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In un intervista a Telos,
la rivista americana di marxismo francofortese, fu chiesto a Frank
Zappa se vedesse una distinzione tra "grande arte" e
"arte popolare". Lui rispose "Or any art at all?"(1)
["oppure niente arte?", mettendo in questione la stessa
categoria "arte" ndt.].
Tentare di cancellare la distinzione tra arte e vita è
stata un'attività prediletta dagli americani al meno a
partire da Walt Whitman; un modo per esprimere imbarazzo nei confronti
dell'onorabile status garantito all'arte in quella società,
uno stato che coincide nonostante tutto con una forma di segregazione.
Questo spiega la combinazione apparentemente contraddittoria di
disciplina e casualità nella musica di Zappa. "Questo
deve essere il nastro con tutte le note giuste dentro"(2)
, accompagnato da "chi cazzo se ne frega"(3).
L'accidentalità segna l'entrata del reale nel disegno zappiano.
Come un surrealista riprodusse l'immagine di un'Europa devastata
prima dello scoppio della seconda Guerra mondiale (4),
Zappa mescola nella sua opera elementi del mondo reale facendo
diventare la propria arte microcosmica. L'analisi riporta in superficie
informazioni reali sul mondo, sul suo passato e il suo
futuro. Nessuno, dai tempi di James Joyce, ha provato a distruggere
la distinzione tra arte e vita con un simile zelo produttivo.
Parlare di arte mette in campo la questione della sua definizione.
Per un marxista, l'arte è il rifugio di sicurezza della
borghesia, a metà strada tra la parata religiosa del feudalesimo
e la permanete ri-creazione della vita quotidiana che dovrebbe
caratterizzare una società futura, che si è lasciata
alle spalle quella delle merci. Prima dell'ascesa al potere della
classe borghese, le opere d'arte - storie di avventura, ritratti
occasionali, spartiti per liuti e viole - non erano investiti
del significato personale che fu dato loro dai romantici. Se avevi
crucci metafisici, ansie circa il posto che la tua anima individuale
aveva nello schema cosmico delle cose, consultavi uno specialista:
il prete. La religione aveva il monopolio di tale conoscenza specialistica,
castigando come eresia il ricorso diretto alla bibbia (o a Dio).
Nel 1789 la Rivoluzione Francese rese evidente come la religione
sostenesse il vecchio ordine: nella sua fase rivoluzionaria la
borghesia non tollerava nessuna delle vecchie gerarchie del feudalismo
e della fede. Chiedeva un'immagine del mondo razionalista. Chi
avrebbe adesso scandagliato le profondità dell'anima, misurato
l'impulso della vita "interiore"? Poeti e pittori si
fecero avanti.
L'Arte fu il rimpiazzo della religione, depositaria di valori
superiori a quelli del vile "far denaro". Le implicazioni
reazionarie di questo tipo di idealismo le possiamo leggere (in
forma degradata) nel tono trionfante della senatrice Paula Hawkins
quando, durante una seduta del senato degli Stati Uniti, chiese
a Zappa dei suoi profitti:
PH: Lei guadagna dei profitti
da questi dischi rock?
FZ: Si.
PH: Grazie. Penso che questa affermazione faccia comprendere
molte cose alla Commissione. (5)
Mentre l'industria discografica
offre di autocensurarsi in cambio di una legislazione che produca
introiti tramite la tassazione dei nastri vergini, un artista
che dice di ricavare dei profitti viene umiliato. Un'affermazione
che dovrebbe allineare Zappa agli interessi economici della classe
dominante americana viene considerata una prova del suo disvalore
come artista e della sua bancarotta morale come cittadino.
Frasi simili permettono alla sinistra di trarre conclusioni altrettanto
simili quando si trova anch'essa a moralizzare contro quelli che
si compromettono con il profitto. L'estetica di sinistra ha subito
una profonda involuzione dai giorni in cui Leon Trozkij corrispondeva
con André Breton sulle implicazioni rivoluzionarie del
surrealismo. La dialettica negativa (6)
non ha tempo per queste forme di critica estetica pseudo-marxiste
che rispecchiano meramente la bigotteria della borghesia liberale.
Apprezzare l'arte sotto il capitalismo, al contrario, può
voler dire soltanto rendere manifesta la contraddizione; l'altra
opzione sarebbe una vita passata a leggere libri su Percy Shelley
(7).
Alla faccia di quelli che storcono il naso all'idea di combinare
politica leninista e Zappologia (8)
la dialettica negativa afferma: l'arte di Zappa, benché
necessariamente accompagnata dalla fede piccolo borghese nell'economia
della piccola impresa, è parte della protesta contro le
divisioni della società capitalista almeno quanto la musica
di Charlie Parker o di Kurt Weil. Quelli che riducono il marxismo
a moralismo - una lista di dogmi che separa noi "buoni"
dagli altri - non hanno solo rovinato la dialettica, ma anche
impedito la comprensione dell'industria culturale. Sono gli stessi
tristi figuri che dicono che la sinistra dovrebbe ignorare il
punk.
L'arte non è solo rappresentazione di aspirazioni e ideali
su cui bisognerebbe esprimere un giudizio morale. È essa
stessa un processo materiale. Questo crea problemi all'idea dell'arte
come depositaria di valori "più alti", valori
cosiddetti non materiali. Durante il ventesimo secolo lo stesso
sviluppo tecnico dell'arte ha messo in crisi quell'idea. Quanto
più i romantici spremevano l'espressione personale dalle
vecchie forme - cromatismo e dissonanza in musica, simbolismo
in poesia, quadri sulla pittura - tanto più estendevano
lo scopo materiale dell'arte, perdendo però contestualmente
il proprio pubblico. Il modernismo artistico del primo dopoguerra
e degli anni 20 fece presagire un mondo in cui la rappresentazione
non era più necessaria, perché l'umanità
stava attivamente ricostruendo il mondo - la promessa della Rivoluzione
Russa. Il Bianco su Bianco di Casimir Malevich diventava
esso stesso un oggetto del mondo, non più una finestra
aperta su una realtà posta al di là dell'antagonismo
tra l'io e la società. Quando le conquiste rivoluzionarie
del 1917 vennero tradite e abbandonate, simili reazioni alle divisione
della società capitalista non furono più benvenute.
In occidente la distanza tra l'arte moderna e la vita delle masse
fu trattata come una prova della stupidità di massa; sotto
il comunismo vennero banditi entrambe.
La contro-rivoluzione di Stalin soppresse il potere dei lavoratori
in nome dell'ideologia "socialista" e istituì
il Realismo Socialista: un ritorno alle forme del diciannovesimo
secolo, cui si aggiungeva una preventiva supervisione censoria
sul contenuto. Il modernismo divenne la cattiva coscienza del
suo regime. Come Stalin epurò l'intero personale del comitato
centrale bolscevico, gli artisti astratti furono perseguitati
e confinati in manicomi. Non sorprende quindi che gli USA abbiano
visto la possibilità di promuovere l'arte astratta in nome
della libertà e dell'impresa. Quando Jasper John esibiva
bandiere americane nelle gallerie d'arte - difficile immaginarsi
un gesto patriottico più banale e grossolano! - la sua
azione fu spiegata da Clement Greenberg come un ulteriore passo
avanti in una non meglio definita discussione sul carattere "liscio"
della superficie del quadro: una dialettica che pretendeva di
porsi al di la della politica della guerra fredda. Una retrospettiva
su Jasper John alla London Hayward Gallery nel 1991 - nel bel
mezzo della Guerra del Golfo - fu sponsorizzata dalla Texaco,
una delle compagnie petrolifere americane i cui profitti erano
minacciati dall'annessione del Kuwait da parte di Saddam Hussein.
Osservazioni politiche come questa, che sfidano il presunto stato
trascendente dell'arte nella società, eccedono i confini
dell'ideologia dell'arte americana - inclusa quella del postmodernismo
(9).
Quando Zappa dice "or any art at all?" mostra di essere
lontano da simili mistificazioni.
Il bisogno dei mercanti d'arte di avere nuove "tendenze"
artistiche da promuovere e l'insoddisfazione degli artisti per
un sistema di merci che non riesce a soddisfare le promesse del
modernismo, portò a quella forma di "obsolescenza
istantanea" che ha caratterizzato gli stili artistici dell'occidente
post-bellico. L'arte scivolò nella zona minacciosa della
schizofrenia, un intrico contraddittorio di reazione religiosa
e negazione avanguardista. Appena i commentatori cercavano di
rinvenire in essa quell'umanità in grado di "bilanciare"
un sistema votato solo alla realizzazione del profitto, l'arte
scompariva davanti ai loro occhi nell'incanto arcaico della religione
(T. S. Eliot, Bob Dylan, Arvo Pärt) oppure negli autoindulgenti
crittogrammi del modernismo (Samuel Beckett, John Cage, Joseph
Beuys). Tenendo fede al modernismo, riconoscendo l'incapacità
dell'arte di portare il proprio messaggio in una società
di merci, gli artisti si trovarono coinvolti in un paradosso permanente,
una guerriglia feroce, in perenne lotta tra il sotterfugio e il
rifiuto. Da qui la preferenza culturale dell'establishment per
i classici prodotti durante la fase eroica della borghesia: Shakespeare,
Beethoven, Rembrandt. Il riciclaggio dell'Antico serve a nascondere
il fatto preoccupante che la società capitalista moderna
può produrre arte autentica solo a glorificazione dell'abuso
sociale perpetuato, producendo un'ossessione per il passato che
il postmodernismo - con tutto il suo entusiastico consumo di certa
cultura di massa cui esso appiccica l'etichetta di "grande
arte" - ha fatto poco per sedare.
L'imparentamento di Frank Zappa con il modernismo è intuitivo
più che teoretico, in connessione al fatto che musica e
arte sono filosofia concreta - pensiero sul mondo incorporato
nel sensibile. Nella prefazione del libro Them or Us (la
risposta zappiana alle domande sulla "continuità concettuale"[10])
si legge questa dichiarazione:
Questo libretto prodotto a casa
a basso costo è stato scritto per il divertimento di
quelli che già amano la musica di Zappa. Non è
per gli intellettuali e altra gente morta. (11)
Alcuni fan considerano questa ostilità
verso il pensiero sistematico un prerequisito per comprendere
Zappa, cosa che renderebbe i nostri tentativi di interpretarlo
assolutamente vani. Confrontato con il filisteismo musicale delle
classi "colte", un'idea simile è senz'altro allettante.
Comunque, lascia i custodi dell'arte "nobile" ai posti
di comando e permette loro di ignorare Zappa come un eccentrico
culto-rock. In effetti, invece, Zappa ha una consapevolezza del
ruolo da lui occupato nella storia che è tanto chiara proprio
perché è materialista.
Zappa ha per lungo tempo dichiarato il proprio interesse per le
possibilità della musica classica. Dopo aver scoperto l'esistenza
di un compositore del XVIII secolo che si chiamava Francesco Zappa,
pubblicò un album, intitolato Francesco, in cui
gli spartiti dello Zappa settecentesco venivano suonati da un
computer. Non si trastullava certo con l'idea che il Barocco abbia
rappresentato una sorta di età d'oro della creatività
musicale. Come afferma David Ocker nelle note al disco, lo Zappa
del XVIII secolo "trovò un onesto impiego sviolinando
mentre i nobili cenavano". (12)
Zappa approfondì questo tema nell'Autobiografia.
Tutte le norme praticate
durante i secoli nacquero perché i tizi che pagavano
i conti volevano che le melodie che compravano "suonassero
in un certo modo".
Il re diceva: "ti taglierò la testa se non suona
così ". Il papa diceva: "ti strapperò
le unghie a meno che non suoni così ".
Il duca o qualcun altro l'ha detta in un altro modo - ed è
così anche oggi: "la tua canzone non verrà
suonata alla radio a meno che non suoni così
". La gente che pensa che la musica classica sia in qualche
modo più elevata della "musica alla radio"
dovrebbe guardare le forme che ci sono dietro - e a chi
sta effettivamente pagando i conti. (13)
L'uso delle partiture di Zappa non
ha niente in comune con l'illusione piccolo-borghese di una armonia
che avrebbe regnato nell'era preindustriale; un sogno ad occhi
aperti che accompagna il consumo di musica classica nel XX secolo
(e il neoclassicismo rock da Meatloaf a Michale Nyman).
In comune con altre figure appartenenti alla tradizione di "inventori"
americani - Buckminster Fuller, Charles Ives, Harry Partch, John
Cage - le idee di Zappa hanno un aspetto arruffato, impulsivo,
casalingo, ma grazie alla cura fattuale con cui lavora i propri
materiali (e il suo rifiuto di ogni tipo di auto-giustificazione
liberale), le sue intuizioni lo portano vicino a filosofi radicali
e artisti di avanguardia che hanno operato in circostanze anche
molto diverse. De Sade e Wyndham Lewis hanno tracciato parallele
simili.
Si sa che Zappa componeva musica con la materia che trovava a
disposizione - "Datemi solo della roba e io ve la organizzerò
. Questo è quello che faccio" (14)
- ma poiché le sue intenzioni sono anti-ideologiche, i
risultati scintillano con suggestive informazioni sulla società
in cui viviamo. Il modo usuale degli artisti per procacciarsi
la fama è pretendere di avere accesso a un mondo più
elevato, più puro o più "emozionale",
trasformarsi, insomma, in carrieristi dello "spirito".
Esempi particolarmente disgustanti potrebbero essere i compositori
della "nuova spiritualità ": Alfred Schnittke
e John Tavener, ma tutti gli artisti di questo tipo scivolano
improvvisamente nel mistero o nel sentimentale quando parlano
di quello che essi percepiscono come loro "talento".
Questi grossolani, insipidi e mistificanti concetti sono semplicemente
un insulto alla varietà , molteplicità e stranezza
del mondo in cui viviamo. Zappa assomiglia al compositore classico
Pierre Boulez con il suo eccitamento per tutto quello che ci troviamo
intorno (qui e ora), piuttosto che con i capricci del misticismo
e della fede (15).
Definendosi un transfugo (piuttosto che un ex-) cattolico,
Zappa poteva trasformare persino esperienze ecclesiastiche con
il suo empirismo materialista. Al funerale della nonna
Il coro stava cantando e io riuscivo
a vedere dal modo in cui le fiamme delle candele ondeggiavano
che stavano rispondendo alle onde sonore che provenivano dal
coro. Fu allora che compresi che il suono, la musica, aveva
una presenza fisica e che poteva muovere l'aria attorno. (16)
I concetti e la musica di Zappa
fanno vorticare la testa e conflagrare l'immaginazione, ma non
c'è alcun ricorso alla cultura della droga o alla religione
o a qualche stile di vita fabbricato ad hoc da proporsi
come modello. Dichiara di essere un capitalista - e come per Duke
Ellinghton è impossibile immaginarlo raggiungere i risultati
che ha avuto senza la costruzione di un business attorno alla
propria musica - ma il suo materialismo dà alla sua musica
oggettività e scientificità.
In un'apparizione come ospite televisivo alla TV nel 1985 fu chiesto
a Zappa di spiegare la propria creatività.
KATHRYN KINLEY: Dove trovi ispirazione
per i tuoi testi satirici?
FZ: Li leggo sul teleprompter. (17)
Zappa risponde alla domanda dando
un perfetto esempio della sua satira. È inspirato dalla
prospettiva di interrompere la liscia superficie della finzione
mediatica. Per questo ragione un marxista può ricavare
intuizioni sul capitalismo dalla musica di Zappa cui non arrivano
invece le nozioni romantiche di tanti artisti pop espressivi (anche
di audaci figure politiche come Billy Bragg o Sinéad O'Connor).
Un marxismo del genere, però , deve essere più di
una forma di Fabianismo agitatorio: deve usare Walter Benjamin
e l'Internazionale Situazionista e Attali per comprendere che
cosa il sistema di scambio a fatto alla cultura. Deve riapplicare
Marx.
In un certo senso l'idea iniziale di Zappa era notevolmente semplice.
Il progetto delle Mothers of Inventions
era stato preparato accuratamente circa 18 mesi prima che incominciasse
davvero. Ho cercato la gente giusta per un sacco di tempo. Ero
nella pubblicità prima di entrare nello - ah, ah - show
business, e ho fatto una piccola ricerca motivazionale. Una
delle leggi dell'economia è che se c'è una domanda,
qualcuno dovrebbe soddisfare quella domanda, e se qualcuno ci
riesce diventa ricco. Io composi un composto, un prodotto tappa-buchi
capace di riempire il vuoto che separa la cosiddetta musica
seria dalla cosiddetta musica pop. (18)
Benché usi la retorica commerciale,
le intenzioni con Zappa realizza la sua musica eccedono l'abilità
del businessman. Parla di una nicchia commerciale ma ne trovò
di fatto una filosofica. Zappa lotta contro il vuoto tra la musica
seria e quella popolare, e facendo così crea un'arte che
incorpora la problematica stessa della lotta di classe. Altri
tentativi di costruire ponti per riempire quel vuoto si sono rivelati
tristi storie di sentimentalità , deludente incapacità
e snobismo: l'attenzione materialista di Zappa alle questioni
tecniche crea una cerniera vera, ravvivata dalle contrapposizioni
e problematiche implicite nel tentativo di realizzare una totalità
trascendente in un mondo fratturato.
Quando Allan Bloom nel suo La chiusura della mente americana
scrisse che voleva un'arte che fosse "nobile, delicata e
sublime", nel New Perspectives Quarterly fu chiesto
a Zappa di rispondere. Disse: "questo non è un paese
nobile, delicato e sublime. È un gran casino, governato
da criminali. Gli artisti che fanno le cose crude, volgari e repellenti
che non piacciono a Bloom stanno sono commentando questo fatto".
(19)
È il modo in cui il reale interagisce con l'arte di Zappa
che la rende un oggetto di contemplazione eccezionalmente stimolante.
::Traduzione
Marco Maurizi
NOTE
1) Telos,
Primavera 1991, No. 87, intervista con Florindo Volpacchio, pp.
124-136. Grazie a Matthew Caygill per avermi detto di questo articolo.
2) Frank Zappa, preambolo
a "Bebop Tango (of the Old Jazzmen's Church)", Roxy
& Elsewehre, 1974.
3)Frank Zappa, note
di copertina a "The Sheik Yerbouti Tango", Sheik
Yerbouti, 1979. Ora elevato allo status di filosofia minore
in una recente intervista: Zappa! (supplemento dall'editore
di Keyboard and Guitar Player), ed. Don Menn, 1992, p. 64. Qui
è espresso come una combinazione di "quando"
e "chi cazzo se ne frega" (dove il "quando"
potrebbe essere interpretato in riferimento alle "note giuste").
4)Max Ernst, Europe
After the Rain, 1933.
5)Audizione al senato,
tratto da "Porn Rock", 1985. [È forse il caso
di ricordare che durante gli anni 80 il Senato americano - su
istigazione di alcune sensibili mogli di onorevoli - si occupò
dell'oscenità nei dischi di musica rock, proponendo l'applicazione
di appositi adesivi recanti la scritta "Parental Advisory
- Explicit Lyrics" su tutte le opere sospette di oscenità.
Zappa si fece alfiere della crociata contro questo rigurgito di
bigottismo americano. Il testo qui riprodotto fa riferimento ad
una di queste sedute al senato USA, ndt.]
6)[ La "dialettica
negativa" è una forma di marxismo filosofico che invece
di ritenere i prodotti dello spirito meri "rispecchiamenti"
o "sovrastrutture" della base economica - come voleva
il rozzo marxismo staliniano - considera l'arte, la filosofia
e tutte le espressioni dello spirito essi stessi dei momenti materiali
che interagiscono con l'assetto complessivo della società.
Per questo l'analisi critica delle opere d'arte può restituirci
un'immagine più profonda della società stessa di
quanto non abbiano creduto i marxisti volgari e, al polo opposto,
quegli spiritualisti che considerano l'arte qualcosa che trascende
per sua natura la realtà quotidiana. Cfr. Th. W. Adorno,
Dialettica negativa, Einaudi, Torino 1970, ndt. ]
7)Questa nota è
diretta a Paul Foot e alla cabala lukacsiana che in nome del realismo-socialista
monopolizza il criticismo culturale su Socialist Review,
la rivista mensile del Socialist Work Party.
8)Queste note sono
indirizzate alla cabala anarco-bohemien che dirige il Termite
Club, il luogo di incontro mensile per la libera improvvisazione
a Leeds.
9) Vedi la discussione
di Hans Haacke in Fredric Jameson, Postmodernism, or, The Cultural
Logic of Late Capitalism, 1991, p. 159.
10)[La conceptual
continuity è quella trama costituita dal continuo ritorno
di immagini, concetti e melodie in tutta l'opera zappiana, ndt.
]
11) Frank Zappa,
Them or Us (The Book), 1984.
12) Frank Zappa,
Francesco, 1984.
13)Frank Zappa con
Peter Occhiogrosso, The Real Frank Zappa Book, 1989, pp.
186-187. Notate come già a livello tipografico - il sovraccarico
di enfasi - Zappa offenda i protocolli delle buone maniere letterarie.
14Ibid., p. 139.
15) É stato
gratificante vederli lavorare insieme.
16) Dal libro di
interviste Una volta ero cattolico, ristampato in Society
Pages, No. 44, Marzo 1989.
17) Radio 1990,
1985. [Il teleprompter altri non è che la versione elettronica
del vecchio "gobbo" televisivo su cui si fa scorrere
il testo che presentatori e/o ospiti devono leggere, ndt.]
18) Frank Zappa,
primavera 1968, citato da Pete Frame, "The No. 53, Earliest
Days of the Just Another Band from LA", ZigZag, Giungo
1975, p. 23.
19) Frank Zappa,
"On Junk Food for the Soul", New Perspectives Quarterly,
reprinted in Society Pages, No. 43, Dicembre 1988, p. 12.
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