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Intervista
elettronica a Luca Scarlini autore del libro
"La musa inquietante. Il computer e l'immaginario contemporaneo",
Raffaello Cortina Editore, Milano 2001,
120 pagg. Euro
8.26
1) Come prima cosa parlami di te, del tuo lavoro,
delle tue precedenti esperienze. Come sei arrivato al libro "La
musa inquietante"?
Sulle mie esperienze e i miei libri sarebbe una storia troppo
lunga e rischierei di passare per immodesto. Si può dire
senz'altro che sono un comparatista per la passione, talvolta
un po' ossessiva, a realizzare cataloghi e confronti. In primis
sono un traduttore e sono da sempre a metà tra letteratura
e teatro, in varie vesti.
2) Il tuo libro ha lasciato in me l'impressione
di essere un'ottima bibliografia ragionata e commentata costruita
in seguito ad una lunga ricerca, uno spoglio delle risorse letterarie
che in qualche modo avessero a che fare con il problema delle
nuove tecnologie (a partire dalla prima rivoluzione industriale).
Le domande che poni sono molte, e molte sono quelle che ci si
pone nel corso della lettura. Mi pare però che manchi l'esposizione
evidente di una tua idea di letteratura e una tua proposta teorica
relativa ai problemi che oggi essa attraversa (mentre ottima è
stata l'idea di inserire un minimo di storia del computer).
Si è esatto, mi interessava in questo caso specifico (ma
quasi sempre in generale) presentare su un argomento poco o per
niente trattato da noi (mentre of course qualcosa può reperirsi
in inglese), i fatti e connetterli in un tessuto temporale; non
mi interessava affatto fare l'ennesimo manifesto pre-post-ante
cyberpunk, di cui c'è anche troppa dovizia.
3) Quali sono per te i problemi che oggi la letteratura
si trova davanti? E' errata la mia osservazione relativa al tuo
libro? Possibile che questo sia dovuto alle esigenze del progetto
editoriale?
No, riprendo da sopra: sono io ad aver scelto di raccontare i
fatti, ovviamente esprimendo un giudizio che è anche nel
montaggio stesso della narrazione.
Sui problemi che l'arte si trova davanti è senz'altro un
tema estremamente complesso, irto e estremamente ambiguo allo
stesso tempo. La cosa indubbia è la continua mutazione,
quasi genetica, di paure e timori dell'immaginario. E' certamente
importante la trasformazione del computer da elemento irrealistico
per antonomasia a dato realistico altrettanto forte, elemento
quindi di una qualsiasi realtà quotidiana e domestica.
Si è riflettuto molto sul postfordismo, ma credo sia il
momento di pensare alle ricadute nella "normal life"
di queste vicende: il computer è, ormai, un po' elettrodomestico
un po' animale domestico. Quel che mi interessava era capire come
si era arrivati a questo dalla sua iniziale configurazione come
totem crudele a cui immolare ogni caratteristica di umanità.
I problemi della letteratura sono quindi per certi aspetti squisitamente
gestaltici, concernono la percezione di questo altro reale in
pixel e la determinazione di una forma atta ad accoglierlo. Fallito,
per ora, l'ipertesto e latitando l'e-book, le cui prime sperimentazioni
non decollano, le questioni stanno nel meticciato di forme e strutture
espressive.
4) E' la prima volta che ti occupi del problema
della letteratura nella civiltà delle macchine?
No, a suo tempo (sette anni fa, per l'esattezza) avevo lavorato
a un ampio progetto sugli strumenti musicali anomali (e in specie
sul Theremin, un antenato del sintetizzatore) ed avevo pubblicato
vari articoli sul tema in italiano e in inglese.
Per altro ho fatto parte, per alcuni anni, del gruppo di lavoro
"Strano network" che si occupa di diritti del mondo
digitale in ambito politico quanto artistico, ed anche con loro
avevo portato avanti una serie di riflessioni pubbliche.
5) Quale credi che sia (se c'è) il discrimine
tra letteratura classicamente intesa e "letteratura d'anticipazione"?
Difficile dirlo, sono espressioni di comodo: senz'altro la fantascienza
o la letteratura di anticipazione serializza quello che nell'ambito
mainstream (letteralmente "corso principale", ad indicare
una moda o una tendenza molto seguita, N.D.R.) risulta di norma
come risposta personale a uno Zeitgeist (in tedesco "spirito
del tempo", il paradigma storico, N.D.R.), ma sono indicazioni
giocoforza generiche, è solo una diversità di mezzi
e di ambiti, nonché di ricezione.
6) Quando parli di "meticciato di forme e
strutture espressive" ti riferisci forse ad un assottigliamento
di questo discrimine?
Sì, anche, ed è senz'altro un fatto positivo. Ma
la mia indicazione aveva anche un riscontro sul piano formale.
7) Tu parli del computer come di un "animale
domestico". Credi che l'uomo contemporaneo si sia fatto addomesticare
definitivamente alle necessità della tecnologia informatica?
Credi che si sia arrivati ad una sorta di assuefazione da computer,
per cui la velocità dei cambiamenti e della diffusione
delle informazioni (ma anche la sempre più dominante automazione
di ogni dettaglio della quotidianità) ormai fa parte del
nostro essere costitutivo "corpo e anima"?
No, credo solo che abbiamo addomesticato la presenza della macchina
nell'immaginario, ma la rivoluzione percettiva che essa induce
deve ancora essere metabolizzata e ci vorrà un lunghissimo
periodo perché il percorso si attui.
8) Rispetto a questi problemi ti senti un "apocalittico"
o un "integrato"?
Tondelli, che frequentavo da ragazzino a Firenze, mi definiva
"Ugonotto" ed è una definizione a cui mi attengo:
a metà tra le due posizioni, ma con una netta tendenza
a una drammatizzazione dell'integrazione e all'esilaramento dell'apocalittismo.
9) Il percorso storico che tracci nel tuo libro
rivela una cosa molto chiaramente: si tratta della storia della
nostra metà di mondo.
Le letterature del Sud della Terra come percepiscono (se lo recepiscono)
il rapporto con le macchine e il computer?
Temi anche tu che si assisterà ad una nuova colonizzazione
in questo senso, delle coscienze oltre che delle risorse materiali?
Il rischio c'è e grosso. Nel libro accenno alla situazione
di sperimentazione indiana che è alquanto interessante
e avanguardistica. E' chiaro che la globalizzazione dei saperi
in mano a pochi è uno dei rischi maggiori, ma la rete è
strana e abbastanza dinamica, e forse ci salverà anche
per meccanismi suoi indotti. Senz'altro un bel po' di attenzione
e di "rigueur", peraltro una serie di progetti per l'alfabetizzazione
telematica nei paesi definiti ipocritamente "in via di sviluppo",
daranno risultati interessanti nei prossimi anni.
10) Il teatro italiano (ma in generale il teatro)
come si sta rapportando alle nuove tecnologie?
Si può parlare di un vero rinnovamento di schemi e stili,
oppure le nuove tecnologie sono solo appiccicate sopra qualcosa
di usuale e conosciuto, in una sorta di volontà di stupro
infruttuoso della tradizione? Voglio dire: c'è un rapporto
storicistico rispetto al passato, o si assiste piuttosto ad un
totale ed arbitrario scollamento dalla realtà (mi riferisco
al teatro, ma anche alla letteratura)?
Per il teatro pochi sono da noi gli esperimenti radicali: penso
ad esempio agli ambienti per la danza di Ariella Vidach dove la
danzatrice reagisce con lo spazio circostante. Spesso come dici
tu c'è la sensazione di vari elementi attaccati insieme
senza troppa convinzione.
11) E il cinema? Ho la sensazione che questa sia
la forma d'arte che meglio risponde e meglio si addice ad una
riflessione sui nuovi connotati di un mondo sempre più
preso da un vorticoso e irrefrenabile desiderio schizofrenico
di sviluppo. Ad esempio mi riferisco a "Nirvana", di
Gabriele Salvatores e ai suoi ultimi film, dove mi sembra che
il cinema si riveli come mezzo migliore per mettere l'uomo di
oggi in relazione con i nuovi problemi sollevati dalle nuove tecnologie.
Sì, ma non citerei Salvatores, che non amo e che mi sembra,
anzi, che proprio appiccichi tecnologia su storie sempre uguali.
Ti consiglio di vedere il recente e, entro certi limiti, sconvolgente
"Avalon".
12) I tuoi progetti di prossima realizzazione?
Molti, tra i quali un volume per Rizzoli sulle autobiografie "contro"
(ovvero sulle autobiografie di coloro a cui la società
di solito non concede questa chance). Si intitolerà: "Ogni
uomo è un miraggio". [Fine]
Valerio
Cruciani
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