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Cigognola, come tutto l'Oltrepò vanta una tradizione gastronomica antica e varia. Risentendo dell'influenza dell'Emilia Romagna a oriente e del Piemonte a occidente. La cucina conserva radici che affondano nelle antiche dominazioni passate, legate all'occupazione sia spagnola che francese, conservando tracce anche della cucina medioevale. Essendo una zona di antichi traffici commerciali, l'Oltrepò era un nodo importante del nord Italia nel XVI secolo, ciò ha favorito l'entrata nel nostro patrimonio culinario di piatti estranei all'agricoltura locale, come le aringhe affumicate (saracche) e il baccalà, di origine ligure.

Le origini rurali della zona, influenzano notevolmentela la gastronomia. Non bisogna però pensare che cucina contadina significhi povera o non curata: essa è paragonabile per qualità e sapori, a quella più ricercata. Gli animali da cortile, il tradizionale maiale e i prodotti dell'orto, forniscono gli ingredienti per la tavola della nostra zona. E' sicuramente interessante riscoprire cosa mangiavano i poveri contadini o i nobili nei loro castelli, nei giorni di festa enei giorni lavorativi. A questo prorosito, si vule fornire un breve elenco, anche se sicuramente non completo.

Ravioli in brodo che i buon gustai annaffiavano con vino rosso,

La zuppa alla pavese, ottenuta versando brodo bollente sul pane secco, aggiungendo anche un uovo che veniva parzialmente cotto dal calore.

Classici tortelli di zucca.

Ravioli di merluzzo e uvetta, originari della cucina medioevale.

Faraona ripiena al forno o arrosto, costituiva un piatto pregiato. A consumarlo come secondo, insieme ad altre carni nei giorni di festa erano sicuramente le famiglie signorili, mentre i contadini assaporavano lo stufato di manzo o il baccalà in altri piatti a base di pesce insieme ai filetti d'aringa affumicata.

Il "Ragò" fatto con verze, piedi d'oca e ortaggi.

La gallina ripiena, con il suo ripieno di formaggio, pane grattugiato e fegato da sempre considerato un piatto "ricco" dai ceti più umili. Preparato la domenica, veniva consumato al ritorno dalla Messa.

L'oca, oggi sempre meno diffusa, era considerata un piatto di tutto rispetto, il grasso colato veniva raccolto e usato come condimento.

Il maiale, ancora oggi utilizzato in tutte le sue parti: le più nobili, insaccate per essere conservare a lungo, il resto, riutilizzato completamente in altre ricette, quali: la zuppa di ceci che veniva insaporita dalle costine di maiale, lo zampone, piatto tipico di capodanno ben augurale. La tradizione lo vuole con le lenticchie, che se consumate nel cenone di San Silvestro porteranno soldi nel nuovo anno. Infine il lardo, condimento storico di minestre nella classica pestata, mentre spalmato sul "miccone" era il compagno ideale per un buon rosso agli aperitivi nei raduni paesani.

La "schita", impasto di acqua, farina, strutto e latte, accompagnava splendidamente i salumi.

La torta del paradiso è il dolce che da sempre chiude il pasto ed è presente su tutte le tavole, dalla più umile alla più sfarzosa. Insieme al budino di mosto, tipico del periodo di vendemmia, rappresenta il dessert della nostra cucina tradizionale.

Il salame di cioccolato, dolce umile, fatto con biscotti e cioccolato, ed i "brasadè"; ciambelline tipiche del territorio. Ogni comune ne reclama l'invenzione, e ne conserva una ricetta diversa.

Queste ricette uniche, nel corso dei secoli, sono state rivisitate e modificate per semplificarne la preparazione, per praticità legata al variare degli stili di vita e, cosa forse più triste, per l'impossibilità di recuperare gli alimenti naturali e genuini che sono alla base della nostra tradizione. La genuinità dei prodotti è un problema sempre più attuale, e Mario Soldati, già nel 1965 scrisse in proposito: " ...come possiamo, in altri termini,occuparci di salse e di minuti di cottura, quando l'autenticità della materia prima è messa in dubbio? Quando la difficoltà non è più quella di cucinare il cibo, ma di trovarlo, ossia di trovarlo genuino?... ".

 

 

 


 

 



 

 

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