VINCENT di Vincenzo Tarkowski (Prospettiva
editrice)
Che
cosa nasce dopo la lettura di "Vincent" di Tarkoswski?
Nulla. Ma questa pessimistica risposta è tuttavia azzardata
(nascere è sinonimo di dare vita) non è dunque possibile
dar vita ad un nulla, perfino "Alien" è un mostro,
qualche cosa di materiale e visibile che cresce in un corpo prescelto.
L'immagine che ci appare nel libro è estiva, solare, (il
mutamento di tempi e spazi è elemento costante dell'opera,
rappresenta la mente del protagonista attirata dai mille volti del
mondo, soprattutto dalle ragazze) l'io narrante ci dice la sua età:
22 anni. Età complicata, ricolma di ossimori e contraddizioni.
Altro aspetto importante di cui veniamo a conoscenza è il
carattere del ragazzo: svogliato, nulla facente, forse (e ribadisco
FORSE) nullatenente, sognatore, insicuro, non adatto e non adattato
ancora dalla società che lo circonda, lo ingoia e lo sputa
lasciandogli addosso ancora la saliva sui vestiti. Probabilmente
l'autore è consapevole che quel grigiore che nasce dopo la
lettura del suo libro, è un grigiore momentaneo, ma puro.
Mi spiego meglio: sin dalla copertina in nero, in grigio scuro del
corpo di profilo, ci accoglie in pagine con lettere di piccola-media
grandezza, un finale che riecheggia gli anni "70 malinconicamente
o come gesto infantile e provocatorio, spazi bianchi per le note
ed il nero che incornicia una presentazione misera ed essenziale.
E l'interno?! Lontano anni luce da Bukowski. Prima differenza tra
i due si può dedurre dalla frase di Bukoski "la definizione
di vita è una grana dopo l'altra", Vincent, per quanto
ci si sforzi, riesce a sopravvivere e qualche soddisfazione arriva
(non la pregusta come dovrebbe, questo è vero). Tarkoswki
insomma viaggia negli spazi in cerca del nulla che lo tormenta ma
al contempo emula un suo stile di scrittura personale, come a dire:
imita se stesso, ha per mito la sua persona, copia il suo stesso
stile: Tarkowski copia Tarkowski. È raro per un giovane scrittore
osare la strada mai battuta, o meglio, farlo e riuscirci egregiamente.
Certe cadute di stile naturalmente ci sono, due esempi: il capitolo
26 che è totalmente fuori luogo così come il 29 che
pare coprire un buco che non esiste. Queste "cadute" riportano
ad una vagheggiare troppo inutile in un contesto che tiene il ritmo
come si stesse leggendo un Palio di Siena al rallentatore. Senza
vincitore quest'anno, senza trionfo per il cavallo ed il cavaliere.
Così è l'amore per Vincent, una corsa dove ogni anno
c'è un vincitore sistematicamente, tranne l'anno in cui ad
assistere è presente la sua ombra e la sua persona. Il sesso,
dopo tutto, è secondario, ciò che veramente gli manca
è l'affetto di una ragazza. Lo si nota invidioso sbirciare
le coppie sulla spiaggia ed odiarle per il semplice fatto che esistono
(gesto infantile). Si trascina in un vortice dove vorrebbe travolgere
qualcuno ma ricolmo di problemi esistenziali, rifiuta molte volte
il dialogo portatore di nuovi legami da evitare (gesto infantile
o gesto di ragazzo che veramente soffre). È questa la grandezza
del libro, far capire la sofferenza di Vincent evitando i mille
luoghi comuni sui giovani senza ideali o cultura. Vincent vaga e
la sua ombra lo segue a fatica. Solo con il suo gatto (non e quindi
così tanto solo) beve e si perde smascherando l'ipocrisia
verbale e fisica, il tutto narrato rendendo ottimamente l'equilibrio
instabile del personaggio, che altro non cerca che affetto.
Per informazioni sull' autore:www.vincenzotarkowski.it
Autore:
Angelo
Zabaglio
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