…questa è una delle ragioni per cui inquadri spesso la città dall'altro…
…è una sorta di distacco, ma il tentativo anche di far vedere il confronto tra la città vecchia, in qualche modo sempre più chiusa dalla città nuova sempre più grande. Però la visione è quella di non farsi prendere anche da una certa bellezza, dal fascino dell'architettura fascista, il fascino che ha influito molto su maestri come Bertolucci e in particolare su Ferreri. Con Storia di Piera mi ricordo bene come Ferreri si avvicinava alla città, non solo vedendo il film, ma partecipando come volontario nella mia prima assoluta esperienza sulle scene.
Latina è una strana città. Raccontandola anche dal punto di vista politico, dovevo assumere un atteggiamento un po' più distaccato. Le bellurie non mi interessavano. Da qui anche l'idea con Tarek, andando in stampa per l'edizione cinematografica, di saturare la fotografia, di dare un tono più freddo, un'esigenza di distacco rispetto ai toni di commedia che in certi momenti il film assume.

Il sindaco Finestra si vede sempre nel centro storico, il consigliere Visari e lo scrittore Pennacchi sono sempre inseriti in un contesto periferico…lo studio sui luoghi ti è servito anche nella caratterizzazione dei "personaggi"?
In parte è vero. Finestra va poco in periferia. C'è una scena che avevamo girato in cui l'avevo portato da don Mario a Santa Rita, ma ho deciso di escluderla perché nel film si capiva che era una situazione in qualche modo suggerita. Visari è uno che frequenta di più la periferia, quindi perché non assecondare questo aspetto. Finestra, pur occupandosi di piano regolatore, vive lontano anni luce dalla modernità della città. Forse non è in grado neanche di capirla completamente. Visari invece è uno che cerca di capire, in parte con l'ingenuità di una sensibilità idealista, la città in cui è cresciuto.

…hai assecondato le cose che vedevi…
Come documentarista penso che la realtà va ascoltata e va assecondata. Poi la si interpreta in montaggio. Fase in cui ho fatto delle scelte spietate e dolorose. Però mentre giravamo siamo andati per accumulazione, cercando in qualche modo di non influenzare troppo la realtà. Anche se io sentivo che la gente sentiva la telecamera. Qualcuno aveva detto che noi condizionavamo l'esito dei consigli. In realtà noi ci siamo trovati in mezzo a una situazione che neanche ci aspettavamo ci fosse. Uno scontro ferocissimo a destra con una classe politica incapace di decidere, o capace di mandare tutto allo sbaraglio per interessi particolari.

Tutte le scene sono state seguite o c'è stato qualche momento anche minimamente ricostruito?
Ho fatto sempre in modo che le situazioni le creassi io in qualche modo, perché la realtà va anche provocata. Ho chiesto io a Finestra dell'incontro con Pennacchi,e loro si sono incontrati a ristorante dopo tanti anni chiacchierando liberamente. O la visita di Finestra al busto di Mussolini, dove inaspettatamente il sindaco ha cominciato a muoverla a destra e a manca creando un piccolo spettacolo non so quanto consapevolmente o inconsapevolmente.

Il gioco delle porte è l'unica scena in cui in questo film di discussione, dialogo e provocazione, domina il silenzio. Quando c'è stata la scelta per costruire questa scena?
L'idea c'è venuta in mente mentre giravamo. Abbiamo visto che non riuscivamo più a entrare. Abbiamo chiesto di assistere alle discussioni, ma non hanno voluto. Al che ci siamo guardati in faccia io e Tarek, con cui lavoro insieme da anni, ci siamo detti:" Bene, le porte!". Da cui anche le porte chiuse aperte di lubitschiana memoria. Una cosa molto divertente, anche se lì si da l'idea di cos'è per molti la politica in Italia…a volte poi sono molto più efficaci certe cose che molte chiacchiere.

…anche se il film è molto animato dalle discussioni…
All'inizio ho avuto dei dubbi su quanto assecondare questa chiacchiera… secondo me fa parte dell'italianità. Il film è una coproduzione italiana, francese e svedese e quindi mi piaceva in qualche modo portare fuori dai nostri confini anche un'idea di teatralità, che passa anche attraverso la chiacchiera, le pacche sulle spalle, tutti che s'incrociano in qualche modo…cosa che in Francia, dove le posizioni sono più nette, non accade. Da noi sembra tutto un po' più complicato e esce infine una specie di teatro dove la parola è molto presente, ne più ne meno come un'opera buffa dove si parla però anche di cose serie.

Autore:

Renato Chiocca

 

 
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