Il professor Lichtenberg, quale nostra preziosa eredità da un Settecento sicuramente "illuminato", ma anche lampeggiante di sagacia, non poteva poi lasciarsi sfuggire la polemica contro il suo stesso ambiente - l'accademia parruccona, i dotti, i cacalibri; e qui altre perle: "Preferiva ascoltare un pappagallo piuttosto che un professore". "Ha scritto otto libri; avrebbe fatto meglio a piantare otto alberi o a fare otto figli". "Cielo, fa' che io non scriva mai un libro su altri libri!". "Il troppo leggere ha prodotto una dotta barbarie". Già ai suoi tempi, in pensieri singolarmente consonanti con il Leopardi della Palinodia, il nostro denunciava l'eccesso di chiacchiera e l'alluvione di pagine scritte. Impossibile per lui lasciare in pace sui loro trespoli gli eruditi, i dotti e i dottori. Infatti "non si può portare la fiaccola della verità senza bruciare qualche barba".
Per chiudere queste righe ho provato a rispolverare la mia vecchia superstizione della bibliomanzia (consultazione casuale di un libro per trarne responsi), che stavolta mi ha punito: sono incappato in due tremende bordate contro i recensori… Dopo avermi dato del "neonato" in latino ("Recensore: quasi recens natus"), per maggior umiliazione Lichtenberg insinua che il mio narcisismo inveterato dovrebbe addirittura stimolarmi "le più violente erezioni" una volta finito questo articolo. (Mah! In tal caso, chiedo anticipatamente venia al benevolo lettore. Vedrò di farmi curare…)
Questa disinvoltura di linguaggio non era casuale. Il professore, nelle faccende della carne, oltre a darci dentro come uno stambecco, era pure pignolo: nelle sue note di diario vediamo segnate accuratamente "in codice" tutte le manovre di avvicinamento alla cameriera minorenne (con grave scorno della moglie), nonché giorno e ora della " " (il phi greco sta quasi certamente per fututio), con sapide chiose quali "a tutto spiano" o "veementissimo".
E quando gli toccava saltare un giorno di ginnastica, cadeva in depressione.

Ecco, egregi contemporanei, a quali vette di fantasia e gioia può giungere uno spirito autenticamente deliziato dalla stupidità umana; e se lo spettacolo dell'universa ebetudine si recita ovunque, perché perderselo rileggendo Platone? Simulatori, ipocriti, ruffiani, istrioni… Adeste, infideles… O stupidi di tutto il mondo: grazie! (stavo per dire unitevi! - ma no, ché siete già uniti)… e continuate così: abbiamo bisogno soprattutto di voi… La vostra mera esistenza ci consola. Anche noi facciamo comunque parte del circo, ma non ci prendiamo così tanto sul serio; almeno si spera. Ridicolo è chi si offre in ostaggio all'assoluto. Ridicolo, irrimediabilmente, è chi non ride per primo e per ultimo di se stesso. E voi, malgrado tutto, siete una ragione in più per vivere ridendo.


Autore: Fabio Pedone

 
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