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23 Luglio 2001
GENOVA:
UN TRANQUILLO WEEK - END DI TERRORE
La
testimonianzia di Cristina Papa - Il Paese delle Donne -
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20
luglio
Arriviamo in macchina da Milano. Al casello per Genova ci sono
una ventina di pattuglie
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della polizia. Fermano alcuni, dall'apparenza
"normale", ma, ci diciamo, era prevedibile.
Il casellante ci comunica che in città ci sono scontri da un'ora, ma
quando riusciamo ad arrivare a Piazza Manin troviamo solo bancarelle
della Rete Lilliput, delle donne, cartelli sul G8 e gli OGM.
La citta' e' deserta, surreale: il G8 parla di libero commercio e non
si trova un bar dove bere un bicchiere d'acqua, figuriamoci da
mangiare.
Il corteo e' già partito, lo raggiungiamo, scendendo per Via
Assarotti, e incrociamo un festoso corteo di Pink, tutti con i
capelli rosa, i boa di struzzo, la musica a ritmo di samba.
Alla fine della strada la vediamo la rete, la barriera della mitica
zona rossa.
Fa un contrasto strano la gioisità del corte contro quella rete
marrone (gia' arruginita con quel che e' costata??), i poliziotti,
tutti giovanissimi, che quando siamo arrivati erano molto tesi,
cominciano a rilassarsi dietro gli scudi. Il clima e' insomma
tranquillo.
Sono in città da dieci minuti, penso che alla fine tutto andrà
per il meglio e che sarà proprio una bella manifestazione.
Quando Via Assarotti e' piena il corteo dei Pink si infila
saltellando in un vicolo e si allarga nella piazza accanto.
La piazza si riempie di gente che balla, e un ragazzo con un fucile
stilizzato di legno con su montato un mazzo di fiori sale sulla rete,
arriva in cima e lo sventola rivolto ai poliziotti.
La folla applaude. Arrivano i primi getti degli idranti che, viste le
fitte maglie della rete, si trasformano in docce fresche accolte con
ilarità dalle persone che ne sono colpite. Ma non e' solo acqua.
Pizzica sulla pelle e negli occhi.
Poi, in un attimo, arrivano dei tipi un po' così ... però non
sembrano pericolosi, Elettra Deiana che e' proprio lì davanti dice
che hanno delle borse piene di oggetti e che li lanciano. contro le
forze dell'ordine.
Da dove sono io vedo volare solo buste di plastica e oggetti che non
superano la rete.
Arriva correndo una pattuglia della polizia dal vicolo accanto.
Si schiera e chiude il vicolo che ci separa da Via Assarotti.
Francesco Martone, senatore verde, e Monica Lanfranco, della Marcia
Mondiale delle donne, trattano con loro. Una ragazza suona uno
strumento metallico, un ragazzo un tamburino: sembra la battaglia di
Berry Lindon.
Ma no, pare tutto risolto, se ne vanno tranquilli alle nostre spalle e
ci guardano senza fare niente.
Poi un cassonetto spinto da due ragazzi scende verso la rete,
non so se ci sia arrivato, altra polizia, lacrimogeni.
Via scappare.
Sono in città da mezz'ora.
Affannata su per un vicolo riesco a ritornare in Via Manin. Sono lì
tranquilla che parlo con Elettra Deiana. Olga, da Radio gap mi dice
che stanno arrivando quelli del Black block che hanno spaccato
vetrine, bruciato macchine e che sono inseguiti dalla polizia (o dai
carabinieri) che li spingono verso di noi. Però ancora non si vede
nessuno. penso ad una leggenda urbana.
Ma no, eccoli: sono lividi, neri, con le mazze.
Si aggirano tra noi facendosi segnali che ricordano quelli della
borsa. Un mondo migliore e' possibile, ma certo non lo avremo grazie a
loro. Come in una delle sette storie di "Ubick" provo a
immaginare come sarebbe: livido, e senza colori, con macchine bruciate
lungo le strade e le persone che si muovono come topi, correndo nelle
zone non protette. Non sono solo uomini, ci sono anche molte ragazze.
Una cosa su cui riflettere.
Un gruppo di persone, vestite di bianco si mette sul loro cammino e
tenta di fermarli, arrivano i lacrimogeni. Contro di noi. Gli
altri si allontanano indisturbati. La polizia ci insegue.
Scappiamo.
Sono in città da tre ore e non ho più fiato, ho gli occhi
rossi e
non respiro. I lacrimogeni sono davvero di ottima qualità.
Torno in Via Manin dove un tipo sale sul palco e ci invita a restare
uniti, a fare un'assemblea, qualsiasi cosa per non lasciare la
piazza, ma insomma siamo già dispersi, gruppi girano per le città
senza sapere dove andare, per strada non c'e' un genovese a cui
chiedere.
Quei pochi che girano invitano a non scendere perchè ci sono gli
scontri.
Dall'alto il fumo dei lacrimogeni sembra una cappa sulla città
deserta.
Proviamo comunque a scendere, la polizia e' ovunque. Si sentono colpi
di lacrimogeni, urla, vediamo in lontananza gente che scappa rincorsa
dalla polizia.
Non hanno mazze ne' niente per difendersi.
La polizia sì.
Vado via, non reggo questa tensione, non trovo il corteo e non mi
di gironzolare. Esco da Genova per andare al mare. Ho
bisogno di aria e di vedere qualcosa di bello.
Percorro Via Bobbio, un lungo viale lungo il Bisagno. Macchine
bruciate, vetrine infrante, cassonetti rovesciati. Da lì a Piazza
Manin sono almeno 4 chilometri.
Come mai la polizia o i carabinieri non sono intervenuti per fermare
chi ha compiuto queste azioni vandaliche? Come mai hanno tirato i loro
lacrimogeni contro di noi?
Non mi e' ancora chiaro che questa e' una prova per il giorno
successivo.
Mentre sono su una terrazza in riva al mare arriva la notizia: e'
morto un ragazzo, forse un black block basco.
Basta, voglio tornare a casa, invece cerco un hotel. Il portiere e sua
moglie ci informano che a causa delle violenze dei manifestanti c'e'
stato un morto. Taglio corto: sono una manifestante anche io, dico. Il
cliente ha sempre ragione. Sta zitto, meglio così.
A cena nel solo ristorante che troviamo aperto nel raggio di
chilometri, il TG di Mentana mostra le foto, non c'e' l'audio, e'
surreale. Tento, dal porto, di raggiungere la scuola Diaz, non
conosco la città sbaglio strada e vengo sempre rimandata indietro
dalla polizia e dai carabinieri con aria minacciosa.
Basta torno in albergo e mi rassegno: da manifestante sono stata
trasformata mio malgrado in spettatrice.
Vedo scorrere sullo schermo prima Ciampi e Berlusconi (insieme!), poi
in sequenza, Scajola, Ruggero, Casarin. Tranne quest'ultimo sono tutti
d'accordo: la colpa di quel che e' accaduto e' dei manifestanti che da
mesi hanno alzato la tensione in città.
Baget Bozzo con gli occhi stretti dal livore plaude l'operato della
polizia, non una parola di pietas cristiana per un ragazzo di
vent'anni morto sul selciato, sparato dalla polizia.
Don Gallo interviene poco dopo e afferma che la colpa di quel che e'
successo e' della polizia che non ha fermato i violenti e se l'è
presa con gli altri innescando cosi' una dinamica incontrollata di
scontro.
Parola di Dio.
Vado a dormire, dopo aver detto a chiunque mi chiamasse per sapere
come stavo di venire, che il corteo del giorno dopo sarebbe stato
bello e doveva essere grande, grandissimo, un fiume di gente.
21 Luglio
Non ho dormito bene la notte a causa della tosse. bronchite? no
effetto dei lacrimogeni. Sono distrutta ma mi sbrigo per
raggiungere
il luogo della manifestazione. Ho appuntamento con Rosa, la mia
convivente, e con le donne della marcia mondiale.
Al telefono Rosa mi dice che si e' deciso che non ci saranno spezzoni
di sole donne, non e' sicuro.
Cerco di consolarmi pensando che abbiamo potuto manifestare il 16
giugno ...
Il percorso e' comunque bellissimo, con a lato il mare.
La gente e' bellissima, e' tanta, di tutte le età, con tanti colori.
Quando arrivo in Via Cavallotti il corteo appare lunghissimo.
Sarà una bella manifestazione, ho fatto bene a venire, mi dico tra
me.
La polizia (o i carabinieri) sono lontani, una presenza discreta,
come era sensato aspettarsi.
Sono in piazza da un'ora quando vedo dei tipi che scendono alla
spicciolata per il corteo, sono vestiti di nero e hanno delle mazze.
Lo faccio notare a un compagno del servizio d'ordine di Rifondazione
che mi sta vicino. Mi dice di non essere paranoica.
Cerco di non esserlo, ma comunque mi sposto, vado più avanti.
Mentre cammino penso che tutte le manifestazioni si dovrebbero fare
con il mare accanto, in un posto così bello non può succedere
niente di brutto.
Mi sbaglio.
Quando alzo gli occhi vedo centinaia (davvero!) di cellulari
schierati alla fine della piazza. Non mi sembra un buon segno. Si
alza il primo candelotto, e poi ancora, e ancora e ancora, e ancora.
Non si vede niente, tutti scappano senza sapere dove andare. Penso che
devo stare attenta a non farmi calpestare, può essere una strage
vista la topografia della citta'. C'e' gente che cade, altri li
raccolgono.
Io scappo e raggiungo il corteo, lo spezzone di legambiente. mi ci
infilo. C'e' una mucca, e' buona ma sputacchia tutto in giro. Sembra
strano ma ci mettiamo tutti a ridere come scemi. Dalle finestre
appaiono finalmente i genovesi, anzi le genovesi, molte vecchiette e
qualche giovane che lanciano acqua sul corteo morto di sete e di caldo
in una città deserta in cui il Comune non ha approntato
nessun'accoglienza. Sono di Roma, il confronto con il giubileo dei
giovani con casse d'acqua e bagni dappertutto mi innervosisce un po'
...
Arriviamo in una piazza e ci dicono di defluire per lasciare entrare
gli altri. Il corteo e' stato spezzato in più parti che
faticosamente cercano di rimettersi insieme. I cellulari, i telefoni,
sono preziosi, ci si sente con gli amici e le amiche e ci si
telecomanda.Vieni qui che e' tranquillo.
No, non ci sono zone tranquille. Come in un cattivo copione dove si
raggruppano le persone arrivano poco dopo i black blok (?), poi
l'elicottero della polizia (o dei carabinieri) che vola bassissimo,
immobile, sopra i manifestanti, per minuti interminabili, poi, dopo
che le devastazioni sono state fatte e i vandali si sono allontanati
indisturbati la polizia carica noi. E la stessa scena si ripete ancora
e ancora ovunque.
Dove andiamo ci sono forze dell'ordine che ci sparano addosso
lacrimogeni.
Sono fortunata, non mi sono mai trovata dentro le cariche ne' isolata
lungo le strade sotto i manganelli della polizia.
Camminiamo con le mani alzate, il fumo si leva dappertutto, quello dei
cassonetti e quello dei lacrimogeni.
Per chi ha visto le immagini del Cile la similitudine e' molto più
che inquietante.
Vado via. Voglio tornare a casa.
Su un ponte che attraversa il Bisagno un gruppo di gente cammina,
vuole dirigersi verso Brignole immagino. Come me.
Non gli si vedono in mano mazze ne' lanciano oggetti, vogliono solo
andarsene immagino. Ma ecco compare la polizia che li insegue da
dietro, tira lacrimogeni e li costringe a scappare. Non stavano
facendo niente.
Mi dicono che cinque minuti dopo che me ne sono andata da lì si sono
scatenati picchiando chiunque si trovasse da solo lungo la strada.
Torno a casa stremata. Mi scorrono davanti gli occhi le immagini di me
che scappo, me che cammino con le mani in alto incontrando altre
persone che scappano con le mani in alto.
Berlusconi dice che non dobbiamo lamentarci, che i funzionari
che hanno gestito la piazza sono gli stessi che ha nominato il governo
di centro sinistra. Bianco rivendica orgoglioso l'idea di recintare la
zona rossa. Non posso fare a meno di trarre un sospiro di sollievo,
non e' stato il governo che ho votato a fare questo. Ma l'avrebbe
fatto molto meglio? me lo chiedo e non oso rispondermi.
La Polizia e i Carabinieri hanno gestito la piazza in un modo
inqualificabile, lasciando scorazzare "i violenti" e
picchiando
sistematicamente tutti gli altri.
Non vorrei sentire i commenti, che invece sento già di chi dice che
sono state le tute bianche a far crescere il clima di tensione.
Non condivido la loro pratica, detesto il loro modo di
assecondare i media per essere "visibili" conducendo azioni
di elevata spettacolarità, mi ripugna l'idea che per scendere in
piazza si debba essere giovani e forti (e possibilmente maschi), trovo
ridicolo chi pensa che la vittoria sia data dall'invasione, e magari
dall'occupazione per alcuni secondi, del territorio dell'altro.
Non voglio saperne di territori aperti o chiusi. Queste sciocchezze le
lascio agli uomini.
Mi pare però evidente che l'azione punitiva condotta con quei mezzi e
con quella violenza contro il centro legale e il centro stampa, dopo
una giornata in cui persone pacifiche hanno visto calpestato il
diritto di manifestare, tolga di mezzo ogni equivoco: il comportamento
della polizia non ha avuto neanche per un minuto lo scopo di
contrastare le presunte violenze, o se preferite gli atti di
disobbedienza civile, quel che si voleva era creare un clima di
intimidazione, umiliare le trecentomila persone che erano lì per
manifestare pacificamente.
Per questo, io credo che la presenza alle manifestazioni cittadine
indette dal GSF debba essere massiccia, pacifica, e segnata fortemente
dai nostri contenuti e dalle nostre pratiche.
Mi sforzo di continuare a pensare che un altro mondo e' possibile, ma
con un brivido mi domando se quest''altro mondo non sarà livido e
fascista come quello in cui ho vissuto in questi due giorni.
Cristina Papa
altre
testimonianze di donne sono disponibili nel sito del Paese
delle Donne www.womenews.net
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