|
King Crimson
Larks' tongues in aspic (1973), Red (1974)
Robert Fripp dice spesso che la musica (sia essa una melodia,
un assolo, forse addirittura una canzone) esiste prima
di essere scritta. Invece di "esprimere" qualcosa di
interiore, la musica aspetta di essere scoperta e suonata dal
musicista che è solo un mezzo di cui essa si serve. Difficile
trovare qualcun'altro nella musica rock che non si sia abbeverato
al mito stantio della "immediatezza" e del "sentimento"
vendendoci le sue deiezioni esistenziali per oro colato. Quando
Fripp parla di questa musica "oggettiva", scandalizzando
alfieri del sentimento e fan sbavanti con quel suo buffo cinismo
a metà strada tra zen e gergo manageriale, si meriterebbe
un monumento.
Purtroppo il suo discorso, invece di essere una salutare critica
materialista alle false illusioni del musicista che pretende esprimersi
liberamente e autarchicamente, si presta ad essere frainteso in
senso "mistico" (che è poi quello che Fripp stesso
ha fatto mettendosi a lavorare con Brian Eno).
La sua musica, che cerca di abbeverarsi al cervello, tenendosi
il più lontano possibile dallo stomaco, porta i segni indelebili
di questa ambiguità. Questi due album segnano l'inizio
e la fine della seconda "incarnazione" dei King
Crimson: via i flautini barocchi ( I talk to the wind ),
via i sassofoni ridondanti ( Picture of a City ), via i
pianoforti sognanti ( Island ).
Cosa resta ? Chitarre distortissime da sfracellarsi di gioia le
orecchie, ondate di improvvisazione (ma sempre vigile e un po'
ingessata), passaggi atonali e/o salmodianti per violino solo,
tempi dispari e sovrapposti a non finire. Un pezzo come Providence ,
nonostante si barcameni bislaccamente tra frantumazione melodica
avanguardista e iteratività rock, è uno dei più
grandiosi e convincenti brani di musica "astratta" che
il rock inglese degli anni 70 abbia mai prodotto. Anni luce avanti
rispetto al fraudolent-progressive degli Yes, degli ELP e dei
Genesis.
Eppure qualcosa non quadra. A dir la verità, nonostante
Robert Fripp abbia sempre predicato il verbo della musica "intelligente",
inveendo contro la rozzezza del rock, anche in questi due album
non mancano gli enfatici lamenti kitsch a lá Epitaph :
Exiles e Starless sono perfetti esempi di questa
contraddittoria tendenza di Fripp a scrivere battute in 11/8 per
poi sciogliersi come un adolescente in piagnistei affogati nel
mellotron. È un fatto davvero curioso. È come se
Fripp dovesse pagare il fio per aver tentato di afferrare una
musica "oggettiva", colorendo di tanto in tanto i suoi
risultati con un esasperato soggettivismo, uno pseudo-romanticismo
di facciata. Perché nessuno potrebbe seriamente credere
all'enfasi e alla retorica di questi pezzi dei King Crimson.
Se vi viene la pelle d'oca a sentire Starless andate
a farvi vedere da un dermatologo.
Marco Maurizi
|