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Psicoanalisi applicata alla Medicina, Pedagogia, Sociologia, Letteratura ed Arte

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 Frenis Zero  Publisher

      BENEDETTI E IL LATO OSCURO DI DIO

 

 

 

 di Giuseppe Leo

 

Il 3 dicembre 2013 è morto a Basilea un autentico maestro della psicoanalisi e della psichiatria, Gaetano Benedetti. Per ricordarlo degnamente abbiamo deciso di proporre  una recensione di Giuseppe Leo del libro di Benedetti "Riflessioni ed esperienze religiose in psicoterapia" del 2005, pubblicata originariamente sulla rivista "Setting" n.22/2006.

 


 

            

 

 

  

 

 

Rivista "Frenis Zero" - ISSN: 2037-1853

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EDIZIONI FRENIS ZERO

 

Ultima uscita/New issue:

Silvio G. Cusin, "Sessualità e conoscenza"

A cura di/Edited by:  A. Cusin & G. Leo

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Collana/Collection: Biografie dell'Inconscio

Anno/Year: 2013 

Pagine/Pages: 476

ISBN:  978-88-97479-03-1

 Prezzo/Price: € 39,00

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AA.VV., "Psicoanalisi e luoghi della riabilitazione", a cura di G. Leo e G. Riefolo (Editors)

 

A cura di/Edited by:  G. Leo & G. Riefolo

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Collana/Collection: Id-entità mediterranee

Anno/Year: 2013 

Pagine/Pages: 426

ISBN: 978-88-903710-9-7

 Prezzo/Price: € 39,00

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AA.VV., "Scrittura e memoria", a cura di R. Bolletti (Editor) 

Writings by: J. Altounian, S. Amati Sas, A. Arslan, R. Bolletti, P. De Silvestris, M. Morello, A. Sabatini Scalmati.

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Collana: Cordoglio e pregiudizio

Anno/Year: 2012 

Pagine/Pages: 136

ISBN: 978-88-903710-7-3

Prezzo/Price: € 23,00

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AA.VV., "Lo spazio  velato.   Femminile e discorso psicoanalitico"                             a cura di G. Leo e L. Montani (Editors)

Writings by: A. Cusin, J. Kristeva, A. Loncan, S. Marino, B. Massimilla, L. Montani, A. Nunziante Cesaro, S. Parrello, M. Sommantico, G. Stanziano, L. Tarantini, A. Zurolo.

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Collana: Confini della psicoanalisi

Anno/Year: 2012 

Pagine/Pages: 382

ISBN: 978-88-903710-6-6

Prezzo/Price: € 39,00

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AA.VV., Psychoanalysis and its Borders, a cura di G. Leo (Editor)


Writings by: J. Altounian, P. Fonagy, G.O. Gabbard, J.S. Grotstein, R.D. Hinshelwood, J.P. Jimenez, O.F. Kernberg,  S. Resnik.

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Collana/Collection: Borders of Psychoanalysis

Anno/Year: 2012 

Pagine/Pages: 348

ISBN: 978-88-974790-2-4

Prezzo/Price: € 19,00

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AA.VV., "Psicoanalisi e luoghi della negazione", a cura di A. Cusin e G. Leo
Psicoanalisi e luoghi della negazione

Writings by:J. Altounian, S. Amati Sas, M.  e M. Avakian, W.  A. Cusin,  N. Janigro, G. Leo, B. E. Litowitz, S. Resnik, A. Sabatini  Scalmati,  G.  Schneider,  M. Šebek, F. Sironi, L. Tarantini.

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Collana/Collection: Id-entità mediterranee

Anno/Year: 2011 

Pagine/Pages: 400

ISBN: 978-88-903710-4-2

Prezzo/Price: € 38,00

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"The Voyage Out" by Virginia Woolf 

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

ISBN: 978-88-97479-01-7

Anno/Year: 2011 

Pages: 672

Prezzo/Price: € 25,00

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"Psicologia dell'antisemitismo" di Imre Hermann

Author:Imre Hermann

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero 

ISBN: 978-88-903710-3-5

Anno/Year: 2011

Pages: 158

Prezzo/Price: € 18,00

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"Id-entità mediterranee. Psicoanalisi e luoghi della memoria" a cura di Giuseppe Leo (editor)

Writings by: J. Altounian, S. Amati Sas, M. Avakian, W. Bohleber, M. Breccia, A. Coen, A. Cusin, G. Dana, J. Deutsch, S. Fizzarotti Selvaggi, Y. Gampel, H. Halberstadt-Freud, N. Janigro, R. Kaës, G. Leo, M. Maisetti, F. Mazzei, M. Ritter, C. Trono, S. Varvin e H.-J. Wirth

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

ISBN: 978-88-903710-2-8

Anno/Year: 2010

Pages: 520

Prezzo/Price: € 41,00

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"Vite soffiate. I vinti della psicoanalisi" di Giuseppe Leo 

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Edizione: 2a

ISBN: 978-88-903710-5-9

Anno/Year: 2011

Prezzo/Price: € 34,00

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OTHER BOOKS

"La Psicoanalisi e i suoi confini" edited by Giuseppe Leo

Writings by: J. Altounian, P. Fonagy, G.O. Gabbard, J.S. Grotstein, R.D. Hinshelwood, J.P. Jiménez, O.F. Kernberg, S. Resnik

Editore/Publisher: Astrolabio Ubaldini

ISBN: 978-88-340155-7-5

Anno/Year: 2009

Pages: 224

Prezzo/Price: € 20,00

 

"La Psicoanalisi. Intrecci Paesaggi Confini" 

Edited by S. Fizzarotti Selvaggi, G.Leo.

Writings by: Salomon Resnik, Mauro Mancia, Andreas Giannakoulas, Mario Rossi Monti, Santa Fizzarotti Selvaggi, Giuseppe Leo.

Publisher: Schena Editore

ISBN 88-8229-567-2

Price: € 15,00

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<<La religione è diventata lettera morta . Siamo troppo progrediti per credere ciecamente in qualcosa. Noi vogliamo sapere tutto.>> Poche volte mi sono imbattuto in una denuncia, che  è anche un’invocazione, sull’assenza della religione dal mondo, pronunciata da uno psicoanalista, tanto energica ed essenziale quale quella  contenuta in uno scritto di Sabina Spielrein del 1922 . Questo stesso monito sembra essere stato recuperato da un recente libro di Gaetano Benedetti dal titolo “Riflessioni ed esperienze religiose in psicoterapia” (2005), di cui  mi accingo a fornire delle mie personali note di lettura.

 

Già dal titolo il menzionare la “psicoterapia” anziché la ‘psicoanalisi’ sembra voler porre l’accento sull’unicità fenomenologica di una relazione, quella terapeutica, più che sui sostrati teorici e metapsicologici che ne sottendono la specificità. Per Benedetti la psicoterapia, e particolarmente la psicoterapia della psicosi  è, come afferma il titolo di un  altro suo celebre libro,   “sfida esistenziale”, non solo quindi una sfida su un piano tecnico e teorico - perché la psicoterapia della psicosi costringe il terapeuta a ‘rivedere’ l’impianto ed il setting della psicoanalisi classica- , ma anche in un senso ‘esistenziale’ in quanto l’incontro terapeutico obbliga il terapeuta ad andare oltre se stesso, a ‘trascendere’ se stesso per diventare ‘specchio dualizzante’ dell’altro da sé: prendendo il paziente dentro di sé, gli potrà in questo modo restituire un’immagine integrata e, <<a partire da una fantasia comune, contribuisce allo sviluppo di un processo di simbolizzazione, all’elaborazione di un “ponte tra Sé e non-Sé>> (come ha scritto Patrick Faugeras nel 2003 a proposito dell’approccio di Benedetti). Non possiamo comprendere appieno, a mio parere, le convinzioni religiose dell’autore di questo libro se non partendo da queste premesse sulla psicoterapia della psicosi.

Al pari di quest’ultima, in Benedetti la tematica religiosa viene trattata come ‘sfida esistenziale’ nel cuore della quale però si innesta uno specifico conflitto: l’identità dello psicologo in lotta con quella del “teologo”. Lo stile di Benedetti, così aspro e sofferto, rappresenta il correlato retorico di un percorso impervio, quello che Giovanni della Croce ha definito “la notte oscura dell’anima” e che nel libro di Benedetti approda ad un miracolo autentico: superare le contraddizioni insite in questa sua doppia identità.

<<L’aquila

Non nella quiete dove sono solita posare

trovo la forza per scoprire nuovi spazi:

solo volando nelle lontananze crescono forti ali

e mi giunge un sussurro da tutti gli alberi lontani!

Là ho imparato ad ascoltare il richiamo delle altezze

 e a riposare sulle inquiete linee del vento;

la mia ala si apre come una bandiera

la cui vittoria è lo splendore della vicinanza del cielo!

E quando il mio libero sogno di sole si spegne

e potenze di morte legano le mie ali:

allora io già conosco tutti gli spazi più profondi,

e cado laddove soltanto le stelle possono guardare!>>

 

Come testimonia questa giovanile poesia di Benedetti, un tale cammino per dirupi ed irti  pendii  non si improvvisa dall’oggi al domani, ma “le ali con cui librarsi” si costruiscono lungo l’arco di tutta una vita. Ma nel suo libro non si tradisce l’immagine di un viaggio in solitudine, come il simbolo dell’aquila  potrebbe far pensare: delle presenze amiche, dei caldi affetti puntellano, come le tracce lasciate sulla roccia  dagli scarponi dello scalatore, le tappe spesso ardue di un’ascesa spirituale . Il colloquio quotidiano con la sposa ora defunta, le lettere scambiate col fratello, andando a ritroso fino alle parole ascoltate dalla propria madre (alla pag. 67 dell’opera) sono riferiti nel libro come segni di una  comunanza di identità spirituale.

Il “debito della religione nei confronti della psicoanalisi”  (parafrasando il titolo di un recente libro di Leonardo Ancona ) consiste per Benedetti in una vicinanza all’inconscio, alla <<O>> di Bion, a Dio come depositario di “una parte oscura” (pagina 50) da cui Egli può essere redento grazie all’amore dell’uomo. Lo psicoanalista, grazie alla sua formazione ed alla sua dimestichezza con l’inconscio, è colui che ha più familiarità con la simmetria. Benedetti non fa esplicito riferimento a Matte Blanco, ma il rimando è inevitabile quando egli afferma che <<la psicoterapia ha una segreta simmetria e vicendevolezza, quella che riflette la più grande, universale reciprocità>>. Ma qual è questa reciprocità più grande, quella in base alla quale Dio perdona noi e noi perdoniamo Dio, se non quella che risiede nelle profondità dell’inconscio come ‘sistema dinamico simmetrico’? Possiamo pensare di fare l’esperienza di Dio, al di sopra ed al di là dell’asimmetria della coscienza, in altra sede che non sia l’inconscio simmetrico? Afferma Benedetti a pagina 89: <<La costruzione della “simmetria” fra uomo e Trascendenza sembra essere il significato più profondo dell’esistenza, così come la rottura di simmetria sta alla base astrofisica della storia dell’universo>>. E’ da questa ‘simmetria’ originaria, che potremmo chiamare  Ur-Symmetrie, in cui possono toccarsi l’uomo e Dio (come nel famoso affresco michelangiolesco della Sistina) che deriva la nostalgia dell’unità dell’universo (pag. 89) che è alla base di tutte le religioni. Re-ligio , una delle possibile etimologie di religione, sta ad indicare l’aspirazione dell’uomo  a ri- unire, a re-ligare la molteplicità nell’ unità originaria.

 

 

Se anche psicoanalisti come Grotstein  hanno rimarcato la posizione  profondamente ‘teologica’  dell’analista nel  rapporto con l’inconscio umano, tuttavia mi sembra che l’originalità di Benedetti stia  nel sottolineare come la psicoterapia sia tout court una relazione duale terapeutica. Pertanto, l’esercizio della psicoterapia (e della psicoanalisi)  non comporta solo l’esperienza dell’inconscio nella sua dimensionalità simmetrica (come in Matte Blanco) o nelle trasformazioni di O (come in Bion), ma si arricchisce di una funzione fondativa: la psicoterapia costituisce un modello della natura duale della verità.  Come utilmente precisa Benedetti, non esiste la verità ab abstracto di un evento emerso nel corso di una seduta analitica se non nel contesto di quella relazione che si è data tra quei due individui impegnati in quella specifica relazione. Questa possibilità di esperire la natura duale della verità (da distinguere dalla verità scientifica <<che è una ricerca di obiettività>>, come Benedetti precisa a pag. 101) può avvicinarci all’esperienza del Soggetto Transizionale , dato dall’incontro (duale) tra esistenza e Trascendenza (pag. 101). L’immensa originalità di Benedetti sta racchiusa nel concetto che la psicoanalisi   non è solo una ‘porta aperta verso l’inconscio’, ma è esperienza fondante della verità che per sua natura non può che essere una verità duale. La psicoterapia per Benedetti diventa quindi esercizio di Trascendenza.

<< Io stesso mi affaccio a questo immenso problema (quello del Male, N.d.C.) con due volti, dello psicologo e del “teologo”>> afferma Benedetti a pagina 33. E tale ‘teologia’ non costituisce solo  un’ontologia, un tentativo di fondare un discorso filosofico su Dio, ma anche una metafisica in relazione alla concezione del Male. Questo è un attributo nominalistico del Non-Essere oppure il Male fa parte dell’Essere, ne è parte integrante? Benedetti sembra muovere la sua riflessione dall’interno di una concezione metafisica del Male (non a caso usa la lettera maiuscola come iniziale della parola) anziché  aderire ad una di tipo soggettivistico  secondo la quale il <<Male è l’oggetto di una appetizione negativa o di un giudizio negativo>> (Abbagnano, 1971) . Nella storia della filosofia una concezione metafisica del Male si è declinata secondo due direzioni fondamentali: quella per cui il Male è concepito come Non-Essere, e quella, più affine al sentire dell’uomo comune, e dell’inconscio, per cui il Male fa parte, insieme al Bene, di <<una dualità dell’essere, come un dissidio o un contrasto interno all’essere stesso>> (Abbagnano, 1979). La prima posizione filosofica è stata quella originariamente degli Stoici e dei Neoplatonici, poi fatta propria da filosofi cristiani come Clemente Alessandrino, Origene, S. Agostino, quindi dalla Scolastica (anche giudaica con Maimonide) e dal Tomismo, su su fino alla Teodicea di Leibniz ed all’Idealismo di Hegel.

La seconda concezione metafisica del Male, che vede questo come qualcosa di non degradato a non-essere, privo di qualsiasi base ontologica, bensì parte integrante di un conflitto interno all’essere, principio di lotta antagonista al Bene, risale originariamente allo Zoroastrismo persiano, per percorrere rivoli sotterranei della storia della filosofia: dagli gnostici come Basilide, alla setta dei Manichei, per arrivare al XVII secolo con Jakob Boehme, al romantico Schelling, fino allo spiritualista Fechner. E’ quest’ultima la concezione da cui sembra partire Benedetti.

Proprio la prossimità con l’inconscio fa dire allo psicoanalista italo-svizzero che esiste in Dio, nell’atto della creazione, <<un atto di immenso amore ed una rinuncia all’onnipotenza, la quale non conosce il male, un actus tragicus (…)>> (pagina 34), che in Dio si annida il dubbio (di cui è lacerante espressione il grido di Cristo sulla croce), che il <<Male non proviene né dalla caduta dell’uomo né da quella di Lucifero, esso è increato come Dio stesso>> (pagina 46). Che Dio ha in sé una “parte oscura” da cui Egli può essere redento grazie al nostro amore (come Egli ci redime col suo amore): concetto arduo ed impervio quest’ultimo, oltre che veramente coraggioso. <<Il lato oscuro di Dio è stato presente nella mia mente sin dall’infanzia>> scrive Benedetti a pagina 57, in uno dei passaggi dai toni più drammatici in cui l’autobiografia si mescola con vignette tratte dalla sua grande esperienza clinica (nella comprensione dell’”insormontabile” psicosi). <<Come è possibile, per esempio>> prosegue <<che Egli punisca il faraone crudele con un atto dieci volte più crudele dell’umana crudeltà, uccidendo tutti i primogeniti nati in Egitto, dal figlio del faraone sino al figlio primogenito della più umile e povera  ancella egiziana e al giovenco primogenito nella stalla?>>  E così, lungo i nodi dei ricordi rimasti a segnare l’ unicità di un  percorso spirituale, Benedetti giunge a definire il conflitto “metafisico” vissuto all’epoca della sua pubertà. Conflitto irresolubile, che però adesso, nell’intimo di un animo che ha passato tante riflessioni, trova una risposta, anche se tragica: <<terribile è la parte oscura di Dio. A questa, non meno che alla colpa dell’uomo, dobbiamo il destino dell’umanità, un destino di sangue da un milione di anni>> (pagina 58). Ma poi aggiunge che <<il nostro Dio non è tuttavia il Moloc cui i primitivi, per placarlo, offrivano creature umane. E’ soprattutto un Dio d’amore che vuole superare, non meno dell’uomo, il suo lato oscuro>> (pag. 58).

Seguendo un mio personale percorso di lettura, direi che da questa “teologia” e da questa metafisica del Male discende tutto quello che Benedetti dice attorno alla colpa ed al dolore.

Egli intitola un paragrafo del secondo capitolo “Situazioni-limite dell’etica”, titolo che richiama fortemente il concetto jaspersiano di colpa come situazione-limite dell’esistenza umana, situazione cioè alla quale l’uomo non può sfuggire in alcun modo. <<Ma soprattutto la trascendenza si rivela>> scrive Abbagnano (1979) <<in quella che Jaspers chiama situazioni-limite, cioè in situazioni immutabili, definitive, incomprensibili, nelle quali l’uomo si trova come di fronte a un muro, contro il quale non può che urtare senza speranza>> . La situazione-limite (il non poter vivere senza dolore, il dover assumere su di sé la colpa, l’essere destinato alla morte) rivela la trascendenza sotto forma di impossibilità per l’uomo di affrancarsi da essa una volta per tutte. E’ nello scacco che la trascendenza fa sentire la propria presenza.

Nel terzo capitolo del libro, dal titolo “Il simbolo e il mito nella religione alla luce della psicoterapia”, l’autore, partendo dalla sua concezione del simbolo nello psichismo umano, viene ad indagare la natura del mito religioso, passando attraverso i concetti di mito vivente, di mito storico, di mito personale, di fondamento mitico, di proiezione mitica. Questi concetti, che per la loro profondità e originalità non possono essere qui discussi uno ad uno (sia per motivi di spazio sia perché il sottoscritto non ne avrebbe le sufficienti competenze per farlo) ,  costituiscono  quei mattoni ‘semantici’ necessari perché l’autore metta in grado il lettore di seguirlo nelle sue riflessioni, nelle sue meditazioni che toccano  questioni tra le più ardite e complesse, come testimoniano alcuni titoli dei paragrafi: “L’origine delle religioni”, “Un concetto dell’universo”, “La dimensione psicoterapeutica del mito religioso”, “Il dubbio: ci inganniamo con i miti e le religioni?”, “La verità del dubbio”, “Che cos’è la fede filosofica”, “La realtà ultima dell’anima”, “Crisi della scienza e crisi della religione”, “Fatto storico e immagine mitica nella religione cristiana”, “Sulla natura della fede”, “Simbolo e rivelazione”, “Il soffio di Dio”, “Lo spazio metafisico”.

Non posso nemmeno soffermarmi sul quarto ed ultimo capitolo, quell’affascinante raccolta di sogni che l’autore ha fatto in epoche differenti della propria vita.  <<La limpidezza dei sogni qui riferiti>> afferma l’autore <<proibisce qualsiasi analisi, che sarebbe solo un “rimpicciolimento” del sogno >> (pag. 142) il quale irradia una luce che <<mi viene dall’incontro con la psicoterapia. (…) I miei sogni sono quindi esperienze religiose in psicoterapia, esperienze metafisiche nella fisica della vita, transpsicologiche nella psicologia>> (pag. 142).

Complessivamente, il libro di Benedetti si caratterizza per una certa eterogeneità strutturale -  per cui a testi che sembrerebbero appartenere originariamente ad epoche differenti dell’opera dell’autore, si alternano lettere a parenti,  brevi resoconti di sedute o supervisioni cliniche, ed il testo di una relazione congressuale tenuta a Verona nel 2001  -  a cui però fa da contraltare un unico ed organico disegno ispiratore, che come un ‘soffio vitale’, a partenza dalla vita e dalla carne dell’autore, sembra animare la creatura dell’intero libro. In effetti, nella prefazione di Mario Aletti si fa espresso riferimento ad una collazione di testi in cui Benedetti sarebbe stato assistito da Erwin Bernhard  e Alice Bernhard-Hegglin , i quali sono peraltro gli autori della Postfazione. Nell’Appendice del libro ritroviamo  il testo della relazione tenuta da Benedetti al congresso “Psicoanalisi e religione” (Verona, 2001), dal titolo <<La “mancanza” nel suo triplice aspetto di angoscia, colpa e creatività come base delle religioni e come fonte della psicopatologia>>. Si tratta di un testo che non possiede il pathos della testimonianza in prima persona (che caratterizza lo stile del resto del libro), ma che ha dalla sua la sistematicità di una trattazione ‘filosofica’ del problema della ‘mancanza esistenziale’ come fondamento della religione e della psicopatologia.

Vorrei concludere con un’ultima annotazione personale: leggendo tra le righe di un’opera così ricca di scienza e di spiritualità, ho sentito come un anelito profetico che aleggiava tra le parole scritte da Benedetti. Da una parte il tono complessivo del suo discorso intorno all’uomo ed alla Trascendenza, dall’altra precisi riferimenti a fenomeni storico-sociali (la globalizzazione, i <<gravi eventi storici che stiamo attraversando>> , il richiamo ai terroristi suicidi) mi hanno fatto  pensare al pericolo di una ‘mutazione’ antropologica che fa da sfondo al libro di Benedetti. E due associazioni mi sono quindi balenate alla mente. La prima mi ha chiarito perché io abbia citato all’inizio la Spielrein: il suo monito viene ‘lanciato’ alla vigilia dell’avvento della barbarie stalinista e nazista (a causa della quale ella troverà la morte). La mia seconda associazione di idee ha avuto come oggetto Freud e i suoi ultimi anni di vita, caratterizzati dal dolore fisico della malattia, e da quello spirituale connesso all’esilio ed alla incipiente catastrofe mondiale  che avrebbe cancellato la civilisation . Dobbiamo allora pensare che  Benedetti con questo libro abbia voluto prefigurare il rischio di analoghe ‘derive’ antropologiche, di cui è una spia l’ attuale paradossalità della condizione umana nel confronto con una globalizzazione per cui possono coesistere fianco a fianco presenze umane radicalmente ‘aliene’ tra di loro? Se è vero che, analogamente all’ultimo Freud, egli ci mette in guardia dalle illusioni che nutre l’umano “pensante “ occidentale, figlio dell’Aufklarung scientista, tuttavia, contrariamente al maestro viennese,  le sue pagine riescono a consegnarci la luminosità e la freschezza di una testimonianza spirituale piena di speranza e di amore. E’ solo nell’amore e nella compassione che i  conflitti laceranti dell’umanità possono trovare una composizione significante, cosa che  già in gioventù Benedetti sembra abbia intuito se diamo fede a questi suoi giovanili versi :

 

<<Molto presto sono stato chiamato e implorato

di rispondere all’impulso del mio destino!

Ciò che sembrava essersi perduto

nel fondo dei miei antenati

si è raccolto per sollevarsi verso il cielo,

si è raccolto e risvegliato in me

e si è centuplicato in amore!>>

 

 

 


   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 
 
   

 

 

 

   
 
 

 

 

 

 

 

 

         

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
   
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
   
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

   

 

 

 

 

 

Responsabile Editoriale : Giuseppe Leo

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