Il
poeta si crea degli handicap, comportandosi come <<l'analfabeta
che trascrive>>¹
. Gli errori, i deragliamenti della lingua (delle lingue) sono funzionali
a straniarla, "alienandola" a se stessa (pensiamo al Rimbaud
anglofrancese che scrive
le Illuminations come "esercizi per le cinque dita dell'immaginazione")
Contiamo
infiniti cadaveri. Siamo l'ultima specie umana.
Siamo il cadavere che flotta putrefatto su della sua
passione!
La calma non mi nutriva il solleone era il mio desiderio.
Il mio pio desiderio era di vincere la battaglia, il male,
la tristezza, le fandonie, le incoscienze le somministrazioni
d'ogni male, d'ogni bene, d'ogni battaglia, d'ogni dovere
d'ogni fandonia: la crudeltà a parte il gioco riposto
attraverso
il filtro dell'incoscienza. Amore amore che cadi e giaci
supino la tua stella è la mia dimora.
Caduta sulla linea di battaglia. La bontà era un ritornello
che non mi fregava ma ero fregata da essa! La linea della
demarcazione
tra poveri e ricchi.
L'impressione
immediata è quella di una poesia profetica, magmatica eppure
assoluta, di assoluta verità;un codice privato che sia unico
tramite di una sorta di lingua angelica trascritta imperfettamente
(e si veda l'indicazione finale di Pasolini nel saggio sopracitato:
<<splendido testo che si propone come ineffando>>²),
nonché stream of thought, flusso interiore salvato
in una testualità amorfa e carico di tensioni erotico-spirituali.
Già nei primi versi in inglese (October Elizabethans)
si agitava un'attesa di Dio assolutamente seria: immaginate John
Donne che si dà all'automatismo surrealista
- ma Amelia
non gioca con le parole: nell'espressione investe e sperimenta tutta
se stessa. L'unico gioco ammesso, è giocare nella realtà
la partita della poesia.
oh il tabacco si spiuma in candidi
sorveglianti abissi di
sdentate voglie [
]
perché io non voli, purché tu non
cada, purché la luce si faccia tutt'un
universo, ch'io dorma, nell'infortunato addio. [
]
Ogni volta per Amelia l'atto di scrivere è
sempre più il tentativo di scrivere, benché
i testi siano inequivocabilmente compiuti; Amelia inciampa,
scivola, gira su se stessa: questa aperta lotta con la (im)possibilità
dell'espressione la avvicina ad Artaud. Molti fantasmi intertestuali,
trasfigurati dalla sua pronuncia anomala, si adunano nei versi,
e provengono dai "suoi" poeti demonici: Rimbaud e Campana,
Montale e Scipione. Il poemetto La Libellula "macina"
in sé una serie di citazioni preziose subito fraintese e
distorte in un montaggio elicoidale che però sembra escludere
il registro parodico:
Io non so se tra il sorriso della verde estate
e la tua verde differenza vi sia una differenza
io non so se rimo per incanto o per travagliata
pena. Io non so se rimo per incanto o per ragione
e non so se tu lo sai ch'io rimo interamente
per te.
[
]
Attraverso
un procedimento di iterazione variata che rimanda forse più
a Campana (in Genova) o a Pound che ai surrealisti, l'immagine
ossessiva si moltiplica e si dissemina:
Io non so se tra le pallide rocce il tuo
sorriso m'apparve, o deo dalle fulvide chiome
o cipresso al sole io non so se tra le pallide
rocce del tuo sguardo riposavano l'incanto e
la giovinezza. Io non so se tra le ruvide guance
del tuo sguardo riposavano gli addii o la pietà.
Io non so ringraziarti e non so la tua dimora
e non so se questo grido ti raggiunga.
[
]
Non so se tra le pallide brume il tuo sorriso
m'apparve in una bruma tiepida e distesa, ma
io morii dal male che sorse dalla tua bocca e
dal tuo tiepido sorriso infatuato. Non so se
tra il male che mi vuole e il tuo sorriso esista
la pietra puntata della differenza [
]
1
Amelia Rosselli, La poetica è posteriore al 100%, in La poesia
che parla di sé, a c. di G. Spagnoletti, Ripostes 1996, p.
185
2Pier Paolo Pasolini, ibid.
|
|
|
Trova
Cinema |
Tutti
i film in tutte le sale
|
|