalmente dei luoghi e delle date di nascita. Ciò al fine di evidenziare immediatamente, dove è stato possibile, la provenienza dei militari, molti dei quali, si può dire la maggioranza erano originari di tante altre città d'Italia e per dimostrare che, in quel lontano settembre del '43, alla difesa di Roma parteciparono tanti ragazzi in grigioverde, provenienti da tutte le regioni italiane. L'elenco com­prende anche i nomi dei caduti nei combattimenti che si svolsero negli stessi giorni a Monterotondo, Albano Laziale, Cecchina, Monterosi e altre località del Lazio. Un doveroso e sentito ringraziamento al Sindaco di Roma, Francesco Rutelli, per avere per­messo la realizzazione di questo mio lavoro che, comunque non vuole essere più che un elenco di nomi e di luoghi; come anche al dott. Pietro Barrera, al dott. Sebastiano La Spina e alla dott.ssa Alessandra D'Andrea, per la costante assistenza durante la sua preparazione. Ringrazio anche il sig. Giuliano Pieretti, dei Servizi Anagrafici Cimiteriali del Verano, per la cortese collaborazione nelle ricerche d'archivio. Desidero anche esprimere tutta la mia riconoscenza, per le notizie e le precisazioni su tanti eroici episodi della difesa di Roma, alla famiglia Roscioni, Luciana Chiocchi, Giulia e Pietro Barrera; a Mario Cavaliere, Francesco Bruno, Teucro Di Stazio, Elio Silvestri, Gianni Ferri; a Luciano Mantellassi, Renato Sterpetti, Giovanni Dionisi, Giovanni Buzzacconi, Ivo De Angelis, Danilo Lucidi; a Luigi Amadori e Renato Frattarelli della Divisione "Granatieri di Sardegna"; ai compagni di mio fratello Bruno, Guido Canini e Salvatore Loprete, del 4° Reggimento Carristi; e, infine, a Bruno Franzoni, del 132° Battaglione Controcarro, per la sua eccezionale testimonianza sui combattimenti di Prato Smeraldo e del Piazzale di Porta Capena.
Roma, 10 luglio 1997
Anna Baldinotti

Ai Caduti per la Difesa di Roma, 8-11 settembre 1943, a cura dell'Associazione fra i romani, sotto gli auspici del Comune di Roma, Roma 1953; Albo d'Oro dei Caduti nella Difesa di Roma del settembre 1943, a cura dell'Associazione fra i romani, ed. Il Messaggero, Roma 1968.

BREVI CENNI SULLA DIFESA DI ROMA

L'annuncio dell'armistizio con le forze angloamericane - letto alla radio dal maresciallo d'Italia Pietro Badoglio alle ore 19,45 dell'8 settembre 1943 - dopo brevissimi momenti di eufo­ria e manifestazioni di esultanza che si ripeterono quasi uguali in tutte e città e paesi italiani, lasciò negli animi più scetticismo che reale certezza della fine della guerra. "Il Governo italiano - diceva infatti il comunicato - ricono­sciuta l'impossibilità di continuare l'impari lotta contro la sover­chiante potenza avversaria, nell'intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al gene­rale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo­americane. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente ogni atto di ostilità contro le forze angloamericane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse reagiranno ad even­tuali attacchi da qualsiasi altra provenienza". In realtà era finita una guerra e stava per cominciarne un'altra, in conseguenza della situazione che si era determinata in Italia dopo lo sbarco degli anglo-americani in Sicilia, ad Augusta, il 9 luglio 1943. Occupata l'isola, le armate americane e inglesi erano approdate nella Calabria meridionale, premendo da Sud i tedeschi che, attuando un piano preordinato da tempo, avevano intanto dislocato nella maggior parte delle nostre regioni altre 18 divisioni in perfetta efficienza, in aggiunta a quelle già esistenti sul suolo italiano. L'afflusso delle truppe tedesche nella nostra penisola, attraverso il Brennero, era rapidamente aumentato dopo la caduta del fasci­smo, il 25 luglio 1943, ovviamente in previsione di un cambia­mento nella posizione di belligeranza degli italiani. A Roma, l'an­nuncio dell'armistizio, dato con quattro giorni d'anticipo sulla data prevista, colse tutti di sorpresa e sconvolse i piani difensivi che gli Alti Comandi andavano a loro volta approntando, in pre­visione di una reazione tedesca. La capitale, da tempo preparata a fronteggiare attacchi di paracadutisti e sbarchi angloamericani dal cielo e dal mare, si era trovata invece a dover contrastare all'improvviso gli intenti, più che chiaramente offensivi, degli ex alleati. Questi, infatti, con un totale di 24 divisioni sistemate rapi­damente nel corso dell'estate nei più importanti punti strategici -nodi ferroviari e stradali, porti e aeroporti- avevano di fatto occu­pato militarmente tutta la penisola italiana e si rivelavano pronti ad attaccarci, in qualsiasi momento, in qualsiasi parte del Paese. In particolare intorno alla capitale esisteva un massiccio concen­tramento di truppe germaniche, alle dirette dipendenze del gene­rale Kesselring, il cui comando aveva sede a Frascati. Altre truppe tedesche, per non meno di 12.000 uomini, occupavano Nettuno, Ostia, Fregene e Ladispoli, controllavano le vie Cassia e Nomentana, presidiavano i Colli Albani e i Castelli Romani. A Viterbo era stanziata la divisione "Panzergrenadieren", con 24.000 uomini e 350 carri, mentre a Ostia e a Pratica di Mare era giunta, aviotrasportata dalla Francia, la 2° divisione Paracadutisti, con 14.000 uomini. Le forze in campo erano schierate con un rapporto di con­sistenza numerica e qualità di mezzi decisamente sfavorevole per gli italiani. La difesa della capitale disponeva infatti di 6 divisioni: la "Granatieri di Sardegna", la "Piave", la "Centauro" e l’ “Ariete" inquadrate nel Corpo d'Armata Motocorazzato, la "Piacenza" -nel XVII Corpo d'Armata e la "Sassari", inclusa nel Corpo d'Armata di Roma. Altre due divisioni di fanteria erano in trasferimento verso Roma: la "Lupi di Toscana" e la "Re", ma l'8 settembre solo due battaglioni della prima e uno della seconda arrivarono nella capitale. Per quanto il numero delle divisioni fosse elevato, otto in totale, in realtà i loro quadri erano molto ridotti e il personale militare molto provato, moralmente e materialmente, dalle campagne di Francia, Grecia e Jugoslavia. In complesso, sol­tanto due delle divisioni destinate alla difesa di Roma erano in grado di opporre una valida resistenza. Il sistema difensivo della capitale risultava pertanto costitui­to da: 1) XVII Corpo d'Armata a presidio della costa tirrenica; 2) Corpo d'Armata Motocorazzato, preposto alla "difesa fissa esterna" della capitale e quindi dislocato a grande distanza da Roma; 3) Corpo d'Armata di Roma, con un numero vario di unità, le forze di polizia, le truppe ai depositi, per la "difesa interna" della città, l'ordine pubblico, il servizio antincendio. Inoltre intorno a Roma si snodava la linea dei capisaldi, blocchi stradali, costituiti da lavori campali in terra e da postazio­ni per mitragliatrici, posti in corrispondenza di tutte le vie d'ac­cesso alla capitale. Erano stati designati con un numero progressivo da 1 a 13. La linea che li congiungeva era lunga ben 28 chilometri, ma su di essa fu possibile schierare solo quattro battaglioni di granatieri. Andavano dalle vie Claudia e Cassia fino alla Prenestina, taglian­do le vie di Boccea, Ostiense, Laurentina, Ardeatina, Appia Nuova, Cave, Tuscolana e Casilina. Nonostante questo piano la quasi totalità delle forze situate fuori Roma non giunse in tempo e la difesa della Capitale rimase affidata al Corpo d'Armata di Roma, in cui, la sera dell'8 settembre, per far fronte alla situazio­ne d'emergenza, era stata inquadrata la Divisione "Granatieri di Sardegna", già appartenente al Corpo d'Armata Motocorazzato. Inoltre ordini e contrordini, suscitando equivoci ed improvvisi spo­stamenti di truppe, vanificarono spesso gli sforzi di quanti cerca­vano di reagire al'aggressione tedesca. Fu comunque una difesa in cui, il coordinamento e la gestione generale - che pure erano compiti degli Alti Comandi, che seguirono invece il re Vittorio Emanuele III, nella notte del 9 settembre, nel suo «trasferimento» a Pescara - vennero sostituiti dalle eroiche iniziative dei militari che, affiancati dai civili, lottarono fino all'estremo sacrificio, fer­mando per tre giorni il nemico preponderante per forze e per mezzi. E proprio perché organizzata sul campo, immediatamente dopo l'armistizio, da militari e civili, che vollero combattere anche in assenza di ordini superiori, la Difesa di Roma può definirsi la prima battaglia della Resistenza italiana. Il primo scontro avvenne nella notte tra l'8 e il 9 settembre, in località Mezzocammino, tra i tedeschi che avanzavano sulla Via Ostiense verso la Capitale e i granatieri che presidiavano il caposaldo n° 5, nelle vicinanze di un grosso deposito militare di car­burante. In soccorso dei granatieri - decisi, dopo gli ordini ricevu­ti, ad impedire in ogni modo l'accesso ai tedeschi - giunsero immediatamente da Roma rinforzi, costituiti da reparti di Carabinieri e della Polizia dell'Africa Italiana. I combattimenti, nei quali caddero molti dei Carabinieri e delle guardie della PAI, dura­rono tutta la notte. Il caposaldo n° 5 venne perduto, poi ricon­quistato, mentre il fronte della battaglia si estendeva verso la Magliana e Ponte Galena e, sulla riva sinistra del Tevere, verso l'EUR, il Laurentino, la Cecchignola. Per tutta la giornata del 9 set­tembre le truppe italiane resistettero e riuscirono a respingere gli assalti dei tedeschi. Ma sul far della sera il nemico tornò all'attac­co. L'azione si estese verso la via Appia, travolgendo alcuni capisaldi, raggiunse la Casilina e la Prenestina. Alle prime luci del gior­no 10 la difesa fu costretta a ripiegare sulla linea Garbatella-San Paolo. Giunse l'ordine di cessare il fuoco: una parte delle truppe si ritirò nelle caserme, a Roma, altri militari - i Granatieri di Sardegna - non rispettando gli ordini ricevuti, continuarono a battersi. Comunque un ennesimo contrordine riportò nuovamen­te in campo le truppe che già il giorno 9 avevano affrontato le artiglierie tedesche sulla via Ardeatina e a Prato Smeraldo. Questa volta il concentramento è fissato per le ore 12 del giorno 10 nella zona di Piazza Venezia, del Colosseo, Passeggiata Archeologica, viale Aventino, Porta San Paolo, che diverrà poi il simbolo dell'estrema difesa di Roma. Vengono fatte uscire anche le truppe che erano rimaste consegnate nelle caserme in attesa di ordini. Si tratta delle ultime risorse schierate in campo: gruppi di squadroni del "Genova Cavalleria", un battaglione mortai della divisione "Sassari" con i soli fucili, tre compagnie del Deposito del 4° Carristi, reparti del 2° Bersaglieri, gli allievi carabinieri, i reparti chimici e le Compagnie Servizi, per coprire gli accessi alla città dal Testaccio a Porta Metronia, a Porta S. Giovanni, a Santa Croce: i tedeschi stanno per irrompere nella Capitale. A Roma intanto suona l'allarme aereo: si saprà poi che si tratta di una misura di sicurezza per allontanare la popolazione dalle strade. Molti romani corrono nei rifugi, ma pochi capiscono che cosa stia in realtà accadendo: chi abita a distanza dalle zone di San Saba, dell'Ostiense, dell'Aventino ha difficoltà a interpre­tare il susseguirsi di boati, di scoppi, di esplosioni, di crepitii di mitraglia che si protraggono fino al tardo pomeriggio, quando suona il cessato allarme e quando le truppe italiane, che combat­tevano superando ogni limite di eroismo, ricevono un nuovo ordi­ne, questa volta definitivo, di cessare il fuoco. Infatti, fin dal gior­no 9, Kesselring da Frascati ha minacciato di far radere al suolo la città dai bombardieri della Luftwaffe, se non accetta di arrender­si. Ma nonostante la resa ai tedeschi - ben chiara ed evidente dalla bandiera che, sia pure per poco, sventola sulla torre di Porta San Paolo - gli scontri riprendono, per ogni dove, al Testaccio, a San Saba, alla Passeggiata Archeologica, a Porta San Giovanni, i cui fornici sono stati sbarrati dai tranvieri dell'A.T.A.G. con le vet-ture presenti sul piazzale e con autobus posti di traverso; a via Sannio, Largo Brindisi, via La Spezia; e ancora oltre, a Santa Croce i Gerusalemme, a Santa Maria Maggiore, via Cavour, via Nazionale, via Gioberti... I civili e i patrioti del C.L.N. si uniscono, nella lotta, ai soldati italiani e accanto ai soldati muoiono studenti, impiegati, commercianti, operai, tranvieri, ferrovieri... I nomi dei militari e dei civili, uomini e donne, morti nella difesa di Roma, sono riportati nell'elenco che segue. E' stata data anche indicazione, dove possibile, dei luoghi e delle date di combattimento. Si potrà tentare, così, di ripercorrere gli itinerari della difesa di Roma, che, partendo dalla Magliana, la sera dell'8 settembre, dopo aver attraversato le zone dell'Ostiense, della Cecchignola, del Laurentino, della Montagnola, della via Ardeatina, della Passeggiata Archeologica, di Porta San Paolo, trovano il loro punto finale nel cuore della città, alla Stazione Termini, la sera del 10. Accanto ai nomi degli eroi di Roma sono stati elencati, doverosamente, anche quanti altri, negli stessi giorni e nelle stes­se ore affrontarono il medesimo nemico, combattendo fino all'e­stremo sacrificio, a Monterotondo, Monterosi, Manziana, Albano Laziale e altre località dei Castelli Romani. Inoltre, con i Caduti dell'8 - 10 settembre vogliamo ricor­dare, anche se non è possibile farne i nomi, tutti quei militari che, subito dopo la battaglia, vennero fatti prigionieri e poi internati nei lager, in Germania: molti non ne fecero ritorno. E vanno ricor­dati anche tutti gli altri, soldati e civili, che, mantenendo viva la memoria di Porta San Paolo, si riunirono poi nelle formazioni clan­destine, militari e politiche, per proseguire quella lotta di libera­zione che aveva avuto inizio proprio a Roma, la sera dell'8 set­tembre, con i primi scontri di Mezzocammino, del Ponte della Magliana, della via Ostiense. Molti di questi nuovi combattenti della libertà, dopo aver subito il martirio delle prigioni di Via Tasso e di Regina Coeli, vennero fucilati alle Fosse Ardeatine, a La Storta, a Forte Bravetta; molti altri, condannati alla deportazione in Germania, Olanda, Polonia, non tornarono più: i loro nomi non sono ancora conosciuti.

Sigla dell'Azienda Tramvie e Autobus del Governatorato di Roma.

BIBLIOGRAFIA

Ai Caduti della Difesa di Roma nel settembre 1943, a cura dell'Associazione fra i Romani, sotto gli auspici del Comune di Roma, Roma, 1953. Albo d'Oro dei caduti della difesa di Roma del settembre 1943, a cura dell'Associazione fra i Romani, Tip. Il Messaggero, Roma 1968, pp. 17-32. Carlo BENEDETTI, // Treno Comando 5.M.R.E. e la difesa della Stazione Termini. Relazione del fatto d'armi 10.9.43, Uff. Storico dello S.M.Ministero Guerra, s.d.. Mario CAPITANI, La difesa di Roma. Cronistoria dal 25 luglio al 29 settembre 1943, Società Tipografica Editrice Modenese, Modena 1973. Filippo CARUSO, L'Arma dei Carabinieri Reali in Roma durante l'occupazione tedesca (8 settembre 1943 - 4 giugno 1944), Istituto Poligrafico dello Stato, Roma 1946. La difesa di Roma e i Granatieri di Sardegna nel settem­bre 1943, a cura di Enzo CATALDI e Roberto DI NARDO, stato maggiore dell'esercito, Roma, 1993. Bruno GHIGI, La tragedia della guerra nel Lazio a Roma, Cassino, Nettuno, Anzio... 1943 - 1944, Bruno Ghigi Editore, Rimini, 1995. Bruno MEI, I Lancieri di Montebello alla difesa di Roma, f.e.,Roma, 1981. Beatrice NEVI, Studio storico sui fatti dell'8 settembre, in Albo d'oro dei caduti... del settembre 1943, pp. 17-32. Benedetto PAPI - Bruno BENVENUTI, -Roma in guerra. Immagini inedite, settembre 1943 - giugno 1944, Edizioni Oberon, Roma 1985. Edoardo SCALA, La riscossa dell'esercito. A cura dell'Uff. Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito, Roma, 1948.

La difesa di Roma

Lo schieramento delle truppe italiane e tedesche all'8 settembre